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martedì 16 giugno 2015

Corte di Cassazione Sentenza n. 13303 del 9.06.2009 Termini per l'emissione ordinanza-ingiunzione da parte del Prefetto: non ha incidenza sui 180 giorni complessivi il fatto che la documentazione degli accertatori pervenga prima dei 60 giorni max previsti



Corte di Cassazione Sentenza n. 13303 del 9.06.2009 Termini per l'emissione ordinanza-ingiunzione da parte del Prefetto: non ha incidenza sui 180 giorni complessivi il fatto che la documentazione degli accertatori pervenga prima dei 60 giorni max previsti
 
SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEPENALIZZAZIONI
Cass. civ. Sez. II, 09-06-2009, n. 13303
 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il giudice di pace di Sinnai, con sentenza del 17 gennaio 2006, rigettava l'opposizione proposta da D.G. e P.M. T. avverso il Prefetto di Cagliari per l'annullamento dell'ordinanza ingiunzione n. (OMISSIS), relativa a infrazione al codice della strada. Rilevava che il termine per l'emissione dell'ordinanza ingiunzione prefettizia era stato rispettato, dovendosi cumulare il tempo previsto per gli adempimenti degli organi procedenti. Riteneva inoltre sufficientemente motivata l'ordinanza prefettizia in ordine alle modalità del sinistro, causato dall'incauto approssimarsi di parte ricorrente a un'intersezione stradale.
G.D. e P.M.T. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 17 marzo 2006, affidandosi a tre motivi di ricorso. Il Prefetto di Cagliari è rimasto intimato.
Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato.
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 203 e 204 C.d.S. e vizi di motivazione della sentenza, assumendo che l'ordinanza era stata resa oltre il termine perentorio di 120 giorni riservato al prefetto, il quale, avendo ricevuto gli atti dal Comando Polizia Municipale il 25 agosto 2004, avrebbe dovuto provvedere entro il 22 12 2004, mentre aveva emesso l'ordinanza il 11 gennaio 2005.
Il motivo è infondato. Si apprende dalla sentenza impugnata che nel costituirsi in giudizio, la prefettura aveva rilevato che avverso il verbale n. (OMISSIS) era stato presentato ricorso al Prefetto tramite il Comando accertatore il (OMISSIS) e che pertanto il provvedimento prefettizio poteva essere adottato entro i 180 giorni successivi, aventi scadenza il 22 gennaio 2005. Accogliendo la tesi del Prefetto, il giudice di pace ha ritenuto la tempestività dell'ordinanza emessa il 11 gennaio.
A tal fine il giudice di merito, facendo buon governo del disposto degli artt. 203 e 204 C.d.S., ha ritenuto che il Prefetto, nel caso di inoltro del ricorso amministrativo tramite il Comando accertatore, ha sempre a disposizione 180 giorni dalla data della presentazione del ricorso, ancorchè gli atti gli vengano trasmessi dall'organo accertatore prima del decorso dei sessanta giorni che sono a quest'ultimo riservati per inoltrare al Prefetto documenti e controdeduzioni.
L'art. 204 C.d.S., art. 1 bis stabilisce infatti che il termine di cui all'art. 203 C.d.S., comma 2 (così come quello di cui al comma 1 previsto per il caso di presentazione del ricorso direttamente al prefetto) sono perentori e si cumulano tra loro ai fini della considerazione della tempestività dell'adozione dell'ordinanza ingiunzione. Solo dopo che detti termini siano decorsi senza che sia stata adottata l'ordinanza del prefetto, il ricorso si intende accolto.
Ora, il senso della cumulabilità dei due termini è quello di consentire all'amministrazione di usufruire - per il complessivo svolgimento della sua attività di accertamento e decisione - del tempo massimo previsto dalla somma (cumulo) delle due scansioni operative, 60 giorni per la raccolta dati e le deduzioni degli accertatori e 120 per la decisione prefettizia. La formulazione della norma non è felice, a causa della sovrapposizione di interventi normativi non ben coordinati: invero il riferimento (plurale) alla perentorietà dei termini potrebbe far pensare, come è accaduto in passato, che il termine concesso per l'emissione dell'ordinanza - ingiunzione decorrente dal momento nel quale il prefetto abbia ricevuto la trasmissione del ricorso e degli atti relativi dall'ufficio accertatore della violazione, non possa comunque superare i 120 giorni. Tale interpretazione, invalsa sulla base del tenore originario dell'art 204 C.d.S. e che aveva valore prima della modifica normativa introdotta dal D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art 4, comma 1 quinquies, conv. in L. 1 agosto 2003, n. 214, toglierebbe però significato alla cumulabilità espressamente prevista dalla nuova disposizione.
Va quindi ritenuto che la perentorietà sia stata affermata nel comma 1 bis per chiarire e confermare che il procedimento irrogatorio di sanzioni amministrative è in questa materia scandito da termini aventi natura perentoria (Cass. 1273/07), diversamente da quanto abitualmente avviene nei procedimenti sanzionatori (cfr. Cass. SU 9591/06), ma nel contempo consentendo di assorbire l'eventuale superamento di tempi dell'uno o dell'altra attività che compongono questo speciale procedimento in un unico termine cumulato - e perentorio - che risulta dal cumulo dei due termini. Si è così in continuità anche con l'orientamento interpretativo che, con riguardo alle disposizioni ante riforma del 2003, aveva reputato che il mancato rispetto del termine previsto dall'art. 203 C.d.S., comma 2, può assumere rilevanza ai fini della tempestività dell'ordinanza sanzionatoria non autonomamente, ma solo indirettamente, per effetto del cumulo tra il termine in questione e quello di cui all'art. 204 C.d.S., comma 1, previsto per l'emissione dell'ordinanza prefettizia (Cass. 8652/06; Cass. 1620/07) 2) Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 204 C.d.S. sotto altro profilo, attinente la carenza di motivazione dell'ordinanza prefettizia, che per respingere il ricorso amministrativo ha fatto rinvio anche alle controdeduzioni dell'organo accertatore. I ricorrenti lamentano l'inammissibilità della motivazione per relationem dell'ordinanza ingiunzione e l'omessa motivazione del giudice di pace sul punto.
Anche questa doglianza è infondata. Giova qui riprendere testualmente un passo di Cass. SU n. 27180/07, che nel respingere analoga questione così reca:
"per il prevalente orientamento di questa Corte, nel procedimento d'opposizione a sanzione amministrativa il sindacato del Giudice del merito si estende alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame circa i presupposti di fatto e di diritto dell'infrazione contestata, poichè oggetto dell'opposizione è il rapporto sanzionatorio, donde l'irrilevanza d'eventuali vizi del provvedimento per l'omessa valutazione delle deduzioni difensive prospettate dall'interessato (e pluribus Cass. 21.7.06 n. 16802, 21.7.05 n. 15335, 22.11.04 n. 21954, 24.3.04 n. 5891, 22.6.01 n. 8520);
Quand'anche, poi, si volesse seguire il minoritario indirizzo per il quale in sede d'opposizione a sanzione amministrativa potrebbe essere fatto valere il vizio del procedimento derivante dal mancato esame delle deduzioni difensive dell'interessato (cfr. Cass. 13.10, 05 n. 519, 15.1.99 n. 391), si dovrebbe, comunque, considerare che, sebbene sia ormai acquisito nel nostro ordinamento il principio dell'obbligatorietà della motivazione del provvedimento amministrativo (vedansi L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, e la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, nonchè, specificamente in tema di sanzioni amministrative, la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 18, comma 2), non di meno la motivazione ha pur sempre la sola funzione di giustificare la parte dispositiva del provvedimento e di fornire gli elementi necessari ad un completo esercizio del diritto di difesa in sede d'impugnazione giurisdizionale, non anche quella di replicare alle deduzioni difensive dell'interessato.
In tal senso anche Cass. 16802/06 cit. che evidenzia anche come il contrario non possa argomentarsi dal fatto che, ai sensi del cit. art. 18, "l'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento", dacchè l'onere d'esaminare documenti ed argomenti non comporta ineluttabilmente che gli esiti di tale esame debbano essere riportati e commentati nella motivazione quando documenti ed argomenti non interferiscano con l'esposizione dei presupposti di fatto e di diritto che giustificano il provvedimento. Con l'ulteriore considerazione che l'obbligo di motivazione dell'ordinanza - ingiunzione in riferimento alle argomentazioni svolte dall'interessato con il ricorso in sede amministrativa ha diversa estensione e consistenza a seconda che vengano allegati fatti nuovi e diversi, tali da inficiare l'accertamento dei presupposti costitutivi della violazione contestata o da eliminare dal fatto commesso ogni elemento di antigiuridicità, oppure vengano contestati fatti già presi in considerazione nel verbale d'accertamento: nel primo caso, infatti, l'obbligo di motivazione impone di prendere in esame tali allegazioni e di esporre le ragioni del loro mancato accoglimento; per contro, nei casi di contestazione dei fatti già esposti nel verbale, può ritenersi sufficiente, al fine della loro confutazione, il richiamo al contenuto del corrispondente verbale, costituendo la motivazione per relationem una legittima modalità d'esposizione delle ragioni del provvedimento amministrativo, conforme al principio di speditezza dell'azione amministrativa, ove l'autorità che adotta il provvedimento ritenga di far propri, ribadendoli, l'accertamento e le valutazioni operati nel corso del procedimento e risultanti da atti conosciuti, per l'avvenuta obbligatoria previa contestazione immediata o successiva notificazione del verbale, o conoscibili, mediante l'esercizio del diritto d'accesso, da parte dell'interessato (e pluribus, Cass. 16.1.07 n. 871, 30.5.05 n. 11351, 6.7.04 n. 12320, 27.6.02 n. 9363, 3.7.98 n. 65299)".
Ora, nell'odierno ricorso i D.- P. non hanno riportato il testo dell'ordinanza criticata (atto cui la Corte di legittimità non ha accesso, non essendo dedotto un vizio del procedimento giurisdizionale, ma di quello amministrativo), nè hanno dato conto del tipo di contestazione contenuta nel ricorso amministrativo. Essi si sono limitati a denunciare che parte dell'ordinanza ingiunzione fa rinvio alle controdeduzioni da essi non conosciute, ma ciò non è sufficiente a far ritenere l'atto illegittimo, atteso che se l'ordinanza ha fatto riferimento anche al verbale e le doglianze del ricorso non allegavano fatti nuovi, non vi era secondo le Sezioni Unite alcuna illegittimità del provvedimento amministrativo. Sul punto, il difetto di specificità del ricorso impone pertanto il rigetto del motivo.
3) Il terzo motivo denuncia insufficienza della motivazione con riguardo alla sussistenza di una condotta sanzionabile. I ricorrenti sostengono che il sinistro in cui fu coinvolto il loro veicolo era riconducibile sulla base dell'analisi dei rilievi alla velocità eccessiva del motociclo. Lamentano che la sentenza abbia ancorato il giudizio sul mancato rispetto della precedenza all'incrocio sul solo fatto che l'incidente si sia verificato. Anche questa censura non merita accoglimento. Parte ricorrente indica varie argomentazioni a sè favorevoli relative al punto di impatto tra i veicoli (ad incrocio già disimpegnato da parte dell'automobile), alla condizione della strada percorsa dal motorino (in discesa), alla visuale disponibile per il motociclo (trenta metri), ma non riporta testualmente nè integralmente le relative risultanze documentali, che pure in parte indica. In tal modo il ricorso è affetto da difetto di autosufficienza, impedendo di verificare l'effettività dell'asserito negligente o carente esame degli atti e finendo con il sollecitare alla Corte di legittimità un' inammissibile nuova valutazione di merito.
Si badi inoltre che le circostanze esposte, ove verificabili e sussistenti, sembrano prospettare comunque un concorso di colpa tra i due automezzi, perchè il riferito segnale di stop, destinato al conducente del veicolo di parte ricorrente, gli imponeva una condotta tale da dover comunque scongiurare l'impatto con il veicolo favorito.
Alla luce di tale considerazione, la motivazione del giudice di pace è quindi congrua e logica, come tale incensurabile in questa sede.
Il giudice di merito ha infatti ritenuto che era mancata la doverosa condotta di dare la precedenza all'altro veicolo e di ripartire con prudenza, comportamenti contraddetti dal verificarsi dell'urto con il motociclo che sopravveniva lungo la strada avente diritto di precedenza.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso senza la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell'intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 19 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2009

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