N. 4255/2003
Reg. Dec.
N. 10700 Reg. Ric.
Anno 2001
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato
la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso n. 10700/01 proposto dalla Provincia Autonoma di Trento, in persona
del Presidente della Giunta provinciale pro tempore, rappresentata e difesa
dall'avv. Achille Chiappetti, elettivamente domiciliata in Roma, via Paolo
Emilio, n. 7, presso lo studio del difensore;
c o n t r o
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino
Alto Adige, Sezione di Trento, n. 388/00, pubblicata in data 6 ottobre 2000,
resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso n. 73/98 proposto
dall’attuale appellato, concernente provvedimento di non ammissione alla prova
selettiva ex art. 8 della legge provinciale 24 gennaio 1992, n. 5.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 25 marzo 2003 il Consigliere Giuseppe Carinci;
Uditi gli avv.ti Pafundi su delega dell’Avv. A. Chiappetti, per
l’Amministrazione appellante, e l'avv. M. Letizia, per l’appellato;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
F A T T O
Con ricorso dinanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione
di Trento, ...OMISSIS..., dipendente di 8° livello della Provincia di Trento, ha
impugnato la deliberazione 5 dicembre 1997, n. 14045, della Giunta provinciale,
nella parte concernente la dichiarazione di non ascrivibilità delle mansioni da
lui svolte nel triennio 19 febbraio 1989 – 19 febbraio 1992 a quelle proprie del
profilo professionale di funzionario esperto amministrativo di 9° livello. Ha
impugnato, altresì, la conseguente dichiarazione di non ammissione alle prove
selettive previste per l’attribuzione della qualifica superiore.
Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso, ritenendo che la Commissione
tecnica appositamente istituita, nel formulare il prescritto parere, si era
espressa in senso negativo, senza essersi data carico di effettuare
l’acquisizione diretta di documentazione idonea ad individuare in misura più
completa la natura delle mansioni espletate.
Avverso tale pronuncia ha interposto appello la Provincia autonoma di Trento con
atto notificato in data 26 ottobre 2001. Nel gravame ha dedotto i seguenti
motivi.
Il giudice di primo grado, nel ritenere che l’Amministrazione sarebbe incorsa in
errore nel fissare i criteri d’acquisizione del materiale probatorio necessario
per la valutazione dei servizi svolti dai dipendenti, non ha rilevato che le
operazioni compiute erano state svolte in aderenza alle previsioni contenute
nelle deliberazioni di Giunta Provinciale n. 1269 del 9 febbraio 1996 e n. 6058
del 16 maggio 1996, atti mai contestati, avendo il ricorrente appuntato le sue
censure esclusivamente contro la valutazione delle mansioni e non sulle
procedure e modalità stabilite per acquisire le notizie sull’attività svolta. Il
che sta a significare che la decisione appellata è andata oltre la valutazione
dei motivi del ricorso.
In ogni caso – continua la Provincia – il vizio rilevato dal giudice è
insussistente, in primo luogo perché le regole d’acquisizione dei mezzi
probatori sono state fissate con procedimento del tutto ragionevole ed adeguato;
poi perchè la procedura stabilita non evidenzia alcun contrasto con l’art. 8
della legge provinciale n. 5 del 1992. L’assunto su cui si basa la decisione di
primo grado è, peraltro, del tutto erroneo, come si desume dalla complessità e
dalla tortuosità dell’argomentazione seguita e dalle affermazioni contenute
nella stessa, che si appalesano, esse sì, in contrasto con il citato art. 8. In
ogni caso, con la sentenza è stata fatta parziale obliterazione dei criteri
dettati in via generale dalla Giunta provinciale.
Si è costituito in giudizio l’appellato, il quale sostiene che l’Amministrazione
abbia tenuto un comportamento contraddittorio e la descrizione dell’attività da
lui svolta, come fatta dalla stessa, risulta fuorviante sia in fatto che in
diritto. Afferma di aver censurato più volte le operazioni della Commissione
Tecnica, sia per le modalità seguite nella valutazione dei servizi, sia per
difetto d’istruttoria, nonché per inadeguatezza dei componenti dell’organo, e
non potrebbe perciò sussistere alcun vizio di ultrapetizione. E’ certo, invece,
che la stessa non abbia effettuato tutti gli accertamenti utili per pervenire a
una decisione giusta e approfondita, essendo mancata l’acquisizione della
documentazione sull’attività di studio e di elaborazione da lui espletata.
Tali deduzioni il medesimo ha ribadito con due successive memorie, con le quali
ha illustrato ulteriormente le proprie tesi difensive, insistendo nella
richiesta di rigetto dell’appello. Ha reso noto, in particolare, che in data 22
aprile 2002, la Commissione Tecnica nominata dalla Giunta Provinciale,
riesaminando la questione, ha riconosciuto ufficialmente che egli aveva svolto
mansioni di “funzionario esperto amministrativo” e lo ha ammesso alla prevista
prova selettiva. La Commissione d’esame ha poi attestato, in data 27 settembre
2002, il superamento della prova, con riconoscimento dell’idoneità alle funzioni
superiori del 9° livello. In data 17 gennaio 2003, la Giunta Provinciale ha
approvato dette operazioni, anche se ha condizionato gli effetti dell’atto
deliberativo alla decisione del Consiglio di Stato sull’impugnata sentenza.
Anche l’Amministrazione ha provveduto a depositare apposita memoria difensiva.
Ribadita la fondatezza del gravame, ha precisato che il parere favorevole
rilasciato dalla Commissione per l’ammissione del dipendente alla prova di
idoneità, e il giudizio sul superamento di questa, sono atti posti
esclusivamente in esecuzione della sentenza oggetto d’impugnazione, alla quale
restano condizionati. La soluzione però, se resa definitiva, snaturerebbe il
procedimento prefigurato dalla legge provinciale 24 gennaio 1992, n. 5, e
determinerebbe una palese disparità di trattamento nei confronti di altri
dipendenti. Ha quindi insistito nella richiesta di accoglimento dell’appello, a
riaffermazione delle regole da essa dettate e disciplinate con il procedimento
in questione.
All'udienza del 25 marzo 2003 la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
Costituisce oggetto d’appello la decisione con la quale il Tribunale regionale
di giustizia amministrativa di Trento, in accoglimento del ricorso proposto da
...OMISSIS... – dipendente di 8° livello della locale Provincia Autonoma – ha
annullato, in parte qua, la deliberazione con la quale la Giunta provinciale
aveva ritenuto non ascrivibili a quelle proprie del profilo professionale di
funzionario esperto amministrativo di 9° livello, ai fini dell’attribuzione
della corrispondente qualifica, le mansioni che il dipendente aveva svolto nel
triennio 19 febbraio 1989 – 19 febbraio 1992. Il Tribunale amministrativo ha
ritenuto fondato il ricorso, osservando che la Commissione tecnica istituita per
la formulazione delle valutazioni sulla predetta ascrivibilità si era espressa
in senso negativo senza essersi data carico di effettuare l’acquisizione diretta
di altra documentazione idonea ad individuare in misura più completa la natura
delle mansioni espletate.
Preliminarmente occorre soffermarsi sulle circostanze rappresentate negli ultimi
atti difensivi, con i quali l’appellato ha reso noto che, nelle more del
giudizio, la Provincia di Trento ha riesaminato la sua posizione e, a seguito di
un rinnovato giudizio, la Commissione tecnica lo ha ammesso alla prevista prova
selettiva. Superata tale prova, la Giunta provinciale ha approvato le operazioni
svolte, riconoscendo la sua piena idoneità a svolgere le funzioni superiori del
9° livello.
Di tali nuove circostanze, questo Collegio rileva l’esattezza. Osserva,
tuttavia, che le stesse non fanno venire meno l’interesse alla definizione della
controversia, e non determinano l’improcedibilità del gravame, tenuto conto che
le nuove decisioni non risultano assunte per autonoma determinazione
dell’Amministrazione, ma sono state messe in atto solo per dare esecuzione alle
statuizioni contenute nella sentenza pronunciata in primo grado. L’efficacia dei
nuovi atti quindi – come precisato, peraltro, nella stessa delibera assunta
dalla Giunta Provinciale – resta subordinata all’esito del giudizio di secondo
grado. In tal senso è la stessa Amministrazione a insistere nei suoi atti
difensivi, chiedendo, altresì, che vengano riaffermate le iniziali regole
dettate per disciplinare la procedura di accertamento messa in atto, anche per
evitare disparità di trattamento tra il personale dipendente.
Occorre quindi procedere all’esame dell’appello nel merito.
E’ utile osservare, preliminarmente, che questa Sezione ha già avuto occasione
di occuparsi di una questione identica a quella in esame, decidendo su un altro
caso qui sottoposto dalla stessa Amministrazione Provinciale di Trento, in
relazione all’esito di un giudizio di primo grado che la vedeva egualmente
soccombente. Il caso riguardava la medesima procedura amministrativa, in ordine
alla quale anche l’altro ricorrente aveva ritenuto errata l’interpretazione data
dall’Amministrazione all’art. 8 della legge 24 gennaio 1992, n. 5. Era stato
contestato, in particolare, che la Commissione Tecnica nominata per la
valutazione degli atti aveva mancato di acquisire l’ulteriore documentazione per
una compiuta valutazione dei servizi, al fine di accertare l’ascrivibilità delle
mansioni a quelle di livello superiore. Anche in tale caso, il Tribunale
regionale di giustizia amministrativa aveva affermato che la citata Commissione
avrebbe dovuto darsi carico di effettuare l’acquisizione diretta, presso il
Servizio di appartenenza del dipendente, di ogni altra documentazione idonea a
individuare nella misura più completa la natura delle mansioni espletate, e per
tale motivo aveva accolto l’impugnativa. Questa Sezione, però, con decisione n.
2595/02 del 15.5.2002, è stata di contrario avviso, e l’attuale Collegio non
rileva la presenza di elementi per discostarsi da tale indirizzo.
Si appalesa esatto, in primo luogo, quanto sostenuto dalla Provincia di Trento,
secondo cui l’ammissione alle prove scritte selettive per l’inquadramento nel
livello funzionale richiesto è stata condizionata, con regole che non presentano
elementi di incongruità, all’accertata ascrivibilità delle mansioni svolte dai
dipendenti interessati a quelle proprie del profilo professionale e del livello
funzionale superiore a quello posseduto. La verifica veniva fatta dalla Giunta
provinciale, previa valutazione di apposita Commissione Tecnica. La procedura
stabilita dall’art. 8, 3° comma, della legge provinciale 24 gennaio 1992, n. 5,
aveva imposto specifici oneri a carico dei dipendenti interessati. La stessa
Giunta aveva stabilito – in particolare – precisi criteri sulle modalità di
acquisizione del materiale probatorio, a ciò provvedendo con le delibere n. 1269
del 9 febbraio 1996 e n. 6058 del 16 maggio 1996, con le quali, a comprova
dell’effettivo svolgimento delle mansioni da valutare ai fini dell’attribuzione
della qualifica superiore, veniva posto direttamente a carico dei dipendenti
interessati l’onere di esibire una scheda di rilevazione delle mansioni
medesime, integrata dalla relativa documentazione.
In un quadro normativo così definito è evidente che gli atti e i documenti che
la Commissione Tecnica era obbligata a prendere in esame erano soltanto quelli
predisposti e presentati dai dipendenti interessati alla selezione. Ha quindi
errato il Tribunale regionale di giustizia amministrativa che, nell’accogliere
il ricorso in primo grado, lo ha fatto sulla base del rilievo che la Provincia
non aveva provveduto a integrazioni istruttorie d’ufficio. Tale circostanza, in
sé vera, è del tutto inconferente, atteso che, così facendo, la decisione è
andata a incidere, obliterandoli, sui criteri procedurali di valutazione fissati
nelle deliberazioni di Giunta Provinciale n. 1269 del 9 febbraio 1996 e n. 6058
del 16 maggio 1996, criteri, peraltro, mai contestati.
Non vi era, pertanto, alcun obbligo per la stessa Amministrazione di disporre le
integrazioni istruttorie reclamate.
In relazione alle considerazioni su esposte, l’appello si appalesa fondato e
merita di essere accolto.
Sussistono, tuttavia, fondate ragioni per compensare le spese del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente
pronunciando sul ricorso specificato in epigrafe, accoglie l’appello e per
l’effetto, in riforma della decisione impugnata, respinge il ricorso proposto in
primo grado.
Compensa le spese del giudizio di secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2003, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato,
riunita in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori:
Costantino SALVATORE Presidente
Dedi Marinella RULLI Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere
Giuseppe CARINCI Consigliere, estensore
Anna LEONI Consigliere
L’ESTENSORE IL
PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
- - N.R.G. 10700/2001
cv
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