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mercoledì 9 luglio 2014

Cassazione: Riscaldamento: gli oneri per la dismissione dell'impianto centralizzato gravano su tutti i condomini Anche chi ha deciso di non aderire all'operazione deve comunque contribuire alle spese per sostituire il vecchio sistema con caldaie indipendenti. Basta la maggioranza per passare all'autonomo



 
 
COMUNIONE E CONDOMINIO
Cass. civ. Sez. II, 21-11-2008, n. 27822
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 28.12.98 C.C. e M.A. impugnarono la delibera assembleare del condominio di via (OMISSIS), assunta in data 27.11.98, con la quale era stato approvato il piano di riparto della spesa relativa ai lavori straordinari eseguiti nello stabile e deliberato un compenso extra in favore dell'amministratore per L. 1.000.000, ed inoltre - per quanto ancora interessa in questa sede - era stato ripartita tra tutti i condomini la spesa per la installazione della canna fumaria a seguito della trasformazione dell'impianto centralizzato in impianti autonomi. In riferimento a tale voce, assumevano che la spesa dovesse gravare solo sui condomini che avevano installato detti impianti.
Si costituì il condominio convenuto, in persona dell'amministratore pro tempore, e contestò la domanda, deducendo che le spese relative all'installazione della canna fumaria andavano ripartite in base alla tabella B, in quanto bene condominiale conseguente alla trasformazione ex L. n. 10 del 1991, dell'impianto di riscaldamento centralizzato in impianti autonomi a gas.
Con sentenza 1.8.2001 il Tribunale di Bari rigettò l'impugnativa e condannò gli attori al pagamento delle spese.
Avverso la sentenza proposero appello gli attori; si costituì il condominio appellato chiedendo il rigetto della impugnazione con vittoria di spese.
La corte d'appello di Bari accolse solo parzialmente l'impugnazione, riformando la decisione di primo grado con riferimento alla spesa concernente la canna fumaria, che ritenne dovesse essere posta a carico dei soli condomini che avevano installato l'impianto autonomo di riscaldamento, sul presupposto che i lavori della suddetta canna non risultavano deliberati nella precedente assemblea e che non era stata esibita documentazione che comprovasse la tesi del condominio circa la natura di bene comune della canna stessa, essendo notorio che gli impianti autonomi di riscaldamento esigono solo piccole tubazioni per lo scarico dei residui della combustione.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Condominio in forza di cinque motivi. Resistono con controricorso C.C. e M.A..

Motivi della decisione

Con il primo motivo il condominio denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia;
assume che la corte territoriale, dopo aver dato per accertata la trasformazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento in impianti autonomi, ignorando le precise disposizioni di legge in materia, si è limitata ad invocare la comune esperienza circa la necessità "di piccole tubazioni per lo scarico", ed ha ascritto al condominio la mancata dimostrazione del carattere di bene comune, nonostante fosse acquisito trattarsi di "canna fumaria" installata ai sensi del D.P.R. n. 412 del 1993, art. 5, comma 9.
Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza per ultrapetizione, violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto; si duole che la corte abbia annullato la delibera perchè i lavori per la canna fumaria non erano stati deliberati nella precedente assemblea e per carenze dell'ordine del giorno, benchè tali censure non fossero mai state mosse dai condomini ricorrenti, che avevano sempre e soltanto dedotto la natura non comune a tutti del bene.
Con il terzo motivo si denuncia omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. e art. 2909 c.c.; si assume che, quand'anche si dovesse escludere il vizio di ultrapetizione, sussisterebbe comunque un difetto di motivazione sulle ragioni che hanno indotto la corte territoriale a ritenere che la domanda degli attori fosse incentrata anche sul difetto di precedente delibera dei lavori concernenti la canna fumaria e sulla carenza dell'ordine del giorno.
Con il quarto e quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., art. 1117 c.c. e del D.P.R. n. 412 del 1993, art. 5, comma 9. Assume il condominio che la corte ha violato i principi in tema di onere della prova, perchè incombeva sugli attori provare i fatti addotti a fondamento della domanda, mentre questi si erano limitati ad affermare di non avere l'impianto autonomo di riscaldamento e di non essere allacciati alla canna fumaria, fatti non idonei a dimostrare il carattere non condominiale del bene; la corte territoriale avrebbe poi violato l'art. 1117 c.c., che presume la comunione della canna fumaria e nonostante il contrario non risultasse da alcun titolo e fosse acquisito che detta canna era stata realizzata in ossequio al disposto del D.P.R. n. 412 del 1993, art. 5, comma 9.
Tanto premesso, osserva la corte che il quarto e quinto motivo del ricorso - da esaminare congiuntamente per la sostanziale identità delle argomentazioni - sono fondati per quanto si dirà, e assorbenti di tutti gli altri.
Non è in contestazione in causa - potendosi ciò evincere dalla sentenza impugnata - che nel condominio era stata deliberata la trasformazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento in impianti autonomi ai sensi della L. 9 gennaio 1991, n. 10, art. 26 e del relativo regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. n. 412 del 1993. La citata normativa - come si evince dal titolo della legge stessa - è finalizzata al conseguimento del risparmio energetico, sicchè essa consente alla maggioranza dei condomini - escludendo la necessità dell'unanimità - di decidere la dismissione dell'impianto di riscaldamento centralizzato e la sostituzione di esso con impianti autonomi rispondenti alle caratteristiche di legge. Ne consegue che non è più consentito alla minoranza dissidente di mantenere in esercizio il dismesso impianto, riservendosi una tale eventualità in un dispendio maggiore di energia e non di quel risparmio perseguito dalla legge. Tanto premesso, risulta evidente che sia obbligatorio per tutti i condomini partecipare alla spese per l'installazione della nuova canna fumaria, costituente bene comune perchè obbligatoriamente prevista per l'esercizio dei singoli impianti autonomi di riscaldamento.
L'art. 5, comma 9, del citato regolamento prevede, infatti, che nel caso di trasformazione dell'impianto termico centralizzato in impianti autonomi è obbligatoria l'installazione di "appositi condotti di evacuazione dei prodotti di combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalle norme tecniche UNI 7129....".
La corte territoriale ha, invece, fatto assurgere a regola giuridica la notoria frequente trasgressione di detta normativa da parte di condomini in occasione di trasformazione dell'impianto di riscaldamento; non può, peraltro, sottacersi che talvolta la esistenza di tubazioni di scarico ridotte e non confluenti in apposite canne fumarie è ascrivibile alle deroghe previste dal medesimo comma 9) del citato art. 5 per ipotesi - diverse da quella che nella presente controversia deve ritenersi pacifica - quali le ristrutturazioni di impianti individuali già esistenti non provvisti di sistemi di evacuazione dei fumi come indicati dalla nuova normativa.
Nella specie, dunque, la canna fumaria obbligatoria per le evacuazioni dei fumi, alla quale tutti i condomini sono tenuti ad allacciare il proprio impianto individuale (attuale o futuro) non può che essere un bene comune la cui installazione e manutenzione deve necessariamente gravare su tutti i condomini nelle proporzioni millesimali previste.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata senza rinvio, in quanto questa corte può pronunciarsi nel merito rigettando in toto l'appello proposto dagli odierni resistenti.
Si rinvengono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di appello e per quello di cassazione, tenuto conto della esistenza di divergenti pronunce di merito e della singolarità della questione giuridica posta.

P.Q.M.

La Corte:
Accoglie il quarto e quinto motivo del ricorso, assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'appello proposto da C.C. e M.A. avverso la sentenza del tribunale di Bari; dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di appello e del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2008

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