T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., (ud. 18/10/2023) 24-10-2023, n. 1181
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 319 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Apollonio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, piazza S. Oronzo;
per l'annullamento
- del Provv. del 18 dicembre 2021 prot. n. -OMISSIS- emesso dalla Questura di -OMISSIS- - U.P.G.S.P, nella persona del V.Q. della Polizia di Stato, Dr.ssa -OMISSIS-, avente ad oggetto la comunicazione ex art. 4 ter, comma 3, D.L. n. 44 del 2021, convertito dalla L. n. 76 del 2021 e ss.mm. - invito a produrre la documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione anti COVID 19 oppure l'attestazione relativa all'omissione o al differimento della stessa o la richiesta di vaccinazione, ai sensi dell'art. 4 comma 2 del medesimo D.L. n. 44 del 2021;
- del provvedimento della Questura di -OMISSIS- - U.P.G.S.P. del 24 dicembre 2021 prot. n. -OMISSIS-, di sospensione del ricorrente dall'attività lavorativa senza retribuzione, con la quale si accertava l'inosservanza dell'obbligo vaccinale - Sospensione dal diritto di svolgere prestazioni a rischio di diffusione del contagio da S.-CoV-2.
nonché, in ogni caso, per la rimessione
del presente giudizio innanzi la Corte Costituzionale, affinché valuti la legittimità costituzionale dell'art. 4 ter D.L. n. 44 del 2021, convertito dalla L. n. 76 del 2021 e ss.mm., per asserita contrarietà rispetto agli artt. 10, 11 e 117 Costituzione, nonché ai diritti garantiti dagli artt. 1, 2, 3, 4, 13, 32, 24 e 36 Costituzionale e/o per la rimessione dell'analoga questione innanzi la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, previa sospensione, ove occorra, del processo;
per la disapplicazione,
in via subordinata, dell'art. 4 ter D.L. n. 44 del 2021, come convertito in L. n. 76 del 2021 (e ss.mm.), perché in contrasto con la normativa europea direttamente applicabile nell'ordinamento italiano e/o in esso recepita e per l'effetto annullarsi i provvedimenti sospensivi oggi impugnati;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2023 il dott. Marco Martone e udita per la parte ricorrente il difensore avv.to M. Apollonio.;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso notificato in data 22.2.2022, tempestivamente depositato, l'Ispettore Superiore SUPS della Polizia di Stato - già in servizio presso la Ufficio Prevenzione Generale Soccorso Pubblico (U.P.G.S.P.) della Questura di -OMISSIS- (collocato a riposo per limiti di età il 1 febbraio 2023) - ha impugnato il provvedimento della Questura di -OMISSIS-, in epigrafe indicato, prot. n. -OMISSIS- del 18.12.2021 (notificato in pari data) di invito alla produzione di documentazione comprovante l'avvenuta effettuazione della vaccinazione obbligatoria anti COVID 19 ex art. 4 ter comma 3 D.L. n. 44 del 2021 (convertito in L. n. 76 del 2021 e ss.mm.) oppure l'attestazione relativa all'omissione o al differimento della stessa o la richiesta di vaccinazione , nonché il successivo provvedimento della medesima Questura di -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 23.12.2021 di sospensione (di diritto) dall'attività lavorativa senza retribuzione per inadempimento dell'obbligo vaccinale predetto.
1.1. A sostegno del ricorso, sono stati prospettati articolati motivi di gravame di seguito sinteticamente enunciati.
1.2. In particolare, il ricorrente deduce:
I) l'illegittimità degli atti impugnati derivante dall'affermata illegittimità costituzionale dell'articolo 4 ter D.L. n. 44 del 2021, introdotto dal D.L. n. 17-OMISSIS-, convertito in L. n. 3 del 2022 per contrasto con l'art. 32 Costituzione, commi 1 e 2;
II) l'illegittimità degli atti impugnati derivante dall'affermata illegittimità costituzionale dell'articolo 4 ter D.L. n. 44 del 2021, introdotto dal D.L. n. 17-OMISSIS-, convertito in L. n. 3 del 2022 per contrasto con l'art. 32 Costituzione, comma 2;
III) l'illegittimità degli atti impugnati derivante dall'affermata illegittimità costituzionale dell'art. 4 ter D.L. n. 44 del 2021, introdotto dal D.L. n. 17-OMISSIS- convertito in L. n. 3 del 2022 per contrasto, sotto complementare profilo, con gli artt. 11 e 117 comma 1, Costituzione;
IV) l'illegittimità degli atti impugnati derivante dall'affermata illegittimità costituzionale dell'art. 4 ter D.L. n. 44 del 2021, introdotto dal D.L. n. 17-OMISSIS-, convertito in L. n. 3 del 2022 per contrasto, sotto complementare profilo, con l'art. 24, comma 1 Costituzione;
V) contrarietà della normativa c.d. emergenziale e c.d. pandemica con il diritto internazionale recepito in Italia;
VI) questione di legittimità costituzionale e di contrasto con la normativa europea;
1.2. Con ulteriore motivo, il ricorrente ha censurato i provvedimenti impugnati per eccesso di potere per erroneità, carenza di istruttoria e di motivazione - eccesso di potere per sviamento - illogicità e irragionevolezza manifesta, nonché violazione del principio di proporzionalità.
1.3. Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento giuridico delle domande azionate, il ricorrente ha concluso come riportato in epigrafe.
2. Si è costituita in giudizio l'Avvocatura Distrettuale dello Stato per il Ministero intimato, eccependo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.
3. Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2023, all'esito della discussione orale, la causa è stata trattenuta per la decisione.
4. Il ricorso, notificato il 22 febbraio 2022, è parzialmente irricevibile per tardività - quanto all'impugnazione del provvedimento della Questura di -OMISSIS-, in epigrafe indicato, prot. -OMISSIS- del 18.12.2021 (notificato in pari data) - avente ad oggetto la menzionata comunicazione ex art. 4 ter, comma 3, D.L. n. 44 del 2021, convertito dalla L. n. 76 del 2021 e ss.mm. - stante l'evidente decorso del termine decadenziale di 60 giorni previsto nell'art. 29 c.p.a., e nella restante parte è infondato nel merito e deve essere respinto.
4.1. In via preliminare, giova puntualizzare che, nel caso di specie, sussiste la giurisdizione esclusiva dell'adito T.A.R., pur a fronte della recente pronuncia della Corte di Cassazione per vicende analoghe a quelle oggetto del presente giudizio (vedi: Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza del 29/9/2022 n. 28429), in quanto il rapporto di pubblico impiego del lavoratore, odierno ricorrente, rientra tra le c.d. categorie non contrattualizzate, indicate dall'art. 3 D.Lgs. n. 165 del 2001 e ss.mm., ancorché la controversia attenga (anche) a posizioni di diritto soggettivo perfetto (vedi, sul punto: Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza del 6 luglio 2014 n. 9667).
4.2. Ciò posto, e sottolineato che persiste l'interesse ad agire del ricorrente (riammesso in servizio a decorrere dal 25 marzo 2022) ai fini dell'invocato pagamento delle retribuzioni non corrisposte durante il periodo di sospensione dal servizio, ritiene il Collegio di rilevare, anche in continuità con l'univoco orientamento di questa Sezione (vedi: T.A.R. Puglia, III^ Sezione di Lecce, sentenza del 24.7.2023 del 951), la piena conformità della prescrizione vaccinale obbligatoria per legge di che trattasi (anti COVID 19) alla Costituzione e alla normativa comunitaria.
Invero, tale valutazione, risulta essere stata già svolta dalla Corte Costituzionale (sentenze nr. 14 e 15 del 9 febbraio 2023), la quale ha dichiarato: non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, e dell'art. 4, commi 1, 4 e 5, - come modificati dal D.L. n. 172 del 2021, - sollevate, in riferimento agli artt. 3, 4, 32 e 35 della Costituzione; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 7, - come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), del D.L. n. 172 del 2021, nonché come richiamato dall'art. 4-ter, comma 2, del medesimo D.L. n. 44 del 2021 - sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 32 e 35 della Costituzione; non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-ter, comma 4, e 4, comma 5, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, secondo comma, della Costituzione.
In particolare, con le citate pronunce nr. 14 e 15 del 9 febbraio 2023 la Corte Costituzionale ha ritenuto tali questioni in parte inammissibili e in parte non fondate, sulla scorta delle considerazioni che seguono.
La Corte Costituzionale ha precisato che l'imposizione di un trattamento sanitario (in particolare di un obbligo vaccinale) può ritenersi compatibile con l'art. 32 della Costituzione al ricorrere di tre presupposti: a) se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale; b) se vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili; c) se nell'ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio - ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica - sia prevista comunque la corresponsione di una "equa indennità" in favore del danneggiato.
Il contemperamento del diritto alla salute del singolo (comprensivo del profilo negativo di non essere assoggettato a trattamenti sanitari non richiesti o non accettati) con l'interesse della collettività costituisce il contenuto proprio dell'art. 32 della Costituzione e rappresenta una specifica concretizzazione dei doveri di solidarietà di cui all'art. 2 della Costituzione, nella quale si manifesta la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente. La tutela della salute implica anche il dovere dell'individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell'eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunità, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori, posti in essere anche nell'interesse della persona stessa, o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari. Il sindacato sulla non irragionevolezza della scelta del legislatore di incidere sul diritto fondamentale alla salute, anche sotto il profilo della libertà di autodeterminazione, va effettuato alla luce della concreta situazione sanitaria ed epidemiologica (allora) in atto. Invero, nelle ipotesi di conflitto tra i diritti contemplati dall'art. 32 della Costituzione, la discrezionalità del legislatore deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle Autorità preposte. Significative sono altresì le acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell'esercizio delle sue scelte in materia. Un intervento in tali ambiti, dunque, non può nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica dello stesso legislatore, bensì deve prevedere l'elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali - a ciò deputati.
Quando la scelta legislativa si fonda su riferimenti scientifici, perché si possa pervenire ad una declaratoria di illegittimità costituzionale occorre che i dati sui quali la legge riposa siano incontrovertibilmente erronei o raggiungano un tale livello di indeterminatezza da non consentire in alcun modo una interpretazione ed una applicazione razionali da parte del giudice. A tal proposito, appare non condivisibile il rilievo del ricorrente, secondo cui l'obbligo vaccinale sarebbe incostituzionale poiché i dati scientifici acquisiti avrebbero dimostrato la inefficacia rispetto alla protezione (totale) dalla malattia. Ed invero, occorre evidenziare come tale obbligo sia comunque conforme a Costituzione, perché i dati scientifici hanno dimostrato come i vaccini de quibus siano idonei a ridurre in modo significativo il contagio con effetti positivi, quindi, sulla protezione dell'intera popolazione.
Quanto, inoltre, all'asserita illegittimità dei provvedimenti adottati nella parte in cui prevedono l'incombenza dell'obbligo vaccinale in capo a tutti i soggetti del c.d. reparto sicurezza a prescindere dalle concrete mansioni affidate, è stato correttamente affermato che "la disciplina censurata poggia, quindi, sull'evidente presupposto che per i menzionati comparti lavorativi, con riferimento ai quali la legge ha avvertito la speciale esigenza di mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, ovvero di servizi svolti a contatto con persone in situazione di fragilità, non poteva obbligarsi il datore di lavoro ad adibire i soggetti che non avessero inteso vaccinarsi a mansioni comunque idonee ad evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2, come è invece richiesto dall'art. 4, comma 7, del D.L. n. 44 del 2021, come convertito, per i soggetti che avessero dovuto omettere o differire la vaccinazione in ragione di un accertato pericolo per la salute. La disposizione censurata si fonda sul rilievo che un più ampio dovere datoriale di cosiddetto repêchage, quale quello auspicato dai rimettenti, non fosse compatibile con le specificità di tali organizzazioni aziendali, se non al rischio di mettere in pericolo la salute del lavoratore stesso, degli altri lavoratori e dei terzi, portatori di interessi costituzionali prevalenti sull'interesse del dipendente di adempiere per poter ricevere la retribuzione. Le disposizioni censurate hanno escluso, cioè, l'opportunità di addossare al datore un obbligo generalizzato di adottare accomodamenti organizzativi, non ravvisando, in rapporto alle categorie professionali in esame, le condizioni della fungibilità e della sia pur parziale idoneità lavorativa residua del dipendente non vaccinato, condizioni sempre necessarie, in caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione, per giustificare la permanenza di un apprezzabile interesse datoriale a una diversa prestazione lavorativa" (Corte Costituzionale nr. 15/2023; cfr. Consiglio di Stato, parere 12 giugno 2023, n. 868, reso su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica).
Con riguardo alle censure relative alla dedotta illegittimità dei provvedimenti impugnati nella parte, in cui escludono qualsiasi forma di contribuzione economica a vantaggio del dipendente che venga sospeso dal servizio per omessa vaccinazione, la stessa Corte Costituzionale ha osservato che "nel meccanismo degli artt. 4, 4-bis e 4-ter del D.L. n. 44 del 2021, come convertito, e sue successive modifiche, la mancata sottoposizione a vaccinazione ha determinato la sopravvenuta e temporanea impossibilità per il dipendente di svolgere le proprie mansioni, e la sospensione del medesimo lavoratore ha rappresentato per il datore di lavoro l'adempimento di un obbligo nominato di sicurezza, inserito nel sinallagma contrattuale. L'effetto stabilito dalle norme censurate, secondo cui al lavoratore che decida di non sottoporsi alla vaccinazione non sono dovuti, nel periodo di sospensione, "la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati", giustifica, pertanto, anche la non erogazione al lavoratore sospeso di un assegno alimentare (in misura non superiore alla metà dello stipendio, come, ad esempio, previsto per gli impiegati civili dello Stato dall'art. 82 del D.P.R. n. 3 del 1957, e in altri casi dalla contrattazione collettiva), considerando che il lavoratore decide di non vaccinarsi per una libera scelta, in ogni momento rivedibile. In sostanza, poiché nel periodo di sospensione del dipendente non vaccinato, pur essendo formalmente in essere il rapporto, è carente medio tempore la sussistenza del sinallagma funzionale del contratto, la negazione altresì del diritto all'erogazione di un assegno alimentare in favore del lavoratore inadempiente all'obbligo vaccinale, che i rimettenti riconducono all'applicazione delle norme censurate, si giustifica quale conseguenza del principio generale di corrispettività, essendo il diritto alla retribuzione, come ad ogni altro compenso o emolumento, comunque collegato alla prestazione lavorativa, eccetto i casi in cui, mancando la prestazione lavorativa in conseguenza di un illegittimo rifiuto del datore di lavoro, l'obbligazione retributiva sia comunque da quest'ultimo dovuta. (…) Se, quindi, in tali casi, il riconoscimento dell'assegno alimentare si giustifica alla luce della necessità di assicurare al lavoratore un sostegno allorquando la temporanea impossibilità della prestazione sia determinata da una rinuncia unilaterale del datore di lavoro ad avvalersene e da atti o comportamenti che richiedono di essere accertati in vista della prosecuzione del rapporto, ben diverso è il caso in cui, per il fatto di non aver adempiuto all'obbligo vaccinale, è il lavoratore che decide di sottrarsi unilateralmente alle condizioni di sicurezza che rendono la sua prestazione lavorativa, nei termini anzidetti, legittimamente esercitabile".
Non sono altresì condivisibili neppure le censure con le quali il militare ricorrente deduce il contrasto delle norme prescriventi l'obbligo vaccinale in parola col diritto dell'Unione Europea e con la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
La Corte Costituzionale (sentenza n. 14/2023) ha osservato come i molti altri Paesi europei siano state adottate misure simili a quelle contestate in questa sede; né va dimenticato che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, grande camera, sentenza 8 aprile 2021, cause riunite 47621/13 3867/14 73094/14 19298/15 19306/15 43883/15, in Foro it., 2021, IV, 353, ha ribadito come la vaccinazione obbligatoria non costituisca un'ingerenza nella vita privata in violazione dell'art. 8 C.E.D.U. ove sia: i) conforme a legge; ii) imposta per uno scopo legittimo, consistente nel proteggere, sia coloro che ricevono la vaccinazione sia coloro che non possono riceverla, dalle malattie che possono comportare un grave rischio per la salute; iii) necessaria per un "urgente bisogno sociale"; iv) proporzionata allo scopo perseguito; v) previsto un sistema sanzionatorio proporzionato.
In tal senso si è espressa la condivisibile giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio, Roma, 13 gennaio 2022, ord. n. 137; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 461/2022; T.A.R. Liguria n. 222/2023), escludendo che la normativa contestata violi il diritto europeo ed internazionale.
Va solo ulteriormente precisato che non appare condivisibile l'orientamento - allo stato isolato - espresso dall'A.G.O ed invocato dal difensore di parte ricorrente in sede di discussione (vedi: Tribunale de L'Aquila - Sezione Lavoro, sentenza del 13 settembre 2023 n. 136), secondo cui i provvedimento di sospensione sarebbero illegittimi, in quanto nella sentenza citata il G.O. ha, di fatto, disapplicato (implicitamente) le norme di legge (qui censurate) senza la preventiva rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.
3. In definitiva, applicando le suindicate coordinate normative e giurisprudenziali, non trovandosi il ricorrente in nessuna delle condizioni per la quale l'obbligo vaccinale imposto dalla legge non dovesse operare, i provvedimenti impugnati sfuggono a tutte le censure rassegnate nel ricorso, dato che, a fronte dell'avvenuto accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale ex lege, la sospensione dal servizio e tutti gli altri provvedimenti impugnati disposti dall'Amministrazione resistente erano una conseguenza automatica.
4. Il ricorso deve, pertanto, dichiararsi parzialmente irricevibile per tardività (quanto all'impugnazione del provvedimento della Questura di -OMISSIS- prot. -OMISSIS- del 18 dicembre 2021) e nella restante parte - in quanto infondato - deve essere respinto.
5. Sussistono i presupposti di legge (in considerazione della novità della controversia e dell'evoluzione giurisprudenziale in subiecta materia) per disporre la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte irricevibile e per la restante parte lo respinge, nei sensi precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 18 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Enrico d'Arpe, Presidente
Patrizia Moro, Consigliere
Marco Martone, Referendario, Estensore
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