Nuova pagina 1
REPUBBLICA ITALIANA | N. 7339/05 Reg.Sent. |
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO | Anno |
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE | N.5418 Reg.Ric. |
Sezione Quinta | Anno 1997 |
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5418 del 1997, proposto dal sig. (omissis) (omissis),
rappresentato e difeso dall’avv.
-
contro
il Comune di (Lpd), rappresentato e difeso dall’avv.
-
e nei confronti
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, n. 475/97
del 20 febbraio 1997, Sez. V, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17/05/2005 il consigliere Marzio Branca, e
udito l’avv. Vantaggiato in sostituzione dell’avv. Giovanni Romano.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto da sig.
(omissis) (omissis) per l’accertamento del diritto a percepire i diritti di
segreteria ai sensi dell’articolo unico della legge 24 febbraio 1971 n. 93, in
quanto incaricato di funzioni di cancelliere presso l’ufficio del giudice
conciliatore di (Lpd).
Il TAR ha ritenuto che la norma invocata dal ricorrente non poteva più
considerarsi in vigore a seguito dei mutamenti normativi che hanno introdotto il
principio della onnicomprensività dello stipendio dei pubblici dipendenti.
Il sig. (omissis) ha proposto appello per la riforma della sentenza insistendo
sulla fondatezza della propria pretesa, in considerazione della necessaria
prevalenza che spetterebbe ad una fonte di rango legislativo rispetto al
contratto collettivo, che viene emanato con atto regolamentare.
Il Comune di (Lpd) si è costituito in giudizio per resistere al gravame.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Alla pubblica udienza del 17 maggio 2005 la causa veniva trattenuta in
decisione.
L’appello è infondato per le ragioni già compiutamente illustrate nella sentenza
appellata, che le argomentazioni dell’appellante non inducono a modificare.
La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. Sez. V, 30 marzo 1993, n. 420; 20
novembre 1990 n. 788; 22 novembre 1985 n. 422) è da tempo consolidata nel senso
che il d.P.R. n. 1 giugno 1079 n. 191, recante la disciplina del rapporto di
lavoro del personale degli enti locali, all’art. 19 ha sancito la
onnicomprensività del trattamento economico del personale degli enti locali,
così precludendo la possibilità di corrispondere compensi aggiuntivi per compiti
ed incarichi che siano esplicazione dei doveri di ufficio. La norma ha cura di
precisare minuziosamente quali voci retributive possono aggiungersi al
trattamento tabellare.
Il contratto collettivo suddetto ha potuto legittimamente disporre in tal senso
perché a ciò abilitato dalla legge (art. 6 del d.l. 29 dicembre 1977 n. 946,
convertito nella legge 27 febbraio 1978 n. 43).
Va anche menzionato, in proposito, l’art. 28 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12
(Ordinamento giudiziario), ora abrogato dall’art. 47 della legge 21 novembre
1991 n. 374 istitutiva del giudice di pace. La disposizione stabiliva che le
funzioni di cancelliere del giudice conciliatore “sono esercitate dal segretario
comunale o altro impiegato della segreteria”, così chiarendo che l’incarico
rientra tra i normali doveri d’ufficio del personale comunale.
Considerato tale quadro normativo, risultano non conferenti i richiami
dell’appellante al principio della separazione dei poteri e la connessa
differenziazione delle funzioni amministrative da quelle giurisdizionali. La
circostanza che i cancellieri degli altri organi della giurisdizione ordinaria
siano considerati appartenenti all’ordine giudiziario è, per quanto qui
interessa irrilevante, posto che il segretario comunale o altro dipendente del
Comune che fosse incaricato delle funzioni di cancelliere non per questo entrava
a far parte del personale delle cancellerie di cui alla legge n. 1196 del 1960.
In conclusione l’appello va respinto.
Spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente nella misura
indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta
l’appello in epigrafe;
condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di
(Lpd) e ne liquida l’importo in complessivi Euro 2.000=;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 maggio 2005 con
l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro
Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
(omissis) Fera
Consigliere
Marzio Branca
Consigliere est.
Aniello Cerreto
Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Marzio Branca F.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
F.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to Luciana Franchini
Nessun commento:
Posta un commento