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(Sezione prima, sentenza n. 46263/08; depositata il 16 dicembre) |
CASSAZIONE PENALE
Cass. pen. Sez. I, (ud. 19-11-2008) 16-12-2008, n. 46263
Cass. pen. Sez. I, (ud. 19-11-2008) 16-12-2008, n. 46263
Svolgimento del processo
Con
tre distinte ordinanze del 22/10/2007 il Magistrato di Sorveglianza di
Novara ha rigettato i reclami proposti dal detenuto B.A. avverso
distinti provvedimenti di esclusione dalle attività in comune per giorni
quindici deliberati dal Consiglio di disciplina della Casa
circondariale di (OMISSIS) sull'assunto che ciascuna delibera non fosse
viziata in punto di legittimità, non essendo giustificato il
comportamento del detenuto in relazione al quale la relativa delibera
era stata adottata.
Il Magistrato di
Sorveglianza ha infatti ritenuto che la perquisizione personale mediante
denudamento con flessioni sulle gambe prima di andare a colloquio con
il difensore, alla quale il detenuto aveva ripetutamele opposto il suo
rifiuto, non fosse atto illegittimo in quanto prevista e disciplinata
nelle modalità dall'art. 24 del regolamento interno dell'Istituto
carcerario e dagli ordini di servizio n. 382 bis dell'11/7/2001 e n. 419
del 14/1/2003, in linea con la circolare ministeriale 16/2/2001 del DAP
emanata a seguito della sentenza 15/11/2000 della Corte Costituzionale,
dettata da ragioni di sicurezza e dall'intento di evitare il passaggio
di eventuali comunicazioni fraudolente con il contatto diretto con
persone terze rispetto all'Amministrazione Penitenziaria, documentata
regolarmente nella sua esecuzione.
Avverso
tali provvedimenti il difensore, con atti del 19/11/2007, ha proposto
tre ricorsi, con unico testo, deducendo violazione di legge e illogicità
della motivazione posto che - a suo avviso - le perquisizioni non
trovavano alcun fondamento giustificativo dovendo il detenuto solo
recarsi a colloquio con il suo difensore.
Motivi della decisione
Ritiene
il Collegio, esaminando i tre ricorsi, già riuniti a verbale della
camera di consiglio, che la censura meriti piena condivisione, avendo il
giudice del merito fondato la sua decisione di rigettare il relativo
reclamo su erronea applicazione delle norme pur richiamate
esaustivamente nella motivazione. Deve infatti il Collegio interamente
richiamare i principi di diritto affermati da questa Corte nella
sentenza n. 8411 del 2004, alla quale ritiene di dare piena continuità.
E' stato, infatti, in quella sede affermato che:
"L'errore
di diritto insito nel provvedimento del Magistrato di sorveglianza
consiste nel non avere correttamente individuato gli effettivi nessi
esistenti, in materia di ispezioni corporali, tra l'esigenza di ordine e
sicurezza interna negli istituti, che legittima l'esercizio del potere
di coazione personale, e il rispetto della dignità inerente alla persona
umana nel trattamento del detenuto (cui pure fanno riferimento l'art. 2
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
l'art. 10, comma 1, del Patto internazionale sui diritti civili e
politici), nessi che comportano per l'interprete il doveroso
contemperamento di valori di pari rango costituzionale e l'attento
apprezzamento dell'osservanza dei limiti "sostanziali", che perimetrano
non solo l'an ma anche il "quomodo" del potere di perquisizione
personale. L'ordinanza impugnata, nel ritenere invece, quasi per
apodittica e astratta definizione, in ogni caso "privilegiata"
l'esigenza di sicurezza interna, ha omesso di considerare che l'unica
base giustificativa delle modalità, di per sè degradanti e umilianti,
dell'ispezione corporale, in grado di rendere l'operazione non
arbitraria nè vessatoria, ècostituita dalla "congruità" dell'atto
rispetto al fine cui è diretto, verificabile di volta in volta sulla
base dei criteri di ragionevole necessità o non superfluità, adeguatezza
e proporzionalità dello specifico intervento sul corpo nudo del
detenuto da parte degli organi penitenziari. Risulta infatti evidente,
alla stregua della semplice lettura della disposizione regolamentare
adottata dalla direzione dell'istituto penitenziario di Parma,
l'avvenuta violazione, nel caso concreto, del fondamentale diritto del
detenuto alla riservatezza e alla intimità personale a causa del
carattere superfluo e sproporzionato della misura "in corpore"
sistematicamente prescritta, a ben vedere, pure in assenza di quelle
situazioni eccezionali che, sole, ne legittimano l'applicazione. Ed
invero, osserva il Collegio che il detenuto in regime di sorveglianza
speciale ex art. 41 bis O.P., proprio per la sua qualificata
pericolosità, ègià sottoposto, in linea di fatto, a particolari
limitazioni ed a permanenti forme di controllo e vigilanza anche nel
corso degli spostamenti interni nell'ambiente carcerario, e che, d'altra
parte, secondo la disposizione regolamentare di cui alla lett. h)
dell'ordine di servizio n. 72 del 9.7.2001 della direzione
dell'istituto, "il controllo a vista" e taluni "accorgimenti" (non
consentiti - si ammette esplicitamente - solo a causa della "ben nota
carenza di personale") potrebbero far ritenere l'ordinaria perquisizione
personale sufficientemente congrua rispetto al fine e viceversa
superflue le più gravose modalità del "denudamento senza flessioni" -
addirittura ripetuto più volte nel corso della stessa giornata -, in
occasione dell'accesso del detenuto alla sala per le videoconferenze.
Deve
dunque trarsene la logica conseguenza che la criticata disposizione
regolamentare, nella sua astrattezza e genericità, non appare conforme
alla linee fondamentali del sistema in materia di perquisizione
personale del detenuto, le quali, nei termini indicati dalla citata
sentenza n. 526 del 2000 della Corte costituzionale, assegnano decisiva
rilevanza, insieme alla pericolositàper l'ordine e per la sicurezza
interna, al senso di umanità e alla dignità della persona. Per contro, i
denunziati atti di ispezione corporale, significativamente invasivi
della sfera personale dell'individuo, non risultano motivatamente
ancorati ad un criterio ragionevole ed obiettivamente verificabile di
effettiva necessità e proporzione in riferimento al caso in esame.
Resta
inteso che l'ispezione corporale con le modalità del "denudamento",
anzichè l'ordinaria perquisizione personale, ben può' essere
legittimamente disposta ed eseguita dagli organi dell'amministrazione
penitenziaria, quando sia motivatamente sorretta da effettive,
specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna, in riferimento
alla peculiare situazione di fatto o alla pericolosità dimostrata "in
concreto" dalla condotta del detenuto che rendano, nella specie, la
misura ragionevolmente necessaria e proporzionata." Appare quindi palese
che nella specie il giudice del merito non si sia attenuto, nell'esame
dei tre reclami sottoposti alla sua valutazione, ai principi sopra
trascritti (e segnatamente all'osservanza del canone di necessità,
adeguatezza e proporzionalità ben delineato nella parte motiva del testo
trascritto che si è sopra posto in risalto). Il Magistrato di
Sorveglianza di Novara ha infatti affermato la legittimità della
previsione regolamentare e la correttezza dei contestati atti
applicativi sul rilievo, astratto e viziato da automatismo indebito,
della possibilità che nel corso del colloquio personale del detenuto con
il difensore, senza vetro divisorio, vengano veicolati dal primo al
secondo oggetti non riscontrabili in sede di ordinaria perquisizione, in
tal guisa indebitamente ritenendo prevalente la astratta esigenza di
sicurezza ed imponibile automaticamente una forma di controllo che, per
la sua grave invasività, deve essere adottata solo in circostanze che ne
facciano ritenere ineluttabile l'adozione.
Al nuovo esame dei reclami, alla luce degli esposti principi, dovrà quindi attendere il giudice del rinvio.
P.Q.M.
Annulla le ordinanze impugnate e rinvia per nuovo esame al Magistrato di Sorveglianza di Novara.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2008
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