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Cassazione Civile
Sez. II, Sent. n. 17361 del 25 giugno 2008
Fattispecie:Sez. II, Sent. n. 17361 del 25 giugno 2008
- autovelox
D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 142
In
tema di sanzioni amministrative conseguenti alla violazione dei limiti
di velocità previsti dall'art. 142 del codice della strada, il
legislatore non ha adottato, in relazione alle apparecchiature di
controllo automatico (c.d. "autovelox")
in dotazione alle Forze di polizia, nessuna disposizione che commini la
decadenza delle omologazioni rilasciate; ne consegue che, nel giudizio
di opposizione alla relativa sanzione amministrativa, non sussiste alcun
ulteriore onere probatorio, a carico dell'Amministrazione, relativo
alla perdurante funzionalità delle predette apparecchiature. (Rigetta,
Giud. pace Venezia, 22 Agosto 2005)
Sez. II, Sent. n. 17361 del 25-06-2008 (ud. del 31-01-2008), F.P. c. Comune di Venezia (rv. 604078)
CIRCOLAZIONE STRADALE - SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEPENALIZZAZIONI
Cass. civ. Sez. II, 25-06-2008, n. 17361
Cass. civ. Sez. II, 25-06-2008, n. 17361
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con
sentenza del 22 agosto 2005, il giudice di pace di Venezia respingeva
l'opposizione proposta da R.A. e F. P. avverso il verbale di
contestazione di infrazione del codice della strada per eccesso di
velocità emesso dal comune di Venezia il 21 aprile 2004 con il n.
(OMISSIS). A tal fine il giudicante rigettava tanto le doglianze
relative alla affidabilità dell'apparecchiatura autovelox per mancata
omologazione, omessa taratura e periodicità dei controlli, quanto i
rilievi formali in ordine alla formazione del verbale.
F.
e R. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 14/18
novembre 2005, affidandosi a sei motivi di ricorso. Il comune di Venezia
si è costituito con controricorso.
E' stata
fissata la trattazione della causa con il rito previsto per il
procedimento in camera di consiglio. Le parti hanno depositato memoria.
Con
il primo motivo è denunciata nullità della sentenza conseguente alla
tardiva costituzione del comune, che aveva depositato la memoria
autorizzata solo il giorno prima dell'udienza del 30 giugno 2005, così
verificandosi acquiescenza dell'ente sui motivi di ricorso.
Con il secondo motivo i ricorrenti, sempre denunciando un vizio del procedimento, assumono che sia stato violato l'art. 111 Cost.,
comma 2, in relazione alla questione posta sulla verifica annuale e
relativa taratura dell'apparecchio autovelox: si sostiene che parte
ricorrente aveva eccepito in seconda udienza che il ricorso trovava
fondamento anche nel libretto di istruzioni, ma il giudice aveva
ritenuto la domanda nuova, mentre trattatasi di specificazione di quanto
già esposto originariamente o, al più, di motivo aggiunto, che il
giudice doveva peraltro valutare nell'esame del rapporto sottostante la
pretesa dell'amministrazione.
Con il terzo
motivo è censurato il deposito della sentenza oltre 15 gg. dalla lettura
del dispositivo, con la citazione di una sentenza della Corte di
cassazione successiva alla data deliberazione, così nuocendo alle
ragioni di parte ricorrente, disattese per motivi diversi da quelli
effettivamente rilevanti.
Il quarto e quinto
motivo espongono violazione o falsa applicazione di norme di diritto e
in particolare dell'art. 201 C.d.S. per utilizzo dell'autovelox 1047C-2
con modalità fissa, in assenza di organi di polizia, senza omologazione
apposita. Inoltre l'apparecchio non potrebbe offrire valida prova perchè
non sottoposto a verifica iniziale o periodica, nè a taratura.
Con
il sesto motivo la sentenza è criticata perchè non avrebbe considerato
la rilevanza della mancata indicazione, nel verbale, del giudice di pace
competente e delle modalità di ricorso. Conviene esaminare in ordine
logico quest'ultimo motivo, il cui accoglimento secondo il ricorrente
renderebbe nullo l'atto amministrativo, assorbendo ogni altro vizio del
provvedimento e del giudizio di opposizione.
Il
motivo è formulato in maniera inammissibile e risulta comunque
infondato. Sotto il primo profilo va rilevato che la sentenza impugnata
ha disatteso il ricorso sul punto i assumendo che nel verbale alla voce
ricorso art. 203 e segg. delle "modalità di estinzione" era ben
segnalata l'Autorità competente a ricevere l'opposizione. Per contestare
la sentenza parte ricorrente, atteso che la motivazione smentisce il
presupposto di fatto lamentato, avrebbe dovuto denunciare il vizio di
motivazione, invece di dolersi di una violazione di una legge che non
risulta applicata dalla sentenza in modo difforme da quello sollecitato.
In secondo luogo, per far emergere l'erroneità della motivazione in
relazione alla legislazione vigente, l'istante avrebbe dovuto, in
ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione,
precisare, mediante integrale trascrizione della medesima, la risultanza
contestata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di
cassazione, alla quale è precluso l'esame diretto degli atti, di
delibarne la decisività. (Cass 11886/06; 12362/06).
Peraltro
la tesi esposta in ricorso è infondata, giacchè giurisprudenza ormai
consolidata del Supremo Collegio reputa che in tema di sanzioni
amministrative, l'omessa o erronea indicazione nel provvedimento
sanzionatorio del termine per proporre l'opposizione e dell'autorità
competente a decidere sullo stesso, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4,
non può1 considerarsi nè una mera irregolarità priva di ogni effetto,
nè un'omissione che automaticamente rende il provvedimento impugnabile
in ogni tempo, ma può, se del caso, e cioè in concorso con le altre
circostanze della fattispecie concreta, comportare la scusabilità
dell'errore eventualmente commesso dall'interessato, il quale, tuttavia,
ha l'onere di dimostrare, e il giudice il dovere di rilevare, la
decisività dell'errore (cass 11405/06; 12895/06). Nel caso di specie
l'irregolarità asserita non ha pregiudicato in alcun modo parte
ricorrente ai fini del ricorso, inoltrato tempestivamente e regolarmente
trattato.
Per motivi analoghi risulta inammissibile anche il primo motivo:
parte
ricorrente non indica quale concreta limitazione difensiva sia derivata
dalla tardività della costituzione in giudizio del Comune o comunque
dal deposito tardivo delle memorie, sicchè vano risulta il richiamo
degli artt. 24 e 11 Cost.. Nè la norma di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 23,
che viene indicata per sostenere che da tale ritardato deposito
scaturisce automaticamente la nullità della sentenza, contiene una
simile previsione; consta invece nella giurisprudenza di questa Corte
l'affermazione che nel procedimento di opposizione all'ordinanza -
ingiunzione irrogativa di sanzioni amministrative, la previsione della
trasmissione, posta dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 2,
a carico dell'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato, degli
atti relativi all'infrazione al giudice che li abbia richiesti, a
prescindere dalla costituzione in giudizio di detta autorità, non
preclude a quest'ultima la facoltà1 di costituirsi e di depositare poi
ogni altro documento ritenuto opportuno per spiegare le proprie difese,
nè dispensa il giudice dal dovere, di cui all'art. 116 cod. proc. civ.,
di compiere una valutazione completa di detti documenti, ponendoli a
sostegno dell'accertamento relativo alla violazione commessa. (Cass
12821/03; v. anche n. 14016/02).
Manifestamente
infondato è anche il preteso vizio processuale denunciato con il terzo
motivo. Il termine per il deposito della motivazione della sentenza resa
al termine del procedimento speciale di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23
è infatti termine ordinatorio, senza che alcuna disposizione preveda
che la violazione di esso comporti nullità della sentenza. Nè ha
rilevanza il fatto che sia stata citata in motivazione una sentenza di
legittimità emessa dopo la lettura del dispositivo della sentenza
impugnata. Le sentenze della Corte non costituiscono infatti jus
superveniens di cui sarebbe preclusa la rilevanza in una controversia
già definita, ma interpretazioni del diritto vivente, richiamate dal
giudice di merito a motivazione del percorso argomentativo che ha
fondato la decisione già resa.
Inoltre nei
gradi di impugnazione ogni sentenza della stessa Corte sarebbe stata
comunque utilizzabile, sicchè il motivo di ricorso risulta comunque
inammissibile per carenza di interesse.
Secondo,
quarto e quinto motivo possono essere trattati congiuntamente perchè
sono relativi alla contestata utilizzabilità dell'apparecchiatura
autovelox per far risultare la violazione commessa dal conducente del
veicolo, fermo che il vizio processuale di cui al secondo motivo non
sussiste, perchè dalla sentenza (pag. 5 prima parte) non risulta che sia
stata accolta l'eccezione di domanda nuova, meramente riportata in
narrativa ma non risolta in motivazione.
Due
sono in sostanza le lamentele dei ricorrenti: a) l'omesso, prova di
idoneo documento di revisione periodica dell'apparecchiatura e relativo
obbligo di taratura; b) la carenza di apposita omologazione che
consentisse il funzionamento automatico senza presidio dell'organo di
polizia.
Il primo rilievo è infondato. La
Corte ritiene infatti di confermare quanto già in altri casi deciso (cfr
sent. 23978 del 19 11 2007, pag. 22, relativa a sanzione accertata nel
2005), affermando che le apparecchiature elettroniche utilizzate per
rilevare le violazioni dei limiti di velocità stabiliti, come previsto
dall'art. 142 C.d.S., non devono essere sottoposte ai controlli previsti
dalla L. n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di
taratura. Tale sistema di controlli, infatti, attiene alla materia ed
metrologica diversa rispetto a quella della misurazione elettronica
della velocità ed è competenza di autorità amministrative diverse,
rispetto a quelle pertinenti al caso di specie.
Anche
il secondo rilievo, sviluppato nel quarto e quinto motivo di ricorso e
ai punti 4 e 5 della memoria, risulta privo di fondamento.
Preliminarmente
occorre chiarire che non giova ai ricorrenti la sentenza n. 277 del
2007 della Corte costituzionale, che ha dichiarato infondata la
questione sottopostale (art. 45 C.d.S.) per erronea individuazione della
norma indicata come termine di comparazione, così non pronunciandosi
sulla necessità di verifiche successive del funzionamento degli
apparecchi. In secondo luogo mette conto qui riportare il contenuto
della citata sentenza n. 23978 del 2007, che ha risolto analogo ricorso.
Si legge colà che il legislatore non ha adottato nessuna disposizione
che commini la decadenza delle omologazioni rilasciate alle
apparecchiature in utilizzo. E la sentenza così prosegue:
"In particolare, si è ritenuto che:
-
la necessità di omologazione dell'apparecchiatura di rilevazione
automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va
riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume,
sul piano logico e letterale, dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, così come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197,
secondo cui non ciascun esemplare ma "le singole apparecchiature"
devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (Cass. 5.7.06
n. 15324, 24.3.04 n. 5889);
- ... l'errore
tecnico, imputato al Ministero dei Lavori Pubblici nell'esercizio del
potere di classificazione degli apparecchi elettronici di rilevazione
della velocità può essere fatto valere dall'interessato solo per il
tramite di un vizio di legittimità dell'atto (incompetenza, violazione
di legge, eccesso di potere), ma non domandando al giudice,
eventualmente anche a mezzo di consulente tecnico, un sindacato di
merito di tipo sostitutivo del giudizio espresso dalla P.A. (Cass.
2.8.05 n. 16143);
- il termine di validità
dell'omologazione da parte dei competenti organi ministeriali attiene
non ad un arco di tempo durante il quale l'apparecchiatura può essere
validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è più
legittima - dacchè tale operatività, una volta omologato il modello,
dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola
apparecchiatura - ma ad un arco di tempo durante il quale le
apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere
commercializzate dal costruttore; ciò che si evince chiaramente sia dal
D.M. 30 novembre 1998, n. 6025, art. 3, sia dal D.M. 20 marzo 2000, n.
1824, art. 2, sia dalle premesse dei detti decreti, nelle quali risulta
come la determinazione ministeriale sia adottata sulla richiesta del
produttore onde autorizzare la commercializzazione del prodotto in
quanto riscontrato conforme agli standard normativamente richiesti;
pertanto,
la scadenza del termine d'omologazione del modello d'apparecchiatura
incide soltanto sulla possibilità per il costruttore di continuare a
vendere le apparecchiature di quel modello e non sull'ulteriore
utilizzabilità, oltre la scadenza di quel termine, delle apparecchiature
già esistenti da parte degli organi operativi che ne siano dotati;
diversamente opinando, si perverrebbe all'assurda conseguenza per cui
un'apparecchiatura acquistata in prossimità della scadenza
dell'omologazione diverrebbe inutilizzabile a far data da tale scadenza
pur se perfettamente funzionante ed idonea allo scopo in ragione degli
accertamenti in base ai quali era stata concessa l'omologazione del
modello (Cass. 26.4.07 n. 9950);
- nel caso di
violazione dei limiti di velocità rilevata attraverso apparecchiature
"autovelox", la mancata contestazione immediata della violazione,
qualora l'organo accertatore abbia dato atto a verbale dei motivi che
hanno reso impossibile procedere alla stessa e tali motivi configurino
una delle ipotesi previste dall'art. 384 C.d.S., lett. e), del
regolamento di esecuzione del codice della strada, non è consentito al
giudice un apprezzamento al riguardo, con l'indicazione di apparecchi
più adeguati (o con la prospettazione di una diversa organizzazione del
servizio), risolvendosi una tale valutazione in una inammissibile
ingerenza nel modus operandi dellapubblica amministrazione, in linea di
principio non sindacabile dal giudice ordinario (Cass. 7.11.03 n. 16713,
2.8.05 n. 16143);
in tema di rilevazione
dell'inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di
apparecchiature elettroniche, nè il codice della strada (art. 142, comma
6) nè il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345)
prevedono che il verbale di accertamento dell'infrazione debba
contenere, a pena di nullità, l'attestazione che la funzionalità del
singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo
preventivo e costante durante l'uso, giacchè, al contrario, l'efficacia
probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della
velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel
caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall'opponente e
debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o
funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al
suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso
contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse
all'idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica
dell'attrezzatura a pregiudicarne l'efficacia ex art. 142 C.d.S. (Cass.
5.7.06 n. 15324, 16.5.05 n. 10212, 20.4.05 n. 8233, 10.1.05 n. 287,
22.6.01 n. 8515, 5.6.99 n. 5542);" A questo insegnamento la Corte rimane
fedele, non essendo scalfito dalla considerazioni di parte ricorrente,
che si ostinano a riproporre la necessità di un onere probatorio
aggiuntivo dell'amministrazione, oltre quello relativo all'accertamento
strumentale dell'eccesso di velocità, relativo alla funzionalità della
apparecchiature sulla base, come da ultimo si è riportato, di astratte
congetture.
Discende da quanto esposto la
manifesta infondatezza del ricorso e la condanna dei soccombenti alla
refusione delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di
lite liquidate in Euro 680,00 di cui 100,00 per spese e Euro 580,00 per
onorari.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 31 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2008
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