Translate

venerdì 18 marzo 2016

Cassazione: oppia espulsione: se il clandestino non è scortato alla frontiera non può essere condannato, di nuovo, per il reato ex articolo 14 D.Lgs 286/98 In mancanza di accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, lo straniero che resta nel territorio dello Stato non ottemperando al secondo ordine di allontanamento non commette un nuovo reato di abusivo trattenimento



oppia espulsione: se il clandestino non è scortato alla frontiera non può essere condannato, di nuovo, per il reato ex articolo 14 D.Lgs 286/98
In mancanza di accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, lo straniero che resta nel territorio dello Stato non ottemperando al secondo ordine di allontanamento non commette un nuovo reato di abusivo trattenimento
(Sezione sesta, sentenza n. 9073/10; depositata il 6 marzo)
Cass. pen. Sez. VI, (ud. 17-12-2009) 06-03-2010, n. 9073
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 5 giugno 2007, la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza resa da quel tribunale in data 25 gennaio 2001 nei confronti di L.M. dichiarato responsabile dei delitti di cui agli artt. 337 e 582 c.p. e al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 e condannato alla pena, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, ad anno uno, mesi 4 di reclusione.
Rigettava il primo profilo di doglianza relativo alla non configurabilità del reato di abusivo trattenimento nello Stato, dedotto dal L., sotto il profilo che nei suoi confronti, essendo stato già pronunciato un provvedimento di espulsine, non avrebbe potuto emettersi un nuovo ordine, ma procedersi direttamente all'accompagnamento alla frontiera; il decidente riteneva che in aderenza all'orientamento maggioritario della giurisprudenza, fosse legittima una seconda espulsione mediante ordine del questore, qualora non fosse materialmente possibile l'accompagnamento coattivo;
dichiarava infondato anche l'altro motivo di gravame concernente la pena, poichè il diniego delle generiche, data la gravità degli episodi commessi e in assenza di dati concreti di meritevolezza, era da condividere, come la misura degli aumenti per continuazione, ben dosati in considerazione della personalità dell'imputato recidivo e da oltre un lustro clandestino.
Ricorre il difensore nell'interesse del l'imputato e reitera con il primo motivo l'eccezione di insussistenza del delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 sotto il profilo della errata interpretazione della legge penale; una volta emesso un primo ordine di espulsione, non eseguito, come nel caso del L., non sarebbe consentito all'autorità amministrativa accedere alla procedura di cui al D.Lgs 286/98, art. 14, comma 5 ma solo procedere agli adempimenti previsti dal comma 5 ter di detto articolo; denuncia la illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione delle generiche poichè il giudice di appello avrebbe ignorato parametri ed indicatori che avrebbero potuto condurre ad una diversa e favorevole valutazione.

Motivi della decisione

Solo il primo motivo di impugnazione è fondato, mentre il secondo non può trovare accoglimento.
1. Vale osservare come la Corte di Appello di Bologna ha aderito, in tema di violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4, comma 5 ter ult. parte ad un orientamento giurisprudenziale minoritario che questa sezione comunque non condivide.
1.a E' pacifico in atti che il ricorrente è chiamato a rispondere di inottemperanza a un ordine di allontanamento dal territorio dello Stato emesso dopo che un precedente analogo provvedimento rimasto non eseguito. Tale ordine peraltro - secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultime Conformi: N. 580 del 2006 Rv. 232381. N. 9120 del 2006 Rv. 233523 n. 40798 del 26/09/2007, n. 46240 del 04/12/2008, che ha modificato il precedente orientamento, cui si è richiamata la corte distrettuale, è illegittimo e va disapplicato non potendo costituire il presupposto del reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter.
La situazione in esame è, infatti, regolata dall'ultima parte del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, secondo cui, nell'ipotesi in cui lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione abbia violato l'intimazione del questore di lasciare il territorio dello Stato si procede "in ogni caso all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica". La disposizione -inserita dalla L. 30 luglio 2002, n. 189, art. 13, comma 1, lett. b e poi sostituita dal D.L. 14 settembre 2004, n. 241, art. 1, comma 5 bis, convertito, con modificazioni, nella L. 12 novembre 2004, n. 271, - esprime la scelta legislativa di individuare quale unica forma di esecuzione del nuovo provvedimento di espulsione adottato nei confronti dello straniero clandestino inottemperante all'ordine del questore l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Tale ricostruzione del sistema, che appare confortata dalla lettera della norma, posto che l'uso della locuzione "in ogni caso" altro significa se non che a fronte della inottemperanza dello straniero all'ordine di lasciare il territorio dello Stato l'unica soluzione possibile è l'esecuzione dell'espulsione con uso della forza pubblica, è altresì avvalorata dalla logica. Sarebbe infatti incoerente e irragionevole la previsione della possibilità di un nuovo ordine del questore e di una seconda espulsione, affidata alla volontaria esecuzione di un soggetto che ha già manifestato l'intenzione di non volere abbandonare il territorio italiano.
L'opposta soluzione implicherebbe, poi, la possibilità di disporre, potenzialmente all'infinito, ordini di allontanamento, verrebbe così realizzato un risultato in concreto configgente con quello perseguito dal legislatore, che ha avuto quale scopo quello dell'effettivo allontanamento dello straniero espulso. Ne deriva che, in mancanza di accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, lo straniero che si trattiene nel territorio dello Stato non ottemperando al secondo ordine di allontanamento non commette una nuova violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, (così, testualmente Cass., sez. 1, procuratore generale in processo Barbados,). E' dunque da procedere alla annullamento sul punto della sentenza impugnata, per insussistenza del reato.
Il motivo di ricorso concernente la mancata concessione delle generiche è palesemente infondato.
Non è ravvisabile alcun vizio sottoponibile a controllo in questa sede, avendo il giudice distrettuale, enunciato con sufficienza le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado sul punto, rilevando che l'episodio di resistenza era connotato da particolare gravità e che la personalità dell'imputato, gravato dal numerosi precedenti, non presentava spunti di meritevolezza del beneficio. Si tratta di giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo e nella specie tale iter argomentativo è pienamente riscontrabile. In conseguenza della declaratoria di insussistenza del reato relativo alla violazione dell'art. 14 cit. va rilevata di ufficio n. 286 del 1998, va eliminata la relativa pena di mesi cinque, mentre rimangono ferme le rimanenti statuizioni.

P.Q.M.

Annulla limitatamente al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 la sentenza impugnata ed elimina la relativa pena di mesi 5 di reclusione.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2010

Nessun commento: