Cass. pen. Sez. V, (ud. 16-06-2005) 04-08-2005, n.
29505
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FOSCARINI Bruno - Presidente
Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere
Dott. ROTELLA Mario - Consigliere
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere
Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) (Lpd) (Lpd), N. IL 22/01/1946;
2) (Lpd) (Lpd), N. IL 04/02/1950;
nel procedimento contro:
(Lpd) (Lpd), N. IL 26/08/1947;
avverso SENTENZA del 07/10/2004 CORTE APPELLO di
VENEZIA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal
Consigliere Dott. DIDONE ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del
Dott. GIALANELLA Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. SPALLINA Bartolo.
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La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 7
ottobre 2004, ha riformato la sentenza del Tribunale di Treviso - Castelfranco
Veneto, in data 20 giugno 2003, di condanna di (Lpd) (Lpd) alla pena di
giustizia, determinata ai sensi dell'art. 81 c.p., per i contestati
reati di ingiuria (commesso il 14 giugno 1997 in danno di (Lpd) (Lpd)), di
lesione personale e di minaccia (commessi il 10 ottobre 1997 in danno di (Lpd) (Lpd)),
dichiarandone l'estinzione per intervenuta prescrizione e revocando le
"statuizioni civilistiche". Eciò perchè, essendo maturato il termine
prescrizionale di cinque anni previsto dall'art. 157, comma 1, n. 4, c.p.
prima della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio (emesso
peraltro soltanto in data 15 ottobre 2002) e non risultando alcun precedente
atto interruttivo (nè per tale potendo essere qualificato l'avviso notificato
all'imputato per gli effetti di cui all'art. 415 bis c.p.p.), il riconosciuto
effetto estintivo della prescrizione va riportato a momento precedente alla
"conclusione del processo di primo grado": essendo così mancata "la formazione
di un valido giudizio di responsabilità in quella fase procedimentale", resta
preclusa l'operatività della disciplina di cui all'art. 578 c.p.p.,
che, ai fini della conferma delle statuizioni civili, postula "lapronuncia di
un'efficace e rituale condanna alle restituzioni o al risarcimento, che qui
viene a mancare".
Con comune ricorso le parti civili costituite denunziano
che, in tal modo, la sentenza impugnata è inficiata da "violazione dell'art.
160 c.p. in relazione all'art. 415 bis c.p.p., riproponendo, in articolata
prospettazione, la questione di assimilazione dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p.
al decreto di citazione a giudizio dell'imputato ed ai correlativi effetti di
interruzione del decorso del termine prescrizionale. Mentre, col secondo motivo,
adducono il vizio logico della motivazione, che ha negato tale equipollenza, e,
col terzo motivo, sostengono che sussiste violazione della disciplina di cui
all'art. 578 c.p.p., essendone stata negata l'operativitàsenza la
necessaria valutazione della "fondatezza della domanda civilistica".
In contrario risulta inoltre depositata memoria difensiva
nell'interesse dell'imputato, sostanzialmente ribadendosi le argomentazioni
della sentenza impugnata sull'esclusione della ipotizzata "equipollenza
interruttiva" dell'avviso notificato ai sensi dell'art. 415 bis c.p.p. e,
d'altra parte, evidenziandosi l'infondatezza delle altre questioni sollevate dai
ricorrenti (Lpd) (Lpd) e (Lpd) (Lpd). Nell'interesse di questi ultimi è stata
depositata una memoria difensiva con la quale si ribadiscono il 1 ed il 3 motivo
di ricorso.
Osserva la Corte che, nonostante il diverso ordine dei
motivi di ricorso seguito dai ricorrenti, priorità logica va assegnata alla
questione attinta dal terzo motivo, posto che, se il giudice di appello avesse
dovuto decidere sull'impugnazione - come sostengono iricorrenti - ai soli
effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza concernenti gli interessi
civili, ai sensi dell'art. 578 c.p.p., la questione sollevata con i
primi due motivi di ricorso, concernenti l'idoneità interruttiva della
prescrizione della notifica dell'avviso di deposito degli atti ex art. 415 bis
c.p.p., sarebbe irrilevante.
Sennonchè, il terzo motivo di ricorso è manifestamente
infondato, posto che "la decisione del giudice dell'impugnazione sugli effetti
civili del reato estinto presuppone che la causa estintiva sia sopravvenuta alla
sentenza emessa dal giudice di primo grado che ha pronunciato sugli interessi
civili, mentre, qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza
di primo grado ed il giudice erroneamente non l'abbia dichiarata, non sussistono
ipresupposti di operatività dell'art. 578 cod. proc. pen., poichè tale
decisione presuppone una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni
civili validamente emessa e gli effetti della sentenza di secondo grado devono
essere riportati al momento in cui è stata emessa quella di primo grado" (Cass.,
Sez. 6^, 19/09/2002-07/10/2002, n. 33398, la quale, in applicazione di tale
principio, ha annullato la decisione del giudice di appello che aveva dichiarato
- a seguito di derubricazione - l'estinzione del reato per essere maturato il
termine prescrizionale prima della pronuncia di primo grado, confermando,
inoltre, le statuizioni civili della sentenza di primo grado, con condanna degli
imputati alla rifusione delle spese processuali in favore della parte civile.
Nello stesso senso cfr.
Cass., Sez. un., 13/07/1998 - 24/09/1998, n. 10086). E'
fondato, per contro, il primo motivo di ricorso.
Infatti, questa Sezione, con sentenza del 17 febbraio
2005 n. 305 (dep. il 16 marzo 2005), ha enunciato il principio per il quale
l'avviso di deposito degli atti ex art. 415-bis c.p.p. costituisce
valido atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell'art. 160 c.p.
La Corte non può che condividere siffatto orientamento giurisprudenziale.
Infatti, è pur vero, che le Sezioni unite - con pronuncia alla quale la
giurisprudenza successiva ha prestato ossequio - hanno ritenuto che "la lunga,
assolutamente dominante, elaborazione giurisprudenziale di legittimità (Cass.,
Sez. 6^, 12.4.1969, Ragonese, rv. 112214, per l'interrogatorio a chiarimenti
davanti al g.i.; Sez. 3^, 20.11.1978, Missiano, rv. 140834, per larichiesta del
p.m. di emissione di decreto di citazione a giudizio;
Sez. 4^, 12.3.1980, Bertaldo, rv. 146855, per taluni atti
istruttori come la perizia medica, la comunicazione giudiziaria e la nomina del
difensore d'ufficio; Sez. 4^, 14.10.1980, Coppolino, rv. 148872, per
l'interrogatorio assunto dalla polizia giudiziaria; Sez. 1^, 28.11.1994, Gallo,
rv. 200237 e 14.11.1994, P.M. in proc. Trimarchi, rv. 199891, per la richiesta
del p.m. di decreto penale di condanna;
Sez. 5^, 22.4.1997, Greco, rv. 208089, per le
dichiarazioni spontanee rese dall'imputato all'a.g.), in perfetta coerenza con
l'atteggiamento di rigoroso self-restraint della giurisprudenza costituzionale e
con gli itinerari interpretativi della quasi unanime dottrina, ha costantemente
ripudiato il ricorso al concetto di atto 'equipollentè, riconducibile cioè alla
eadem ratio di quellianaliticamente enumerati nell'art. 160 c.p. E ciò
per l'evidente incompatibilità sistematica di operazioni ermeneutiche che,
facendo leva sull'omologo trattamento processuale dell'atto e forzando il pur
riduttivo assetto del diritto positivo sostanziale - frutto di discrezionali e
insindacabili scelte del legislatore -, fossero comunque dirette alla
surrettizia estensione analogica in malam partem delle tipiche e tassative
fattispecie interruttive della prescrizione" (Cass. Sez. un., 11 luglio 2001, n.
33543). E' vero, altresì, poi, che tale ultimo principio - come innanzi rilevato
- anche di recente è stato applicato da questa Corte ad altra fattispecie
(Cass., 10 luglio 2003 n. 37476, Rv. 226287, secondo la quale "nel procedimento
davanti al giudice di pace, l'interrogatorio dell'indagato, effettuato dalla
polizia giudiziaria per delega delP.M. ai sensi dell'art. 370 cod. proc.
pen., non è idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non
rientrando nel novero degli atti produttivi di tale effetto indicati
nell'art. 160, comma secondo cod. pen. e non essendo neppure menzionato tra
gli atti aventi tale efficacia interruttiva previsti dall'art. 61 D.Lgs. n.
274 del 2000, atteso che il divieto di analogia 'in malam partem' in
materia penale non consente un ampliamento di tali categorie di atti processuali
in via interpretativa").
Sennonchè, la pronuncia di questa Sezione dianzi
richiamata, lungi dall'operare una non consentita estensione analogica in malam
partem delle tipiche e tassative fattispecie interruttive dellaprescrizione, ha
solo evidenziato che l'invito a presentarsi al pubblico ministero - atto al
quale espressamente l'art. 160 c.p. ricollega l'effetto interruttivo -
è in sostanza contenuto anche nell'avviso di deposito di cui all'art.
415-bis c.p.p., nella parte in cui contiene l'avvertimento che "l'indagato
ha facoltà ... di chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio". D'altronde,
l'avviso ex art. 415-bis c.p.p. è fatto notificare dal p.m. soltanto
nell'ipotesi in cui non deve formulare richiesta di archiviazione, e dunque se
intende esercitare l'azione penale, del cui valido esercizio è condizione, come
si desume conclusivamente dall'art.416/1, novellato dallo stesso art. 17 L.
479/99, che commina sanzione di nullità nel caso di omissione sua nonchè
dell'invito di cui all'art. 375/3 qualora la persona sottoposta alle indagini
abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio "entro il termine di cui
all'art. 415-bis, comma 3".
Se, dunque, l'enunciato normativo di cui all'art. 160
c.p., relativamente all'invito del pubblico ministero a presentarsi per
rendere l'interrogatorio, a seguito della riforma del 1988, andava riferito
esclusivamente alla disposizione processuale di cui all'art. 375 c.p.p., dopo la
modifica intervenuta nel 1999 dell'art. 416, comma 1, c.p.p., la norma
sostanziale predetta va riferita, altresì,alla norma processuale di cui
all'art. 415-bis c.p.p., richiamata unitamente a quella di cui all'art.
375 c.p.p. dal nuovo testo dell'art. 416, comma 1, c.p.p. Una
diversa conclusione comporterebbe che, stante la doverosità dell'emissione
dell'invito di cui all'art. 375 c.p.p. a seguito della richiesta
dell'indagato, verrebbe rimessa alla volontà di quest'ultimo l'emissione da
parte del pubblico ministero dell'atto interruttivo della prescrizione, con la
conseguenza che l'indagato che sa di essere innocente e sollecita il proprio
interrogatorio peresporre le proprie difese verrebbe posto in condizioni
deteriori rispetto all'indagato che sa di essere colpevole ed elude le
investigazioni. Nel primo caso l'indagato "sollecita" l'atto interruttivo della
prescrizione, nel secondo il reo beneficia del tempo richiesto dagli adempimenti
prescritti dall'art. 415-bis c.p.p. In altri termini, ad atti di
esercizio del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost. verrebbe
ricollegato un effetto interruttivo della prescrizione del reato con
irragionevole disparità di trattamento rispetto all'indagato consapevole della
propria colpevolezza il quale con la propria inerzia beneficia di "tempi morti"
del procedimento ai fini dell'estinzione del reato, con l'ulteriore conseguenza
che l'indagato potrebbe, per evitare quell'effetto interruttivo, essereindotto a
sacrificare il proprio diritto di difesa, rinviando alla fase dell'udienza
preliminare o del dibattimento l'esercizio di tale diritto fondamentale, così
rinunciando al tentativo (e alla speranza) di vedere presto chiarita la propria
posizione a seguito di richiesta di archiviazione da parte del pubblico
ministero.
L'indirizzo giurisprudenziale accolto da questa Sezione,
dunque, prescinde dall'utilizzazione del concetto di atto "equipollente",
riconducibile cioè alla eadem ratio di quelli analiticamente enumerati
nell'art. 160 c.p., nel mentre individua nell'avvertimento contenuto
nell'avviso ex art. 415-bis c.p.p.
quell'invito apresentarsi previsto dall'art. 160 c.p.p. e,
originariamente, soltanto dall'art. 375 c.p.p. Il ricorso, proposto
esclusivamente ai fini civilistici, va, dunque, accolto, con assorbimento del
secondo motivo.
All'annullamento della sentenza impugnata - la quale, a
differenza della sentenza di primo grado riformata - ha dichiarato estinti i
reati per prescrizione, non consegue, tuttavia, la necessità del rinvio, stante
la congruità della statuizione sugli interessi civili contenuta nella sentenza
di primo grado (la quale ha liquidato i danni in euro 500,00 in favore del (Lpd)
e in euro 3.000,00 in favore di (Lpd) (Lpd) nonchè le spese sostenute dalle
parti civili in euro 900,00 oltre accessori).
Invero, con l'atto di appello l'imputato aveva
sollecitato soltanto 1) la declaratoria di estinzione dei reati per
prescrizione, 2) avevalamentato che la pena inflitta era eccessiva e, infine,
aveva chiesto 3) la riduzione delle somme liquidate a titolo di risarcimento del
danno. Soltanto nelle richieste conclusive dell'atto di appello è contenuta 4)
la mera richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto. Talchè, ai
sensi dell'art. 620, lett. l), c.p.p., risulta "superfluo" il rinvio alla corte
di merito.
Infatti, la già dichiarata estinzione dei reati per
prescrizione e l'impugnazione proposta ai soli effetti civili, esclude ogni
interesse dell'imputato in relazione ai motivi sub 1) e 2), mentre la richiesta
sub 4) non è sorretta da alcuna censura specifica nei confronti della sentenza
di primo grado.
Del tutto generica e non sorretta da specifiche censure è
altresì il motivo di appello sub 3) relativo ai danni. Sì che la corte di rinvio
dovrebbe limitarsi a dichiarare l'inammissibilità del gravame. Pertanto, la
Corte ritiene di poter confermare quellestatuizioni con l'ulteriore liquidazione
delle spese di costituzione e difesa nel grado di appello, così come in
dispositivo, alla luce della genericità e, dunque, dell'inammissibilità del
motivo di appello proposto dall'imputato in relazione a tale capo.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente
agli effetti civili per i quali conferma la sentenza di primo grado, liquidando
in euro 1.000,00 le spese sostenute dalle parti civili in grado di appello.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2005
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