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lunedì 13 luglio 2015

Consiglio di Stato: Riposi giornalieri del padre lavoratore




Riposi giornalieri del padre lavoratore

 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.4293/08
Reg.Dec.
N. 9620 Reg.Ric.
ANNO   2003
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9620/2003, proposto dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro in carica, e dalla Questura di Arezzo, in persona del Questore pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma
contro
@@@@@@@ @@@@@@@, non costituito in giudizio
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana Sez. I n. 2737 del 25 novembre 2002;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa
Relatore all’udienza del 6 giugno 2008 il Consigliere -
Ritenuto quanto segue:

FATTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana @@@@@@@ @@@@@@@ domandava l'annullamento del provvedimento della Questura di Arezzo del 14 agosto 2000 e del parere della Direzione Centrale del Personale, Servizio Ordinamento e contenzioso, Divisione, nonché l’accertamento del diritto a vedersi concedere i periodi di riposo giornalieri richiesti con relativo trattamento economico, sino al compimento di un anno di vita delle proprie figlie.
A fondamento del ricorso deduceva plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si costituiva in giudizio per resistere al ricorso il Ministero dell’Interno e la Questura di Arezzo.
Con sentenza n. 2737 del 25 novembre 2002 il TAR accoglieva il ricorso.
2.  La sentenza è stata appellata dal Ministero dell’Interno, che contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.
La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 6 giugno 2008.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. @@@@@@@ @@@@@@@, Ispettore della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato di P.S. di Montevarchi, aveva chiesto più volte al Questore della Provincia di Arezzo di poter fruire dei periodi di riduzione dell’orario di servizio per allattamento in qualità di lavoratore padre, ai sensi della legge 8 marzo 2000 n. 53, fino al compimento del 1° anno di vita delle proprie due figlie.
Con provvedimento del 14 agosto 2000 la Questura di Arezzo, tenendo conto del parere emesso dalla competente Direzione Centrale del Personale, aveva rigettato le richieste avanzate dal @@@@@@@. Secondo tale parere  è consentita la sostituzione nella fruizione dei permessi al padre solo qualora la madre sia lavoratrice autonoma e non anche nel caso che la madre sia casalinga.
L’interessato ha impugnato tale atto di diniego, deducendo, con un unico, articolato motivo, violazione dell’art. 10, 6° comma legge n. 1204/71 introdotto con l’art. 3 legge 53/2000; violazione per errata interpretazione dell’art. 6 ter legge 903/77 introdotto con l’art. 13 legge 53/2000; violazione dei principi desumibili dall’art. 31 Cost.. In via subordinata, questione di costituzionalità dell’art. 10, legge 1204/71 e dell’art. 6 ter legge 903/77 per contrasto con gli artt. 3 e 31 Cost..
Il TAR ha accolto il ricorso, ritenendo applicabile l’art. 10, 6° comma legge n. 1204/71 (introdotto dall’art. 3, comma 3, L. 59/00, secondo cui “In caso di parto plurimo i periodi di riposo sono raddoppiati e le ora aggiuntive rispetto a quelli previsti dal primo comma del presente articolo possono essere utilizzati anche dal padre”), in forza di un’interpretazione estensiva della norma che limita detto beneficio ai casi in cui la moglie non sia lavoratrice dipendente.
Appella l’Amministrazione sostenendo l’erroneità dell’equiparazione della casalinga alla lavoratrice autonoma.
2.  L’appello è infondato.
L’art. 6-ter l. 903/77 (introdotto dalla legge 59/00) stabilisce che: “I periodi di riposo di cui all’art. 10 della legge 30 dicembre 1971 n. 1204 e successive modificazioni e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente.”
Premesso che il padre, che non sia affidatario esclusivo, può beneficiare dei congedi solo se la madre sia lavoratrice, e non intenda avvalersi dei congedi spettatigli o non sia lavoratrice dipendente, correttamente il TAR ha ritenuto che l’espressione l’ultima fattispecie possa dirsi comprensiva della “lavoratrice” casalinga.
Posto, infatti, che la nozione di lavoratore assume diversi significati nell’ordinamento, ed in particolare nelle materie privatistiche ed in quelle pubblicistiche, è a quest’ultimo che occorre fare riferimento, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità, in attuazione delle finalità generali, di tipo promozionale, scolpite dall’art. 31 della Costituzione.
In tale prospettiva, essendo noto che numerosi settori dell’ordinamento considerano la figura della casalinga come lavoratrice (sul punto un’interessante ricostruzione è fornita da Cass. 20324/05, al fine di risolvere il problema della risarcibilità del danno da perdita della relativa capacità di lavoro), non può che valorizzarsi la ratio della norma, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato.
3.  L’appello deve essere respinto. La natura della controversia, legata a una questione interpretativa, giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 6 giugno 2008, con l'intervento dei sigg.ri:
-


 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 9/09/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA

CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero..............................................................................................

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

                                                                       Il Direttore della Segreteria
Il padre dipendente può fruire dei riposi giornalieri, nei limiti di due ore o di un’ora al giorno a seconda dell’orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino o entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato, anche qualora la madre sia casalinga.
L’INPS, con circolare n. 112 del 15 ottobre 2009, in considerazione dell´interpretazione estensiva operata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 4293 del 9 settembre 2008 su i riposi giornalieri dovuti al padre lavoratore anche in caso di madre casalinga, fornisce le indicazioni per usufruire di detta possibilità.
L’art. 40, lett. c, del d.lgs. 151/2001 (T.U. maternità/paternità) prevede che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi giornalieri “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”.
In attuazione della citata disposizione, l’Inps, in varie circolari, aveva ritenuto che per madre “lavoratrice non dipendente” dovesse intendersi la madre “lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola, parasubordinata, libera professionista) avente diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell’Istituto o di altro ente previdenziale” e non anche la madre casalinga, con conseguente esclusione, in tale ultima ipotesi, del diritto del padre a fruire dei riposi giornalieri salvi, ovviamente, i casi di morte o grave infermità della madre (vedi circolari n. 109/2000, 8/2003 e 95 bis 2006).

Con sentenza n. 4293 del 9 settembre 2008, il Consiglio di Stato, Sez. VI, ha dedotto, in via estensiva, che la ratio della norma in esame, “volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio”, induca a ritenere ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre anche nel caso in cui la madre casalinga, considerata alla stregua della “lavoratrice non dipendente”, possa essere tuttavia “impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato”.
Anche il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, nel condividere l’orientamento giurisprudenziale espresso dal Consiglio di Stato nella citata sentenza (vedi lettera circolare n.8494 del 12.05.2009 - all.1), ha ritenuto che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi giornalieri anche nel caso in cui la madre svolga lavoro casalingo.
Il nuovo indirizzo maturato nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, va letto anche alla luce di quanto previsto dalla lett. d, dell’art. 40 sopra citato, ai sensi del quale il padre lavoratore dipendente fruisce dei riposi giornalieri nel caso in cui la madre, anche se casalinga, sia oggettivamente impossibilitata ad accudire il neonato perché morta o gravemente inferma.
L’interpretazione estensiva operata dal Consiglio di Stato consente di riconoscere al padre lavoratore dipendente il diritto a fruire dei riposi giornalieri, oltre che nell’ipotesi già prevista dalle norme vigenti, anche in altri casi di oggettiva impossibilità da parte della madre casalinga di dedicarsi alla cura del neonato, perché impegnata in altre attività (ad esempio accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, cure mediche ed altre simili).Pertanto, in presenza delle predette condizioni, opportunamente documentate, il padre dipendente può fruire dei riposi giornalieri, nei limiti di due ore o di un’ora al giorno a seconda dell’orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino o entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato (artt. 39 e 45 del D.Lgs. 151/2001).Analogamente a quanto avviene in caso di madre lavoratrice autonoma, anche nell’ipotesi di madre casalinga, il padre dipendente può utilizzare i riposi a partire dal giorno successivo ai 3 mesi dopo il parto (ossia a partire dal giorno successivo alla fine del periodo di maternità riconosciuto per legge).In caso di parto plurimo (art. 41 del d.lgs. 151/2001), trovano applicazione le disposizioni già fornite con circolare 95 bis/2006 (punto 7.3): in particolare, anche nell’ipotesi di madre casalinga, il padre dipendente può fruire del raddoppio dei riposi e le ore aggiuntive possono essere utilizzate dal padre stesso anche durante i 3 mesi dopo il parto.
DISCIPLINA TRANSITORIATenuto conto del limite temporale entro il quale è possibile fruire dei riposi giornalieri (artt. 39 e 45 del d.lgs. 151/2001), qualora non sia ancora decorso il primo anno di vita del bambino (o il primo anno di ingresso in famiglia del minore adottato/affidato), il padre dipendente, alle condizioni di cui al paragrafo precedente, potrà beneficiare dei riposi giornalieri fino al termine del suddetto anno, ma non potrà, invece, recuperare in alcun modo le ore di riposo precedentemente non godute.
Qualora, invece, il padre dipendente avesse già fruito di ore di assenza dal lavoro a titolo di riposi giornalieri, il datore di lavoro potrà procedere al conguaglio delle retribuzioni eventualmente corrisposte al titolo in questione, sempre che ricorrano le specifiche condizioni sopra indicate.
Alle medesime condizioni, il padre lavoratore dipendente che avesse fruito nei limiti temporali previsti per i riposi giornalieri (ossia oltre i tre mesi dopo il parto ed entro l’anno di vita o di ingresso in famiglia) di assenze orarie ad altro titolo (ad esempio, ferie o permessi orari), potrà chiedere al datore di lavoro ed all’Inps la conversione del titolo giustificativo delle assenze stesse al fine di ottenere il trattamento economico e previdenziale previsto per i riposi giornalieri.
La domanda del padre, corredata della necessaria documentazione, dev’essere presentata all’Inps ed al datore di lavoro secondo le modalità indicate nella circolare 109/2000 (punto 2) entro l’anno di prescrizione, decorrente dal giorno successivo all’ultimo giorno di fruizione dell’assenza.
Per i periodi in cui il lavoratore padre fruisce dei riposi in parola è dovuta un’indennità pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi medesimi.L’indennità è anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio nel mod. DM10 con i contributi dovuti nel mese e con il previsto codice del quadro “D” D800”. Nella denuncia Emens saranno riportati i dati riferiti ai riposi medesimi.Per la regolarizzazione di eventuali periodi pregressi sarà utilizzata la procedura DM10/V e saranno rettificate le denunce Emens già trasmesse.

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