L'iter in caso di "multifattorialità" - Fumo - Rendita nella misura del 35% per malattia professionale.
Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 11 novembre - 21 dicembre 2009, n. 26893Presidente Battimiello - Relatore Di Nubila
Svolgimento del processo
Svolgimento del processo
1. Su ricorso di G. G. nei confronti dell'INAIL, il Tribunale di Gela accoglieva la domanda di costituzione di una rendita nella misura del 35% per malattia professionale. Proponeva appello l'INAIL e la Corte di Appello di Caltanissetta riformava la sentenza di primo grado, rigettando la domanda attrice e motivando nel senso che la malattia denunciata era ascrivibile piuttosto a fumo di sigaretta che ad esposizione a sostanze inquinanti presso l'impianto petrolchimico di omissis. Il consulente tecnico officiato per ultimo aveva infatti rilevato che la presenza di fattori irritanti ed inquinanti era stata monitorizzata in misura inferiore al limite di tollerabilità ed una latenza della malattia di sei anni (cessazione della presunta esposizione a rischio nel omissis, manifestazione dei primi sintomi nel omissis) era eccessiva per accreditare un nesso causale.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione G. G., deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso l'INAIL, che eccepisce in limine l'inammissibilità del ricorso, in quanto volto a proporre un riesame del fatto come accertato dal giudice di merito. Le parti hanno presentato memorie integrative.
Motivi della decisione
3. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell'art. 360 n. 5 CPC, perché la Corte di Appello ha errato nel recepire acriticamente le conclusioni del terzo consulente tecnico, il quale si è allontanato dai canoni fondamentali della medicina legale e si è basato, nell'accertare l'esposizione a rischio, sulle allegazioni della società datrice di lavoro, acquisite dopo diverso tempo che gli impianti e segnatamente il camino dei fumi erano stati modificati. Ripercorse le mansioni del lavoratore, il ricorso pone in evidenza la pregressa esposizione a fattori inquinanti che giustificano il nesso causale con la broncopneumopatia ostruttiva.
4. Il motivo è infondato. Il giudice di appello ben può basare la propria decisione in punto di esistenza di malattia professionale e di nesso causale su una consulenza tecnica di ufficio, richiamandone la motivazione. Per il resto, la parte introduce valutazioni in fatto che esulano dalla possibilità di riesame diretto da parte di questa Corte.
5. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce ulteriore carenza di motivazione, perché la Corte di Appello ha recepito la consulenza tecnica di ufficio senza alcuna disamina logica e giuridica dei molteplici elementi di fatto della causa. In particolare, nessuna risposta è stata fornita ai rilievi formulati a proposito della consulenza tecnica di ufficio del dott. C., che viene qualificata come inesatta e superficiale.
6. Il motivo è infondato. Il giudice è tenuto a motivare il proprio convincimento o direttamente, o mediante rinvio alla relazione peritale. Non sussiste obbligo di fornire risposta ad ogni osservazione della difesa tecnica della parte, una volta che la motivazione è idonea a suffragare la decisione assunta.
7. Con il terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 n. 3 CPC, degli artt. 41 C.P. e 2697 Codice Civile, nonché dell'art. 3 del DPR. n. 1124.1965: sono stati violati i principi in ordine all'accertamento del nesso causale o concausale e non è stata valutata la tabella legale, la quale prevede il rovesciamento dell'onere della prova in caso di esposizione ad anidride solforosa, idrogeno solforato, ossido di carbonio, idrocarburi aromatici e soda caustica, come nella fattispecie si è verificato.
8. Il motivo è fondato e va accolto. Già in atto di appello, come si ricava dalla sentenza di secondo grado, l'INAIL ha sostenuto che la malattia era “multifattoriale”. Doveva quindi procedersi all'esame delle diverse possibili cause della broncopatia cronica ostruttiva dalla quale è indubbiamente affetto il G.. Poiché la sentenza impugnata fa riferimento alle consulenze tecniche, è alla motivazione di queste che occorre rifarsi per il controllo di congruità di motivazione della sentenza di merito. Orbene:
- la consulenza tecnica di ufficio espletata nel 2003, valutato l'ambiente di lavoro e l'abitudine al fumo dell'assicurato, esprimeva l'avviso che il rapporto immediato e diretto di causa ed effetto fra la malattia e l'attività lavorativa non si poteva confermare che “per presunzione di lista”; dava quindi atto che si trattava di malattia tabellata;
- la consulenza tecnica di ufficio espletata nel 2004 conferma la genesi multifattoriale della malattia e la addebita sia a rischio lavorativo che al fumo di sigaretta (nesso concausale);
- la relazione del dott. C. risalente al 2005 è perplessa in ordine al nesso tra malattia e rischio professionale, rilevando la presenza di altro rischio extralavorativo da fumo;
- in sede di risposta ai rilievi critici di parte attrice, quest'ultimo consulente tecnico propende decisamente per una causalità (esclusivamente) extra lavorativa, anche sulla base della latenza.
9. Tale essendo il quadro desumibile dalle consulenze tecniche, si rileva come il giudice di appello non abbia adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha recepito unicamente il supplemento di consulenza tecnica di ufficio del terzo consulente. Il rischio lavorativo e quello extralavorativo sono stati esaminati nell'ottica di una reciproca esclusione, senza porsi il problema della loro possibile concorrenza e quindi di una equivalenza causale anche a prescindere dall'accertamento se si trattasse di malattia tabellata. Il principio è quello desumibile dalla sentenza di questa Corte di Cassazione 26.7.2004 n. 14023, la quale ha ritenuto che l'accertamento della inclusione nelle apposite tabelle sia della lavorazione che della malattia comporta l'applicabilità della presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall'assicurato, con la conseguente insorgenza a carico dell'I.N.A.I.L. dell'onere di dare la prova di una diversa eziologia della malattia stessa ed in particolare della dipendenza dell'infermità, nel caso concreto, da una causa extralavorativa oppure del fatto che la lavorazione, cui il lavoratore è stato addetto, non ha avuto idoneità sufficiente a cagionare la malattia, di modo che, per escludere la tutela assicurativa deve risultare rigorosamente ed inequivocabilmente accertato che vi è stato l'intervento di un diverso fattore patogeno, il quale, da solo o in misura prevalente, ha cagionato o concorso a cagionare la tecnopatia. “Tuttavia, questa regola, - proseguiva la Corte - allorquando si tratti di una malattia, come quella tumorale, ad eziologia multifattoriale, dev'essere temperata nel senso che la prova del nesso causale non può consistere in semplici presunzioni desunte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma deve consistere nella concreta e specifica dimostrazione, quanto meno in via di probabilità, della idoneità della esposizione al rischio a causare l'evento morboso, dovendosi, peraltro, ritenere che, nel caso in cui si tratti di forme tumorali che hanno o possono avere, secondo la scienza medica, un'origine professionale, la presunzione legale quanto a tale origine torni ad operare, con la conseguenza che l'istituto assicuratore è onerato di dare la prova contraria, la quale può consistere solo nella dimostrazione che la patologia tumorale, per la sua rapida evolutività, non è ricollegabile all'esposizione a rischio, in quanto quest'ultima sia cessata da lungo tempo.”. Sulla base di tali principi la S.C. cassò con rinvio la sentenza di merito, la quale, in riferimento ad un'attività lavorativa di autotrasportatore di prodotti petroliferi - gasolio e benzina -, che aveva comportato per lungo tempo esposizione all'azione di idrocarburi - benzene e betanaftilamina -, da considerarsi tabellata, perché inclusa nella voce n. 30 della relativa tabella, aveva escluso che la neoplasia vescicale da cui l'assicurato era stato colpito entro il termine massimo previsto dalla legge, potesse avere origine professionale, in forza di una valutazione sull'eziologia professionale, formulata dal consulente tecnico d'ufficio in termini meramente dubitativi, anziché in termini di assoluta certezza.
10. Applicando i suddetti principi al caso di specie, si ha che in tanto può essere esclusa l'indennizzabilità della malattia denunciata in quanto l'INAIL dia la prova rigorosa che essa malattia ha avuto come unica causa il fumo da sigaretta, mentre la malattia sarà indennizzabile ove risulti che essa ha avuto origine dalle sostanze cui il lavoratore era esposto ovvero da entrambe le cause.
11. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata ed il processo va rinviato, anche per le spese, alla Corte di Appello di Palermo la quale deciderà tenendo presenti i principi di cui ai parr. 9 e 10 che precedono.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta i primi due motivi del ricorso, accoglie il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Palermo.
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