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venerdì 12 settembre 2014

Cassazione: Ubriaco al volante, dice "no" al test: perde venti punti sulla patente La guida in stato d'ebbrezza e il rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico sono fattispecie diverse: legittima la sanzione pari alla somma delle decurtazioni previste per ciascuna violazione



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(Sezione seconda, sentenza n. 3745/09; depositata il 16 febbraio)
CIRCOLAZIONE STRADALE
Cass. civ. Sez. II, 16-02-2009, n. 3745
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Z.J.A. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del Giudice di Pace di Caprino Veronese del 30.7 - 3.8.2004 che ha rigettato il suo ricorso nel quale egli lamentava che, per le infrazioni di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 e all'art. 186 C.d.S., comma 7, (guida in stato di ebbrezza e rifiuto di sottoporsi al test alcolimetrico), gli era stata applicata la decurtazione di venti punti (10 per ciascuna delle infrazioni contestate, costituenti reato) sulla patente di guida.
Il Giudice di pace, premesso che nessuna contestazione formulava lo Z. rispetto alle violazioni e precisato che il rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolimetrico costituiva violazione dell'art. 186 C.d.S., comma 7 (che aveva sostituito il precedente comma 6), ha ritenuto che, dalla patente del ricorrente dovessero essere detratti dieci punti per ciascuna delle ipotesi contestate e, quindi, complessivamente venti punti.
Il ricorso dello Z. consta di due motivi, articolati in più censure ed illustrati da memoria.
Il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Verona resistono con controricorso.

Motivi della decisione

1. L'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall'Avvocatura dello Stato è infondata atteso che il ricorso risulta notificato sia al Ministero dell'Interno, parte nel giudizio a quo (presso l'Avvocatura Generale), che alla Prefettura di Verona, costituitasi in primo grado in rappresentanza del Ministero (cfr. intestazione della sentenza).
1.a. In ogni caso ogni (eventuale) nullità della notifica del ricorso (non meglio precisata nel controricorso) sarebbe sanata dalla costituzione in giudizio sia del Ministero che della Prefettura di Verona.
2. Quanto al merito, il Collegio osserva che i due motivi di ricorso (entrambi riguardanti l'ingiustizia della doppia decurtazione dei punti) possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro logicamente e funzionalmente connessi.
3. Innanzitutto non sussiste il preteso vizio di motivazione (lamentato nel secondo motivo) avendo il giudice fatto riferimento, per giustificare la propria decisione, al "prontuario allegato al codice della strada" (come si ammette nello stesso ricorso) ed emergendo dal complesso della (sia pure scarna) motivazione, la ratio decidendi in forza della quale il giudice a quo ha ritenuto che, per ciascuna delle diverse violazioni commesse dallo Z., potesse - e dovesse - essere applicata una decurtazione di dieci punti.
4. La censura di violazione di legge (art. 186 C.d.S., comma 2 e art. 186 C.d.S., comma 7 nonchè art. 126 C.d.S.), dedotta nel primo motivo, non è, ad avviso del Collegio, fondata per nessuno dei profili che la sorreggono.
E precisamente:
a) sul significato e la lettera della norma dell'art. 186 C.d.S., comma 2, in combinato disposto con l'art. 126 C.d.S. ed allegata tabella;
b) sul confronto con la altre ipotesi previste dalla tabella;
c) sulle finalità della norma che prevede la riduzione dei punti;
d) sul concorso apparente di norme.
5. Il Collegio ritiene che, per ragioni logiche, occorra innanzitutto rilevare che nella specie non ricorre l'asserita ipotesi del concorso apparente di norme.
5.a. Trattasi di un istituto che, sia pure approfondito soprattutto dalla scienza penalistica, non può non riguardare anche la teoria generale del diritto e, in particolare, la materia della sanzioni amministrative, nella quale determinate condotte tipiche, assunte come illecite, sono sanzionate anzichè dalle note pene previste per i delitti e le contravvenzioni, con la imposizione del pagamento di somme cui può conseguire anche l'applicazione di sanzioni accessorie (nel campo penalistico: pene accessorie).
6. Ebbene, secondo le teorie dottrinali più accreditate e la giurisprudenza prevalente, si ha concorso apparente di norme quando più leggi (penali o, comunque, sanzionatorie) regolano la stessa materia (art. 15 c.p.) dovendosi, per "stessa materia", intendere la "stessa situazione di fatto", e, più precisamente, quando lo stesso accadimento concreto, inteso come fatto storicamente determinato, possa integrare il contenuto descrittivo di diverse previsioni legislative astratte a carattere sanzionatorio.
7. In forza di ciò non può ritenersi sussistente il concorso apparente di norme nel caso in cui fatti (accadimenti) ipotizzati dalla fattispecie astratta siano diversi nella loro materialità oppure quando la norma che regola un fatto (accadimento) contenga una clausola di riserva (in genere del tipo: "salvo che il fatto non sia preveduto come reato o non costituisca più grave reato - nel nostro caso illecito - da altra disposizione di legge") o, infine, se la norma che prevede una fattispecie di illecito faccia richiamo, solo quoad poenam (id est: quanto alla sanzione applicabile) ad altra norma - prevedente diversa fattispecie.
8. Nel caso che ne occupa, l'art. 186 C.d.S., comma 2, prevede, come ipotesi astratta soggetta a sanzione, la condotta di colui che guida in stato di ebbrezza, mentre il comma 7 prevede la condotta di colui che, opportunamente invitato a sottoporvisi, rifiuti l'accertamento del tasso alcolemico.
Non vi è alcun dubbio che le condotte previste dalle due ipotesi astratte siano diverse nel loro contenuto, sia fattuale che temporale, e che il comma 7, facendo salva l'ipotesi che il fatto costituisca più grave reato, richiami la norma del comma 2 solo quanto alle sanzioni.
9. Per quanto concerne, poi, le indicazioni della tabella, allegata all'art. 126 bis C.d.S., il Collegio osserva che non è decisivo l'argomento secondo cui nella colonna indicante il punteggio 10 (da decurtare) siano previsti i commi 2 e 7, posto che:
a) ciò si verifica anche negli altri casi in cui lo stesso punteggio (da decurtare) è previsto per ipotesi di illeciti diversi (si pensi all'art. 189 C.d.S. che prevede la decurtazione di 10 punti per l'ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, del C.d.S., costituente illecito amministrativo, e l'ipotesi del comma 6, costituente delitto; alla violazione dell'art. 172 C.d.S., che comporta la stessa decurtazione di punti per chi non fa uso delle cinture di sicurezza e per la condotta, indubbiamente diversa, di chi, pur facendone uso, ne altera il funzionamento; all'art. 174 C.d.S., commi 4 e 5; all'art. 191 C.d.S. che prevede l'obbligo per conducenti di fermarsi o arrestarsi in diverse situazioni di fatto). Solo nel caso in cui i punteggi siano diversi, vi è nella tabella l'indicazione di essi sotto diverse colonne a la previsione della (diversa) ipotesi sanzionatoria, quando questa sia prevista nello stesso articolo);
b) non sarebbe ragionevole applicare (come si pretende nella specie) la stessa decurtazione di punteggio a chi commetta due violazioni entrambi meritevoli di sanzione ed a chi commetta una sola delle violazioni accertate e previste nello stesso articolo.
10. Quanto alle finalità della normativa che ha introdotto la decurtazione dei punti, deve affermarsi il principio esattamente opposto a quello propugnato dal ricorrente secondo il quale si dovrebbe applicare sempre e solo la sanzione (unica) a quei comportamenti che creino pericolo alla circolazione e solo per le condotte che violino le disposizioni sul comportamento alla guida, così che sarebbe "incongruo sanzionare con la riduzione del punteggio il rifiuto di sottoporsi all'esame alcolimetrico, che non crea alcun pericolo per la sicurezza della circolazione e che sarebbe sottoposto a sanzione solo perchè considerato dall'ordinamento come implicita ammissione dello stato di ebbrezza". 10.a. Si tratta di argomenti che certamente non tengono conto del complesso delle norme del codice della strada alla cui violazione consegue la decurtazione del punteggio. Basti pensare alla violazione di obblighi tesi alla protezione del guidatore, come l'uso del casco e delle cinture, o alla fuga dopo un incidente con danni alle persone, che ha lo scopo di consentire l'identificazione del guidatore coinvolto e ne sanziona solo la condotta successiva all'incidente, che nessun pericolo arreca alla sicurezza della circolazione. E' proprio quest'ultimo esempio che dimostra come il legislatore ha scelto di punire e comminare la decurtazione dei punti, anche per quelle (sole) condotte che impediscano l'accertamento dei fatti connessi alla (già avvenuta) violazione di una norma di comportamento nella guida, come quella di chi non si fermi dopo un incidente o che impedisca l'accertamento dello stato di ebbrezza alcoolica o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti.
La diversità dei beni giuridici tutelati dalle due ipotesi di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto di sottoporsi all'accertamento conferma ancora una volta la diversità e l'autonomia delle singole ipotesi (nella specie delittuose) e, quindi, della ratio puniendi.
11. In buona sostanza, nel caso di plurime violazioni della legge e di concorso effettivo o reale (non apparente) di norme o di plurime violazioni della stessa norma, vige il principio generale del cumulo materiale (più azioni od omissioni) o formale (una sola azione od omissione) (sanciti, in materia penale dall'art. 73 c.p., commi 1 e 3 e dall'art. 81 c.p., comma 1). Il cumulo materiale si esprime nel concetto tot crimina tot poenae e le conseguenze sanzionatorie possono essere attenuate nei soli casi previsti dal legislatore (concorso formale o continuazione).
12. La conferma di tali principi si rinviene, quanto alla materia della sanzioni amministrative in generale, nella legge fondamentale che le regola (L. n. 689 del 1981, art. 8), e, proprio per il caso della decurtazione dei punti dalla patente, dall'art. 126 C.d.S., comma 1 bis, che prevede la decurtazione nel massimo di 15 punti quando vengano accertate contemporaneamente più violazioni delle norme di cui a comma 1.
Nel caso di specie la violazione di detta norma (art. 126 C.d.S., comma 1 bis) non venne denunziata al giudice di primo grado nè lo è stata in questa sede e, in ogni caso, la disposizione non poteva - nè può - essere applicata, per l'assorbente ragione che, per entrambe le violazioni accertate (artt. 186 C.d.S., commi 2 e 7), è prevista la sospensione della patente di guida.
13. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con a condanna del ricorrente alle spese, liquidate in Euro 600,00 per onorario, oltre le spese prenotate a debito.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 600,00 per onorario, oltre le spese fisse e quelle prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2009

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