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martedì 16 giugno 2015

Cassazione: Nell'incidente muoiono centauro e pedone: non conta di chi fu la colpa, il risarcimento ai familiari si prescrive sempre in due anni Il termine ex articolo 2947 Cc si applica in tutte le ipotesi di danni prodotti dalla circolazione di un veicolo al di là della responsabilità e decorre dal giorno del sinistro per chi agisce "iure haereditario": l'accettazione dell'eredità non rileva (Sezione terza, sentenza n. 22291/09; depositata il 21 ottobre)



Nell'incidente muoiono centauro e pedone: non conta di chi fu la colpa, il risarcimento ai familiari si prescrive sempre in due anni
Il termine ex articolo 2947 Cc si applica in tutte le ipotesi di danni prodotti dalla circolazione di un veicolo al di là della responsabilità e decorre dal giorno del sinistro per chi agisce "iure haereditario": l'accettazione dell'eredità non rileva
(Sezione terza, sentenza n. 22291/09; depositata il 21 ottobre)
PRESCRIZIONE E DECADENZA CIVILE
Cass. civ. Sez. III, 21-10-2009, n. 22291
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 20 - 23 ottobre 1998 D. C.M. in veste di mandatario rappresentante di D.R. C., D.R.G., D.R.L., De.Ro.Gi., D.R.M. e d.r.g. - in proprio ed in qualità di eredi di De.Ro.Si. - nonchè di D.R.P., de.ro.
g., D.R.S., De.Ro.Ro., D.R.E., De.Ro.Fr., D.R.A., De.Ro.Al. (fratelli del predetto), conveniva avanti al Tribunale di Treviso A. R., R.P. e R.Z., quali eredi di R. T. nonchè la Gan Italia Assicurazioni s.p.a. chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti nel sinistro stradale occorso in data (OMISSIS) nel quale aveva perso la vita De.Ro.Si., rispettivamente padre di D.R.C., G., L., Gi., M. e g., fratello di De.
R.M., R., F., P., gi., S., Ro., E., Fr., e A., e figlio di De.Ro.
A..
Deduceva parte attrice che De.Ro.Si. che in località (OMISSIS) all'altezza de civico n. (OMISSIS) della S.S. (OMISSIS) stava completando l'attraversamento della sede stradale da sinistra a destra rispetto alla direzione di marcia del veicolo investitore, quando era stato investito dal motociclo Guzzi 850 che procedeva in direzione (OMISSIS), motociclo condotto e di proprietà di R.T. e assicurato con la Gan Italia Assicurazioni.
Rilevava parte attrice che nel sinistro avevano perso la vita sia il De.Ro. sia R.T.. Assumeva che la responsabilità esclusiva del sinistro era da ascriversi alla colposa condotta di guida del motociclista che, viaggiando in ora notturna e in prossimità di intersezione presegnalata, non aveva tenuto una velocità adeguata allo stato dei luoghi.
Deduceva che ai quattro figli conviventi con il defunto De.Ro. doveva essere risarcito il danno patrimoniale, nonchè a tutti i figli, ai fratelli ed al padre anche il danno biologico iure proprio nonchè il danno biologico jure ereditatis.
Si costituivano gli eredi di R.T. contestando la responsabilità del congiunto nella verificazione del sinistro, che assumevano essere derivato dalla colposa condotta del De.Ro. il quale aveva omesso di concedere al motociclista la dovuta precedenza ponendosi improvvisamente sulla carreggiata al di fuori del passaggio pedonale ed in zona sprovvista di sufficiente illuminazione, e in via riconvenzionale chiedevano la condanna degli eredi al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
Con sentenza del 17 ottobre 2002 il Tribunale di Treviso dichiarava estinto il rapporto processuale tra le parti attrici e la Gan Italia per rinunzia alla domanda; rigettava la domanda riconvenzionale perchè estinta per prescrizione e condannava i convenuti alle spese.
La Corte d' Appello di Venezia, con sentenza del 14 settembre 2007, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda principale e ritenuta la sussistenza della soccombenza virtuale dei convenuti, condannava gli stessi al pagamento delle spese di ambedue i gradi del giudizio.
Propongono ricorso per cassazione A.R., R.P. e R.Z. nella loro qualità di eredi del defunto R.T. con quattro motivi.
Resistono con controricorso D.R.C., D.R.G., D.R.L., De.Ro.Gi., D.R.M. e d.r.
g. - in proprio ed in qualità di eredi di De.Ro.Si. - nonchè D.R.P., de.ro.gi., D.R.S., De.Ro.Ro., D.R.E., De.Ro.Fr., D.R. A., De.Ro.Al..
Le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2947 c.c., nonchè l'insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla applicazione del termine di prescrizione biennale anzichè di quello quinquennale, posto che l'evento non ebbe origine per la circolazione di veicoli (art. 2947 c.c., comma 2), ma per la condotta gravemente colpevole del pedone.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che "la prescrizione biennale prevista dall'art. 2947 c.c., comma 2, contempla tutte le ipotesi di danni prodotti dal fatto illecito di una persona che circola con un veicolo, senza che si debba avere riguardo nè alla situazione giuridica nella quale può trovarsi il danneggiato nei confronti della circolazione del veicolo danneggiante, nè alla causa generatrice del danno, essendo sufficiente ad integrare l'ipotesi regolata dalla norma predetta che il danno tragga origine da un qualunque fatto illecito che sia strettamente connesso alla circolazione del veicolo" (Cass. 16 aprile 1993 n. 4535; nello stesso senso anche Cass. 24 aprile 2008 n. 10680). Nel caso di specie, il sinistro avvenne a seguito dell'investimento di un pedone, De.Ro.Si., da parte di un motociclo, condotto da R.T.: indipendentemente da ogni questione sulla responsabilità del sinistro, che per questo profilo non assume alcun rilievo, risulta senza dubbio che esso si verificò in occasione della circolazione di un veicolo a motore, e cioè il motociclo sopra indicato. Ne deriva l'applicabilità della norma che limita il termine di prescrizione per chiedere il risarcimento dei danni a soli due anni (art. 2947 c.c., comma 2). Il motivo deve essere quindi rigettato.
Con il secondo motivo si denunzia la violazione di legge (art. 2935 c.c.) e la carente motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia posto che la prescrizione sarebbe stata sospesa nel periodo intercorrente tra la morte del R. e l'accettazione dell'eredità da parte degli eredi, avvenuto a seguito della notifica dell' atto di citazione in riconvenzionale.
In tema di fatto causativo del credito che costituisca anche reato, quando questo si estingua per una ragione diversa dalla prescrizione, viene meno l'esigenza di uniformare il termine civilistico a quello previsto dalla legge penale: in tal caso "dies a quo", è il momento nel quale si è estinto il reato stesso, ovvero è divenuta irrevocabile la sentenza che lo ha accertato o ha pronunciato i suoi effetti (Cass. 18 gennaio 2002 n. 530). La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che "Nel caso di persona deceduta a causa di fatto illecito altrui, i prossimi congiunti possono chiedere il risarcimento dei danni agendo o iure proprio, per ottenere la riparazione dell'offesa arrecata al loro patrimonio materiale e morale, essendo irrilevante la loro eventuale qualità di eredi, ovvero iure haereditario, ciascuno nei limiti della propria quota, onde ottenere la riparazione dei danni sofferti in vita dal defunto e far valere così il diritto al risarcimento già entrato a far parte del patrimonio di questo ultimo (nella specie, la Corte ha confermato la sentenza del merito che, avendo ravvisato nella domanda degli attori un' azione intesa a far valere, iure haereditario, il diritto al risarcimento già spettante al defunto, aveva ritenuto che la relativa prescrizione fosse iniziata a decorrere dal giorno del fatto illecito) (Cass. 5 gennaio 1979 n. 31). Nella specie, i ricorrenti agiscono nella loro qualità di eredi del defunto R.T. e correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che il termine di prescrizione (pari ad anni due, ai sensi dell'art. 2947 c.c., comma 2) iniziasse a decorrere dalla morte del preteso responsabile. Nè può essere condivisa la tesi che vorrebbe che il termine di prescrizione rimanesse sospeso sino alla accettazione dell'eredità da parte degli eredi, poichè secondo quanto prescrive l'art. 459 c.c., l'accettazione ha effetto sin dall'apertura della successione (art. 456 c.c.), nella specie dalla morte della vittima del sinistro.
Il motivo deve esser quindi rigettato.
Con il terzo motivo si denunzia la violazione di legge e la carente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione alla valutazione degli elementi acquisiti ai fini della individuazione della cosiddetta soccombenza virtuale essendo evidente la condotta gravemente colposa del pedone, che aveva dato luogo all'incidente.
La censura si limita a proporre una lettura alternativa delle risultanze di causa senza individuare specifiche valutazioni erronee o incongrue applicazioni dei canoni della logica: la motivazione assunta nella sentenza impugnata supera quindi in modo limpido il vaglio di legittimità demandato a questa Corte.
Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione, (Cass. SS.UU. 27 dicembre 1997 n. 13045). Nella specie, i giudici del merito hanno invece valutato in modo coerente e completo le risultanze agli atti, pervenendo al convincimento, adeguatamente e compiutamente motivato, della responsabilità esclusiva del conducente della moto.
Con il quarto motivo si denuncia infine la motivazione insufficiente e la violazione di legge (art. 92 c.p.c.) in relazione alla condanna alle spese, posto che nella specie si sarebbe comunque ridotta in misura notevole l'originaria pretesa delle parti attrici e quindi si sarebbe dovuto applicare il criterio della compensazione delle spese.
Il motivo è assorbito da quanto sopra illustrato.
Il ricorso merita quindi il rigetto.
La complessità e la oggettiva controvertibilità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile, rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2009

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