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mercoledì 27 marzo 2013

reato di cui all'art. 10 legge n. 497/1974 per avere illegalmente detenuto tre armi



Cass. pen. Sez. I, (ud. 18-10-2005) 23-11-2005, n. 42237

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SOSSI Mario - Presidente

Dott. DE NARDO Giuseppe - Consigliere

Dott. GRANERO Francantonio - Consigliere

Dott. SIOTTO Maria Cristina - Consigliere

Dott. PEPINO Livio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) (omissis), n. il 22 luglio 1951;

contro l'ordinanza 22 febbraio 2005 della Corte di appello di Roma;

visti gli atti;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LIVIO PEPINO;

letto il parere del Procuratore Generale Dott. VENEZIANO Giuseppe che ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.


Svolgimento del processo - Motivi della decisione

OSSERVA

1. Con sentenza 24 maggio 1983 (divenuta irrevocabile 11 successivo 24 luglio) la Corte d'appello di Napoli ha dichiarato (omissis) colpevole del reato di cui all'art. 10 legge n. 497/1974 per avere illegalmente detenuto tre armi comuni da sparo (due carabine a palla e un fucile automatico) e delle munizioni relative ad arma da guerra e lo ha condannato alla pena di otto mesi di reclusione e 150.000 lire di multa.

L'11 gennaio 2005 il (omissis) ha proposto istanza di revisione ex art. 630, lett. c, c.p.p., limitatamente alla condanna per la detenzione delle armi comuni da sparo, deducendo e producendo prove (documentazione relativa alla denuncia delle armi presentata al Commissariato della Polizia di Stato di Portici-Ercolano) asseritamente non considerate nel giudizio di merito e idonee a dimostrare l'esistenza delle condizioni per il proprio proscioglimento.

Con ordinanza 22 febbraio 2005 e Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile l'istanza osservando che: a1) la richiesta di revisione non può essere fondata su elementi già esistenti negli atti processuali che, per mancata deduzione o per mancato uso dei poteri di ufficio da parte del giudice, non furono da lui conosciuti o valutati; a2) in ogni caso, dalla lettura della sentenza di condanna si evince che le denunce non prese in considerazione - secondo il ricorrente - nel giudizio di merito, furono, in realtà, opportunamente valutate e ritenute inidonee a dimostrare la liceità della detenzione delle armi avendo il (omissis) ottenuto licenza per la custodia delle stesse a fini di collezione mentre "l'uso che ne faceva (commercio, riparazione, sostituzioni, etc.) era ben diverso da quello di collezione"; a3) la condanna del (omissis) è stata pronunciata non solo per le armi comuni da sparo ma altresì per la detenzione illegale di munizionamento per armi da guerra su cui nulla si dice nell'istanza.

Contro l'ordinanza ha proposto ricorso il (omissis) deducendo che la Corte d'appello di Roma: b1) ha erroneamente escluso che possano essere considerate "nuove prove" elementi preesistenti al giudizio ma non acquisiti nello stesso ovvero acquisiti ma non valutati; b2) ha omesso di considerare che, nel caso di specie, v'era in atti una sola denuncia (non esaminata dai giudici di merito) mentre le altre due non erano state acquisite; b3) ha ignorato che l'istanza di revisione è dichiaratamente parziale, riguardando la sola condanna per la detenzione delle armi comuni da sparo.

Il Procuratore generale ha concluso come in epigrafe.

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

Se infatti è errato, alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità, il principio di diritto affermato dalla Corte d'appello di Roma, in forza del quale non è ammissibile la richiesta di revisione fondata su elementi già noti che, per mancata deduzione o per mancato uso dei poteri di ufficio da parte del giudice, non furono da lui conosciuti o valutati (cfr., per tutte, Cass., sez. unite, 26 settembre 2001 - 9 gennaio 2002, procuratore generale in proc. Pisano, riv. 220443, secondo cui "in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630 lett. c cod. proc. pen. ai fini dell'ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente"), risulta agli atti - siccome esplicitamente affermato nell'ordinanza - che le denunce del (omissis) all'autorità di polizia, indipendentemente dalla acquisizione dell'originale o dalla produzione della relativa copia, sono state ritenute esistenti e valutate dai giudici di merito che le hanno considerate inidonee a dimostrare la liceità della detenzione delle armi per ragioni di merito (e cioè perchè queste ultime erano detenute a fini diversi da quelli dichiarati di collezionismo). In tale situazione le deduzioni del ricorrente nulla aggiungono al quadro probatorio già considerato e sono, quindi, inidonee a determinare un diverso giudizio in punto responsabilità.

Ne consegue il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2005.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2005

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