Polizia di Stato - Trasferimento per incompatibilità ambientale - Sanzione - Esclusione
Cons. Stato Sez. VI Sent., 29 gennaio 2010, n. 388
N. 00388/2010 REG.DEC.
N. 09802/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 9802 del 2008, proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avv.ti I-
contro
Ministero
dell'interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Questura di Benevento;
Questura di Benevento;
per
la riforma, previa sospensione della esecuzione, della sentenza del TAR
CAMPANIA - NAPOLI :Sezione VI n. 19461/2008, resa tra le parti,
concernente TRASFERIMENTO PER INCOMPATIBILITA' AMBIENTALE.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'interno;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Nell'udienza
pubblica del giorno 1° dicembre 2009, relatore il Consigliere Domenico
Cafini, uditi, per le parti, l’Avv. Tremante e l'Avvocato dello Stato
Collabolletta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.
Con ricorso n.4824 del 2008 il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, ispettore della
Polizia di Stato, adiva il T.a.r. della Campania, Napoli, impugnando il
provvedimento del Ministero dell’interno, Dipartimento di pubblica
sicurezza, Sez.3^/14879/2008, notificato in data 12.9.2008 - con il
quale era stato disposto nei suoi confronti il trasferimento per
incompatibilità ambientale, con decorrenza immediata, dal Commissariato
di P.S. di Telese Terme (provincia di Benevento) alla Questura di
Caserta - nonché tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali
del relativo procedimento.
A sostegno del gravame, il ricorrente deduceva, con quattro motivi di diritto, le seguenti censure:
-
violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge 241/1990;
eccesso di potere per assoluta mancanza di motivazione dell’atto
impugnato; violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 della legge
n 241/1990; carenza assoluta di istruttoria; incongruenza e
contraddittorietà intrinseca; sviamento;
- eccesso
di potere per sviamento e violazione dell’art.97 Cost. stante
l’utilizzo del trasferimento per incompatibilità ambientale al fine di
completare gli organici o comunque con intenti punitivi; sviamento dalla
causa tipica;
- violazione dell’art.2 della legge n.241/1990 interpretato alla luce dell’art.21 octies della stessa legge;
-ulteriori profili di violazione dell’art.55, comma 4, del D.P.R. n.335/1982.
Nel giudizio si costituiva il Ministero dell’interno che chiedeva la reiezione del ricorso.
2.
Con la sentenza in epigrafe specificata, resa in forma semplificata, il
T.a.r. adito respingeva il gravame, dopo avere rilevato che la difesa
del ricorrente aveva lamentato l’illegittimità del provvedimento
impugnato, sostanzialmente, sotto il profilo della carenza motivazionale
e della connotazione ingiustamente punitiva in relazione a talune
circostanze che avrebbero determinato una situazione di incompatibilità
ambientale nella sede di servizio dell’interessato e che al riguardo
doveva osservarsi che il provvedimento impugnato apparteneva al genus
dei trasferimenti d’autorità, di tal che esso aveva la natura giuridica
di ordine (come tale, sottratto alla disciplina generale degli atti
amministrativi e quindi anche alla L.241/1990), per cui andava
considerato come precetto imperativo rientrante nella peculiarità
dell’ordinamento militare, con conseguente non necessità, nel relativo
procedimento, sia del rispetto dell’obbligo di specifica motivazione sia
degli adempimenti procedimentali volti ad assicurare la partecipazione
del destinatario.
In applicazione degli enunciati
principi il provvedimento impugnato, pertanto, veniva ritenuto dai primi
giudici esente dalle dedotte censure, con conseguente reiezione del
proposto gravame.
3. Avverso tale sentenza è stato
interposto l’odierno appello con il quale il sig. @@@@@@@, da una parte,
deduce l’erroneità della gravata pronuncia in quanto la Polizia di
Stato è ad ordinamento civile e non appartiene alla Forze Armate ed in
quanto non può equipararsi un trasferimento per incompatibilità
ambientale di un agente di P.S. ad un ordine di autorità proprio
dell’ordinamento militare; mentre, dall’altra, rileva la omissione di
pronuncia da parte del T.a.r. in ordine ai restanti motivi del ricorso
originario (dichiarati assorbiti), motivi meglio sopra specificati e
riprodotti nell’odierno gravame integralmente, secondo i quali, in
sintesi:
a) sarebbe inadeguata la motivazione
dell’atto impugnato in prime cure, non essendo state esaminate
dall’Amministrazione le giustificazioni addotte dal ricorrente, né le
dichiarazioni a lui favorevoli di alcuni colleghi, e non essendo
collegati tra loro gli episodi contestati, non tali comunque da
giustificare l’allontanamento dell’interessato dalla sua sede di
servizio; sarebbe mancata nella specie, inoltre, un’adeguata
istruttoria;
b) il contestato provvedimento di
trasferimento sarebbe finalizzato piuttosto all’assegnazione a Caserta
di altro personale per la lotta alla criminalità e, in ogni caso,
l’interessato non avrebbe chiesto di essere trasferito, ma di essere
promosso a funzioni superiori nell’ambito del Commissariato di
appartenenza;
c) il provvedimento impugnato in
primo grado sarebbe stato adottato oltre i 120 giorni previsti per la
conclusione del procedimento e sarebbe stato emesso, con intento
punitivo, senza attendere l’esito giudiziario di un procedimento
disciplinare in corso;
d) non risulterebbe
compromesso il prestigio dell’Ufficio di appartenenza del ricorrente in
conseguenza dei suoi comportamenti, secondo quanto previsto dall’art.55,
comma 4, D.P.R. n.335/1982.
Nelle conclusioni,
l’appellante ha chiesto la riforma della gravata pronuncia ,con
conseguente annullamento del provvedimento di trasferimento per
incompatibilità ambientale impugnato in prime cure.
Ricostituitosi
il contraddittorio nell’attuale fase processuale, il Ministero
dell’interno ha depositato un’articolata memoria datata 16.11.1999, con
la quale ha replicato alle censure ex adverso svolte nell’appello in
esame, concludendo per la sua reiezione.
Nella camera di consiglio del 13.1. 2009 la istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n.224/2009.
La causa, infine, è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 1°.12.2009, su concorde richiesta delle parti.
DIRITTO
1.
Ritiene il Collegio che il ricorso di primo grado debba essere respinto
- essendo infondate tutte le censure ivi proposte e ora riformulate in
sede di appello - con una motivazione che deve essere, tuttavia, diversa
da quella sulla quale si è basata la gravata sentenza.
Tale
sentenza, infatti, risulta erronea nella parte in cui ha fatto
rientrare il disposto trasferimento per incompatibilità ambientale
(emesso dal Capo della Polizia) nell’ambito dei cosiddetti trasferimenti
di autorità del personale militare, sottratti, come tali, alla
disciplina della legge n.241/1990 (e quindi all’obbligo di specifica
motivazione), senza considerare che, invece, nel caso in esame il
procedimento svolto dal Ministero dell’interno - Polizia di Stato (che è
ad ordinamento civile) resta soggetto comunque alla normativa relativa
al procedimento amministrativo e, quindi, agli obblighi di cui alla
citata legge n.241 del 1990.
I primi giudici,
quindi, non avrebbero dovuto esimersi nella specie dal pronunciare sulle
apposite censure del ricorso introduttivo riferite soprattutto alla
violazione di norme della legge appena citata, ritenendole assorbite ai
sensi dell’art. 26, comma 4, della legge n.1034 del 1971.
2.
Ciò premesso e venendo all’esame dei singoli rilievi mossi
dall’interessato sia nel ricorso di primo grado che in quello di
appello, ritiene, innanzitutto, il Collegio che sia priva di pregio la
censura sopra specificata al punto 3 a) dell’esposizione in fatto,
riguardante essenzialmente, il rilevato difetto di motivazione e di
istruttoria.
Ed invero, nella specie trattasi del
trasferimento per incompatibilità ambientale di un ispettore della
Polizia di Stato, adottato, attraverso un articolato procedimento, per i
motivi ben precisati nel provvedimento impugnato in prime cure, ossia
per: “comportamenti scorretti e ostruzionistici, posti in contrasto con
le direttive impartite dai superiori gerarchici e pregiudizievoli dei
buoni rapporti d’ufficio con altri dipendenti, di ostacolo al buon
funzionamento del Commissariato”; comportamenti che, peraltro, avevano
“compromesso la tranquillità e la serenità dello stesso dipendente
nell’ambiente lavorativo”, con incidenza negativa “sulla attività
istituzionale dell’ufficio recando in tal modo pregiudizio
all’Amministrazione”; provvedimento di trasferimento emesso, peraltro,
dopo l’esame delle memorie prodotte dall’interessato, nonché della
documentazione allegata, (che comunque non apportavano, secondo
l’Amministrazione, elementi di valutazione ulteriori che potessero
“modificare gli originari motivi”per i quali era stato avviato il
procedimento in questione).
Appare pertanto evidente che nella specie non sussista il dedotto difetto di motivazione e di istruttoria.
E
ciò anche perché nel caso in esame, da un lato, le ragioni che
sorreggono il provvedimento impugnato sono state esplicitate anche nella
nota del Questore di Benevento datata 17.3.2008 e richiamata per
relationem nel medesimo provvedimento (nota nella quale, dopo avere
elencato alcuni episodi che avevano visto coinvolto l’ispettore @@@@@@@,
il Questore stesso ha posto in luce come i medesimi episodi facevano
comprendere chiaramente il clima instauratosi presso l’Ufficio di
appartenenza del ricorrente, clima caratterizzato da una conflittualità
che ostacolava una proficua attività di polizia) e, dall’altro,
l’Amministrazione risulta avere avviato correttamente l’iter
procedimentale volto al trasferimento d’ufficio dell’ispettore predetto,
rispettando le garanzie riconosciute dalla legge n. 241/1990, nonché le
facoltà , da parte del medesimo, di produrre le proprie osservazioni.
In
proposito, peraltro, il Collegio deve rilevare che, l’art. 55, comma 4,
del D.P.R. n. 335 del 1982, in materia di trasferimenti di sede del
personale della Polizia di Stato, prevede che il trasferimento ( a cura
del Capo della Polizia – Direttore generale di pubblica sicurezza) “può
essere disposto anche in soprannumero all’organico dell’ufficio o
reparto quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al
prestigio dell’Amministrazione…” e che la giurisprudenza amministrativa
(cfr. in particolare, Cons. di Stato, Sez. IV n.3909 del 2003; Sez. VI
n. 1504 del 2006; n.1922 del 2008) ha riconosciuto, al riguardo:
che
nei confronti di un agente di P.S., preposto per compiti di istituto
alla tutela della sicurezza pubblica e che, come tale, deve riscuotere
la fiducia nell’ambiente di lavoro e nella collettività che alle forze
di polizia affida la propria sicurezza, è sufficiente che dal
provvedimento emergano elementi logici e chiari, che siano adeguati a
rendere la figura dell’agente offuscata da ombre idonee a nuocere,
attraverso la sua persona, al prestigio dell’ufficio;
che
la valutazione da parte dell’Amministrazione dei fatti i quali possono
far ritenere nociva, per il prestigio dell’ufficio, l’ulteriore
permanenza nella sede di servizio va correlata alla delicatezza delle
funzioni che sono affidate alle forze di polizia;
che
la disposta misura del trasferimento d’ufficio per incompatibilità
ambientale non ha carattere di sanzione disciplinare (la quale può,
comunque, essere adottata all’esito del relativo procedimento), bensì ha
lo scopo di tutelare il buon nome e il prestigio della Polizia di Stato
che possono essere pregiudicati da atteggiamenti dei singoli, noti ai
colleghi e ai superiori, e che ridondano sulla collettività, che si
aspetta dalle forze di polizia comportamenti adeguati alle specifiche
funzioni loro affidate;
che il trasferimento per
incompatibilità di un agente di P.S. non postula necessariamente un
diretto rapporto di imputabilità di specifici fatti e comportamenti
addebitabili al medesimo, essendo sufficiente a tal fine l’oggettiva
sussistenza di una situazione lesiva del prestigio dell’Amministrazione
che sia, da un lato, riferibile alla presenza in loco del dipendente in
questione e, dall’altro, suscettibile di rimozione attraverso
l’assegnazione del medesimo ad altra sede; principio questo che assume
particolare consistenza quando venga riferito, come nella specie, al
trasferimento di un dipendente della Polizia di Stato, ipotesi questa in
cui si configurano in capo all'Amministrazione più ampi e penetranti
poteri discrezionali in funzione di tutela di particolari e preminenti
interessi pubblici volti ad assicurare la convivenza civile (interessi
ai quali restano subordinate le esigenze particolari dei dipendenti, con
correlativo rafforzamento dell'esigenza di tutela del prestigio
dell'Amministrazione, in relazione ai peculiari compiti ad essa propri,
anche in presenza di semplici situazioni di sospetto, o comunque di
ombre atte ad offuscare l'immagine offerta all' esterno);
che,
circa la rilevanza che nel trasferimento per incompatibilità ambientale
possono assumere le condizioni personali e familiari del dipendente, il
detto provvedimento consegue ad una valutazione dei fatti che possono
sconsigliare la permanenza in una determinata sede, sì che la sua
adozione non presuppone né una valutazione comparativa della
amministrazione in ordine alle esigenze organizzative dei propri uffici,
né la espressa menzione dei criteri in base ai quali vengono
determinati i limiti geografici della incompatibilità ai fini della
individuazione della sede più opportuna, con la conseguenza che le
condizioni personali e familiari del dipendente recedono di fronte
all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e
del prestigio dell’amministrazione stessa.
Sulla
base degli elementi e dei principi sopra precisati, la lamentata censura
di carenza di motivazione e di istruttoria deve essere, dunque,
disattesa.
3. Prive di pregio sono, altresì, le
doglianze sopra indicate ai punti 3 b) e 3 c) dell’esposizione in fatto-
da esaminarsi congiuntamente - secondo cui il contestato provvedimento
di trasferimento, da una parte, sarebbe finalizzato piuttosto
all’assegnazione a Caserta di altro personale per la lotta alla
criminalità e, dall’altro, sarebbe stato emesso con intento punitivo
(peraltro, oltre i 120 giorni previsti per la conclusione del
procedimento).
Infatti, diversamente da quanto
sostenuto dall’appellante, il disposto trasferimento è stato adottato
nella specie per ricreare all’interno del Commissariato di P.S. di
Telese Terme, come già accennato, un ambiente lavorativo sereno, oltre
che per dare nuovamente all’interessato la giusta serenità per potere
svolgere meglio la sua delicata funzione, e non anche per la finalità
asserita dal ricorrente, né tanto meno per la accennata finalità
punitiva.
Quanto, in particolare, alla eccepita
illegittimità del provvedimento impugnato per inosservanza del termine
di 120 giorni, entro il quale concludere il procedimento amministrativo,
deve osservare il Collegio che, ai sensi della legge n.15/2005, il
termine per la conclusione di esso - come evidenziato dalla difesa
erariale con richiamo anche al parere del Consiglio di Stato Sez. I
n.1033/06 del 3.5.2006 - viene interrotto dalla presentazione delle
memorie difensive del dipendente; peraltro, comunicato l’avvio del
procedimento amministrativo, la fissazione di una specifica cadenza
temporale per la conclusione di ciascun tipo di procedimento
amministrativo realizza l’esigenza di rendere certo e di ragionevole
durata il termine per l’adozione dell’atto finale (sottraendo la
scansione temporale del procedimento all’area della discrezionalità
dell’amministrazione) ma non collega al decorso di detto termine alcun
effetto.
A differenza del termine perentorio
previsto per i procedimenti disciplinari e per gli atti espressamente
previsti dalla legge, nel caso de quo, dunque, il termine stabilito per
il compimento di atti del relativo procedimento ha carattere
ordinatorio, il superamento del quale non implica la perdita del potere
di statuire.
Anche i rilievi ora esaminati devono essere, pertanto, disattesi.
4.
Infine, sulla base delle considerazioni che precedono, non può essere
positivamente valutata nemmeno l’ultima censura del ricorso in esame
circa “gli ulteriori profili di violazione dell’art.55, comma 4, D.P.R.
n.335/1982”.
In proposito, l’appellante sostiene
che il prestigio dell’ufficio di appartenenza nella specie non sarebbe
stato compromesso dal suo comportamento.
Al
contrario, ritiene il Collegio, che, come ampiamente motivato nel
provvedimento impugnato e negli atti in esso richiamati, la detta
compromissione si sia verificata nel caso in esame per le considerazioni
sopra svolte al n.2. che precede e che ciò abbia indotto
l’Amministrazione, correttamente, a disporre il trasferimento
dell’interessato, dopo avere, in merito alla scelta della sede ove
trasferirlo, valutato ampiamente la situazione familiare del medesimo,
destinandolo presso la Questura di Caserta, distante appena 33,5, Km dal
Commissariato di P.S. di Telese Terme.
D’altra
parte, per ciò che concerne la situazione familiare, deve osservarsi che
- per la peculiarità dei doveri che gli appartenenti della Polizia di
Stato siano tenuti ad osservare, in quanto chiamati ad assolvere precisi
compiti istituzionali volti alla salvaguardia dei diritti dei cittadini
- debba necessariamente prevalere, nel conflitto tra l’interesse
dell’Amministrazione e quello del dipendente, l’interesse primario della
collettività alle esigenze personali e familiari del dipendente
interessato.
Pertanto, anche quest’ultima doglianza dell’appello non può essere condivisa.
5.
In conclusione, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di
primo grado deve essere respinto, alla stregua delle considerazioni che
precedono.
Quanto alle spese di giudizio, ritiene
il Collegio che sussistano nella specie, in relazione alla particolarità
della controversia e in considerazione delle reciproche difese delle
parti, giusti motivi per disporne la compensazione integrale.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, in riforma
della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:
Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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