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martedì 16 giugno 2015

Cassazione: cancellazione dati sensibili banca dati a seguito verbale accertamento vigili del fuoco




 
 
ATTI AMMINISTRATIVI   -   AVVOCATO
Cass. civ. Sez. I, 22-10-2009, n. 22423
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con ricorso del 1 ottobre 2005 D.M. ha proposto davanti al tribunale di Rimini opposizione D.Lgs. n. 196 del 2003, ex art. 152 al provvedimento del garante per la protezione dei dati personali in data 14 luglio 2005, con il quale è stato respinto un suo ricorso diretto ad ottenere la cancellazione dei propri dati giudiziari, costituiti da una sentenza ex art. 444 c.p.p. e da un verbale di accertamento dei vigili del fuoco, detenuti e acquisiti, in modo asseritamente illegittimo, per violazione del D.Lgs 196 del 2003, art. 11 e art. 116 c.p.p., dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Rimini al fine di verificare la permanenza dei requisiti per l'iscrizione nel registro dei praticanti avvocati, e dall'avv. A.A., nell'ambito di un procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti.
Con sentenza del 21 febbraio 2006 il tribunale ha rigettato l'opposizione.
In punto di fatto il tribunale ha evidenziato che il D. aveva chiesto e ottenuto nel (OMISSIS) l'iscrizione nel registro dei praticanti avvocati sulla base di una dichiarazione sostitutiva di certificazione nella quale aveva affermato non avere riportato condanne penali e di non avere carichi penali pendenti.
Successivamente lo stesso D. aveva presentato un esposto nei confronti dell'avv. A., in relazione a una causa civile per crediti conseguenti al pagamento della sanzione penale di cui alla sentenza ex art. 444 c.p.p.. Nell'ambito del procedimento disciplinare iniziato a seguito della presentazione dell'esposto l'incolpato ha prodotto la sentenza penale. Il procedimento stesso, trasmesso per competenza al consiglio dell'ordine di Bologna, per essere l'incolpato consigliere dell'ordine di Rimini, si è concluso con l'archiviazione. Il consiglio dell'ordine di Rimini, avuta conoscenza del provvedimento giudiziario di cui si tratta, lo ha utilizzato in sede di procedimento di verifica e revisione degli albi concluso con la conferma dell'iscrizione nel registro dei praticanti avvocati. In punto di diritto il tribunale ha osservato che il consiglio dell'ordine, in quanto ente pubblico, ha il potere, ai sensi del D.P.R. n. 313 del 2002, art. 39 e del D.M. 11 gennaio 2004, di accedere direttamente ai dati giudiziari dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza, ivi comprese le sentenze ex art. 444 c.p.p., allo scopo di verificare l'esattezza delle dichiarazioni rese dagli interessati (D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 46 e 71) e quindi, avendo il D. prodotto dichiarazione sostitutiva del certificato dei carichi pendenti e del casellario giudiziale all'atto della richiesta di iscrizione nel registro dei praticanti ben poteva richiedere la copia della sentenza ex art. 444 c.p.p.. Essendo stata la sentenza comunque acquisita, in quanto prodotta dall'avv. A. nell'ambito di un procedimento disciplinare, non era neppure necessario richiederla formalmente ai sensi dell'art. 116 c.p.p.. Inoltre, il trattamento del dato, utilizzato ai fini della verifica della permanenza del requisito della "condotta specchiatissima e illibata" necessario per l'iscrizione all'albo, era avvenuto per le finalità istituzionali previste dal R.D. n. 1578 del 1933, art. 16, e quindi in modo lecito, in conformità con quanto previsto negli artt. 18, 19, 21, 22 e 27 del codice della privacy e nell'ambito dell'autorizzazione generale del garante n. 7/2004.
Quanto alla posizione dell'avv. A., era provato che il trattamento dei dati, consegnati al professionista da un cliente proprio in relazione all'incarico al quale si riferiva il procedimento disciplinare, era avvenuto al solo fine di provare la correttezza dell'esercizio del mandato e ciò, come aveva osservato il Garante per la protezione dei dati personali, escludeva che tale trattamento fosse avvenuto per scopi esclusivamente personali.
Avverso la sentenza del tribunale di Rimini il D. ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo. Resiste con controricorso il consiglio dell'ordine degli avvocati di Rimini.

Motivi della decisione

1. Deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.p., in relazione al D.P.R. n. 313 del 2002, art. 39 e del D.Lgs n. 196 del 2003, art. 11, il ricorrente ripropone la tesi dell'illegittimità del trattamento del dato giudiziario che lo riguarda osservando che:
a) il D.P.R. n. 313 del 2002, art. 24 esclude che nel certificato generale del casellario giudiziale richiesto dall'interessato sia riportata l'iscrizione delle sentenze ex art. 444 c.p.p. e pertanto correttamente egli aveva dichiarato nell'autocertificazione di non avere riportato condanne penale e di non avere procedimenti penali pendenti;
b) se il consiglio dell'ordine voleva controllare la veridicità dell'autocertificazione doveva seguire la procedura di cui al D.P.R. n. 445 del 2000, art. 71 e quindi fare richiesta al casellario ai sensi del D.P.R. n. 313 del 2002, art. 39, che consente alle amministrazioni pubbliche di acquisire senza autorizzazione dell'autorità giudiziaria solo i certificati di cui agli art. 28 (certificato generale, certificato penale, certificato civile e certificato dei carichi pendenti richiesti dall'interessato) e 32 (certificato dell'anagrafe delle sanzioni amministrative e degli illeciti amministrativi dipendenti da reato, richiesti dall'interessato), mentre quelli di cui agli art. 21 (certificato del casellario e dei carichi pendenti a richiesta dell'autorità giudiziaria) e art. 30 (certificato dell'anagrafe delle sanzioni amministrative e degli illeciti amministrativi dipendenti da reato richiesti dall'autorità giudiziaria) possono essere ottenuti o dall'autorità giudiziaria o su autorizzazione della stessa ai sensi dell'art. 116 c.p.p. che, peraltro, nella specie non avrebbe potuto essere concessa in quanto il certificato avrebbe dovuto essere utilizzato nell'ambito del procedimento disciplinare o di quello amministrativo diretto a verificare la permanenza dei requisiti di iscrizione all'albo, procedimenti nei quali le sentenze ex art. 444 c.p.p. non possono avere effetti.
2. Il ricorso è infondato.
Occorre innanzi tutto distinguere l'attività di acquisizione da quella del trattamento dei dati giudiziari.
Quanto all'acquisizione è incontroverso, in punto di fatto, che il dato relativo alla sentenza ex art. 444 c.p.p. ha formato oggetto della certificazione prodotta dall'avv. A. per esercitare il suo diritto di difesa nell'ambito di un procedimento disciplinare iniziato nei suoi confronti su esposto del D., dopo che il documento gli era stato consegnato da un proprio cliente per svolgere l'incarico professionale al quale il procedimento disciplinare stesso si riferiva. Si tratta, quindi, di un dato del quale il Consiglio dell'ordine è entrato in possesso nell'ambito di un procedimento amministrativo di sua competenza e che non ha formato oggetto dell'esercizio del diritto di accesso ai sensi del D.P.R. n. 313 del 2002, art. 39, per svolgere i controlli sulle dichiarazioni sostitutive ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 46 e 71.
Peraltro tale accesso è espressamente consentito dall'art. 39 cit. senza alcuna autorizzazione dell'autorità giudiziaria ai fini dei controlli delle dichiarazioni sostitutive, mentre l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria riguarda la diversa ipotesi dell'acquisizione di alcuni tipi di certificati (quelli di cui al D.P.R. n. 313 del 2002, artt. 21 e 30).
Correttamente, pertanto, il giudice del merito ha valutato come legittima l'acquisizione del dato giudiziario, avvenuta nell'ambito di un procedimento di competenza del Consiglio dell'Ordine, ma che il Consiglio stesso ben avrebbe potuto ottenere anche mediante consultazione diretta del sistema (cass. pen. 21 dicembre 2004, De Riva).
Quanto al trattamento del dato appare corretta la sentenza impugnata nella parte in cui ne ha affermato la legittimità sia da parte del Consiglio dell'ordine, che effettivamente ha agito allo scopo legittimo e specifico di verificare la permanenza dei requisiti per l'iscrizione all'albo dei praticanti, nell'esercizio dei poteri previsti dal R.D. n. 1578 del 1933, art. 16, senza che risulti che abbia ecceduto da tali finalità, in conformità con quanto previsto dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 11, sia da parte dell'avv. A. nell'esercizio del suo diritto di difesa in procedimento disciplinare relativo allo svolgimento di un incarico professionale.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore del Consiglio dell'Ordine controricorrente e del Garante per la protezione dei dati personali che ha partecipato alla discussione orale.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) in favore del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Rimini e di Euro 1.000,00 in favore del Garante per la protezione dei dati personali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima Sezione Civile, il 28 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2009

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