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martedì 16 giugno 2015

TAR: Riposo compensativo a fronte della reperibilità



Riposo compensativo a fronte della reperibilità

Tar Campania Sez. Quinta - Sent. del 29/04/2009

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4630 del 2000, proposto da:
I. Giovanna,
contro
Azienda Ospedaliera “G. Rummo”,
per l’accertamento del diritto della parte ricorrente ad usufruire ai sensi dell’art. 18 comma 5 D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270 di un giorno di riposo compensativo in relazione a ciascuna delle giornate festive nel corso delle quali ha assicurato la pronta reperibilità anche senza chiamata di intervento e conseguentemente per la condanna della Azienda ospedaliera al pagamento di un’indennità risarcitoria a causa del mancato riconoscimento di tale diritto,

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera “G.Rummo”;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23/04/2009 il dott. Antonio Onorato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1-Il Collegio in via preliminare osserva che nei rapporti di pubblico impiego, con riferimento alla controversia instaurata dal lavoratore per ottenere il risarcimento di asseriti danni subiti alla propria integrità fisica, l’individuazione della giurisdizione avveniva, prima della novella costituita dall’art. 3 comma 4 della legge 205/00, in base all’accertamento della natura giuridica dell’azione di responsabilità.
In particolare, se la pretesa risarcitoria costituente il c.d. petitum sostanziale si fondava sull’invocazione di una responsabilità contrattuale, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se la pretesa si fondava sull’invocazione di una responsabilità extracontrattuale, sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario (ex multis: Cass. civ. sez. un. 14 dicembre 1999, n. 900; Cass. civ. sez. un. 19 novembre 1999 n. 796; Cass. civ. sez. un. 25 maggio 1999, n. 291; TAR Lombardia, III, 18 luglio 1998 n. 1913).
La suindicata novella ha attribuito alla cognizione del GA le controversie risarcitorie “nell’ambito della sua giurisdizione”, quindi anche nell’ambito della giurisdizione stralcio di cui all’art. 69 comma 7 del d.lgs. 165/2001.
La parte ricorrente, nel caso di specie, ha inequivocabilmente dedotto una responsabilità contrattuale dell’amministrazione sanitaria quanto in concreto ha invocato l’inadempimento alle disposizioni contrattuali (rectius: regolamentari) che stabiliscono il diritto al riposo compensativo nel caso in cui la pronta disponibilità cada in un giorno festivo. La giurisdizione è, pertanto, correttamente incardinata presso il giudice amministrativo.
2-Il servizio di pronta disponibilità è caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile dalla chiamata.
L’art. 18 quinto comma DPR n. 270/1987 invocato dalla parte ricorrente prevede che, nel caso in cui la pronta disponibilità cada in un giorno festivo, spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale e che, nel caso di chiamata, l’attività prestata è computata come lavoro straordinario o compensata con recupero orario.
Tale servizio, di norma limitato ai periodi notturni o festivi, dà inoltre diritto ad un’indennità per ogni 12 ore.
Col ricorso in esame, la parte ricorrente, nel sostenere di aver effettuato turni di pronta disponibilità in giorni festivi senza mai godere del riposo compensativo, chiede il risarcimento del danno per l’illecito comportamento dell’amministrazione, a suo dire, in contrasto anche con l’art. 36 Cost. nonché con i principi (affermati da copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione), secondo i quali, la mancata concessione del riposo settimanale con definitiva perdita dello stesso è illecita siccome contrastante con il precetto costituzionale di cui all’art. 36, terzo comma, Cost. ed in quanto tale non può essere validamente disciplinata né da clausole di contratto collettivo o individuale, che sarebbero nulle per illiceità dell’oggetto, né dalla legge che sarebbe fondatamente sospettabile di illegittimità costituzionale.
3-Il Collegio, in piena adesione alla giurisprudenza formatasi sul punto ( Cfr. TAR Lombardia 12 dicembre 1989 n. 570 e 24 aprile 1985 n. 221; TAR Puglia-Lecce Sez.II 6 febbraio 2006 n. 739) osserva che, ai fini della soluzione della controversia, occorre prioritariamente verificare se il turno di pronta disponibilità prestato da un dipendente sanitario sia effettivamente equiparabile ad una prestazione lavorativa e, quindi, se possa di conseguenza sostenersi, così come inferisce la parte ricorrente, che la mancata fruizione del riposo compensativo si traduce nel caso di specie in una mancata concessione del riposo settimanale con definitiva perdita dello stesso.
A tali fini, appare necessario innanzitutto tenere distinta l’ipotesi in cui durante il turno non vi sia stata chiamata in servizio (reperibilità “passiva”) da quella in cui, invece, il dipendente in pronta disponibilità sia dovuto intervenire (reperibilità “attiva”).
Una consolidata giurisprudenza, infatti, non assimila automaticamente la reperibilità festiva alla prestazione di lavoro, ritenendo piuttosto che sia una prestazione, prevista dalla disciplina contrattuale collettiva, con carattere strumentale ed accessorio alla prestazione di lavoro nonché qualitativamente differente da quest’ultima.
Tanto perché la stessa consiste, come evidenziato, nell’obbligo del lavoratore, fuori del proprio orario di lavoro, di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato in vista di un’eventuale prestazione lavorativa e di raggiungere in breve tempo il luogo di lavoro per eseguirvi la prestazione richiesta.
Ne consegue che, non equivalendo all’effettiva prestazione di lavoro, la reperibilità “passiva” nei giorni festivi non dà diritto ad un riposo compensativo ma soltanto ad un compenso il cui ammontare non deve essere pari a quello percepito in caso di svolgimento dell’attività lavorativa, ma proporzionato al disagio subìto (sostanzialmente in tal senso, ex multis: Pretura Torino, 2 ottobre 1998; Cass. civ. sez. lav., 2 aprile 1998, n. 3419; Cass. civ. sez. lav., 7 giugno 1995, n. 6400; Cass. civ. sez. lav., 9 settembre 1991, n. 9468).
Il Collegio, pertanto, condivide l’avviso che, in tal caso, il turno di pronta disponibilità svolto nel giorno festivo destinato al riposo settimanale limita ma non esclude il relativo godimento, sicché la mancata fruizione del riposo compensativo non si traduce nella violazione del precetto costituzionale (art. 36, comma terzo) che attribuisce al lavoratore un diritto irrinunciabile, e quindi indisponibile, al riposo stesso.
Concludendo sul punto, ove nell’effettuazione del turno di disponibilità il lavoratore non sia chiamato ad intervenire e, quindi, ad eseguire la prestazione lavorativa, non è possibile assimilare il suo stato di reperibile all’effettiva esecuzione della prestazione che resta meramente eventuale e che in tal caso in concreto non si realizza.
E’, tuttavia, anche evidente che lo stato di disponibile comunque determina inevitabilmente una limitazione alla libertà personale interferendo con le concrete modalità di godimento del giorno di riposo e producendo un sacrificio che, sia pure differente da quello derivante dall’esecuzione della prestazione lavorativa, deve essere comunque compensato.
Proprio per questo la disciplina collettiva del personale sanitario prevede però un’indennità cumulativa per il servizio di pronta disponibilità, la cui ragione è evidentemente quella di ristorare il lavoratore del sacrificio sopportato.
Peraltro, la normativa di settore stabilisce anche che, nel caso in cui la pronta disponibilità cada in un giorno festivo, spetta un <riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale>, sicché potrebbe sostenersi che la contrattazione collettiva abbia previsto per ogni turno di pronta disponibilità effettuato, oltre all’attribuzione della relativa indennità, il diritto alla fruizione di un giorno di riposo compensativo con corrispondente obbligo di parte datoriale di assicurare l’esercizio dello stesso; obbligo che, se non osservato, genererebbe un illecito, di natura ovviamente contrattuale, con conseguente diritto al risarcimento dei danni per il lavoratore.
4-Appare, quindi, evidente che la definizione della presente controversia postula una corretta esegesi della norma regolamentare, la quale a sua volta necessita di una lettura complessiva.
Non è certo un caso che l’art. 18 DPR n. 270/1987, dopo aver previsto il riposo compensativo nei casi in cui la pronta disponibilità cada in un giorno festivo subito precisi che l’attribuzione dello stesso non determina riduzione del debito orario settimanale.
Tale aggiunta, infatti, rende immediatamente evidente che la fruizione del riposo in un certo giorno della settimana determina solo una diversa articolazione oraria della prestazione lavorativa negli altri giorni, nei quali il lavoratore deve complessivamente prestare anche le ore di lavoro che avrebbe dovuto svolgere nel giorno successivamente destinato al riposo compensativo, in modo che nell’arco dell’intera settimana abbia assolto l’intero debito orario.
In altri termini, a fronte di una prestazione oraria settimanale globalmente immutata, la norma collettiva consente al lavoratore che ha prestato il turno di pronta disponibilità la fruizione di un giorno di riposo con conseguente variazione in aumento della durata dell’attività lavorativa prestata o da prestare negli altri giorni.
Ne consegue che l’attribuzione del riposo non si traduce senz’altro in una utilità per il lavoratore che, viceversa, potrebbe non voler fruire dello stesso preferendo mantenere immutata la prestazione oraria per tutti i giorni della settimana.
Ciò induce il Collegio a ritenere che la norma in esame non sia fonte di un obbligo per l’amministrazione sanitaria di attribuzione del riposo compensativo a chi ha prestato il turno di pronta disponibilità nel giorno festivo senza chiamata in servizio, ma piuttosto si limiti ad attribuire al lavoratore la facoltà di adempiere e, quindi, di liberarsi dall’obbligazione eseguendo una prestazione diversa, sotto il profilo dell’articolazione oraria, da quella originariamente dedotta nell’obbligazione lavorativa.
La norma contrattuale introduce, insomma, in favore del prestatore di lavoro un’obbligazione facoltativa in quanto, mentre oggetto dell’obbligazione rimane sempre la prestazione lavorativa da svolgere secondo gli ordinari orari di lavoro, nel caso in cui il dipendente abbia prestato una “pronta disponibilità”, allo stesso è attribuita la facoltà di estinguere l’obbligazione lavorativa eseguendo una prestazione diversa sotto il profilo temporale e cioè distribuendo il proprio orario settimanale di lavoro su un giorno in meno, nel quale beneficerà del riposo compensativo.
Proprio perché rientra nelle facoltà del prestatore di lavoro l’adempimento della prestazione mediante una diversa distribuzione dell’orario settimanale con fruizione di un giorno di riposo, l’amministrazione non risulta né obbligata né legittimata a chiedere o ad imporre d’ufficio che la prestazione sia eseguita secondo la diversa scansione temporale.
Di contro, ove l’avente titolo vuole fruire del riposo compensativo prestando un’attività lavorativa quantitativamente più ampia negli altri giorni della settimana, deve manifestare la propria volontà al datore di lavoro, sicché, in mancanza di questa, la prestazione deve essere resa secondo le modalità ordinarie.
Il Collegio ritiene in definitiva che la norma contrattuale non attribuisce al lavoratore che abbia prestato la pronta disponibilità “passiva” un diritto di credito al riposo compensativo con relativa obbligazione dell’amministrazione, tenuta a adempiere per soddisfare l’interesse del creditore, ma si limita ad attribuire all’avente titolo un diritto potestativo di eseguire una prestazione lavorativa diversa dal punto di vista dell’articolazione temporale, a fronte del quale l’amministrazione è in stato di soggezione non dovendo adempiere ma soltanto prendere atto della volontà del dipendente e concordare con lo stesso, tenuto conto delle esigenze di servizio, le relative modalità e cioè il giorno da destinare al riposo e la concreta distribuzione delle maggiori ore di lavoro durante gli altri giorni della settimana.
Ne consegue che un comportamento illecito dell’amministrazione sanitaria potrebbe ravvisarsi nel solo caso in cui essa abbia impedito al dipendente di avvalersi della facoltà prevista dalla disciplina collettiva, imponendogli di eseguire la prestazione secondo la consueta dinamica oraria.
5-Il ricorso proposto non fornisce, però, alcuna indicazione su eventuali comportamenti adottati in tal senso dall’amministrazione né risulta provato che la parte ricorrente abbia mai manifestato all’amministrazione datrice di lavoro la volontà di adempiere la prestazione esercitando la facoltà alternativa descritta dalle citate disposizioni contrattuali.
Pertanto, nella fattispecie, trattandosi di reperibilità “passiva”, l’illiceità (o l’illegittimità) dell’azione amministrativa rimane un’asserzione del tutto indimostrata sicché nessun risarcimento risulta dovuto..
Ovviamente costituisce ipotesi del tutto diversa quella in cui, durante il turno di pronta disponibilità, il dipendente sia effettivamente chiamato a svolgere l’attività lavorativa.
Il riposo settimanale, in tal caso, non è limitato ma addirittura escluso dalla chiamata in servizio del dipendente almeno quando l’esigenza dell’intervento si prolunghi per un apprezzabile arco temporale, sicché detta prestazione deve essere indefettibilmente compensata con un giorno di riposo in una delle giornate immediatamente successive (o con un proporzionale recupero orario qualora l’intervento si sia protratto per un tempo considerato inidoneo a sacrificare totalmente il necessario riposo).
6-Tanto basta per la reiezione del ricorso.
Le spese di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e, tenuto conto che trattasi di ricorsi seriale, sono liquidate nella misura ridotta indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Quinta sezione, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi € 400,00 (quattrocento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2009

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