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mercoledì 22 maggio 2013

Cassazione: Ristrutturazioni edilizie: per il soppalco in casa serve il permesso di costruire


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Ristrutturazioni edilizie: per il soppalco in casa serve il permesso
di costruire
Sì, in alternativa, anche alla denuncia di inizio
attività. Conta l'incremento della superficie utile calpestabile anche
a parità di volume e sagoma


Cass. pen. Sez. III, (ud. 19-10-2006) 26-
01-2007, n. 2881
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati:
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente
Dott. TARDINO
Vincenzo Luigi - Consigliere
Dott. GENTILE Mario - Consigliere
Dott.
FIALE Aldo - Consigliere
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere
ha
pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE
DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI;
avverso la sentenza
28/02/2006 del G.I.P. del Tribunale di Napoli;
emessa nei confronti di:
...OMISSISVLD..., n. a (OMISSIS);
...OMISSISVLD..., n. a (OMISSIS);
Sentita la relazione fatta
dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
lette le richieste del ...OMISSISVLD... che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento
del processo
...OMISSISVLD... ed ...OMISSISVLD... sono stati indagati in relazione ai reati di
cui:
- all'art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett.
b), (per avere, in concorso tra loro, in qualità di committenti,
iniziato continuato ed eseguito, in assenza del permesso di costruire e
di D.I.A., in una unità immobiliare preesistente di mq. 47, la
realizzazione di un soppalco in muratura impostato a mt. 2,10 dal
calpestio ed mt. 2,00 dalla copertura, collegato con l'ambiente
sottostante a mezzo di una scala in muratura ed adibito a camera da
letto munita di finestra delle dimensioni di mt. 1,00 x 1,40, corredata
da grata di ferro):
- all'art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 380 del 2001,
artt. 64, 65, 71 e 72 (per avere realizzato le strutture portanti
indicate al capo che precede non in base a progetto esecutivo, senza
previa denunzia dei lavori al Genio Civile e senza la direzione dei
lavori da parte di un tecnico competente;
- all'art. 110 cod. pen. e D.
P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95 (per avere eseguito i lavori
anzidetti, in zona sismica, omettendo di depositare, prima del loro
inizio, gli atti progettuali presso l'ufficio del Genio Civile
competente e senza avere ottenuto la previa autorizzazione).
Reati
tutti accertati in (OMISSIS).
Il P.M. ha chiesto emettersi decreto
penale di condanna ma il G.I.P. del Tribunale di Napoli:
- con sentenza
del 28.2.2006, resa ai sensi dell'art. 129 c.p.p. - ha dichiarato non
doversi procedere, limitatamente alla contravvenzione di cui al D.P.R.
n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), "perchè il fatto non è previsto
dalla legge come reato", ordinando la restituzione degli atti al P.M.
per le residue imputazioni.
Ha rilevato il G.I.P. che "la realizzazione
di soppalchi all'interno di un manufatto non richiede la cd. Superdia
(ossia la D.I.A. in alternativa al permesso di costruire), in quanto
l'aumento di superficie utile - che non può essere sottaciuto - non si
accompagna, nel caso di specie, alla modifica della sagoma o della
volumetria del manufatto. Un'attenta lettura delta norma contestata
impone, infatti, di ritenere che, per aversi punibilità D.P.R. n. 380
del 2001, ex art. 44, non è sufficiente che vi sia un aumento di
superficie, ma occorre che cumulativamente sussistano anche le altre
condizioni della modifica o della sagoma esterna dell'edificio o
dell'aumento dei volumi".
Ad integrazione e conferma di tale assunto,
lo stesso G.I.P. ha fatto riferimento alla sentenza n. 40829/2005 di
questa 3^ Sezione della Corte di Cassazione e "ad una legge regionale -
ritenuta costituzionalmente legittima - che autorizza la realizzazione
di soppalchi interni dell'edificio solo previa D.I.A. e senza necessità
di permesso di costruire".
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale -
dopo avere premesso di non condividere l'orientamento della
giurisprudenza di legittimità in essa richiamato - ha eccepito che:
-
la proposta interpretazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma
1 - lett. c), contrasterebbe con il dato testuale, poichè le singole
fattispecie, per le quali tale disposizione richiede il permesso di
costruire, sono separate da virgole, in funzione evidentemente
disgiuntiva, come sarebbe reso palese dalla disgiunzione "o" introdotta
per separare la modifica dei prospetti da quella delle superfici;
-
l'interpretazione medesima contrasterebbe pure con il dato sistematico,
non potendosi spiegare altrimenti il rapporto con la disposizione della
lettera e.l del precedente art. 3, in quanto tale norma, sanzionando
"l'ampliamento dei manufatti esistenti all'esterno della sagoma
esistente" già punirebbe le ristrutturazioni che comportino
contemporaneamente modifica di sagoma, di volume ed aumento delle
superfici utili.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e deve
essere accolto.
1. Nel vigore della L. n. 47 del 1985, art. 26 e della
L. n. 493 del 1993, art. 4, come modificato dalla L. n. 662 del 1996,
art. 2, comma 60, la giurisprudenza di questa Corte Suprema si è
orientata nel senso che - per la realizzazione di soppalchi interni a
costruzioni preesistenti - non occorresse la concessione nè
l'autorizzazione edilizia. Si riteneva, quindi, sufficiente il
procedimento di D.I.A., la cui mancanza era sanzionata solo in via
amministrativa (vedi Cass., Sez. 3^: 3.6.1994, n. 6573, Vicini;
28.3.1990, n. 4323, De Pan).
Dopo l'entrata in vigore del D.P.R. n. 380
del 2001 (T.U. dell'edilizia), detto indirizzo è stato confermato da
questa 3^ Sezione con la sentenza 10.11.2005, n. 40829, ric. P.M. in
proc. D'Amato ed altro, ove si è argomentato che "La realizzazione di
opere interne anche in base al testo unico deve ritenersi consentita,
come avveniva nella legislazione previgente, previa mera denunzia di
inizio dell'attività a condizione che non integri veri e propri
interventi di ristrutturazione comportanti modifiche della sagoma o
della destinazione d'uso (cfr. Cass. 3577 del 2001) e ciò perchè in
base all'attuale disciplina sono assentibili con la denuncia d'inizio
lavori cosiddetta semplice, ossia quella prevista dal D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, art. 22, commi 1 e 2 (...) tutti quegli interventi per i
quali non è richiesto il permesso di costruire e per quello in
questione tale permesso, alle condizioni sopra indicate, non è
richiesto giacchè, anche se è aumentata la superficie in concreto
utilizzabile, non sono stati modificati voltane e sagoma". 2. La
sentenza il 40829/2005 riguardava una vicenda in cui erano stati
realizzati due soppalchi all'interno di una preesistente unità
immobiliare: adibiti l'uno ad uso studio e l'altro a cameretta per i
bambini.
L'orientamento giurisprudenziale in essa enunciato non è,
però, condiviso da questo Collegio alla stregua dei seguenti rilievi:
2.1 Le cd. "opere interne", nella normativa edilizia, sono state
soggette - come già si è accennato - ad un regime autonomo semplificato
secondo le previsioni sia della L. n. 47 del 1985 (art. 26 modificato
dalla L. n. 298 del 1985) sia della L. n. 662 del 1996 (art. 2, comma
60).
Trattavasi di interventi edilizi che si collocavano
trasversalmente rispetto a quelli di manutenzione, restauro e
ristrutturazione, delineati dalla L. n. 457 del 1978, art. 31.
La L. 23
dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 60, lettera e) modificata dal D.L.
n. 67 del 1997, convertito dalla L. n. 135 del 1997 assoggettava, in
particolare, a denuncia di inizio dell'attività le "opere interne di
singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e
dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e
limitatamente agli immobili comprese nelle zone omogenee A ... non
modifichino la destinazione d'uso".
Opere siffatte non dovevano essere
realizzate su immobili vincolati e dovevano essere conformi agli
strumenti urbanistici, rispettando altresì le norme di sicurezza e
quelle igienico-sanitarie degli edifici (onde l'illegittimità della
realizzazione di vani di dimensioni insufficienti ad assicurare le
prescritte condizioni di areazione ed illuminazione). Esse non
dovevano, poi, recare pregiudizio alla statica dell'immobile, cioè
all'equilibrio delle forze di azione e di reazione che si realizza
all'interno dette strutture portanti di un manufatto e ne determina la
stabilità.
Le opere interne non sono più previste, nella formulazione
del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come categoria autonoma di intervento
sugli edifici esistenti e devono ritenersi riconducibili alla
"ristrutturazione edilizia" allorquando comportino aumento di unità
immobiliari, ovvero modifiche dei volumi, dei prospetti o delle
superfici, ovvero mutamenti di destinazione d'uso.
2.2 Il D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1 - lett. d), - come modificato dal
D.Lgs. 27 gennaio 2002, n. 301 - definisce interventi di
ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi
edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad
un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali
interventi comprendano il ripristino o la sostituzione di alcuni
elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
La ristrutturazione
edilizia non è vincolata, pertanto, al rispetto degli elementi
tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce
sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento
della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, nè
modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal
restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo
sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto
variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).
La stessa
attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una
serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero
ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati.
L'elemento
caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere
eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente ma valutate
nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte
al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un
edificio in tutto o in parte nuova.
2.3 Il D.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, art. 10, comma 1 - lett. c), come modificato dal D.Lgs. n. 301 del
2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di
ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di
unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o
delle superficie, ovvero si connettano a mutamenti di destinazione
d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A).
2.4
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 3 - lett. a), come
modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, prevede, però, che - a scelta
dell'interessato - tali interventi possono essere realizzati anche in
base a semplice denunzia di inizio attività:
2.5 Dalle disposizioni
legislative dianzi ricordate si deduce che sono sempre realizzabili
previa mera denunzia di inizio dell'attività le ristrutturazioni
edilizie di portata minore:
quelle, cioè, che determinano una semplice
modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che
compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente
innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica
(diverse da quelle, descritte nell'art. 10, comma 1, lett. c, che
possono incidere sul carico urbanistico).
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, ha introdotto, in sostanza, uno sdoppiamento della categoria delle
ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dalla L. n.
457 del 1978, art. 31, comma 1 - lett. d), riconducendo ad essa anche
interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali
dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e
di volume. Tali incrementi, però, devono essere necessariamente
modesti, poichè, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale
ampliamento dell'esistente (in termini sia di volume ma anche soltanto
di superficie), verrebbe meno la linea di distinzione tra
"ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione". 3. Nella fattispecie
in esame non si verte nell'ipotesi, dianzi descritta, di
"ristrutturazione edilizia di portata minore", essendosi realizzato un
aumento di superficie necessario e sufficiente ad imporre il permesso
di costruire o la DIA alternativa.
La prospettazione proposta dalla
sentenza impugnata, secondo la quale la nuova normativa richiederebbe -
perchè debba considerarsi insufficiente la semplice D.I.A. - una
contemporanea modifica di superficie, volume e sagoma contrasta con la
formulazione testuale del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, comma
1 - lett. c), con le innovazioni introdotte dal D.Lgs. n. 301 del 2002,
che - come si è detto - assoggetta a permesso di costruire quegli
interventi di ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino
aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei
prospetti o delle superfici".
Al contrario, la modifica di uno
qualsiasi degli anzidetto parametri di riferimento realizza
autonomamente la fattispecie, senza necessità di sovrapposizione, come
si deduce anche dalla disgiuntiva finale utilizzata dal legislatore.
Siamo in presenza, dunque, di un intervento assoggettabile,
alternativamente ed a scelta dell'interessato, a permesso di costruire
ovvero a denunzia di inizio dell'attività ai sensi del D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, art. 22, comma 3 - lett. a), come sostituito dal D.Lgs.
n. 301 del 2002, ed in una ipotesi siffatta, in mancanza del permesso
di costruire, anche l'omesso esperimento della procedura di D.I.A.
comporta l'applicazione delle sanzioni penali di cui al successivo art.
44 (vedi Cass., Sez. 5^, 26.4.2005, Giordano, nonchè Sez. 3^:
19.11.2003, Landolina e 14.7.2003, Tollon).
4. Dette conclusioni non
trovano smentita nella legge regionale genericamente evocata dal G.I.P.
nella sentenza impugnata.
Trattasi della legge 28.11.2001, n. 19 della
Regione Campania, il cui art. 2 prevede, al 1 comma, che "possono
essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio di attività: a)
gli interventi edilizi di cui al D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4,
convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 493, come
sostituito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 60, lettere
a), b), c), d), e) ed f)...".
La L.R. art. 2, comma 1 in esame, però,
fa pure riferimento (indifferenziato quanto al procedimento
abilitativo), nelle successive lettere b), c) e d), a quegli interventi
edilizi che - secondo il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, come
sostituito dal D.Lgs. n. 27 dicembre 2002, n. 301 - "possono essere
realizzati mediante denuncia di inizio attività in alternativa al
permesso di costruire".
La disposizione regionale, pertanto - al di là
di ogni valutazione circa il carattere formale o sostanziale dei rinvio
in essa contenuto a disposizioni legislative statali espressamente
abrogate dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 136, comma 1, lett. g),
(pubblicato in G.U. del 20.10.2001) - non individua ipotesi di opere
realizzabili mediante D.I.A. riconducibili ai soli casi di cui al D.P.
R. n. 380 del 2001, art. 22, commi 1 e 2, ma accomuna nella medesima
previsione di possibile ricorso al procedimento della denuncia di
attività anche quegli interventi per i quali l'art. 22, comma 3 prevede
l'alternatività tra D.I.A. e permesso di costruire.
La stessa
disposizione regionale, pertanto, lungi dall'affermare che le opere
interne comportanti aumento delle superfici utili siano realizzabili
sempre ed esclusivamente previa mera denunzia di inizio dell'attività,
si limita a recepire, al riguardo, la normativa statale.
5. Alla
stregua di tutte le argomentazioni svolte, va formulato, in
conclusione, il principio di diritto secondo il quale "l'esecuzione di
un soppalco all'interno di una unità immobiliare, realizzato attraverso
la divisione in altezza di un vano allo scopo di ottenerne una duplice
utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un mutamento di
destinazione d'uso, costituisce intervento di ristrutturazione edilizia
che richiede il permesso di costruire o, in alternativa, la denunzia di
inizio dell'attività, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22,
comma 3. Detto intervento, infatti, comporta un incremento della
superficie utile calpestabile che, a norma del D.P.R. n. 380 del 2001,
art. 10, comma 1 - lett. c), impone l'applicazione del regime di
alternatività indipendentemente da una contemporanea modifica della
sagoma o del volume. Tale disciplina non si pone in contrasto con le
previsioni della L.R. Campania n. 19 del 2001, art. 2". 6. La sentenza
impugnata va conseguentemente annullata, con rinvio al Tribunale di
Napoli, il cui G.I.P. si atterrà al principio dianzi enunciato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 608, 611 e 623 c.p.p.,
annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così
deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2007


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