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mercoledì 27 marzo 2013

Consiglio di Stato - Trasferimento di personale in forza alle sezioni di polizia giudiziaria - modalità




Trasferimento di personale in forza alle sezioni di polizia giudiziaria - modalità
Cons. Stato Sez. VI, 2 marzo 2011, n. 1302
I trasferimenti del personale della sezione di polizia giudiziaria sono disposti dall'amministrazione di appartenenza su proposta motivata del capo dell'ufficio presso cui è istituita la sezione ovvero, su iniziativa dell'amministrazione, previo nulla osta del medesimo e del procuratore generale presso la corte di appello (Riforma della sentenza del T.a.r. della Calabria - Catanzaro, sez. I, n. 440/2008).
Cons. Stato Sez. VI, 02-03-2011, n. 1302
Ministero dell'Interno c. A.R.
FONTI
Massima redazionale, 2011
ATTI AMMINISTRATIVI - FORZE ARMATE
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-03-2011, n. 1302
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con  il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l'odierno appellato  A.R. aveva domandato l'annullamento del decreto del Capo della Polizia 5  maggio 2003, con il quale era stato disposto, a seguito di richiesta di  allontanamento dalla Sezione di polizia giudiziaria da parte del Procuratore della Repubblica di (Lpd), il suo trasferimento per incompatibilità ambientale dalla Sezione alla Questura di (Lpd).
Egli aveva prospettato tre motivi di censura, incentrati sui vizi di violazione di legge, vizio di eccesso di potere per falsità del presupposto, difetto di motivazione e carenza assoluta di istruttoria.
Il Tribunale amministrativo per la Calabria ha respinto il motivo fondato sull'asserito malgoverno dell'art. 11 delle Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale (d.lgs.. 28 luglio 1989, n. 271).
Il giudice ha invece ritenuto fondata la doglianza di illegittimità dell'atto impugnato a causa dell'omesso inoltro della comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241,  in quanto non erano state esternate, né erano ravvisabili, ragioni di urgenza legittimanti l'omissione del predetto incombente da parte dell'amministrazione.
Il Tribunale amministrativo ha altresì accolto il  terzo motivo di ricorso di primo grado, con cui era stata dedotta la violazione dell'art. 55 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, dell'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241 e l'eccesso di potere per falsità del presupposto, difetto di motivazione e carenza assoluta di istruttoria.
In punto di fatto, il primo giudice ha rammentato  che con nota in data 7 marzo 2003 il Procuratore della Repubblica di (Lpd) aveva segnalato a quel Questore l'esistenza di disagi, forte tensione, non comunicabilità e sentimenti di rancore all'interno della Sezione di polizia giudiziaria, aliquota P.S., causati dalla condotta del sostituto commissario (Lpd) e dell'Assistente (Lpd) e dai rapporti inquinati intercorrenti tra i due. La situazione, aveva aggiunto il Procuratore, testimoniava un comportamento poco rispettoso delle delicate mansioni ricoperte e costituiva un esempio istituzionale poco edificante. Da qui il rilievo secondo cui i due soggetti si erano posti, in egual misura, in condizioni di non godere più della piena fiducia che è alla base della specifica collaborazione e la richiesta di  immediato trasferimento all'amministrazione di appartenenza, a seguito del
quale era stato adottato il provvedimento impugnato.
Sennonché, ha rilevato il primo giudice, nel caso  di specie risultava un unico episodio di forte scontro personale tra l'odierno appellato e lo (Lpd), originato dalle recriminazioni di quest'ultimo in ordine al numero di ore di straordinario riconosciute per un determinato mese.
Dalle relazioni di servizio risultava in maniera inequivocabile che il sostituto commissario (Lpd) aveva subito un attacco unilaterale da parte del subordinato, non manifestando alcuna significativa reazione e tentando solo di richiamare alla calma La circostanza trovava conferma nel fatto che lo (Lpd), in conseguenza dell'episodio, aveva subito la sanzione disciplinare della deplorazione,  mentre non risultava che a carico del'appellato fosse stato adottato analogo provvedimento.
I fatti alla base del provvedimento non erano causalmente legati al comportamento dell'odierno appellato che nella circostanza aveva ricoperto un ruolo del tutto passivo.
Il provvedimento risultava fondato sulla considerazione di presupposti non sussistenti. Non risultava, in particolare, l'esistenza di una situazione di dissidio, non potendosi considerare tale una situazione non caratterizzata da reciproca contrapposizione, quanto piuttosto dall'unilaterale attacco nei confronti del superiore, originato, peraltro, da circostanze di importanza minima, quale la pretesa mancata segnalazione di alcune ore di straordinario.
Avverso la sentenza l'amministrazione originaria resistente in primo grado ha proposto un articolato appello.
L'urgenza del provvedere era in re ipsa posto che  il Procuratore Capo della Repubblica aveva richiesto il trasferimento dell'appellato; il provvedimento era vincolato, non potendo l'appellante  Amministrazione prescindere dal gradimento (nel caso di specie venuto meno) del capo della Procura della Repubblica di (Lpd) nei confronti dell'(Lpd); non si era trattato di un vero e proprio trasferimento, posto che l' (Lpd) continuava a prestare servizio nella medesima città;  egli nessun apporto istruttorio avrebbe potuto prestare, posto che, a seguito della richiesta in oggetto, l'amministrazione non avrebbe potuto  mantenere il dipendente al servizio della Sezione di polizia giudiziaria in quanto era venuto meno il rapporto fiduciario che ne costituiva il presupposto legittimante.
All'adunanza camerale del 14 ottobre 2008, fissata per la trattazione dell'incidente cautelare, la Sezione con ordinanza n. 5458/2008 ha respinto l'istanza di sospensione della esecutività dell'appellata decisione rilevando che l'appello non appariva assistito dal prescritto fumus boni iuris e che la sentenza impugnata meritava di essere confermata per rilevata violazione dell'art. 7 l. n. 241 del 1990,  in quanto non vi era stata in concreto l'assoluta urgenza di provvedere  (che avrebbe potuto superare l'applicazione della suddetta norma), visto che erano trascorsi oltre due mesi tra la richiesta del Procuratore della Repubblica e l'adozione del provvedimento di trasferimento.Motivi della decisione
L' appello è fondato e va accolto, con conseguente riforma della sentenza e rigetto del ricorso di primo grado.
Le norme che regolano la fattispecie sono contenute - per ciò che riguarda l'allontanamento del sostituto commissario A.R., odierno appellato, dalla Sezione di polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di (Lpd) - nell'artt. 11 d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271,  decreto legislativo recante le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale, e - per ciò che riguarda la conseguente sua destinazione alla Questura di (Lpd) - nell'art. 55 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, decreto legislativo recante l'ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.
Rileva il Collegio che le prime di dette disposizioni - la cui corretta applicazione costituisce logico presupposto dell'applicazione della seconda -, nel contesto di quelle degli artt. da 5 a 20 (vale a dire del Titolo I, Capo III, dedicato alla  polizia giudiziaria, dello stesso d.lgs. n. 271 del 1988), riflette la collocazione organizzativa dei componenti delle sezioni di polizia giudiziaria, in rapporto strutturale e funzionale con l'autorità giudiziaria.
In questo quadro, la permanenza nelle sezioni di polizia giudiziaria presso le procure della Repubblica del personale proveniente da corpi di polizia riveste - come le altre disposizioni sulla provvista e il rapporto di ufficio di quel personale, volte ad accentuarne la dipendenza funzionale dall'Autorità giudiziaria - carattere complesso, che discende dalla natura speciale delle sezioni e dalla relazione di gerarchia funzionale rispetto all'Autorità giudiziaria, costituzionalmente previsto come strumento della sua indipendenza funzionale (art. 109 Cost.).
Questo assetto implica che - se è pur vero che stato giuridico e carriera del personale delle sezioni sono disciplinati  dagli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza (art. 10) - il capo della Procura della Repubblica presso cui è istituita la sezione ha  non soltanto il potere di direzione e coordinamento della relativa attività (art. 9), ma anche la scelta e l'ingerenza nella gestione del personale del nucleo specializzato, riguardo a destinazione, impiego e (ciò che qui interessa) permanenza nell'ufficio.
Per ciò che concerne il trasferimento, l'art. 11,  comma 1, dispone infatti che "i trasferimenti del personale della sezione di polizia giudiziaria sono disposti dall'amministrazione di appartenenza su proposta motivata del capo dell'ufficio presso cui è istituita la sezione ovvero, su iniziativa dell'amministrazione, previo nulla osta del medesimo e del procuratore generale presso la corte di appello".
Questa disposizione (che riflette quella dell'art. 8, comma 6, circa l'assegnazione, su richiesta nominativa del procuratore generale presso la corte di appello e del procuratore della Repubblica), qualifica come determinante, cioè vincolante, la volontà del capo dell'ufficio presso cui è istituita la sezione e - se l'iniziativa è dell'amministrazione di appartenenza - anche del procuratore generale presso la corte di appello. La scelta dei componenti delle sezioni e il loro mantenimento presso le stesse,è invero - in vista dell'indipendenza funzionale dell'attività giudiziaria  - caratterizzata in senso strettamente fiduciario, tale essendo il rapporto fra il titolare dell'ufficio e lo quanti vi collaborano in una tale posizione di dipendenza. Una volta cessato questo rapporto fiduciario - il che si manifesta, come è nella specie, nella proposta motivata del capo dell'ufficio -
non permane alcuna tutelata pretesa dell'interessato alla permanenza nell'ufficio medesimo.
Quanto al secondo ordine di disposizioni, la norma consequenziale che regola il trasferimento per incompatibilità ambientale del personale appartenente alla Polizia di Stato è contenuta nell'art. 55, quarto comma, d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335,  dove si prevede che il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all'organico dell'ufficio o reparto quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'Amministrazione o si sia determinata una situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente stesso, o per gravissime ed eccezionali situazioni personali.
La combinazione di questa disposizione dell'art. 55 d.P.R. n. 335 del 1982 con quella del ricordato art. 11 d.lgs. n. 271 del 1988 è tale per cui la richiesta del procuratore della Repubblica di allontanamento dalla sezione di polizia giudiziaria è vincolante e dunque sufficiente a giustificare il trasferimento per incompatibilità ambientale. Questo trasferimento diviene, per l'amministrazione di appartenenza, un atto necessitato, dove della fattispecie dell'art. 55 residua, per un'autonoma applicazione nella discrezionalità dell'amministrazione di appartenenza, solo la scelta della destinazione e la previsione dell'eventualità del soprannumero.
Di entrambe queste disposizioni appare qui essere  stato fatto un uso sostanziale corretto e consono allo scopo e alla natura del relativo potere di governo del personale. E ciò - va rimarcato - giungendo anche alla considerazione delle esigenze di vita e  familiari dell'interessato, posto che il trasferimento è avvenuto con destinazione nella medesima città.
Per quanto concerne i profili procedimentali, il Collegio ritiene fondata la doglianza dell'appellante Amministrazione sollevata contro l'accoglimento della censura, contenuta nel ricorso di primo grado, di malgoverno dell'art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241 circa la comunicazione dell'avvio del procedimento.
Vale al riguardo considerare che l'allontanamento, quale contrarius actus dell'assegnazione alla sezione di polizia giudiziaria, è al pari di questa da disporre, ad opera dell'amministrazione di appartenenza, "senza ritardo" (cfr. art. 9 d.lgs. n. 271 del 1988): in ragione, evidentemente, della funzionalità e  delle efficienza del servizio espletato dalle sezioni medesime e della relativa sostituzione; cui, nel caso dell'allontanamento, va aggiunta l'importanza e la delicatezza - riflettentesi anche sulle libertà dei consociati - del servizio in questione, del che è dominus il il vertice giudiziario requirente.
L'atto necessitato del ricordato art. 55 è dunque  non solo dovuto, ma anche dovuto con esigenze di celerità, insite nella  stessa fattispecie normativa.
La combinazione di queste con il carattere strettamente fiduciario della provvista, e la stretta funzionalità di entrambe rispetto all'effettiva indipendenza dell'azione giudiziaria, superano l'onere di comunicazione in questione, ricorrendo sia la deroga  espressa (celerità) prevista dallo stesso art. 7, sia quella tacita insita nel descritto, insindacabile intuitus personae previsto a presidio dell'indipendenza funzionale del giudiziario.
Perciò la comunicazione di avvio del procedimento  è superflua quando l'adozione del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l'amministrazione; i presupposti fattuali dell'atto risultano incontestati; il quadro normativo di riferimento non  presenta margini di incertezza apprezzabili; l'eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell'obbligo formale di comunicazione, non priverebbe l'amministrazione del potere (o del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici. (Cons. Stato, IV, 30 settembre 2002, n. 5003).
Nella specie, secondo l'appellante amministrazione, l'omissione dell'avviso discende dalle condizioni di urgenza; e comunque detta omissione sarebbe stata totalmente ininfluente, avuto riguardo alla circostanza che il provvedimento impugnato aveva natura vincolata e si basava su una insindacabile valutazione circa l'elemento fiduciario della provvista.
Infatti la pressante richiesta del Procuratore della Repubblica di trasferimento dell'(Lpd) e dello (Lpd) dalla Sezione di polizia giudiziaria, comportava la necessità per l'Amministrazione di appartenenza di costoro di disporre conformemente e  con sollecitudine..
La circostanza che a tale esigenza di urgenza, volta ad evitare disservizi in un settore essenziale, e su esplicita richiesta del Capo della Procura, l'Amministrazione abbia dato seguito con altrettanta sollecitudine non inficia la legittimità del provvedimento qui impugnato.Il tempo trascorso (circa due mesi) tra la richiesta del Procuratore della Repubblica e l'adozione del provvedimento lascia invero immutato che esso si palesava già ex ante connotato da urgenza e che l'Amministrazione poteva perciò omettere l'avviso dell'avvio del procedimento.
La sentenza merita pertanto censura.
È il caso di aggiungere che per consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 55 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335,  il trasferimento ad altra sede di agenti di P.S. può essere disposto, tra l'altro, quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'amministrazione, con ciò prescindendo da diretti profili di imputabilità al dipendente della situazione di incompatibilità ambientale (Cons. Stato, VI, 27 giugno 2008, n. 3270). E' pacifico infatti che detto trasferimento non ha valenza sanzionatoria (Cons. Stato, IV, 27 maggio 2002, n. 2895). Erra dunque la sentenza quando richiede la dimostrazione di una situazione "causalmente collegata a comportamenti dell'interessato", assumendo la necessità che l'interessato si sia reso protagonista di una condotta attiva e pretendendo la dimostrazione che il dissidio sia sfociato in una situazione di
persistente conflittualità. Anche un singolo episodio di contrasto, infatti, può inverare le esigenze (tutela della serenità e del prestigio dell'amministrazione) per la cui salvaguardia è data la previsione dell'art. 55 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335.
L'appello è dunque fondato, la sentenza va riformata e il ricorso di primo grado respinto.
Devono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti in relazione alla natura della controversia ed all'alterno andamento processuale.P.Q.M.
Il  Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto lo accoglie e per l'effetto riforma l'appellata sentenza e respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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