In tre sul motorino, in caso di incidente ne risponde il guidatore |
Nessuna colpa o corresponsabilità, secondo gli ermellini, può essere attribuita alla "decisione imprudente" del terzo passeggero di salire in sella |
CIRCOLAZIONE STRADALE
Cass. civ. Sez. III, 01-06-2006, n. 13130 |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDUCCIA Gaetano - Presidente
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
-
- ricorrenti -
contro
-
- intimato -
avverso la sentenza n. 287/02 del Tribunale
di LECCE, prima sezione civile emessa il 16/11/2001, depositata il
07/02/02, RG. 948/1999;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 17/01/06 dal Consigliere Dott. Giacinto
BISOGNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per
l'accoglimento p.q.r. del 4^ motivo di ricorso, rigetto nel resto.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 20 gennaio 1997 i
sigg.ri -., convenivano in giudizio i sigg.ri --., e chiedevano la
loro condanna al risarcimento dei danni subiti dal figlio a seguito
dell'incidente verificatosi il 15 giugno 1995 a Gallipoli (Lecce).
Deducevano che l'incidente era ascrivibile
alla responsabilità della S. che, trasportando il B. e un'altra
ragazza a bordo del suo ciclomotore, era andata a urtare una
autovettura in sosta provocando danni alla persona del B..
Si costituivano i sigg.ri S. eccependo
l'irritualità della vocatio in ius e contestando la responsabilità a
carico della figlia che non aveva urtato il veicolo in sosta ma vi
si era solo accostata.
Rilevavano inoltre che alla fattispecie non
poteva applicarsi alcuna presunzione di colpa in favore del
trasportato e chiedevano il rigetto della domanda di risarcimento.
Il Giudice di Pace di Gallipoli con sentenza
del 10/18 febbraio 1998 rigettava la domanda di risarcimento e
compensava le spese processuali.
Proponevano appello i sigg.ri B..
Nel corso del giudizio di appello si
costituivano in proprio B. A. e S.M. divenuti maggiorenni.
Il Tribunale di Lecce, con sentenza del 16
novembre 2001 - 7 febbraio 2002,riteneva applicabile alla
fattispecie la presunzione di cui all'art. 2054 c.c., comma
1, riteneva pertanto la S. interamente responsabile del danno che
liquidava in L. 17.400.000 all'epoca dell'incidente e
conseguentemente condannava gli appellati in solido al pagamento
della predetta somma con interessi legali maturati sulla somma
annualmente rivalutata sino al saldo, oltre che al pagamento della
metà delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio.
Ricorre per Cassazione contro la sentenza del
Tribunale di Lecce S.M., unitamente ai genitori, deducendo quattro
motivi di ricorso (attinenti a erronea, incoerente ed illogica
valutazione della testimonianza, erronea analisi su un punto
decisivo della controversia costituito dalla condotta della
ricorrente (violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 c.c.,
illegittima quantificazione del danno).
Motivi della decisione
Va in primo luogo affrontato il terzo motivo
di ricorso che attiene a violazione e falsa applicazione di legge.
Con tale motivo la ricorrente si limita sostanzialmente a ricordare
che accanto all'orientamento giurisprudenziale più recente - che
ritiene l'applicabilità dei principi generali espressi dall'art.
2054 c.c. a tutti i soggetti che ricevano danni dalla
circolazione dei veicoli - esiste un orientamento contrario che
ritiene non invocabile da parte dei terzi trasportati la presunzione
di colpa ex art. 2054 c.c..
L'orientamento ormai consolidato di questa
Corte è nel senso di ritenere che "in materia di responsabilità
derivante dalla circolazione dei veicoli, l'art. 2054 c.c.,
esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di
carattere generale applicabili a tutti i soggetti che da tale
circolazione comunque ricevano danni, e quindi anche ai trasportati,
quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero
contrattuale (oneroso o gratuito). Consegue che il trasportato,
indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i commi 1 e
2 della disposizione citata per far valere la responsabilità
extracontrattuale del conducente ed il comma 3 per far valere quella
solidale del proprietario, che può liberarsi solo provando che la
circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà ovvero che
il conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno"
(Cassazione 3^ sezione civile n. 10629 del 26 ottobre 1998 e fra le
molte sentenze conformi successive Cassazione 3^ sezione civile n.
4022 del 21 marzo 2001). Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale
che non incontra più contrasto nelle pronunce della Corte di
legittimità e rispetto al quale non sussistono motivi di dissenso
che possano basarsi in particolare sulla fattispecie in esame.
Il primo e il terzo motivo di ricorso possono
essere trattati congiuntamente dato che si riferiscono entrambi a
censure di insufficienza o inadeguatezza della motivazione. Si
tratta di censure che, lungi dall'individuare elementi di fatto non
adeguatamente valutati dai Giudici di appello, si propongono in
realtà come contestazioni della decisione di merito e sono intese a
provocare una diversa valutazione dei fatti.
Per ciò che concerne la valutazione
consentita al Giudice di legittimità deve rilevarsi che la
motivazione della sentenza impugnata appare esauriente e immune da
vizi logici. Dopo aver affermato l'applicabilità dei principi di cui
all'art. 2054 c.c. i Giudici del Tribunale di Lecce hanno
escluso che la S. abbia fornito la prova liberatoria consistente
nella dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitare il
danno. In particolare non risulta ai Giudici dell'appello, sulla
base delle acquisizioni istruttorie, che la S. abbia rispettato le
norme del codice della strada e quelle di comune prudenza e
diligenza. Risulta al contrario che la S. procedesse alla guida del
ciclomotore con a bordo non solo il B. ma anche un'altra amica.
Quest'ultima, sentita come testimone, ha
dichiarato che il B. sedeva dietro di lei e, pur stando composto,
teneva le gambe divaricate trovandosi nella posizione di ultimo sul
vespino".
L'incidente si verificò secondo la
ricostruzione della testimone perchè il B. urtò con il ginocchio una
macchina in sosta, costeggiata dal ciclomotore, e cadde in terra
procurandosi le lesioni personali per le quali chiede il
risarcimento in questo giudizio, secondo il Tribunale di Lecce da
tale deposizione deve dedursi che la S. adottò una condotta di guida
non adeguata alle condizioni eccezionali in cui viaggiava il
ciclomotore. In particolare la S. avrebbe dovuto evitare di
procedere a ridosso delle autovetture in sosta mentre nessun
addebito può essere mosso al B. per la posizione divaricata delle
sue gambe che evidentemente dipendeva dalla presenza di un altro
trasportato sul ciclomotore, presenza che impediva al B. di
appoggiare i piedi sull'apposita pedana e lo costringeva a
posizionare le gambe in corrispondenza della parte più larga della
scocca del veicolo.
A fronte di questa precisa ricostruzione del
fatto che si basa sulla deposizione di una teste assolutamente
rilevante, i ricorrenti si limitano sostanzialmente a contestare la
sussistenza di una prova positiva della responsabilità esclusiva di
S.M. nella causazione del sinistro. Tale contestazione è
evidentemente in contrasto con l'onere probatorio che incombeva loro
per effetto dell'applicazione dell'art. 2054 c.c., alla
fattispecie.
Essa inoltre non tiene conto della congruenza
della ricostruzione dei fatti compiuta dai Giudici di appello,
ricostruzione cui non è contrapposta alcuna ipotesi alternativa di
verificazione del sinistro, che non sarebbe stata adeguatamente
valutata dai Giudici dell'appello.
I ricorrenti lamentano anche che il Tribunale
di Lecce non abbia determinato in quale misura il B., con la sua
decisione imprudente di salire a bordo del ciclomotore, abbia
concorso a determinare l'incidente. In questa sede si può
esclusivamente rilevare che tale mancata determinazione non può
considerarsi un'omissione da parte dei Giudici di appello. Infatti
se si ha presente la ricostruzione del sinistro operata nella
motivazione della sentenza leccese si evince chiaramente, come si è
già detto, che la responsabilità del sinistro è stata attribuita
alla conducente del ciclomotore per la sua guida inadeguata alla
situazione anomala cui si era esposta ospitando due persone a bordo
dello scooter. Per altro verso emerge dalla motivazione, da un lato,
la valutazione per cui l'adozione di una condotta di guida prudente
e adeguata alla situazione avrebbe di per sè consentito di evitare
il sinistro e, dall'altro, il rilevo per cui, da parte degli odierni
ricorrenti, non è stata fornita alcuna prova contraria a tale
assunto basata su circostanze oggettivamente valutabili.
Infine con il quarto motivo i ricorrenti
lamentano che il Tribunale di Lecce, nel liquidare il danno, si è
limitato "ad adottare il criterio tabellare predeterminato e
standardizzato, senza dare congrua motivazione in ordine
all'adeguamento di quel valore alle peculiarità del caso esaminato".
Il motivo è del tutto generico in quanto non indica a quali
peculiarità il Giudice dell'appello avrebbe dovuto fare riferimento.
Appare opportuno ricordare, inoltre, che, in
tema di liquidazione del danno biologico che è di natura equitativa,
il Giudice di merito può anche ispirarsi a criteri predeterminati e
standardizzati, come il cosiddetto criterio tabellare, desunto dai
precedenti giudiziari dell'ufficio di merito che provvede alla
liquidazione; in tal caso, non deve motivare il criterio applicato
(Cassazione civile Sez. 3^, Sentenza n. 16237 del 03/08/2005).
Peraltro poichè le tabelle non costituiscono norme di diritto, nè
rientrano nella nozione di fatto di comune esperienza, di cui
all'art. 115 c.p.c., la parte che in sede di legittimità
lamenti il vizio di motivazione della sentenza - consistente
nell'incongrua applicazione delle tabelle - non può limitarsi ad una
generica denuncia del vizio relativamente al valore del punto preso
in considerazione, ma deve dare conto delle tabelle invocate,
indicando in quale atto sono state prodotte e in quale senso sono
state disapplicate o - incongruamente applicate dal Giudice di
merito (Cassazione civile sezione 3^ n. 27723 del 16/12/2005).
Il ricorso va pertanto respinto con condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione
nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione che
liquida in complessivi Euro 2.300.000 oltre 100 Euro per spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di
consiglio, il 17 gennaio 2006.
Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2006
Nessun commento:
Posta un commento