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mercoledì 27 marzo 2013

Polizia di Stato - Trasferimento per incompatibilità ambientale - Sanzione - Esclusione




Polizia di Stato  - Trasferimento per incompatibilità ambientale - Sanzione - Esclusione

Cons. Stato Sez. VI Sent., 29 gennaio 2010, n. 388

N. 00388/2010 REG.DEC.
N. 09802/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 9802 del 2008, proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avv.ti I-
contro
Ministero dell'interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Questura di Benevento;
 
per la riforma, previa sospensione della esecuzione, della sentenza del TAR CAMPANIA - NAPOLI :Sezione VI n. 19461/2008, resa tra le parti, concernente TRASFERIMENTO PER INCOMPATIBILITA' AMBIENTALE.



Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'interno;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Nell'udienza pubblica del giorno 1° dicembre 2009, relatore il Consigliere Domenico Cafini, uditi, per le parti, l’Avv. Tremante e l'Avvocato dello Stato Collabolletta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO
1. Con ricorso n.4824 del 2008 il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, ispettore della Polizia di Stato, adiva il T.a.r. della Campania, Napoli, impugnando il provvedimento del Ministero dell’interno, Dipartimento di pubblica sicurezza, Sez.3^/14879/2008, notificato in data 12.9.2008 - con il quale era stato disposto nei suoi confronti il trasferimento per incompatibilità ambientale, con decorrenza immediata, dal Commissariato di P.S. di Telese Terme (provincia di Benevento) alla Questura di Caserta - nonché tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali del relativo procedimento.
A sostegno del gravame, il ricorrente deduceva, con quattro motivi di diritto, le seguenti censure:
- violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge 241/1990; eccesso di potere per assoluta mancanza di motivazione dell’atto impugnato; violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 della legge n 241/1990; carenza assoluta di istruttoria; incongruenza e contraddittorietà intrinseca; sviamento;
- eccesso di potere per sviamento e violazione dell’art.97 Cost. stante l’utilizzo del trasferimento per incompatibilità ambientale al fine di completare gli organici o comunque con intenti punitivi; sviamento dalla causa tipica;
- violazione dell’art.2 della legge n.241/1990 interpretato alla luce dell’art.21 octies della stessa legge;
-ulteriori profili di violazione dell’art.55, comma 4, del D.P.R. n.335/1982.
Nel giudizio si costituiva il Ministero dell’interno che chiedeva la reiezione del ricorso.
2. Con la sentenza in epigrafe specificata, resa in forma semplificata, il T.a.r. adito respingeva il gravame, dopo avere rilevato che la difesa del ricorrente aveva lamentato l’illegittimità del provvedimento impugnato, sostanzialmente, sotto il profilo della carenza motivazionale e della connotazione ingiustamente punitiva in relazione a talune circostanze che avrebbero determinato una situazione di incompatibilità ambientale nella sede di servizio dell’interessato e che al riguardo doveva osservarsi che il provvedimento impugnato apparteneva al genus dei trasferimenti d’autorità, di tal che esso aveva la natura giuridica di ordine (come tale, sottratto alla disciplina generale degli atti amministrativi e quindi anche alla L.241/1990), per cui andava considerato come precetto imperativo rientrante nella peculiarità dell’ordinamento militare, con conseguente non necessità, nel relativo procedimento, sia del rispetto dell’obbligo di specifica motivazione sia degli adempimenti procedimentali volti ad assicurare la partecipazione del destinatario.
In applicazione degli enunciati principi il provvedimento impugnato, pertanto, veniva ritenuto dai primi giudici esente dalle dedotte censure, con conseguente reiezione del proposto gravame.
3. Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello con il quale il sig. @@@@@@@, da una parte, deduce l’erroneità della gravata pronuncia in quanto la Polizia di Stato è ad ordinamento civile e non appartiene alla Forze Armate ed in quanto non può equipararsi un trasferimento per incompatibilità ambientale di un agente di P.S. ad un ordine di autorità proprio dell’ordinamento militare; mentre, dall’altra, rileva la omissione di pronuncia da parte del T.a.r. in ordine ai restanti motivi del ricorso originario (dichiarati assorbiti), motivi meglio sopra specificati e riprodotti nell’odierno gravame integralmente, secondo i quali, in sintesi:
a) sarebbe inadeguata la motivazione dell’atto impugnato in prime cure, non essendo state esaminate dall’Amministrazione le giustificazioni addotte dal ricorrente, né le dichiarazioni a lui favorevoli di alcuni colleghi, e non essendo collegati tra loro gli episodi contestati, non tali comunque da giustificare l’allontanamento dell’interessato dalla sua sede di servizio; sarebbe mancata nella specie, inoltre, un’adeguata istruttoria;
b) il contestato provvedimento di trasferimento sarebbe finalizzato piuttosto all’assegnazione a Caserta di altro personale per la lotta alla criminalità e, in ogni caso, l’interessato non avrebbe chiesto di essere trasferito, ma di essere promosso a funzioni superiori nell’ambito del Commissariato di appartenenza;
c) il provvedimento impugnato in primo grado sarebbe stato adottato oltre i 120 giorni previsti per la conclusione del procedimento e sarebbe stato emesso, con intento punitivo, senza attendere l’esito giudiziario di un procedimento disciplinare in corso;
d) non risulterebbe compromesso il prestigio dell’Ufficio di appartenenza del ricorrente in conseguenza dei suoi comportamenti, secondo quanto previsto dall’art.55, comma 4, D.P.R. n.335/1982.
Nelle conclusioni, l’appellante ha chiesto la riforma della gravata pronuncia ,con conseguente annullamento del provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale impugnato in prime cure.
Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase processuale, il Ministero dell’interno ha depositato un’articolata memoria datata 16.11.1999, con la quale ha replicato alle censure ex adverso svolte nell’appello in esame, concludendo per la sua reiezione.
Nella camera di consiglio del 13.1. 2009 la istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n.224/2009.
La causa, infine, è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 1°.12.2009, su concorde richiesta delle parti.
DIRITTO
1. Ritiene il Collegio che il ricorso di primo grado debba essere respinto - essendo infondate tutte le censure ivi proposte e ora riformulate in sede di appello - con una motivazione che deve essere, tuttavia, diversa da quella sulla quale si è basata la gravata sentenza.
Tale sentenza, infatti, risulta erronea nella parte in cui ha fatto rientrare il disposto trasferimento per incompatibilità ambientale (emesso dal Capo della Polizia) nell’ambito dei cosiddetti trasferimenti di autorità del personale militare, sottratti, come tali, alla disciplina della legge n.241/1990 (e quindi all’obbligo di specifica motivazione), senza considerare che, invece, nel caso in esame il procedimento svolto dal Ministero dell’interno - Polizia di Stato (che è ad ordinamento civile) resta soggetto comunque alla normativa relativa al procedimento amministrativo e, quindi, agli obblighi di cui alla citata legge n.241 del 1990.
I primi giudici, quindi, non avrebbero dovuto esimersi nella specie dal pronunciare sulle apposite censure del ricorso introduttivo riferite soprattutto alla violazione di norme della legge appena citata, ritenendole assorbite ai sensi dell’art. 26, comma 4, della legge n.1034 del 1971.
2. Ciò premesso e venendo all’esame dei singoli rilievi mossi dall’interessato sia nel ricorso di primo grado che in quello di appello, ritiene, innanzitutto, il Collegio che sia priva di pregio la censura sopra specificata al punto 3 a) dell’esposizione in fatto, riguardante essenzialmente, il rilevato difetto di motivazione e di istruttoria.
Ed invero, nella specie trattasi del trasferimento per incompatibilità ambientale di un ispettore della Polizia di Stato, adottato, attraverso un articolato procedimento, per i motivi ben precisati nel provvedimento impugnato in prime cure, ossia per: “comportamenti scorretti e ostruzionistici, posti in contrasto con le direttive impartite dai superiori gerarchici e pregiudizievoli dei buoni rapporti d’ufficio con altri dipendenti, di ostacolo al buon funzionamento del Commissariato”; comportamenti che, peraltro, avevano “compromesso la tranquillità e la serenità dello stesso dipendente nell’ambiente lavorativo”, con incidenza negativa “sulla attività istituzionale dell’ufficio recando in tal modo pregiudizio all’Amministrazione”; provvedimento di trasferimento emesso, peraltro, dopo l’esame delle memorie prodotte dall’interessato, nonché della documentazione allegata, (che comunque non apportavano, secondo l’Amministrazione, elementi di valutazione ulteriori che potessero “modificare gli originari motivi”per i quali era stato avviato il procedimento in questione).
Appare pertanto evidente che nella specie non sussista il dedotto difetto di motivazione e di istruttoria.
E ciò anche perché nel caso in esame, da un lato, le ragioni che sorreggono il provvedimento impugnato sono state esplicitate anche nella nota del Questore di Benevento datata 17.3.2008 e richiamata per relationem nel medesimo provvedimento (nota nella quale, dopo avere elencato alcuni episodi che avevano visto coinvolto l’ispettore @@@@@@@, il Questore stesso ha posto in luce come i medesimi episodi facevano comprendere chiaramente il clima instauratosi presso l’Ufficio di appartenenza del ricorrente, clima caratterizzato da una conflittualità che ostacolava una proficua attività di polizia) e, dall’altro, l’Amministrazione risulta avere avviato correttamente l’iter procedimentale volto al trasferimento d’ufficio dell’ispettore predetto, rispettando le garanzie riconosciute dalla legge n. 241/1990, nonché le facoltà , da parte del medesimo, di produrre le proprie osservazioni.
In proposito, peraltro, il Collegio deve rilevare che, l’art. 55, comma 4, del D.P.R. n. 335 del 1982, in materia di trasferimenti di sede del personale della Polizia di Stato, prevede che il trasferimento ( a cura del Capo della Polizia – Direttore generale di pubblica sicurezza) “può essere disposto anche in soprannumero all’organico dell’ufficio o reparto quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell’Amministrazione…” e che la giurisprudenza amministrativa (cfr. in particolare, Cons. di Stato, Sez. IV n.3909 del 2003; Sez. VI n. 1504 del 2006; n.1922 del 2008) ha riconosciuto, al riguardo:
che nei confronti di un agente di P.S., preposto per compiti di istituto alla tutela della sicurezza pubblica e che, come tale, deve riscuotere la fiducia nell’ambiente di lavoro e nella collettività che alle forze di polizia affida la propria sicurezza, è sufficiente che dal provvedimento emergano elementi logici e chiari, che siano adeguati a rendere la figura dell’agente offuscata da ombre idonee a nuocere, attraverso la sua persona, al prestigio dell’ufficio;
che la valutazione da parte dell’Amministrazione dei fatti i quali possono far ritenere nociva, per il prestigio dell’ufficio, l’ulteriore permanenza nella sede di servizio va correlata alla delicatezza delle funzioni che sono affidate alle forze di polizia;
che la disposta misura del trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale non ha carattere di sanzione disciplinare (la quale può, comunque, essere adottata all’esito del relativo procedimento), bensì ha lo scopo di tutelare il buon nome e il prestigio della Polizia di Stato che possono essere pregiudicati da atteggiamenti dei singoli, noti ai colleghi e ai superiori, e che ridondano sulla collettività, che si aspetta dalle forze di polizia comportamenti adeguati alle specifiche funzioni loro affidate;
che il trasferimento per incompatibilità di un agente di P.S. non postula necessariamente un diretto rapporto di imputabilità di specifici fatti e comportamenti addebitabili al medesimo, essendo sufficiente a tal fine l’oggettiva sussistenza di una situazione lesiva del prestigio dell’Amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza in loco del dipendente in questione e, dall’altro, suscettibile di rimozione attraverso l’assegnazione del medesimo ad altra sede; principio questo che assume particolare consistenza quando venga riferito, come nella specie, al trasferimento di un dipendente della Polizia di Stato, ipotesi questa in cui si configurano in capo all'Amministrazione più ampi e penetranti poteri discrezionali in funzione di tutela di particolari e preminenti interessi pubblici volti ad assicurare la convivenza civile (interessi ai quali restano subordinate le esigenze particolari dei dipendenti, con correlativo rafforzamento dell'esigenza di tutela del prestigio dell'Amministrazione, in relazione ai peculiari compiti ad essa propri, anche in presenza di semplici situazioni di sospetto, o comunque di ombre atte ad offuscare l'immagine offerta all' esterno);
che, circa la rilevanza che nel trasferimento per incompatibilità ambientale possono assumere le condizioni personali e familiari del dipendente, il detto provvedimento consegue ad una valutazione dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, sì che la sua adozione non presuppone né una valutazione comparativa della amministrazione in ordine alle esigenze organizzative dei propri uffici, né la espressa menzione dei criteri in base ai quali vengono determinati i limiti geografici della incompatibilità ai fini della individuazione della sede più opportuna, con la conseguenza che le condizioni personali e familiari del dipendente recedono di fronte all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell’amministrazione stessa.
Sulla base degli elementi e dei principi sopra precisati, la lamentata censura di carenza di motivazione e di istruttoria deve essere, dunque, disattesa.
3. Prive di pregio sono, altresì, le doglianze sopra indicate ai punti 3 b) e 3 c) dell’esposizione in fatto- da esaminarsi congiuntamente - secondo cui il contestato provvedimento di trasferimento, da una parte, sarebbe finalizzato piuttosto all’assegnazione a Caserta di altro personale per la lotta alla criminalità e, dall’altro, sarebbe stato emesso con intento punitivo (peraltro, oltre i 120 giorni previsti per la conclusione del procedimento).
Infatti, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il disposto trasferimento è stato adottato nella specie per ricreare all’interno del Commissariato di P.S. di Telese Terme, come già accennato, un ambiente lavorativo sereno, oltre che per dare nuovamente all’interessato la giusta serenità per potere svolgere meglio la sua delicata funzione, e non anche per la finalità asserita dal ricorrente, né tanto meno per la accennata finalità punitiva.
Quanto, in particolare, alla eccepita illegittimità del provvedimento impugnato per inosservanza del termine di 120 giorni, entro il quale concludere il procedimento amministrativo, deve osservare il Collegio che, ai sensi della legge n.15/2005, il termine per la conclusione di esso - come evidenziato dalla difesa erariale con richiamo anche al parere del Consiglio di Stato Sez. I n.1033/06 del 3.5.2006 - viene interrotto dalla presentazione delle memorie difensive del dipendente; peraltro, comunicato l’avvio del procedimento amministrativo, la fissazione di una specifica cadenza temporale per la conclusione di ciascun tipo di procedimento amministrativo realizza l’esigenza di rendere certo e di ragionevole durata il termine per l’adozione dell’atto finale (sottraendo la scansione temporale del procedimento all’area della discrezionalità dell’amministrazione) ma non collega al decorso di detto termine alcun effetto.
A differenza del termine perentorio previsto per i procedimenti disciplinari e per gli atti espressamente previsti dalla legge, nel caso de quo, dunque, il termine stabilito per il compimento di atti del relativo procedimento ha carattere ordinatorio, il superamento del quale non implica la perdita del potere di statuire.
Anche i rilievi ora esaminati devono essere, pertanto, disattesi.
4. Infine, sulla base delle considerazioni che precedono, non può essere positivamente valutata nemmeno l’ultima censura del ricorso in esame circa “gli ulteriori profili di violazione dell’art.55, comma 4, D.P.R. n.335/1982”.
In proposito, l’appellante sostiene che il prestigio dell’ufficio di appartenenza nella specie non sarebbe stato compromesso dal suo comportamento.
Al contrario, ritiene il Collegio, che, come ampiamente motivato nel provvedimento impugnato e negli atti in esso richiamati, la detta compromissione si sia verificata nel caso in esame per le considerazioni sopra svolte al n.2. che precede e che ciò abbia indotto l’Amministrazione, correttamente, a disporre il trasferimento dell’interessato, dopo avere, in merito alla scelta della sede ove trasferirlo, valutato ampiamente la situazione familiare del medesimo, destinandolo presso la Questura di Caserta, distante appena 33,5, Km dal Commissariato di P.S. di Telese Terme.
D’altra parte, per ciò che concerne la situazione familiare, deve osservarsi che - per la peculiarità dei doveri che gli appartenenti della Polizia di Stato siano tenuti ad osservare, in quanto chiamati ad assolvere precisi compiti istituzionali volti alla salvaguardia dei diritti dei cittadini - debba necessariamente prevalere, nel conflitto tra l’interesse dell’Amministrazione e quello del dipendente, l’interesse primario della collettività alle esigenze personali e familiari del dipendente interessato.
Pertanto, anche quest’ultima doglianza dell’appello non può essere condivisa.
5. In conclusione, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto, alla stregua delle considerazioni che precedono.
Quanto alle spese di giudizio, ritiene il Collegio che sussistano nella specie, in relazione alla particolarità della controversia e in considerazione delle reciproche difese delle parti, giusti motivi per disporne la compensazione integrale.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:


Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere




   
   
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
Il Segretario


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione


 

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