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Cass. civ. Sez. I, 12-06-2006, n. 13589
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente
Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno Consigliere
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
su ricorso iscritto al n. 25800 del Ruolo
Generale degli affari civili dell'anno 2002, proposto da:
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI,
UFFICIO DELLA CAPITANERIA DEL PORTO DI GENOVA, in persona del legale
rappresentante, ex lege domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,
presso l'Avvocatura generale dello stato e da questa rappresentato e
difeso;
- ricorrente -
contro
-
- controricorrente -
avverso la sentenza del Giudice di Pace di Genova
n. 4527 del 27 - 30 ottobre 2001;
Udita, all'udienza del 13 aprile 2006, la
relazione del Cons. Dr. Fabrizio Forte;
Uditi l'avv. Romano, per il controricorrente, e
il P.M. Dr. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l'accoglimento dei primi
due motivi di ricorso.
Svolgimento del processo
Con la sentenza di cui in epigrafe, il Giudice di
Pace di Genova ha accolto l'opposizione di B.T., assistente alla
balneazione presso lo stabilimento "...OMISSIS...", alla ingiunzione
della locale Capitaneria del porto di pagare L. 2.000.000, per
infrazione dell'art. 1164 c.n., perchè, violando l'art. 5,
comma 1, n. 1 e 3, dell'ordinanza n. 87/98 del Comandante del Porto,
"non stazionava nella postazione da bagnino, pur essendovi in mare
bagnanti e surfisti". Il Giudice adito, compensando le spese di causa e
senza esaminare i profili di merito del ricorso, ha ritenuto fondati due
motivi pregiudiziali della opposizione, che aveva tra l'altro dedotto la
tardività dell'ordinanza emessa oltre il termine di trenta giorni della
L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2, affermando che l'ordine
regolante la balneazione del Comandante del Porto si rivolgeva soltanto
ai concessionari di stabilimenti balneari e non ai bagnini o agli
assistenti alla balneazione. Per la cassazione di questa sentenza ha
proposto ricorso con due motivi il Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti con il suo ufficio periferico Capitaneria del porto di Genova
e il B. si è difeso con controricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso premette che il B. fu sanzionato
perchè adibito ad altre mansioni in luogo di quelle di vigilanza e che
egli nelle sue difese aveva affermato che il servizio poteva essere
garantito anche da altri bagnini al servizio di concessionari vicini.
1.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione
della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 3, 18 e 28, dalla
sentenza che ha ritenuto che l'ordinanza ingiunzione dovesse essere
emessa entro un termine prefissato per legge, senza chiarire quale sia
tale termine e in quale norma lo stesso è previsto nè rilevare che le
sanzioni sono solo soggette a prescrizione quinquennale.
Altrettanto errata è la statuizione del Giudice
di Pace sul fatto che l'ordinanza non osservata della Capitaneria
avrebbe avuto come unici destinatari i concessionari e non gli
assistenti alla balneazione, ai quali è invece espressamente diretto
l'ordine di non allontanarsi dalla postazione di servizio, di cui
all'art. 5 del provvedimento inosservato.
La norma consente ai concessionari di
consorziarsi per un fronte di mare inferiore a mt. 80, ma tale deroga ai
doveri individuali deve essere autorizzata e nel caso nessuna
motivazione è data dal Giudice di Pace.
1.2. In secondo luogo, si censura la sentenza
impugnata per violazione dell'art. 156 c.p.c., comma 2, perchè
non vi è stata lettura del dispositivo dal Giudice di Pace, come risulta
dallo stesso verbale di udienza, in violazione della L. n. 689 del
1981, art. 23, comma 7.
Il controricorrente contesta entrambi i motivi di
ricorso, deducendo che il termine di trenta giorni è applicabile a tutti
i procedimenti amministrativi e che l'ordinanza non adempiuta è diretta
ai soli concessionari e non ai bagnini; sul piano processuale rileva la
incomprensibilità del motivo relativo alla omessa lettura del
dispositivo, posto che i ricorrenti affermano di non avere mai avuto
copia del verbale di udienza cui si rifanno per impugnare la sentenza.
2.1. Il secondo motivo di ricorso, pregiudiziale
al primo, perchè la nullità della sentenza osterebbe alla stessa
valutazione delle censure di merito contenute nella residua impugnativa,
è infondato.
Dallo svolgimento del processo della sentenza
oggetto di ricorso risulta che, all'udienza del 27 ottobre 2001,
"svoltasi la discussione, il Giudice pronunciava sentenza, dando lettura
del dispositivo".
L'affermazione che precede costituisce
attestazione dell'avvenuto rispetto della L. 24 novembre 1981, n.
689, art. 23, comma 7, proveniente da un pubblico ufficiale che
riporta un fatto da lui compiuto,- ciò determina la presunzione di
regolarità del procedimento, che può essere superata dall'interessato
solo a mezzo di querela di falso di quanto riportato in sentenza, nei
modi di cui all'art. 221 c.p.c. (Cass. 22 luglio 2005 n. 15366,
1 agosto 2003 n. 11714 e 27 febbraio 2003 n. 2959).
La detta querela, proponibile anche nel giudizio
di Cassazione quando concerne documenti attinenti al procedimento che
debbano essere prodotti nel giudizio di legittimità e non atti che il
Giudice di merito ha posto a fondamento della sua decisione (Cass. 4
novembre 2001 n. 1414), è l'unico mezzo idoneo ad accertare la omessa
lettura del dispositivo denunciata nel caso, la quale determinerebbe la
nullità della sentenza (Cass. 25 agosto 2005 n. 17288), nessun rilievo
avendo la mancanza in atti del foglio sul quale il dispositivo letto
sarebbe stato scritto, potendosi la lettura dedurre anche da altri atti
o documenti del processo (Cass. 8 marzo 2005 n. 4970).
La mancata proposizione della querela di falso
comporta che la lettura del dispositivo in udienza attestata in sentenza
debba ritenersi veritiera e determina la infondatezza del secondo motivo
di ricorso, che deve quindi respingersi.
2.2. E' invece fondato e va accolto il primo
motivo di ricorso, sia in ordine al termine di trenta giorni che il
Giudice di Pace definisce perentorio e applicabile anche nel
procedimento amministrativo concluso dalla emissione della ordinanza
ingiunzione, che per la interpretazione data dallo stesso Giudice della
ordinanza non osservata dal controricorrente, il cui testo è riportato
nella sentenza impugnata.
La prevalente giurisprudenza di questa Corte
afferma costantemente il seguente principio di diritto "In tema di
opposizione a sanzioni amministrative, non trova applicazione il termine
di trenta giorni stabilito in via generale dalla L. 7 agosto 1990,
n. 241, art. 2, comma 3, per la conclusione di tale procedimento
amministrativo", in considerazione delle particolari caratteristiche di
questo e dei tempi necessari per l'istruzione dello stesso, che può
comportare anche l'audizione del ricorrente e altri adempimenti (Cass.
26 agosto 2005 n. 17386, 28 dicembre 2004 n. 24053, 10 novembre 2004 n.
21406, 24 gennaio 2004 n. 874, tra molte).
In tale contesto deve poi rilevarsi che, per le
sanzioni amministrative previste nel regolamento di attuazione del
codice della navigazione in rapporto agli aerei non di linea, si è
espressamente previsto dal D.M. 18 giugno 1981, art. 56,
successivamente modificato, il termine di novanta giorni tra
l'accertamento della inosservanza e la notifica dell'atto di
contestazione degli estremi della violazione, così prevedendosi con
specifica norma un termine diverso applicabile in tali fattispecie, ma
non in quella per cui è causa.
In rapporto poi all'interpretazione che il
Giudice di Pace ha dato dell'ordinanza che si afferma non osservata
nella fattispecie, interamente riportata nella sentenza impugnata, dal
tenore letterale di essa appare indubbio che tra i destinatari degli
ordini che contiene vi sono con i concessionari degli stabilimenti, gli
assistenti e/o bagnini, dei quali sono indicate alcune condotte che
possono tenersi solo nell'esercizio delle loro mansioni, la cui
omissione è punita con sanzione pecuniaria.
Tra le condotte da tenere dagli assistenti o
bagnini vi è quella di stazionare nella postazione di salvataggio, dalla
quale il B. si è indebitamente allontanato, non osservando in tal modo
la ordinanza in violazione dell'art. 1164 c.n..
In tale contesto, è sicuramente errata la
sentenza impugnata che, per i due profili sopra riportati, non può che
essere cassata.
In ordine poi agli altri motivi di opposizione
non esaminati nella sentenza impugnata e riportati in ricorso, gli
stessi sono irrilevanti in questa sede e per la disposta cassazione
potranno essere oggetto del futuro giudizio di rinvio.
In conclusione, il primo motivo di ricorso deve
essere accolto e il secondo rigettato; la sentenza deve essere cassata
in relazione al motivo accolto e la causa deve rinviarsi al Giudice di
Pace di Genova in persona di diverso magistrato, perchè si uniformi ai
principi enunciati sul termine entro il quale va emessa l'ordinanza
ingiunzione e nella interpretazione dell'ordinanza che si assume
disattesa e provveda anche sugli altri motivi di opposizione e sulle
spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e
rigetta il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia la causa al Giudice di Pace di Genova in persona
di diverso magistrato anche per le spese di questa fase.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio
della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 13 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2006
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