Cassazione Penale
Sez. VI, Sent. n. 13745 del 02 aprile 2008
c.p. art. 617-bisSez. VI, Sent. n. 13745 del 02 aprile 2008
c.p. art. 623
R.D. 8 febbraio 1923, n. 1067, art. 18
Integra gli estremi del reato previsto dall'art. 617 bis cod. pen., e non quello di cui all'art. 18, comma quarto, R.D. n. 1067 del 1923,
l'installazione di una apparecchio radioricevente idoneo ad
intercettare le trasmissioni delle forze di polizia. (Nella specie,
l'imputato era stato sorpreso in possesso di un ricevitore di
radiofrequenze sintonizzato su frequenze dei carabinieri e di altre
forze di polizia) (Rigetta, App. Reggio Calabria, 17 Aprile 2007)
Sez. VI, Sent. n. 13745 del 13-12-2007 (ud. del 13-12-2007), P.G. (rv. 239451)
INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZ. - RADIOCOMUNICAZIONI - SEGRETI
Cass. pen. Sez. VI, (ud. 13-12-2007) 02-04-2008, n. 13745
Cass. pen. Sez. VI, (ud. 13-12-2007) 02-04-2008, n. 13745
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con
la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria
confermava la sentenza in data 24 novembre 2003 del Tribunale di Palmi,
appellata da P.G., condannato, con le attenuanti generiche, alla pena di
anni due di reclusione ed Euro 300,00 di multa in ordine al reato di
cui al R.D. 18 febbraio 1923, n. 1067, art. 18, per avere detenuto una
ricetrasmittente marca ICOM sintonizzata sulle frequenze dell'Arma dei
Carabinieri (in (OMISSIS)).
Rilevava la Corte
di appello che, nell'ambito delle ricerche del latitante P.G., a seguito
di controllo operato dalle forze di polizia in un fabbricato rurale, il
predetto veniva scoperto all'interno di uno scantinato della stalla di
proprietà della suocera, e trovato in possesso di un ricevitore di
radiofrequenze acceso e sintonizzato su 50 frequenze dei Carabinieri e
di altre forze di polizia.
Tale condotta, ad avviso della Corte territoriale, integrava la fattispecie di reato contestata.
Ricorre
per cassazione l'imputato, a mezzo dei difensori avvocati Vincenzo
Belvedere e Annamaria Domanico, i quali, formalmente con un unico
motivo, denunciano l'erronea applicazione del R.D. 18 febbraio 1923, n.
1067, art. 18, osservando che tale previsione sanziona l'intercettazione
abusiva di comunicazioni per mezzo di onde elettromagnetiche oppure a
onde guidate e cioè quelle trasmissioni che si dirigono verso settori di
ascolto predeterminati e limitati;
mentre
l'apparecchio trovato in possesso del P. era idoneo a intercettare le
comunicazioni, tra cui quelle della polizia, effettuate su onde
elettriche che si propagano nello spazio in senso onnidirezionale e
senza la preventiva selezione del destinatario, con la conseguenza che
la condotta accertata non rientrava nell'ambito applicativo della
fattispecie di cui sopra nè in quello di altra norma penale, come
affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità.
Per
di più, stando alla lettera della norma, non sarebbe stata comunque
sufficiente a integrare la condotta punibile la sola attività di
intercettazione, richiedendosi anche, per la configurazione del reato,
l'attività di propalazione e dell'uso indebito del contenuto delle
notizie, che nella specie non è stata accertata.
In
secondo luogo, non vi era prova che l'apparecchio in questione fosse in
uso al P., dovendosi anzi presumere che, essendo stato rinvenuto
all'interno del fabbricato rurale, fosse riferibili ai proprietari di
questi.
Infine, non era stato accertato,
eventualmente a mezzo di indagine tecnica, che l'apparecchio fosse in
uso o anche idoneo all'uso contestato.
Osserva
la Corte che la tesi del ricorrente secondo cui la condotta accertata
non integra alcuna fattispecie di reato appare infondata.
Deve
ritenersi, invece, che tale condotta corrisponde alla fattispecie di
cui all'art. 617 bis c.p. (aggravata ai sensi del comma 2, trattandosi
di fatto commesso in danno di pubblici ufficiali), che punisce chiunque,
fuori dei casi consentiti dalla legge "installa apparati, strumenti o
loro parti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o
conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone"; e ciò in
quanto, come già chiarito, in una fattispecie del tutto simile alla
presente, da questa Corte (Cass., sez. 5, 6 maggio 2004, Leonardi),
l'art. 623 bis c.p., a seguito della riformulazione operata dalla L. 23 dicembre 1993, n. 547,
stabilisce che le previsioni contenute nella stessa sezione del codice
(tra cui, quindi, anche l'art. 611 bis c.p.), relative, tra l'altro,
alle comunicazioni telegrafiche o telefoniche, "si applicano a qualunque
altra trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati". in tal
senso deve essere riqualificata l'imputazione, ferma restando la pena
detentiva, dato che quella prevista dall'art. 617 bis c.p., comma 2 è
superiore nel minimo e uguale nel massimo a quella prevista dal R.D. 18
febbraio 1923, n. 1067, art. 18, mentre deve essere eliminata la pena
pecuniaria, non contemplata dall'art. 617 bis c.p..
E'
il caso di precisare che le restanti censure sono inammissibili, in
quanto vertenti su elementi di fatto non suscettibili di essere
riesaminati in sede di legittimità.
Dato che
alla presente sentenza consegue una rimodulazione della pena in senso
favorevole all'imputato, sia pure attraverso una diversa qualificazione
giuridica del fatto, al rigetto del ricorso non consegue la condanna
alle spese processuali.
P.Q.M.
Qualificato il fatto ex art. 617 bis c.p., comma 2 e art. 623 bis c.p., ed eliminata la pena della multa, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2008
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