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mercoledì 9 luglio 2014

Cassazione: Mobbing- Dipendente - condotta vessatoria



Nuova pagina 1
Cassazione Civile
Sez. lavoro, Sent. n. 22893 del 09 settembre 2008
c.c. art. 2087
c.c. art. 2103
c.p.c. art. 437
L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 15

La condotta vessatoria consapevolmente posta in essere dal datore di lavoro finalizzata ad isolare od espellere il dipendente dal contesto lavorativo (cosiddetto "mobbing") si differenzia, pur potendola ricomprendere, da quella discriminatoria per motivi sindacali: richiedendosi, nel primo caso, una pluralità di atti e comportamenti (eventualmente anche leciti in sé considerati) unificati dall'intento di intimorire psicologicamente il dipendente e funzionali alla sua emarginazione, attuandosi, invece, la discriminazione per motivi sindacali, anche attraverso un unico atto o comportamento e connotandosi di illiceità di per sé, in quanto diretta a realizzare una diversità di trattamento o un pregiudizio in ragione della partecipazione del lavoratore ad attività sindacali, a prescindere da un intento di emarginazione. Ne consegue che la domanda con cui si deduca, quale autonomo motivo di illegittimità della condotta datoriale, il "mobbing" ha una "causa petendi" differente rispetto alla domanda diretta alla repressione di atti discriminatori per ragioni sindacali e, ove venga introdotta per la prima volta in appello, va dichiarata inammissibile. (Rigetta, App. L'Aquila, 28 ottobre 2004)
Sez. lavoro, Sent. n. 22893 del 09-09-2008 (ud. del 18-06-2008), B.M.G. c. "Teatro Stabile Abruzzese" (rv. 605116)
CASSAZIONE CIVILE
Cass. civ. Sez. III, Ord., 09-09-2008, n. 22853
Fatto - Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
"Con sentenza del 6/3/2007 la Corte d'Appello di Catania, in accoglimento del gravame interposto dal sig. C.I., ed in riforma della pronunzia del Tribunale di Caltagirone del 13/5/2002, rigettava la querela di falso proposta dal sig. C. G. avente ad oggetto la dichiarazione in data 16/4/1969 sottoscritta da C.I., C.G. e C. S., condannando il G.C. alla rifusione in favore dell' C.I. delle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la suddetta sentenza della corte di merito il C. G. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad 11 motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè inesistenza, illogicità e incongruità della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 2^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, 1362 - 1365 c.c., e artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè illogicità, incongruità e insufficienza della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 3^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2702, 2727, 2729 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè inesistenza della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 4^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., art. 2733 c.c., u.c., e artt. 115, 116, 117 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè illogicità, incongruità e insufficienza della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 5^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., e artt. 115, 116, 117 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè incongruità e difetto della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 6^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2297 c.c., e artt. 244, 245, 257 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè incongruità ed illogicità della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 7^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, 2700 c.c., e artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con l'8^ motivo (indicato nuovamente come 7^) denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, 1362 - 1365 c.c., e artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
nonchè insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 9^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2700, 2727, 2729, 1362, 1365 c.c., e artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 10^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., e artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficienza e incongruità della motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con l'11^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2700, 2727, 2729, 1362, 1365 c.c., e artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè difetto di motivazione, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 366 bis c.p.c., e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
Va anzitutto premesso che i motivi risultano formulati inammissibilmente denunziandosi contestualmente vizio di violazione di legge e vizio di motivazione, laddove la disciplina in tema di ricorso per cassazione risultante dalla riforma introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, impone l'autonoma e separata prospettazione dei vizi asseritamente affettanti l'impugnata decisione.
L'art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l'illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il Giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 26/3/2007, n. 7258).
Orbene, avuto riguardo alla lamentata violazione di norme di diritto nel caso i motivi non recano invero la formulazione di quesiti di diritto.
E' d'altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione del quesito di diritto implicita nel motivo di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258, precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell'abrogazione tacita della norma.
Quanto al del pari denunziato vizio di motivazione, va osservato che a completamento della relativa esposizione il motivo deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione:
a) del fatto controverso;
b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione;
c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Orbene, nel caso i denunziati vizi di motivazione risultano prospettati secondo un modello difforme da quello normativamente delineato nei termini sopra esposti, sostanziandosi invero in meramente generiche ed apodittiche asserzioni non rispettose, oltre che del principio di autosufficienza, del disposto di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.
Essi non recano infatti la "chiara indicazione" del "fatto controverso" e delle "ragioni" che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, inammissibilmente rimettendosene a tale stregua l'individuazione all'attività esegetica di questa Corte (v.
Cass., 18/7/2007, n. 16002).
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l'impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo";
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che le parti hanno presentato memoria;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni della ricorrente esposte nella memoria, dovendo al riguardo precisarsi, da un canto, che allorquando nello stesso motivo vengono contestualmente denunziati più vizi deve ivi comunque risultare formulato - diversamente che nel caso - un quesito (o momento di sintesi) a ciascuno di essi correlativo, e, da altro canto, che quanto dal ricorrente si sostiene costituire quesito e momento di sintesi non risponde invero alla rispettiva struttura delineata nella relazione, appalesandosene pertanto evidente la relativa inidoneità funzionale;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;
ritenuto che rimane conseguentemente assorbita ogni altra e diversa questione;
considerato che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 2.500,00, per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2008

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