La dispensa dal servizio per motivi di salute scatta solo se c'è una definitiva inidoneità del lavoratore |
Bocciato il ricorso di un impiegato postale che, per ottenere il più favorevole trattamento pensionistico dei dipendenti pubblici, aveva sostenuto che per la dispensa fosse sufficiente la scadenza del periodo massimo di aspettativa per infermità |
LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 07-09-2009, n. 19263
Cass. civ. Sez. lavoro, 07-09-2009, n. 19263
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Agrigento, in funzione di giudice del lavoro, ha rigettato la domanda proposta da P.C. nei confronti di Poste Italiane s.p.a., volta a conseguire: la declaratoria di illegittimita’ del licenziamento disciplinare comunicatogli in data 8 aprile 1998, l’accertamento del suo diritto essere posto in quiescenza a decorrere dal 25 novembre 1994 avendo il ricorrente raggiunto, a quella data, il numero di (OMISSIS) giorni di assenza per malattia, e la condanna della societa’ convenuta al pagamento dell’intera retribuzione maturata a decorrere dal 1 gennaio 1995.
La Corte d’appello di Palermo ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore avverso la suddetta sentenza.
Premesso che al lavoratore doveva applicarsi la disciplina pubblicistica sino alla data del 26 novembre 1994 e, successivamente a tale data, la disciplina privatistica, attribuiva valore decisivo alla circostanza che erano mancate le condizioni previste dalla legge per la dispensa dal servizio; osservava infatti che, secondo la normativa pubblicistica vigente fino alla data sopra indicata, l’infermita’ del dipendente poteva dar luogo alla dispensa dal servizio solo nel caso in cui lo stesso fosse risultato non idoneo per infermita’; tale condizione non si era mai verificata atteso che in data (OMISSIS) la commissione medica competente aveva riconosciuto il lavoratore inidoneo a proficuo lavoro temporaneamente per un anno a decorrere dalla data della visita e che in data (OMISSIS) la stessa commissione aveva riconosciuto il lavoratore idoneo a condizione che il servizio fosse espletato in luoghi diversi da quelli in cui aveva subito il trauma psichico.
Poste italiane s.p.a. aveva pertanto correttamente emesso in data 20 dicembre 1994 un provvedimento di trasferimento del lavoratore ad altro ufficio.
Per la cassazione della decisione della Corte territoriale ha proposto ricorso il P. affidato un unico motivo.
Poste italiane S.p.A. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato.
Il P. ha notificato controricorso avverso il ricorso incidentale suddetto.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione del D. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, artt. 68,70 e 71, del D.P.R. 9 agosto 1967, n. 1471, art. 109 e dell’art. 12 preleggi nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il lavoratore, premesso che era suo interesse ottenere l’accertamento della cessazione del rapporto di lavoro prima dell’entrata in vigore del regime privatistico, avvenuta il 26 novembre 1994, in considerazione dei piu’ favorevole trattamento pensionistico riservato ai dipendenti pubblici, deduce l’erroneita’ della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la dispensa dal servizio potesse essere dichiarata soltanto nel caso in cui l’impiegato fosse stato riconosciuto non idoneo al servizio per infermita’. Sottolinea in proposito che alla data del 25 novembre 1994 l’aspettativa per motivi di salute si era protratta per un periodo superiore a 18 mesi e che ai sensi del D.P.R. n. 1471 del 1967, art. 109 la dispensa dal servizio per motivi di salute decorre dalla data in cui l’impiegato e’ stato dichiarato inidoneo dall’ultimo organo sanitario dal quale e’ stato sottoposto a visita medica o dalla scadenza della durata massima dell’aspettativa permanendo l’inidoneita’ al servizio.
Pertanto, ad avviso del ricorrente, in base alla norma da ultimo citata, che sarebbe stata totalmente disattesa dalle Corte di merito, la scadenza del periodo massimo di assenza dal servizio, e cioe’ i 18 mesi sopra citati, determinerebbe la cessazione del rapporto senza bisogno di ulteriori accertamenti atteso che il lavoratore era stato riconosciuto malato almeno fino al (OMISSIS).
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato proposto da Poste Italiane s.p.a. viene denunciata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 68 e segg. e art. 129 del D.P.R. numero 1417 del 1967, art. 107, del R.D. n. 1275 del 1938, art. 20 esegg. nonche’ vizio di motivazione su punti decisivi della controversia.
Si deduce che la Corte di merito non aveva considerato che, anche qualora fosse stata accertata la definitiva inidoneita’ al lavoro del ricorrente in primo grado, il rapporto, non ancora privatizzato, non sarebbe comunque cessato ope iudicis in data 25 novembre 1994 atteso che mancava la necessaria manifestazione di volonta’ della pubblica amministrazione diretta a por fine al rapporto stesso.
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).
Il ricorso principale e’ infondato.
Deve premettersi in fatto che, come risulta dalla sentenza impugnata e non contestato dal ricorrente, la Commissione medica competente, in data (OMISSIS), riconobbe il P. idoneo al lavoro a condizione che il servizio fosse espletato in luoghi diversi da quello in cui aveva subito il trauma psichico.
La suddetta circostanza e’ stata valorizzata dalla Corte di merito la quale, infatti, ha posto alla base della propria decisione l’assunto secondo cui per la dispensa dal servizio ai sensi della normativa pubblicistica invocata dal lavoratore occorreva che l’impiegato fosse risultato non idoneo al lavoro per infermita’, condizione questa assolutamente mancante nel caso di specie quanto meno fino alla data del 26 novembre 1994, nella quale e’ cessata l’operativita’ della suddetta disciplina pubblicistica.
La decisione della Corte territoriale e’ del tutto conforme a diritto.
Ed infatti, ai sensi del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 71 (T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), per la dispensa dal servizio non e’ sufficiente la scadenza del periodo massimo previsto per l’aspettativa per infermita’, ma occorre, come ulteriore requisito, che l’impiegato risulti non idoneo a riprendere il servizio a causa di infermita’.
Contrariamente a quanto assume parte ricorrente la decisione impugnata e’ anche conforme alla disciplina di cui al D.P.R. n. 1471 del 1967, art. 109 (T.U. delle leggi sull’ordinamento degli uffici locali e delle agenzie postali e telegrafiche e sullo stato giuridico e trattamento economico del relativo personale). Tale articolo, inserito nel Titolo 7^, Capo 2^, del suddetto T.U., che disciplina la dispensa dal servizio per motivi di salute, recita testualmente: La dispensa dal servizio per motivi di salute decorre dalla data in cui l’impiegato e’ stato dichiarato inidoneo dall’ultimo organo sanitario ai quale e’ stato sottoposto a visita medica o dalla scadenza della durata massima dell’aspettativa, permanendo l’inidoneita’ al servizio (comma 1). Si applicano le disposizioni dell’art. 71, comma 1 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (comma 2).
L’interpretazione di tale normativa prospettata da parte ricorrente e’, infatti, manifestamente priva di pregio. Secondo tale interpretazione la scadenza del periodo massimo di assenza dai servizio (vale a dire il compimento del diciottesimo mese di aspettativa per malattia) determinerebbe, senza bisogno di ulteriori accertamenti, o di particolari dichiarazioni, la cessazione del rapporto alla sola condizione che permanga la situazione di inidoneita’; nel caso di specie, ad avviso del ricorrente, la sussistenza di quest’ultima condizione dovrebbe desumersi dal fatto che gli era stata concessa (quanto meno fino al dicembre 1994) l’aspettativa per malattia e, quindi, gli era stata riconosciuta l’inidoneita’ al servizio. In sostanza, ad avviso del ricorrente, nella seconda ipotesi prevista dall’ari 109 sopra citato, sarebbe sufficiente, per far scattare la dispensa dal servizio, una volta superato il periodo massimo di aspettativa, il mero protrarsi dell’inidoneita’ al servizio, anche se di carattere temporaneo.
Tale interpretazione non tiene conto del fatto che il citato art. 109, comma 2 rinvia, senza alcuna distinzione, e quindi con riferimento ad entrambe le fattispecie previste dal comma 1, al D.P.R. n. 3 del 1957, art. 71, comma 1 che richiede, come presupposto per la dispensa dal servizio, che l’impiegato risulti non idoneo a riprendere il servizio a causa di infermita’. Ne’ puo’ dubitarsi del fatto che la suddetta inidoneita’ debba avere carattere permanente;
cio’ emerge chiaramente, oltre che dalla ratio legis, da un’analisi del complesso della normativa che disciplina la dispensa dal servizio e, in particolare, del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 129 richiamato dall’ari. 71 dello stesso T.U., a norma del quale puo’ essere dispensato dal servizio l’impiegato divenuto inabile per motivi di salute, e del D.P.R. n. 1471 del 1967, art. 109 (il cui testo e’ stato sopra riportato).
Il ricorso principale deve essere pertanto rigettato con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto da Poste Italiane s.p.a.
In applicazione del criterio della soccombenza il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 11,00, oltre Euro 2000,00 (duemila/00) per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA. Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2009
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