(Sezione quinta, sentenza n. 4329/09; depositata il 30 gennaio) |
Cass. pen. Sez. V, (ud. 28-10-2008) 30-01-2009, n. 4329
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
OSSERVA
Una
missiva apparentemente a firma di V.C., che denunciava un sistema di
spartizioni degli appalti pubblici gestiti nella Provincia di (OMISSIS),
inviata al GIP presso il Tribunale di Perugia veniva da questi
trasmessa al Pubblico Ministero, che disponeva indagini di Polizia
Giudiziaria.
La informativa della Squadra
mobile forniva elementi per un approfondimento degli accertamenti e
venivano perciò disposte intercettazioni telefoniche delle utenze
intestate a Ma.
G..
Gli
elementi emersi da tali intercettazioni e da ulteriori informative
della Polizia Giudiziaria legittimavano anche i decreti di proroga delle
intercettazioni.
Dalle stesse emergeva un
complesso sistema di spartizione degli appalti pubblici della Provincia
di (OMISSIS) mediante il pilotaggio delle gare, che vedeva coinvolti
imprenditori e funzionari dell'Amministrazione provinciale.
In
estrema sintesi si stabiliva chi dovesse vincere una determinata gara e
si dava indicazione precisa alle imprese concorrenti di effettuare
determinate offerte di ribasso in modo da garantire l'esito
preventivato; l'impegno dei funzionari era ripagato adeguatamente.
In
base agli esiti delle intercettazioni telefoniche di cui si è detto il
GIP presso il Tribunale di Perugia emetteva ordinanza impositiva della
misura cautelare degli arresti domiciliari anche nei confronti di C.S. e
M.E. della srl Costruttori Edili per i delitti di turbativa d'asta in
relazione alla assegnazione dei lavori relativi agli interventi di
straordinaria manutenzione dell'area ex Villino (OMISSIS) e di
corruzione per avere dato un corrispettivo alla B.M. A. per il tramite
di L.M..
Con la stessa ordinanza venivano applicate misure cautelari ad oltre trenta indagati.
Il
Tribunale di Perugia, con ordinanza emessa in data 30 giugno 2008, dopo
avere rigettato le eccezioni concernenti la pretesa inutilizzabilità
delle intercettazioni telefoniche, rigettava le istanze di riesame.
Con il ricorso per cassazione i coniugi C.S. e M.E. hanno dedotto:
1)
la violazione ed erronea applicazione dell'art. 273 e ss. c.p.p. in
punto esigenze cautelari e vizio di motivazione perchè il Tribunale non
aveva tenuto conto della incensuratezza degli indagati, del fatto che
non era emerso alcun elemento che potesse fare ritenere una condotta
volta all'inquinamento delle prove, che la gravità era genericamente
indicata con riferimento alla complessiva vicenda, ma non con riguardo
alla posizione degli indagati ed, infine, che la C. aveva certamente una
posizione marginale e presumibilmente nemmeno consapevole;
2)
la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sia perchè la
inutilizzabilità delle intercettazioni rendeva inesistenti gli indizi,
sia perchè i ricorrenti erano stati citati soltanto indirettamente da
terze persone, sia perchè la C. non era stata destinataria di alcuna
chiamata telefonica, sia perchè il collegamento tra l'appalto ed i
lavori eseguiti presso la villa del m., funzionario provinciale ma non
responsabile del procedimento, appariva incoerente;
3) la violazione dell'art. 333 c.p.p., comma 3, art. 267 c.p.p., comma 1 e art. 271 c.p.p.
in relazione all'originario decreto di intercettazione del (OMISSIS) ed
inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche perchè fondate su
una denuncia anonima;
4) la violazione dell'art. 268 c.p.p., comma 3 e art. 271 c.p.p.
con conseguente inutilizzabilità delle intercettazioni e vizio di
motivazione sul punto perchè le operazioni di intercettazione erano
state compiute con impianti esistenti presso la Procura della
Repubblica, ma con ascolto remotizzato presso la sala di ascolto della
Squadra Mobile di (OMISSIS).
I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da C.S. e M.E. non sono fondati.
Deve
essere logicamente esaminato dapprima il terzo motivo di impugnazione
concernente la pretesa inutilizzabilità delle intercettazioni
telefoniche perchè fondate su una denuncia anonima.
La tesi dei ricorrenti non può essere condivisa.
La
denuncia anonima non può probatoriamente essere utilizzata, ma non vi è
dubbio che le notizie contenute nella stessa possano, ed anzi debbano
per effetto del principio della obbligatorietà dell'azione penale,
costituire spunti per una investigazione di iniziativa del Pubblico
Ministero o della polizia giudiziaria al fine di assumere dati
conoscitivi diretti a verificare se dall'anonimo possano ricavarsi gli
estremi utili per la individuazione di una valida notitia criminis
(Cass., Sez. 4, 17 maggio 2005 - 10 agosto 2005, n. 30313, CED 232021).
Naturalmente in base alla denuncia anonima non possono essere compiuti
atti, quali ad esempio le intercettazioni telefoniche, che presuppongono
la esistenza di indizi di reato proprio perchè l'anonimo non è
utilizzabile. Con più specifico riferimento al caso di specie, va detto
che certamente è configurabile il delitto di calunnia anche nel caso,
peraltro espressamente previsto dall'art. 368 c.p., in cui una
falsa incolpazione sia contenuta in una denuncia anonima; ciò perchè,
come si è detto, il pubblico ministero ha il dovere di svolgere atti di
verifica al fine di acquisire una valida notitia criminis, con
conseguente idoneità di tali atti a ledere l'interesse al corretto
funzionamento della giustizia e l'interesse privato della persona offesa
, qualora la denuncia si riveli priva di fondamento (vedi Cass., Sez.
6, 8 novembre 2006 - 14 dicembre 2006, n. 40763, CED 235473).
Quindi
correttamente il Pubblico Ministero perugino di fronte ad una denuncia
anonima, che ipotizzava gravi reati contro la Pubblica Amministrazione,
ha operato una iscrizione nel registro a carico di Ignoti per il delitto
di calunnia ed ha avviato le investigazioni utili sia ad individuare
l'anonimo, sia a chiarire i fatti di cui lo scritto anonimo parlava.
Le
investigazioni suddette, come precisato dal provvedimento impugnato,
hanno prodotto la nota della Squadra Mobile di (OMISSIS) del (OMISSIS),
che non ha individuato l'anonimo, ma ha fornito un quadro più completo
della situazione denunciata con l'avvertenza che l'appalto di cui
l'anonimo parlava stava per essere aggiudicato.
In
siffatta situazione del tutto logicamente il Pubblico Ministero ha
ritenuto che fossero ravvisabili due ipotesi di reato alternative,
ovvero la calunnia, questa volta sostanziata da elementi pienamente
utilizzabili, oppure gravi reati contro la pubblica amministrazione
emergenti dalla citata nota della polizia giudiziaria. La ragionevole
considerazione che l'anonimo, così bene a conoscenza di vicende
concernenti la aggiudicazione di appalti, potesse essere in contatto
telefonico con alcuni concorrenti alle gare in corso ha indotto il
Pubblico Ministero a richiedere, ed il GIP ad autorizzare,
intercettazioni telefoniche sulla utenza del Ma., imprenditore
concorrente in numerose gare; lo consentivano sia i reati ipotizzati -
calunnia - per i quali erano ravvisabili gravi indizi di reato, sia la
urgente - imminente aggiudicazione di un appalto - ed indispensabile
necessità di intervenire .
Gli esiti delle
intercettazioni telefoniche sulla utenza del Ma. hanno fatto emergere
gravi indizi di altri reati e, quindi, legittimamente l'Autorità
Giudiziaria perugina ha prorogato le intercettazioni e ne ha disposte di
nuove su altre utenze telefoniche.
Appare,
infine, quasi superfluo rilevare che, per giurisprudenza costante, gli
elementi desumibili da intercettazioni possono costituire validi indizi
di ulteriori reati e che la eventuale inutilizzabilità, da escludere,
per quel che si è detto, nel caso di specie, di una intercettazione non
si trasferisce a quelle disposte in base agli esiti della prima, che,
comunque, costituiscono una valida notitia criminis. Non merita censure,
pertanto, l'attività di intercettazione eseguita dall'autorità
giudiziaria di (OMISSIS).
Infondato è anche il quarto motivo di impugnazione.
Come
ha stabilito di recente (SS.UU. penali 20 giugno 2008 - 23 settembre
2008, n. 36359, Carli, rv. 240395) la Suprema Corte a sezioni unite, con
decisione che questo Collegio condivide, condizione necessaria per la
utilizzabilità delle intercettazioni è che l'attività di registrazione,
che, sulla base delle tecnologie attualmente in uso, consiste nella
immissione dei dati captati in una memoria informatica centralizzata,
avvenga nei locali della Procura della Repubblica mediante l'utilizzo di
impianti ivi esistenti, mentre non rileva che negli stessi locali
vengano successivamente svolte anche ulteriori attività di ascolto,
verbalizzazione ed eventuale riproduzione dei dati così registrati, che
possono dunque essere eseguite in remoto presso gli uffici di polizia
giudiziaria.
Ciò essenzialmente perchè
l'attività di riproduzione, e cioè di trasferimento su supporti
informatici di quanto registrato mediante gli impianti presenti
nell'ufficio giudiziario, è operazione estranea alla nozione di
registrazione, la cui remotizzazione non pregiudica le garanzie della
difesa, alla quale è sempre consentito l'accesso alle registrazioni
originali.
Il secondo motivo di impugnazione
poggia sul presupposto erroneo della inutilizzabilità degli esiti delle
intercettazioni telefoniche, avendo i ricorrenti sostenuto che,
eliminando gli elementi indiziari desumibili dalle intercettazioni non
risultavano altri indizi a carico degli indagati.
L'assunto
è errato per tutte le ragioni già esposte e ciò a prescindere dal fatto
che a carico dei ricorrenti sono ravvisabili numerosi altri indizi
puntualmente messi in evidenza dal Tribunale.
Il
fatto che nelle intercettazioni i coniugi M. siano per lo più citati da
terze persone non appare rilevante perchè i conversanti non sapevano di
essere intercettati e, quindi, le loro parole appaiono particolarmente
attendibili.
Inoltre l'affermazione non
corrisponde del tutto a verità perchè vi sono conversazioni intercettate
particolarmente significative intercorse tra il M. ed il faccendiere
L., che era l'intermediario tra gli imprenditori e la funzionaria B..
Ebbene
il Tribunale ha tratto i gravi indizi a carico dei ricorrenti dalle
conversazioni intercettate e dall'esame dei documenti sequestrati; da
tali elementi è emerso che anche l'appalto aggiudicato alla ditta degli
indagati venne pilotato secondo lo schema sommariamente indicato nella
parte narrativa, ovvero previi accordi degli imprenditori sulla
spartizione dei vari appalti, accordi poi comunicati alla B. per la
corretta esecuzione.
In questo quadro non ha
nessun rilievo che il m., funzionario provinciale, non fosse il
responsabile di quello specifico procedimento, essendo rimasto provato,
come risulta dalla motivazione del provvedimento impugnato, che il m.
era in contatto con la B. proprio per garantire che le decisioni degli
imprenditori venissero realizzate.
Quanto,
infine, al fatto che i lavori eseguiti presso la villa del m. non
fossero in collegamento con l'appalto aggiudicato alla ditta dei
ricorrenti, va detto che il Tribunale, sulla base di documenti
sequestrati ai coniugi, ha messo in evidenza che siffatti lavori vennero
eseguiti formalmente da un cittadino rumeno, ma in realtà dalla ditta
degli indagati, i quali si fecero carico anche delle spese necessarie
per l'acquisto dei materiali necessari. Del tutto logica è, pertanto, la
motivazione dell'ordinanza impugnata, che, con precisione ha messo in
evidenza i gravi indizi esistenti a carico degli indagati, i cui rilievi
finiscono con il risolversi in inammissibili censure di merito.
Infine di merito sono i rilievi concernenti la pretesa insussistenza delle esigenze cautelari.
In
effetti il Tribunale, dopo avere ricordato il complesso sistema di
spartizione degli appalti, ha chiarito che anche i piccoli imprenditori
si avvalevano del sistema creato ed erano ben a conoscenza dei
meccanismi usati, cosicchè concreto era il rischio di una reiterazione
di reati della stessa indole.
Inoltre il
Tribunale ha chiarito che appariva necessario ascoltare numerose persone
appartenenti agli stessi ambienti nei quali operavano gli indagati e,
quindi, sussisteva un concreto pericolo di inquinamento probatorio.
Ebbene
la motivazione del Tribunale sul punto appare immune da vizi logici, nè
appare superabile con le considerazioni - sostanzialmente di merito -
dei ricorrenti.
E' appena il caso di
ricordare, infine, che la affermata, dai ricorrenti, posizione marginale
della C. è stata già presa in considerazione dal Tribunale, che ha
osservato che non solo la C. era legale rappresentante della società, ma
che la stessa venne coinvolta nella fase principale della operazione,
ovvero nell'incontro finalizzato alla consegna del corrispettivo.
Per
tutte le ragioni indicate i ricorsi debbono essere rigettati ed i
ricorrenti condannati in solido a pagare le spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido a pagare le spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2009
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