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mercoledì 10 ottobre 2012

Immobili di interesse culturale - Profili catastali.


Agenzia del territorio
Circ. 9-10-2012 n. 5/T
Immobili di interesse culturale - Profili catastali.
Emanata dall'Agenzia del territorio, Direzione centrale catasto e cartografia.
Circ. 9 ottobre 2012, n. 5/T (1).
Immobili di interesse culturale - Profili catastali.
(1) Emanata dall'Agenzia del territorio, Direzione centrale catasto e cartografia.


Alle
Direzioni centrali
Alle
Direzioni regionali
Agli
Uffici provinciali




1. Premessa
Pervengono, da più parti, richieste di chiarimenti in merito al corretto classamento degli immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137" (di seguito: Codice).
I dubbi segnalati riguardano, in particolare, la possibilità di attribuire ai predetti immobili la categoria catastale "A/9-Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici", quale diretta conseguenza dell'intervenuto riconoscimento dell'interesse culturale del cespite.
In considerazione della rilevanza generale della questione e delle connesse implicazioni in ambito tributario, si ritiene opportuno fornire sull'argomento alcune indicazioni di carattere operativo, anche al fine di garantire uniformità e omogeneità ai comportamenti degli Uffici provinciali dell'Agenzia.

2. Gli immobili di interesse culturale: cenni generali
Come è noto, l'attuale disciplina in materia di patrimonio culturale - comprendente sia i beni culturali che quelli paesaggistici - è contenuta nel citato decreto legislativo n. 42 del 2004, che, fra l'altro, definisce i criteri e le modalità per l'individuazione e la tutela dei beni culturali, ovverosia delle «... cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà» (cfr. art. 2).
Il riconoscimento dell'interesse culturale di un bene, ai fini della relativa tutela, avviene, a seconda della natura del soggetto che ne ha la titolarità, mediante l'adozione dei seguenti provvedimenti:
- la "verifica", qualora il bene sia di proprietà di amministrazioni, di enti pubblici ovvero di persone giuridiche private senza fine di lucro;
- la "dichiarazione" dell'interesse culturale, ove il bene sia di proprietà privata.
Una volta accertato l'interesse culturale del bene immobile per intervenuta "dichiarazione" o in seguito all'esito positivo del procedimento di "verifica", il bene stesso è sottoposto al regime vincolistico di tutela previsto dalla normativa richiamata, con particolare riferimento agli obblighi di protezione e di conservazione, nonché alle limitazioni d'uso, previsti dal Capo II del Titolo I del Codice. In entrambi i casi, inoltre, il vincolo è soggetto a trascrizione nei registri immobiliari ai sensi, rispettivamente, degli articoli 12, comma 7, e 15, comma 2, dello stesso Codice.
È inoltre opportuno evidenziare, per quanto di interesse nel presente contesto, che lo stesso Codice prevede, all' articolo 128, la perdurante efficacia delle notifiche effettuate a norma della legge 1 giugno 1939, n. 1089 ("Tutela delle cose d'interesse artistico e storico"), nonché della normativa successiva ivi specificata.
I beni di interesse culturale sono sottoposti ad un particolare regime di tutela, caratterizzato da un complesso di vincoli ed obblighi giuridici, a fronte dei quali il legislatore ha previsto, nel tempo, varie agevolazioni fiscali, nell'ambito della fiscalità diretta e indiretta [1].
Al riguardo, si osserva che le agevolazioni fiscali previste in tale particolare ambito come più volte sottolineato anche dalla Suprema Corte - rappresentano una sorta di "equa compensazione" per i pregiudizi derivanti dal complesso di vincoli ed obblighi che la normativa in esame fa ricadere sul proprietario, sia sul piano giuridico, sia sotto il profilo economico (si pensi alla onerosità connessa agli interventi da sostenere per garantire la conservazione del bene).


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[1] Appare utile evidenziare, sul tema, che le disposizioni agevolative, già previste dall'art. 2, comma 5, del decreto legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, riferite alla base imponibile ai fini dell'imposta comunale sugli immobilil e dall'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, riferite al reddito degli immobili di cui trattasi, sono state abrogate, rispettivamentel dal comma 5-ter e dal comma 5-quater dell'art. 4 del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. Il comma 5, lettera b), del medesimo articolo 4, inoltre, ha modificato l'art. 13, comma 3, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, la cui attuale formulazione risulta la seguente: «La base imponibile dell'imposta municipale propria è costituita dal valore dell'immobile.... La base imponibile è ridotta del 50 per cento:
a) per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all' articolo 10 del Codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ...»..


3. L'accertamento catastale delle unità immobiliari riconosciute di interesse culturale


3.1 Aspetti generali
Al fine di inquadrare correttamente la tematica, è opportuno richiamare preliminarmente i principi generali del vigente sistema catastale, finalizzato, come è noto, all'inventariazionè delle singole unità immobiliari e all'attribuzione della relativa rendita catastale.
Al riguardo, assumono primario rilievo le operazioni di qualificazione e di classificazione, finalizzate a catalogare gli immobili in opportune categorie e classi catastali, allo scopo di individuarne la redditività.
Con riferimento al processo di qualificazione, si rammenta che il Regolamento per la formazione del Catasto Edilizio Urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1949, n. 1142, stabilisce, all'articolo 6, che «La qualificazione consiste nel distinguere per ciascuna zona censuaria, con riferimento alle unità immobiliari urbane in essa esistenti, le loro varie categorie ossia le specie essenzialmente differenti per le caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari stesse.
La denominazione delle categorie è uniforme nelle diverse zone censuarie. ».
Per quanto riguarda gli immobili appartenenti alle categorie dei gruppi A, B e C (categorie ordinarie), l'accertamento avviene per comparazione con le "unità tipo", o "di riferimento" (cfr., in particolare, l'art. 7, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1142 del 1949).
L'attività di classamento, secondo quanto previsto dall'articolo 61 dello stesso Regolamento, è finalizzata ad individuare, per ogni unità immobiliare, la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito, nonché a collocare l'unità stessa nella categoria e classe che, sulla base del confronto con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe.
La stessa disposizione prevede che le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria ed alle caratteristiche possedute all'atto del classamento.
Per gli immobili ricompresi in una delle categorie dei gruppi D ed E (a destinazione, rispettivamente, "speciale" e "particolare"), invece, l'accertamento si esegue per stima diretta, ai sensi dell'articolo 8 del citato Regolamento.
Dalle disposizioni sinteticamente illustrate, può, dunque, affermarsi, in linea generale, che l'operazione di accertamento catastale - e, in particolare, l'attribuzione di una determinata categoria - va effettuata tenendo conto della destinazione di ciascuna unità immobiliare, così come risultante dalle caratteristiche proprie, nonché del contesto territoriale ed urbanistico in cui la stessa risulta inserita.


3.2 Aspetti particolari
Va subito evidenziato che il riconoscimento dell'interesse culturale di un immobile e il conseguente assoggettamento al regime vincolistico non influisce ex se sull'operazione di accertamento catastale dell'immobile stesso e, quindi, non è determinante, né condizionante, ai fini dell'attribuzione della relativa categoria catastale.
In tal senso, del resto, si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità (cfr. sentenze della Corte di Cassazione n. 7441, depositata il 14 maggio 2003, e n. 11369, depositata il 22 luglio 2003) [2].
Parallelamente, per converso, l'attribuzione ad una unità immobiliare della relativa categoria catastale non può condizionare l'eventuale, successivo, riconoscimento dell'interesse culturale, da cui scaturiscono le forme di tutela, previste dal citato decreto legislativo n. 42 del 2004, e le correlate agevolazioni fiscali.
Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, può affermarsi che l'attribuzione della categoria catastale [3] va effettuata, esclusivamente, sulla base della destinazione e delle caratteristiche, costruttive e tipologiche, proprie dell'unità immobiliare, a prescindere dall'intervenuto riconoscimento o meno dell'interesse culturale.


3.3 L'attribuzione della categoria catastale agli immobili vincolati
Ciò premesso, non può quindi stabilirsi una correlazione tra il riconoscimento di immobile vincolato ed una specifica categoria catastale.
Al riguardo, si evidenzia che, ad un immobile vincolato di interesse culturale, è attribuita una delle categorie previste nel quadro di qualificazione della zona censuaria di riferimento, sulla base delle proprie caratteristiche intrinseche.
Un ulteriore ambito di riflessione è costituito dal classamento degli immobili nella categoria catastale "A/9 - Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici", posto che l'inquadramento in tale categoria viene spesso richiesto nell'erronea convinzione che si tratti della categoria di "riferimento" per gli immobili riconosciuti di interesse culturale.
Con specifico riguardo all'attribuzione di detta categoria, l'istruzione II del 24 maggio 1942 sull'accertamento e il classamento, emanata dalla Direzione generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali del Ministero delle finanze, stabilisce che: «Un castello che nella sua attuale destinazione costituisce una sola unità immobiliare ad uso di abitazione si accerta nella categoria A/9. Se la destinazione risulta attualmente mutata, il castello si accerta nella categoria che compete alla nuova destinazione o a quella delle singole unità immobiliari in cui eventualmente è diviso.» (cfr. Appendice E) [4].
In proposito, sembra opportuno richiamare anche i chiarimenti forniti dalla medesima Direzione generale con circolare n. 5/T del 14 marzo 1992 - le cui indicazioni devono ritenersi tuttora applicabili (pur essendo superata per la parte relativa al quadro di qualificazione) - laddove, con riferimento alla categoria A/9, viene ulteriormente precisato che «Si iscriveranno in questa categoria i castelli e i palazzi eminenti che per la loro struttura, la ripartizione degli spazi interni e dei volumi edificati non sono compatibili con le unità tipo delle altre categorie; costituiscono ordinariamente una sola unità immobiliare. È compatibile con l'attribuzione della categoria A/9 la presenza di altre unità, funzionalmente indipendenti, censibili nelle altre categorie.» (cfr. nota 7 al "Quadro generale delle categorie").
Sulla base degli orientamenti richiamati, può affermarsi, dunque, che l'inquadramento nella categoria catastale A/9 dipende, esclusivamente, dalle caratteristiche costruttive e tipologiche proprie dell'immobile, tenendo conto delle specifiche indicazioni contenute nella normativa e prassi catastale; l'attribuzione di tale particolare categoria, quindi, non è direttamente connessa all'avvenuto riconoscimento dell'interesse storico e artistico del bene, che, in astratto, potrebbe anche non sussistere.
Riepilogando:
- se un immobile viene dichiarato di interesse culturale e sottoposto al regime vincolistico previsto dalla normativa in esame, lo stesso, a prescindere dalla sussistenza del vincolo, mantiene l'inquadramento nella categoria catastale corrispondente alle caratteristiche proprie dell'immobile stesso, che, quindi, non corrisponde "necessariamente" alla categoria A/9;
- nella categoria A/9, invece, saranno inquadrabili soltanto gli immobili che presentano le particolari caratteristiche costruttive e tipologiche, coerenti con quelle specificatamente previste per tale categoria, indipendentemente dalla sussistenza del vincolo di interesse culturale.
Analoghe considerazioni possono essere svolte per le costruzioni tipiche, tra cui, a titolo esemplificativo, i dammusi, i "sassi" ed i trulli, che sono censite nella categoria catastale A/11 - "Abitazioni tipiche dei luoghi", indipendentemente dall'eventuale attribuzione del vincolo di interesse culturale.


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[2] Non può influire sulle operazioni di accertamento catastale alcuna considerazione riguardante l'''interesse culturale" eventualmente riconosciuto in capo ad una unità immobiliare.


[3] Al riguardo, appare opportuno rammentare che, se nel quadro di qualificazione di un Comune non sia stata prevista una delle categorie catastali, si potrà provvedere, ove necessario, integrando il quadro tariffario (se in presenza di un numero sufficiente di unità immobiliari con caratteristiche similari), oppure, per un numero limitato di unità immobiliari, attribuendo un classamento per "comparazione" (ai sensi dell'art. 11, comma 2, del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154), effettuato sulla base delle tariffe della medesima tipologia edilizia presente in un altro Comune della Provincia.


[4] In proposito, appare utile rammentare il concetto di nunità immobiliare", che l'art. 2, comma 1, del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, definisce come «... una porzione di fabbricato, o ... un fabbricato, o ... un insieme di fabbricati ovvero ... un'area, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale».


4. L'indicazione in catasto del bene di interesse culturale - Annotazione
Fermo restando quanto chiarito nei paragrafi precedenti in ordine alle corrette modalità di c1assamento catastale, che, come precisato, è indipendente dal riconoscimento dell'interesse culturale dell'immobile, si affronta ora la tematica concernente le modalità con cui rendere conoscibile, negli atti catastali, l'eventuale esistenza del relativo vincolo, anche nell'ottica di rappresentare compiutamente le peculiari caratteristiche del bene e in considerazione delle implicazioni che la questione riveste in ambito fiscale.
Al riguardo, questa Direzione aveva già fornito alcune indicazioni, prevedendo l'apposizione, a richiesta degli interessati, di una specifica annotazione che evidenzi il carattere "culturale" degli immobili di cui trattasi.
Si era infatti ritenuta applicabile anche al caso di specie la disciplina degli annotamenti catastali, di cui agli articoli 41 e seguenti del Regolamento per la conservazione del Catasto terreni, approvato con regio decreto 8 dicembre 1938, n. 2153.
Nel confermare tale impostazione, si precisa che, nella domanda per l'annotazione in catasto dell'interesse culturale dell'immobile, da presentare in coerenza con le previsioni dell'art. 44 del citato Regolamento [5], devono essere indicati anche gli estremi della trascrizione nei registri immobiliari del relativo provvedimento di dichiarazione o di verifica [6].
Per tali immobili, verrà pertanto iscritta negli atti catastali la seguente annotazione: "Immobile riconosciuto di interesse culturale, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004 - Nota di trascrizione del xxjxxjxxxx, Reg. gen. n xxxxxx. ".
L'annotazione, peraltro, potrà apporsi esclusivamente laddove, nel provvedimento con cui viene riconosciuto l'interesse culturale del bene, l'unità immobiliare sia univocamente individuata con i relativi dati di identificazione catastale.
Qualora manchi tale specifica individuazione, si ritiene che gli interessati possano fare riferimento al procedimento previsto dal comma 3 del citato articolo 128 del Codice, in base al quale «In presenza di elementi di fatto sopravvenuti ovvero precedentemente non conosciuti o non valutati, il Ministero [rectius: Ministero per i beni e le attività culturali] può rinnovare, d'ufficio o a richiesta del proprietario, possessore o detentore interessati, il procedimento di dichiarazione dei beni che sono stati oggetto delle notifiche di cui al comma 2, al fine di verificare la perdurante sussistenza dei presupposti per l'assoggettamento dei beni medesimi alle disposizioni di tutela».
Analogamente, si procede ogniqualvolta l'identificativo catastale dell'immobile venga variato in seguito alla presentazione di dichiarazione di variazione per fusione o divisione, ovvero ampliamento.
Con riferimento alle precedenti considerazioni, si evidenzia che l'annotazione dell'interesse culturale non potrà essere associata ad immobili censiti in catasto senza attribuzione di rendita.
Di contro, l'annotazione sarà riportata (tecnicamente "traslata") d'ufficio, a seguito delle variazioni eseguite direttamente dall'Agenzia del territorio, sulla base delle disposizioni vigenti, ovvero per gli aggiornamenti degli atti del catasto che non implicano la variazione degli identificativi catastali.
Si evidenzia, infine, che le indicazioni sopra impartite in merito all'apposizione dell'annotazione si riferiscono alle sole ipotesi di dichiarazione di interesse culturale e non riguardano la diversa fattispecie dei provvedimenti concernenti le "prescrizioni di tutela indiretta", previste negli articoli 45 e seguenti del Codice, ancorché trascritti nei registri immobiliari.
Gli Uffici provinciali sono invitati al puntuale rispetto delle presenti indicazioni e le Direzioni regionali a verificarne la corretta applicazione.


Il Direttore centrale catasto e cartografia
Franco Maggio


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[5] Si riporta, per pronto riferimento, l'art. 44 del Regolamento: "Le domande per gli annotamenti catastali, e per le variazioni e le cancellazioni relative, vanno stese su competente carta da bollo e presentate, in un con i documenti da cui il cambiamento risulta .. ,".


[6] Oppure delle "notifiche" effettuate a norma degli articoli 2, 3, 5 e 21 della legge 10 giugno 1939, n. 1089 o delle dichiarazioni adottate e notificate a norma dell'articolo 22 della legge 22 dicembre 1939, n. 2006, dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409 e degli articoli 6, 7, 8 e 49 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (cfr. art. 128 del Codice).


D.L. 23 gennaio 1993, n. 16
D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13
D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 4
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 10 e segg.
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 12 e segg.
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 128

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