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domenica 31 marzo 2013

Pubblici dipendenti: più funzioni, stesso stipendio




Nuova pagina 1
REPUBBLICA ITALIANA N. 7339/05 Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE N.5418  Reg.Ric.
Sezione Quinta Anno 1997


ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5418 del 1997, proposto dal sig. (omissis) (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. -
contro
il Comune di (Lpd), rappresentato e difeso  dall’avv. -
e nei confronti
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, n. 475/97 del 20 febbraio 1997, Sez. V, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17/05/2005 il consigliere Marzio Branca,  e udito l’avv. Vantaggiato in sostituzione dell’avv. Giovanni Romano.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il  ricorso proposto da sig. (omissis) (omissis) per l’accertamento del diritto a percepire i diritti di segreteria ai sensi dell’articolo unico della legge 24 febbraio 1971 n. 93, in quanto incaricato di funzioni di cancelliere presso l’ufficio del giudice conciliatore di (Lpd).
Il TAR ha ritenuto che la norma invocata dal ricorrente non poteva più considerarsi in vigore a seguito dei mutamenti normativi che hanno introdotto il principio della onnicomprensività dello stipendio dei pubblici dipendenti.
Il sig. (omissis) ha proposto appello per la riforma della sentenza insistendo sulla fondatezza della propria pretesa, in considerazione della necessaria prevalenza che spetterebbe ad una fonte di rango legislativo rispetto al contratto collettivo, che viene emanato con atto regolamentare.
Il Comune di (Lpd) si è costituito in giudizio per resistere al gravame.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Alla pubblica udienza del 17 maggio 2005 la causa veniva trattenuta in decisione.
L’appello è infondato per le ragioni già compiutamente illustrate nella sentenza appellata, che le argomentazioni dell’appellante non inducono a modificare.
La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. Sez. V, 30 marzo 1993, n. 420; 20 novembre 1990 n. 788; 22 novembre 1985 n. 422) è da tempo consolidata nel senso che il d.P.R. n. 1 giugno 1079 n. 191, recante la disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti locali, all’art. 19 ha sancito la onnicomprensività del trattamento economico del personale degli enti locali, così precludendo la possibilità di corrispondere compensi aggiuntivi per compiti ed incarichi che siano esplicazione dei doveri di ufficio. La norma ha cura di precisare minuziosamente quali voci retributive possono aggiungersi al trattamento tabellare.
Il contratto collettivo suddetto ha potuto legittimamente disporre in tal senso perché a ciò abilitato dalla legge (art. 6 del d.l. 29 dicembre 1977 n. 946, convertito nella legge 27 febbraio 1978 n. 43).
Va anche menzionato, in proposito, l’art. 28 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 (Ordinamento giudiziario), ora abrogato dall’art. 47 della  legge 21 novembre 1991 n. 374 istitutiva del giudice di pace. La disposizione stabiliva che le funzioni di cancelliere del giudice conciliatore “sono esercitate dal segretario comunale o altro impiegato della segreteria”, così chiarendo che l’incarico rientra tra i normali doveri d’ufficio del personale comunale.
Considerato tale quadro normativo, risultano  non conferenti i richiami dell’appellante al principio della separazione dei poteri e la connessa differenziazione delle funzioni amministrative da quelle giurisdizionali. La circostanza che i cancellieri degli altri organi della giurisdizione ordinaria siano considerati appartenenti all’ordine giudiziario è, per quanto qui interessa irrilevante, posto che il segretario comunale o altro dipendente del Comune che fosse incaricato delle funzioni di cancelliere non per questo entrava a far parte del personale delle cancellerie di cui alla legge n. 1196 del 1960.
In conclusione l’appello va respinto.
Spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,   rigetta l’appello in epigrafe;
condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di (Lpd) e ne liquida l’importo in complessivi Euro 2.000=;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella  camera di consiglio del 17 maggio 2005 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro                                                          Presidente
Paolo Buonvino                                                     Consigliere                         
(omissis) Fera                                                                  Consigliere
Marzio Branca                                                         Consigliere est.
Aniello Cerreto                                                         Consigliere
 
L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE
F.to Marzio Branca   F.to Sergio Santoro
 
IL SEGRETARIO
F.to Agatina Maria Vilardo
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL  DIRIGENTE
f.to Luciana Franchini

 



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