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mercoledì 22 maggio 2013

Consiglio di Stato: Porto d'armi all'avvocato: non basta la presunzione di essere in pericolo


Nuova pagina 1




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1543/2007

Reg.Dec.

N. 9123 Reg.Ric.

ANNO   2002

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da ...OMISSISVLD... ...OMISSISVLD..., rappresentato e difeso dall' avv.to ...OMISSISVLD... ...OMISSISVLD..., ed elettivamente domiciliato presso la Confederazione Lavoratori Italiani (CLI), in Roma, via Fabio Massimo, n. 60;

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore e Prefettura di Cosenza, in persona del prefetto pro tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione I - Catanzaro, n. 1811/2002;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni appellate;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 13-2-2007 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.

     Udito l'Avv. dello Stato Vessichelli;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

     F A T T O    E    D I R I T T O

     1. Con l’impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso proposto da ...OMISSISVLD... ...OMISSISVLD... avverso il decreto del 6 luglio 2000, con cui il Prefetto di Cosenza gli ha negato il rinnovo della licenza di porto d’armi per uso personale.

     ...OMISSISVLD... ...OMISSISVLD... ha impugnato tale decisione, deducendo che il Tar non avrebbe tenuto conto di alcuni elementi rilevanti, tra cui l’esercizio dell’attività professionale di avvocato, l’alto reddito, le varie denunce sporte per tentativo di estorsione e sostenendo che comunque l’impugnato diniego è privo di motivazione.

     Le amministrazioni appellate si sono costituite in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

     All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

     2. Oggetto del presente giudizio è il diniego del rinnovo della licenza di porto d’armi per uso personale.

     Il diniego è stato fondato sull’assenza di congrue ragioni ai fini della concessione del titolo abilitativo e, in particolare, sull’assenza dell’elemento del pericolo per la sicurezza e incolumità personale del richiedente.

     Tale motivazione, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, può costituire valida ragione per negare il porto d’armi anche in sede di rinnovo di una precedente licenza, in quanto l’amministrazione è tenuta a valutare, anche al momento del rinnovo, la sussistenza dei presupposti per il possesso del titolo.

     Come rilevato dal Tar, il potere di rilascio o revoca delle autorizzazioni di polizia in materia di armi è posto dalla legge a presidio della sicurezza ed incolumità collettiva, rispetto al quale l’interesse individuale assumere carattere recessivo.

     Il rilascio della abilitazione può avvenire in base a specifiche circostanze da cui emerge la necessità per il richiedente di portare con sé un’arma, mentre normalmente ai cittadini non deve essere consentito in linea di principio di portare con sè armi.

     Gli elementi indicati dal ricorrente non sono idonei a integrare tali circostanze, in quanto consistono nel richiamo alla semplice professione di avvocato o a un dato livello di reddito, o a non dimostrati pericoli corsi dal richiedente.

     Per tale motivo, le competenti autorità di polizia hanno espresso parere contrario al rinnovo e le vicende penali, richiamate dal ricorrente, non assumono rilevanza, in quanto l’assenza di precedenti penali non costituisce autonoma ragione per il rilascio, o il rinnovo, dell’autorizzazione (il ricorrente ha richiamato l’assoluzione in relazione ad un procedimento penale che lo aveva visto coinvolto).

     3. Sulla base di tali considerazioni, l’appello deve essere respinto.

     Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P. Q. M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

     Compensa tra le parti le spese del giudizio.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 13-2-2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo     Presidente

Carmine Volpe     Consigliere

Giuseppe Romeo     Consigliere

Luciano Barra Caracciolo    Consigliere

Roberto Chieppa     Consigliere Est.


Presidente

GIOVANNI RUOPPOLO

Consigliere       Segretario

ROBERTO CHIEPPA     GIOVANNI CECI



DEPOSITATA IN SEGRETERIA


il.  05/04/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA



CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)


Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa 


al Ministero..............................................................................................


a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642


                                    Il Direttore della Segreteria




N.R.G. 9123/2002




FF



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