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sabato 9 marzo 2024

Cassazione - si sarebbero procurati rimborsi superiori rispetto a quelli loro spettanti attraverso artifizi e raggiri, consistiti, da un canto, nell'allegare falsamente di avere utilizzato, per il viaggio, mezzi diversi da quelli di proprietà dell'amministrazione o dalla stessa previamente autorizzati e, dall'altro, nell'indicare una durata della missione superiore a quella effettiva.

 

Cassazione - si sarebbero procurati rimborsi superiori rispetto a quelli loro spettanti attraverso artifizi e raggiri, consistiti, da un canto, nell'allegare falsamente di avere utilizzato, per il viaggio, mezzi diversi da quelli di proprietà dell'amministrazione o dalla stessa previamente autorizzati e, dall'altro, nell'indicare una durata della missione superiore a quella effettiva.

 

 

Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12/07/2023) 21-12-2023, n. 51152

TRUFFA

 

Fatto Diritto P.Q.M.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE PRIMA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. MOGINI Stefano - Presidente -

 

Dott. BIANCHI Michele - Consigliere -

 

Dott. CASA Filippo - Consigliere -

 

Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere -

 

Dott. TOSCANI Eva - Consigliere -

 

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

 

OMISSIS, nato a (Omissis);

 

OMISSIS, nato a (Omissis);

 

avverso la sentenza del 30/11/2022 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;

 

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

 

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DANIELE CAPPUCCIO;

 

udito il P.G. Militare, il quale conclude chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

uditi i difensori, avvocato DE JORIO FILIPPO, del foro di ROMA, in difesa di OMISSIS, il quale conclude insistendo per l'accoglimento del ricorso; avvocato NACCARATO ROSELLINA, del foro di COSENZA, in difesa di OMISSIS, la quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso.

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza del 30 novembre 2022 la Corte militare di appello, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale militare di Verona nei confronti di OMISSIS e OMISSIS, ha, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche in rapporto di prevalenza sulle contestate aggravanti, rideterminato le pene loro inflitte, e condizionalmente sospese, per il reato di truffa militare pluriaggravata continuata rispettivamente in sei mesi e due giorni, per il primo, e cinque mesi e quattro giorni, per il secondo, di reclusione militare, confermando, contestualmente, l'applicazione della sanzione accessoria della rimozione dal grado.

 

2. Il procedimento penale nell'ambito del quale sono state emesse le sentenze testè menzionate concerne la condotta di OMISSIS e OMISSIS -entrambi in forza all'OMISSIS con il grado di Caporal Maggiore Capo ed in servizio a (Omissis), l'uno, ed a (Omissis), l'altro - i quali, comandati, in più occasioni, tra il 2018 ed il 2019, in missione a Roma perchè delegati della Sezione OMISSIS del Consiglio Centrale di Rappresentanza (COCER), si sarebbero procurati rimborsi superiori rispetto a quelli loro spettanti attraverso artifizi e raggiri, consistiti, da un canto, nell'allegare falsamente di avere utilizzato, per il viaggio, mezzi diversi da quelli di proprietà dell'amministrazione o dalla stessa previamente autorizzati e, dall'altro, nell'indicare una durata della missione superiore a quella effettiva.

 

La Corte militare di appello, nel mutuare, quanto alla ricostruzione delle vicende di interesse processuale ed alla loro qualificazione giuridica, le considerazioni svolte dal giudice di primo grado, ha, in primo luogo, disatteso la questione di legittimità costituzionale, posta da OMISSIS, dell'art. 234 c.p.m.p., comma 3, nella parte in cui dispone che la condanna per il reato di truffa militare importa, in via automatica, la rimozione, e quella che attiene alla disparità di trattamento tra la truffa comune e quella militare.

 

Nel merito, ha ritenuto la fondatezza dell'impostazione accusatoria e disatteso tutte le obiezioni sollevate dagli imputati, concernenti, tra l'altro: l'interpretazione della normativa secondaria in materia di rimborsi, che rimette a chi intende avvalersene la scelta tra il regime c.d. "a piè dl lista" e quello "à forfait"; l'effettivo utilizzo, in occasione delle trasferte in relazione alle quali è stato chiesto ed ottenuto il rimborso, del mezzo di trasporto indicato in ciascuna distinta; la determinazione degli orari di inizio e di fine delle missioni.

 

Ha, quindi, sancito, in accordo con il primo giudice, l'illiceità del contegno serbato dagli imputati, concretatosi nell'esporre, dolosamente, circostanze false in ordine ad orari e modalità degli spostamenti tra le rispettive sedi di servizio ed il luogo ove erano stati comandati in missione, in tal modo traendo in inganno l'amministrazione di appartenenza, indotta ad erogare somme superiori a quelle che, se i due non avessero fatto ricorso al malizioso mendacio, sarebbero state liquidate.

 

La Corte militare di appello ha, inoltre, escluso l'applicabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. per i casi di particolare tenuità del fatto, preclusa: dalla modalità ripetitiva delle condotte; dalla consistenza del danno, considerato sia nel complesso che con riguardo alle singole missioni; dall'abitualità dei comportamenti illeciti, protrattisi per più di un anno.

 

3. OMISSIS propone, con l'assistenza dell'avv. Filippo De Jorio, ricorso per cassazione affidato a sei motivi, dei quali, in ossequio alla previsione dell'art. 173 disp. Att. c.p.p., comma 1si darà atto, al pari di quanto accadrà all'atto di dar conto del ricorso di OMISSIS, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

 

3.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte militare di appello disatteso l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 234 c.p.m.p., comma 3, senza tener conto: del precedente intervento della Corte costituzionale che, nel dichiarare, con sentenza n. 258 del 1993, la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 29 c.p.m.p., ha stigmatizzato, con decisione di portata generale, il ricorso ad irragionevoli automatismi sanzionatori; dell'immotivata disparità di trattamento tra la truffa ed altri reati, pure previsti dal c.p.m.p., quali le lesioni personali gravi o gravissime o la diffamazione, per il quale la rimozione non è automaticamente prevista in caso di condanna; del contrasto tra la disposizione de qua agitur e la finalità rieducativa della pena consacrata all'art. 27 Cost., comma 3.

 

Sollecita, pertanto, l'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme dell'art. 234 c.p.m.p., comma 3, ovvero, qualora tale operazione si rivelasse impossibile, la proposizione alla Consulta della questione già sottoposta al giudice di merito.

 

3.2. Con il secondo motivo, lamenta, ancora nell'ottica della violazione di legge e del vizio di motivazione, che la Corte militare di appello abbia ingiustificatamente respinto l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 234 c.p.m.p., comma 3, per disparità di trattamento rispetto alla truffa comune, sanzionata dall'art. 640 c.p., che prevede una sanzione accessoria, l'interdizione dai pubblici uffici, temporanea anzichè perpetua e, comunque, avente quale presupposto la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni.

 

Osserva al riguardo, che, in tal modo, si determina, in spregio alla sostanziale identità delle fattispecie ed ai principi stabiliti agli art. 3 e 27 Cost., l'irragionevole discriminazione dell'imputato militare rispetto a quello civile, fenomeno analogo a quelli che, in altri settori dell'ordinamento penalistico militare, ha stimolato ripetuti interventi della Corte costituzionale, diretti a parificare, al cospetto di identici presupposti, la disciplina del c.p.m.p. rispetto a quella del c.p..

 

3.3. Con il terzo motivo, OMISSIS eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'affermazione della sua penale responsabilità in ordine ai reati ascrittigli.

 

Sostiene, in proposito, di avere sempre utilizzato, per le trasferte connesse alle missioni, il treno, mezzo di trasporto non di proprietà dell'amministrazione ma specificamente autorizzato e di essersi, per questa via, scrupolosamente attenuto alle previsioni della circolare illo tempore vigente, che non imponevano l'allegazione, ai fini del rimborso, del titolo di viaggio, che poteva essere sostituita dalla produzione di un estratto delle tariffe praticate, sul web, dalle compagnie ferroviarie.

 

Evidenzia, pertanto, l'assenza, nel suo comportamento, degli elementi costitutivi dell'ipotizzata truffa, dall'adozione di artifizi o raggiri all'induzione in errore dell'amministrazione sino all'indebita disposizione patrimoniale ed alla produzione di un danno per la persona offesa, con suo contestuale, ingiusto profitto.

 

Aggiunge, con riferimento al residuo profilo, di avere correttamente indicato giorno ed ora dell'inizio e della fine di ciascuna missione, di essere partito a ridosso delle riunioni cui egli era stato convocato e di essere rientrato nella sede di servizio súbito dopo la loro conclusione.

 

Rileva, ulteriormente, che la praticata opzione per il regime di rimborso forfettario esclude, in concreto, che sia verificata la paventata lesione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice.

 

3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole - nella prospettiva dell'esercizio, da parte del giudice, di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi, oltre che della violazione di legge - che i giudici di merito abbiano, in violazione del divieto di analogia in materia penale, qualificato in termini di artifizi e raggiri condotte integranti ipotesi di falsità ideologica, ovvero fattispecie di reato non contemplate dal c.p.m.p..

 

3.5. Con il quinto motivo, OMISSIS lamenta violazione di legge rilevando che la Corte militare di appello ha orientato la decisione sul fallace presupposto della chiarezza e dell'univocità del quadro normativo trascurando di considerare la concreta possibilità che egli sia stato indotto in errore dalle complesse e contraddittorie disposizioni amministrative di settore, circostanza idonea, con ogni evidenza, ad escludere, ai sensi dell'art. 47 c.p., il dolo del reato di truffa e che ha spinto lo stesso Ministero della Difesa ad adottare, nel 2022, una nuova Direttiva in punto di "Rimborso delle spese di viaggio in favore del personale delle Forze Armate comandato in missione".

 

Detto provvedimento, nota, è stato emesso sulla premessa che "Le numerose direttive attualmente vigenti, la cui emanazione è stata dettata dall'evoluzione della normativa di settore, hanno tuttavia comportato stratificazione delle relative disposizioni generando, talvolta, situazioni di complessità interpretativa" ed allo scopo di "riordinare la materia del rimborso delle spese di viaggio e l'utilizzo dei mezzi di trasporto, fornendo un unico quadro di riferimento applicativo quanto più chiaro possibile".

 

Sottolinea, subito dopo, che la prova del reato è stata tratta dalla compilazione, da parte sua, di moduli, destinati a raccogliere le dichiarazioni sostitutive delle certificazioni, predisposti in difformità alle previsioni di legge e, in particolare, privi del richiamo alle sanzioni penali di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 76, e dell'informativa sul trattamento dei dati personali.

 

3.6. Con il sesto motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere i giudici di merito offerto un'illogica interpretazione delle risultanze istruttorie, privilegiando, senza spiegarne le ragioni, l'attendibilità di alcuni testimoni a scapito di quella di altri e giungendo, infine, alla sua condanna pur in presenza di consistenti zone d'ombra nell'accertamento dei fatti di causa e senza che si sia prodotta l'offesa al bene tutelato.

 

Ribadisce, a quest'ultimo proposito, che egli ha percepito un rimborso forfettario e, quindi, del tutto scollegato dalle spese effettivamente sostenute e che deve, pertanto, escludersi che l'amministrazione abbia patito una ingiustificata deminutio pattimonii.

 

4. OMISSIS propone, tramite l'avv. Rosellina Naccarato, ricorso per cassazione articolato su due motivi.

 

4.1. Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte militare di appello trattato unitariamente le posizioni dei due imputati i quali, però, rispondono di fatti commessi autonomamente anzichè in concorso tra loro.

 

Rilevato che egli, a differenza di OMISSIS, non ha mai ammesso di avere utilizzato, per le trasferte, il treno, taccia di illogicità il percorso argomentativo che ha condotto i giudici di merito a stimare - in violazione, peraltro, delle regole che presiedono alla ripartizione dell'onere probatorio - che egli si sia effettivamente servito di quel mezzo di trasporto, presupposto imprescindibile per ritenere la sussistenza, nella loro duplice configurazione, delle ipotizzate truffe.

 

Rileva, sotto altro aspetto, che la sentenza impugnata muove dall'erroneo postulato che i convogli ferroviari rientrerebbero nel novero di mezzi di proprietà dell'amministrazione della Difesa e poggia su pilastri di marcata fragilità, specificamente in relazione alla ricostruzione degli spostamenti effettuati in occasione di ciascuna trasferta, al rispetto delle prescrizioni contenute nella circolare sui rimborsi al tempo vigente, al pregiudizio arrecato all'amministrazione dall'opzione per i rimborsi forfettari.

 

Segnala - in termini sovrapponibili a quelli già esposti all'atto di esporre i motivi di ricorso spiegati da OMISSIS - che l'oscurità della normativa in materia, non a caso successivamente sostituita da altra più lineare, è spia dell'assenza di dolo ovvero dell'essere egli caduto in errore in ordine alla procedura finalizzata a conseguire i ristori.

 

4.2. Con il secondo motivo, OMISSIS eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte militare di appello respinto la censura vertente sull'applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto sulla scorta di argomentazioni assertive ed apodittiche e, vieppiù, senza considerare che le condotte incriminate non hanno prodotto alla persona offesa pregiudizi economici di sorta.

Motivi della decisione

 

1. I ricorsi sono infondati e, pertanto, passibili di rigetto.

 

2. Preliminarmente, avendo i ricorrenti articolato doglianze anche ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), occorre ricordare, con la giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217), che il sindacato demandato alla Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza impugnata non può concernere nè la ricostruzione del fatto, nè il relativo apprezzamento, ma deve limitarsi al riscontro dell'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di una diretta rivisitazione delle acquisizioni processuali.

 

Il controllo di legittimità, invero, non è diretto a sindacare l'intrinseca attendibilità dei risultati dell'interpretazione delle prove, nè a ripercorrere l'analisi ricostruttiva della vicenda processuale operata nei gradi anteriori, ma soltanto a verificare che gli elementi posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee giustificative adeguate, che rendano persuasive, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074-01).

 

Sarebbero, quindi, inammissibili censure che si fondassero su alternative letture del quadro istruttorio, sollecitando il diverso apprezzamento del materiale probatorio acquisito da parte di questa Corte, secondo lo schema tipico di un gravame di merito, il quale esula, tuttavia, dalle funzioni dello scrutinio di legittimità, volto ad enucleare l'eventuale sussistenza di uno dei vizi logici, mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, tassativamente previsti dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), riguardanti la motivazione della sentenza di merito in ordine alla ricostruzione del fatto (Sez. 6 n. 13442 dell'8/03/2016, De Angelis, Rv. 266924; Se:z. 6 n. 43963 del 30/09/2013, Basile, Rv. 258153).

 

Ne discende, è stato, da ultimo, ribadito (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747), che "In tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchè sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento".

 

La mancanza, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimità, devono, pertanto, risultare di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivisi, i principi affermati da questa Corte, Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

 

Deve tuttora escludersi per il giudice di legittimità, la possibilità di "un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonchè i motivi di ricorso su di essi imperniati" e quindi "di fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi" in quanto ciò "si risolverebbe in una impropria riedizione del giudizio di merito e non assolverebbe alla funzione essenziale del sindacato sulla motivazione" (Sez. 6, n. 14624 del 20/03/2006, Vecchio, Rv. 233621), ovvero di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione ovvero di adottare nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 6, n. 25255 del 14/02/20122012, Minervini, Rv. 25309901; Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559).

 

3. Nel caso in esame, la Corte militare di appello risulta essersi confrontata con le doglianze sviluppate con le impugnazioni di merito e reiterate con i ricorsi per cassazione, che ha disatteso seguendo un iter motivazionale che si sottrae alle censure articolate in sede di legittimità.

 

3.1. Ha, in primo luogo, ritenuto che gli imputati abbiano partecipato a tutte le riunioni del COCER indicate nell'imputazione spostandosi in treno ed utilizzando i biglietti che, a loro nome, erano stati preventivamente acquistati, pagando un prezzo sempre inferiore a quello riportato nelle richieste di rimborso, estratto dai siti web di Trenitalia o Italo e parametrato al costo di biglietti di prima classe acquistati ad immediato ridosso di ciascuna trasferta.

 

A tal fine, hanno tratto argomento, attraverso considerazioni esenti da qualsivoglia frattura razionale, dalle verifiche effettuate presso i vettori (cfr. pag. 56-57), dalle, pur parziali, ammissioni di OMISSIS e, soprattutto, dalla considerazione - francamente invincibile - di ordine logico che fa leva sull'essere stati acquistati i titoli di viaggio da parte degli imputati e sulla precisa corrispondenza, di giorno ed ora, tra tali biglietti e le missioni cui i due avrebbero dovuto partecipare.

 

Ha gioco facile, dunque, la Corte di militare di appello nell'osservare che, quantunque non sia stato possibile accertare - in ragione del fatto che le compagnie ferroviarie non sono solite identificare il viaggiatore all'atto del controllo del biglietto - se e chi viaggiò servendosi di quei titoli, la costante ed assoluta coincidenza con le missioni e l'assenza di diverse, plausibili spiegazioni da parte dei diretti interessati concorrono nel dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che OMISSIS e OMISSIS si spostarono grazie ai biglietti da loro effettivamente acquistati, il cui costo" si ripete, era largamente inferiore a quello indicato nella richiesta di rimborso.

 

3.2. Parimenti ineccepibile è la ricostruzione della normativa di riferimento operata dai giudici di merito.

 

La circolare al tempo vigente, invero (cfr. pagg. 52-56 della sentenza impugnata), assegnava agli interessati - sia nel caso di rimborso a piè di lista che di ristoro à forfait (operazione che attiene, invece, alle spese di vitto ed alloggio) - l'alternativa, per le trasferte, tra l'utilizzo di un veicolo di proprietà dell'amministrazione o dalla stessa previamente autorizzato e la scelta di un mezzo diverso: nel primo caso, le spese di viaggio sarebbero state rimborsate a fronte dell'esibizione del titolo in originale e per l'importo ivi indicato; nel secondo, il militare in missione avrebbe avuto diritto ad un indennizzo pari al costo di un biglietto di prima classe o equiparato.

 

Nel caso di specie, dall'istruttoria dibattimentale (cfr., in particolare, le dichiarazioni del teste C.C. e la documentazione acquisita in primo grado) è emerso che OMISSIS e OMISSIS hanno preventivamente chiesto ed ottenuto, in vista delle missioni cui avrebbero dovuto, volta per volta, partecipare, l'autorizzazione all'uso del treno, ciò che, in virtù delle disposizioni testè richiamate, li avrebbe dovuti indurre a circoscrivere l'ammontare delle spese di viaggio da rimborsare nei limiti della somma effettivamente sborsata.

 

Il sistema - a dispetto della presenza, nei moduli compilati dagli imputati, di qualche marginale ed irrilevante imprecisione terminologica (quale quella che pare assimilare il treno ai mezzi di proprietà dell'amministrazione) - era, quindi, assolutamente chiaro nell'imporre ai militari, già autorizzati, su loro istanza (cfr., tra gli altri, il Foglio di viaggio n. (Omissis), con il quale OMISSIS è stato autorizzato all'uso del treno per la trasferta del 23 luglio 2018), a servirsi del treno, di allegare, ai fini del ristoro delle spese, i biglietti materialmente acquistati ed utilizzati anzichè le stampe tratte dai siti delle compagnie, che avrebbero dovuto esibire, invece, nell'opposto caso in cui la preventiva autorizzazione non fosse stata chiesta o, comunque, rilasciata.

 

In proposito, la Corte militare di appello, svolgendo un ragionamento ampio e coerente, ha spiegato che la normativa regolamentare del tempo era tutt'altro che oscura e contraddittoria e non consentiva, vieppiù avuto riguardo alle concrete connotazioni della vicenda in esame, dubbi o perplessità di sorta e che il contegno serbato dagli imputati è stato frutto di deliberata consapevolezza della natura indebita della prestazione richiesta e dell'attitudine della condotta artificiosa a trarre in inganno l'amministrazione che, indotta in errore dal malizioso stratagemma da loro architettato - cioè portata a ritenere che gli imputati avessero effettivamente sopportato l'esborso corrispondente al prezzo indicato sui documenti materialmente allegati alle richieste - ha affrontato una spesa maggiore rispetto a quella che sarebbe derivata dalla fedele esposizione della sequenza degli eventi, onde del tutto infondate si rivelano le doglianze avanzate dai ricorrenti in punto di concreta offensività del fatto illecito.

 

3.3. Nè, va aggiunto, miglior sorte meritano le obiezioni imperniate sulla astratta qualificazione del comportamento truffaldino in chiave di falsità ideologica - reato non previsto dall'ordinamento penalistico militare che, infatti, non è stato oggetto di autonoma contestazione - che muovono dall'assunto, del tutto fallace, della necessaria rilevanza criminale di "artifizi o raggiri" che, piuttosto, devono avere, sebbene non integranti, nella loro materialità, autonomi reati attribuiti alla giurisdizione militare (come, del resto, precisato dalla Corte militare di appello alla pag. 68 della sentenza impugnata), attitudine ingannatoria della persona offesa che, indotta in errore, si risolve a porre in essere un atto di disposizione patrimoniale (qui identificato nella liquidazione di rimborsi superiori a quelli spettanti ai richiedenti) che, altrimenti, avrebbe avuto diverse connotazioni e che, nel garantire agli agenti un profitto ingiusto, le arreca un pregiudizio patrimoniale.

 

Esente dai denunciati vizi si rivela, pertanto, in conclusione, l'apprezzamento, da parte dei giudici di merito, della sussistenza, nella fattispecie, di tutti gli elementi costitutivi dell reato contestato.

 

3.4. Lo stesso è a dirsi in relazione alle residue truffe consumate dagli imputati indicando, nelle richieste di rimborso, orari di partenza e di rientro diversi da quelli in cui i mezzi di trasporto da loro effettivamente utilizzati sono partiti ed arrivati dalle rispettive sedi di servizio, ciò che ha consentito loro di estendere la durata complessiva delle missioni in termini tali da incrementare l'importo dell'indennità loro riconosciuta.

 

Le giustificazioni offerte al riguardo dagli imputati si infrangono, invero, secondo quanto debitamente illustrato dalla Corte militare di appello (cfr. pagg. 55-56 e, poi, 59-60 e, ancora, 70-72 della sentenza impugnata), con il disposto normativo e, in particolare, con il punto:3.4. della Circolare n. 26794 dell'8 febbraio 2018, dal quale si evince che la missione comincia e finisce nel momento in cui il militare lascia il - e rientra nel - territorio del comune in cui egli presta servizio: ne discende l'illegittimità della dilatazione della durata della missione in modo da comprendere il tempo occorrente per gli spostamenti dal luogo di arrivo del treno, se ubicato nel comune di servizio, sino all'edificio in cui l'interessato presta attività lavorativa.

 

4. Il secondo motivo del ricorso di OMISSIS, vertente sul rigetto dell'impugnazione proposta in relazione alla declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato.

 

La Corte militare di appello ha ritenuto che la vicenda si connoti per un significativo coefficiente di disvalore fattuale e giuridico, desunto: dall'elevato numero (trentadue, per OMISSIS, diciotto, per OMISSIS) delle condotte; dalla loro modalità ripetitiva, rispondente ad un clichè predeterminato; dalla consistenza del danno, considerato sia nel complesso (stimabile nell'ordine di alcune migliaia di Euro per ciascuno degli imputati) che con riguardo alle singole missioni; dall'abitualità dei comportamenti illeciti, protrattisi per più di un anno.

 

Il ricorrente, per contro, svolge contestazioni di tangibile fragilità, che attengono all'astratta riconoscibilità del beneficio e formula obiezioni che -nel riproporre, in termini della cui fallacia si è già detto, il tema dell'assenza di pregiudizio economico per l'amministrazione - non tengono conto delle caratteristiche dell'istituto evocato e, precipuamente, dell'interpretazione che ne ha fornito la giurisprudenza di legittimità, rispetto alla quale la decisione impugnata si pone in linea di coerente continuità.

 

Pertinente si palesa, al riguardo, il richiamo all'indirizzo ermeneutico secondo cui nell'interpretazione dell'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto il giudice di merito, chiamato a pronunziarsi sulla relativa richiesta, è tenuto a fornire adeguata motivazione del suo convincimento, frutto della valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, compiuta utilizzando quali parametri di riferimento i criteri previsti dall'art. 133 c.p., comma 1, - modalità della condotta, grado di colpevolezza da esse desumibile ed entità del danno o del pericolo - e, specificamente, indicando quelli ritenuti all'uopo rilevanti (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590; Sez. 2, n. 37834 del 02/12/2020, Mifsud, Rv. 280466 - 01; Sez. 6, n. 5107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647).

 

5. Le doglianze espresse da OMISSIS in relazione alla legittimità costituzionale della disposizione che, nel caso di condanna per il reato di truffa militare, impone, in via automatica, la rimozione sono infondate.

 

5.1. Il ricorrente, in proposito, ha posto l'accento, in primis, sulla portata della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 1993, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 29 c.p.m.p..

 

Nell'occasione, il giudice delle leggi ha, in particolare, stimato la contrarietà alla Carta fondamentale della previsione, contenuta nel testo originario della norma, secondo cui la rimozione - sanzione accessoria prevista dal c.p.m.p. che si applica "a tutti i militari rivestiti di un grado o appartenenti a una classe superiore all'ultima" e "priva il militare condannato del grado e lo fa discendere alla condizione di semplice soldato o di militare di ultima classe" - conseguiva al superamento di un limite di pena, inflitto all'imputato con la sentenza di condanna, diversamente stabilito per ufficiali e sottufficiali, da un canto, e per gli altri militari, dall'altro.

 

Per effetto della citata pronunzia, dunque, la rimozione costituisce conseguenza dell'irrogazione, nei confronti dell'imputato, della pena alla reclusione militare superiore, per entità, ad un limite unitariamente determinato in tre anni di reclusione militare, a prescindere dalla qualifica e dal grado del soggetto interessato.

 

L'art. 29, nondimeno, fa espressamente salve le ipotesi nelle quali la legge disponga altrimenti, ovvero, come nel caso della truffa militare, la rimozione consegua indefettibilmente alla condanna, anche a pena inferiore al limite indicato dalla norma generale sulla rimozone, per reati la cui commissione, evidentemente, il legislatore - come attestato anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 30245 del 25/01/2016, Cavalieri, Rv. 268054 - 01; Sez. 1, n. 34368 del 15/07/2009, Di Castro, Rv. 244818 - 01; Sez. 1, n. 17311 del 30/03/2007, Bozzoli, non massimata) - ha ritenuto assolutamente inconciliabile con il mantenimento del grado o della classe, in ragione dell'esigenza di escludere una condizione soggettiva implicante poteri gerarchici di natura militare, ritenuta dal sistema codicistico incompatibile con il riconoscimento di responsabilità penali conseguenti alla consumazione di condotte quali quelle, appunto, della truffa militare.

 

In questa cornice si innesta l'eccezione del ricorrente, che si appunta sul carattere automatico ed indefettibile della rimozione, a suo dire irragionevole, se circoscritto ad alcuni comportamenti criminosi, non più gravi di altri, pure sanzionati dal c.p.m.p., che, tuttavia, non contemplano la rimozione, e contrario, comunque, al principio del finalismo rieducativo della pena.

 

Trattasi, è agevole replicare, di argomenti manifestamente infondati, posto, innanzitutto, che rientra senz'altro nella discrezionalità del legislatore l'apprezzamento dell'incidenza di specifiche condotte sull'esercizio dei poteri gerarchici connessi all'attribuzione di un grado e che, nel caso di specie, l'opzione normativa appare coerente con la tipica offensività della truffa e le sue modalità esecutive, in alcun modo comparabili con le corrispondenti caratteristiche di reati che, pur connotati da elevato coefficiente di lesività, ledono differenti beni giuridici e la cui realizzazione prescinde in toto dalla collocazione dell'agente nell'ambito dell'organizzazione del corpo.

 

In questo senso si è, del resto, espressa, i// tempore, la Corte costituzionale che, con sentenza n. 383 del 1997 (richiamata, da ultimo, da Sez. 1, n. 20444 del 22/04/2022, Francavilla, non massimata), ha dichiarato l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata da un giudice militare di merito proprio con riferimento all'art. 3 Cost. e art. 27 Cost., comma 3, ed all'automatica applicazione della pena accessoria della rimozione nel caso di condanna per il reato di truffa militare.

 

In tale occasione, la Consulta non ha mancato di sottolineare che il rigore del contestato automatismo è mitigato dalla previsione dell'art. 166 c.p., nel testo modificato dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19, art. 4, secondo cui "la sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie", beneficio che, nel caso di specie, è stato concesso ad entrambi gli imputati.

 

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha, peraltro, chiarito che "La sospensione condizionale delle pene accessorie, a seguito della modificazione dell'art. 166 c.p., introdotta dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19, art. 4 è un effetto della sospensione condizionale della pena principale e si realizza automaticamente senza necessità di un provvedimento che faccia esplicito riferimento alle pene accessorie" (Sez. 3, n. 27113 del 19/02/2015, Merlo, Rv. 264019 - 01).

 

5.2. Non meno infondata è l'ulteriore questione di legittimità costituzionale posta da OMISSIS con il secondo motivo di ricorso, vertente sulla pretesa discriminatorietà del trattamento riservato ai militari autori del delitto di truffa rispetto a chi, estraneo all'apparato delle forze armate, si renda responsabile di identico comportamento.

 

Se è vero, infatti, che la struttura dei reati è sostanzialmente analoga, non è men vero, per contro, che la previsione della rimozione obbligatoria discende, nel caso di truffa militare, dalla già ricordata incompatibilità tra la commissione di siffatte condotte illecite e la titolarità e l'esercizio dei poteri gerarchici connessi al grado o alla classe rivestiti, sicchè la differenziazione, per questa parte, del trattamento sanzionatorio appare tutt'altro che irragionevole o ingiustificatamente vessatoria.

 

6. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di OMISSIS e OMISSIS al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 c.p.p., comma 1, primo periodo.

P.Q.M.

 

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2023.

 

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2023


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