CIRCOLAZIONE STRADALE
Cass. civ. Sez. III, 28-05-2009, n. 12547
Cass. civ. Sez. III, 28-05-2009, n. 12547
Svolgimento del processo
1.1.
Con citazione del novembre 1994 D.P.C. e N. P. convenivano in giudizio
innanzi al Tribunale di Napoli C.A. e la UNIVERSO Ass.ni s.p.a.
(successivamente fusa per incorporazione nella ITALIANA Ass.ni. s.p.a.),
per sentirli condannare al risarcimento dei danni materiali e fisici,
rispettivamente subiti nell'incidente stradale verificatosi in
(OMISSIS), allorchè la Fiat Uno, di proprietà e condotta dal D.P., su
cui era trasportata la D. P., era stata tamponata dalla Fiat 126 della
C..
Precisavano che, per effetto dell'urto, la
Fiat Uno era rimasta fortemente danneggiata, mentre la N. aveva subito
lesioni personali gravi, tali da dovere ricorrere a prestazioni di
pronto soccorso presso l'ospedale di (OMISSIS) e, quindi, presso
l'ospedale (OMISSIS).
Resisteva la compagnia
di assicurazioni, che contestava il quantum delle pretese risarcitorie
e, in un secondo momento, anche l'an debeatur.
La
causa, istruita con una c.t.u. medico - legale, prova orale e
documentale era decisa con sentenza in data (OMISSIS), con cui il G.O.A.
dichiarava l'esclusiva responsabilità della C. nell'incidente e la
condannava, in solido con la UNIVERSO Ass.ni s.p.a., al pagamento della
somma di L. 800.000 oltre interessi e rivalutazione in favore di D.P.C.,
nonchè della somma omnicomprensiva di L. 516.800.000 in favore di N.P.,
oltre al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in L. 20.000.000
oltre IVA e CPA e spese generali, in favore dell'avv. DI FOGGIA Nicola
distrattario.
1.2. La sentenza era gravata da
appello dalla ITALIANA Ass.ni, la quale lamentava che il G.O.A. avesse
ritenuto sussistente il nesso causale tra l'incidente e l'aborto
gemellare, subito dalla N. a distanza di quarantacinque giorni da detto
incidente e avesse, invece, negato il concorso di colpa della
trasportata; l'appellante contestava, altresì, la determinazione
quantitativa del danno morale e psico-fisico della donna, nonchè la
liquidazione delle spese.
Si costituivano in
giudizio D.P.C., N.P. e, per quanto riguardava le spese di lite, anche
il difensore avv. DI FOGGIA Nicola. In via di appello incidentale i
coniugi D.P. chiedevano liquidarsi alla N., a titolo di danno morale, la
somma di L. 1.500.000.000.
La Corte di
appello di Napoli - previa sospensione dell'esecutorietà della sentenza
per le somme eccedenti l'importo di L. 25.000.000 - con sentenza in data
2/11 - 2/12/2003, accoglieva l'appello principale e dichiarava non
dimostrato il nesso di causalità tra il sinistro de quo e l'interruzione
della gravidanza subita da N. P.; dichiarava, altresì, il concorso di
colpa della N., nella misura del 25% nella causazione delle lesioni
sicuramente riconducibili al sinistro e, per l'effetto, condannava la
C., in solido con l'ITALIANA Ass.ni s.p.a. al pagamento in favore della
N. della somma complessiva di Euro 8.559,75, (in esso incluso il danno
morale di cui al motivo di appello incidentale), oltre interessi come in
motivazione; rideterminava in Euro 1.962,53 gli onorari e in Euro
800,00, i diritti relativi alle spese del giudizio di primo grado;
condannava gli appellati alla restituzione delle somme eventualmente
percepite in eccedenza;
condannava gli appellati D.P. e N. alla rifusione delle spese del grado.
1.3.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione D.P.C.,
N.P. e l'avv. Nicola DI FOGGIA, svolgendo tre motivi, illustrati anche
da memoria.
Ha resistito la ITALIANA Ass.ni, depositando controricorso con ricorso incidentale condizionato, nonchè memoria.
Nessuna attività difensiva è stata svolta dall'altra parte intimata, C.A..
Motivi della decisione
1. Ex art. 335 c.p.c., occorre provvedere alla riunione del ricorso principale e di quello incidentale condizionato.
1.1.
La Corte di appello - andando di contrario avviso rispetto al G.O.A. -
ha condiviso le conclusioni del c.t.u., secondo cui il nesso causale tra
il sinistro del (OMISSIS) e l'aborto gemellare subito dalla N. in data
(OMISSIS) si presentava ammissibile solo in via di mera possibilità e a
titolo di fattore concausale, ma non poteva essere affermato con
certezza: ciò in quanto - come evidenziato dal consulente - il criterio
di continuità fenomenologia non risultava adeguatamente verificato in
rapporto all'esperienza e, comunque, non era sostenuto da documentazione
coeva all'avvenimento;
peraltro il criterio
fenomenologico - specie perchè non sostenuto da chiara e continuativa
sindrome a ponte risultava insoddisfacente per eccesso di intervallo
temporale tra l'epoca del sinistro e la manifestazione dell'aborto,
nonchè in considerazione della condizione della gravidanza (gemellare e
con polidramios) che poteva costituire di per sè causa o concausa
dell'interruzione della gravidanza.
La Corte
territoriale ha, in particolare, osservato che - contrariamente a quanto
riferito dalla teste R. addotta dagli originari attori - l'urto non fu
violento, attesa la lieve entità dei danni subiti dalla Fiat Uno e ha,
altresì, evidenziato che nei referti del P.S. dei due ospedali, visitati
nell'immediatezza dell'incidente dalla N., non vi era traccia della
sintomatologia riferita dalla testimone (vomito e tracce ematiche); ha,
quindi, ritenuto singolare che, in presenza di sintomi di tal fatta, non
fosse stato disposto o richiesto il ricovero ospedaliero e che, anzi,
la donna avesse atteso diversi giorni, prima di sottoporsi a visita
ginecologica in data (OMISSIS), tanto più che delle perdite ematiche non
vi era traccia neppure nei certificati del ginecologo curante, dott.
Daniele (che le aveva menzionate solo nella dichiarazione rilasciata il
(OMISSIS), mentre in una precedente dichiarazione, rilasciata sempre a
distanza di anni dall'incidente, in data (OMISSIS), si era limitato a
riferire del contatto telefonico avuto con la N. il giorno dopo il
sinistro e a dare atto anche della visita avvenuta il (OMISSIS), in cui
verificava "collo raccorciato, svasato e borsa integra", a fronte di
controlli precedenti che evidenziavano una gravidanza gemellare in
regolare evoluzione).
Sulla base delle
considerazioni che precedono la Corte territoriale è pervenuta al
convincimento che le dichiarazioni della R. e quelle del medico curante
non fornissero elementi probatori tranquillizzanti sui quali affermare
la sicura riconducibilità al sinistro dell'aborto, avuto riguardo al
lasso di tempo trascorso tra il fatto e l'evento (45 gg), alla
delicatezza della gravidanza di natura gemellare e con polidramios,
nonchè al fatto che i feti furono estratti con il cordone ombelicale
stretto intorno al collo, non essendo neppure corretto ipotizzare la
violenza dell'urto.
1.2. Quanto al concorso di
colpa della N. la Corte di appello lo ha motivato con la considerazione
che la trasportata non indossava la cintura di sicurezza, pur non
essendo in possesso della certificazione del ginecologo, comprovante
condizioni di rischio particolari conseguenti all'uso delle cinture; ha,
quindi, confermato anche sotto questo aspetto, la correttezza delle
conclusioni del c.t.u., che aveva sottolineato l'influenza del mancato
uso della cintura nella produzione delle lesioni sicuramente accertate.
2.1.
Con il primo motivo parte ricorrente impugna la decisione in parte qua,
denunciando errore, insufficiente o contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia ai sensi dell'art. 360 c.p.c.,
n. 5. In particolare deduce l'esistenza di un errore in cui sarebbe
incorsa la Corte nell'escludere la gravità delle conseguenze subite
dalla trasportata sulla base delle lievità dei danni materiali subiti
dall'autovettura, osservando che non è ipotizzabile un rapporto di
proporzionalità tra i danni alla vettura e quelli patiti dalla
trasportata e rilevando una contraddizione nel fatto che sia stata
contemporaneamente accertato, in relazione alle altre lesioni, un danno
biologico nella percentuale del 5%; contesta, inoltre, la sussistenza di
un contrasto tra la documentazione ospedaliera e la deposizione
testimoniale, osservando che le perdite ematiche erano state rilevate
dalla testimone successivamente al trasporto nei due P.S. ospedalieri;
lamenta, quindi, l'insufficienza della motivazione in ordine alla
valutazione negativa espressa dai giudici di appello con riguardo alla
certificazione rilasciata dal medico curante, nonchè l'omessa
considerazione dell'incidenza del trauma cranico subito dalla gestante
sul decorso della gravidanza;
infine assume
che, in base a statistiche mediche, la rilevanza attribuita alla
gravidanza gemellare con polidramios come causa di aborto è
assolutamente modesta, incidendo sul fenomeno nella misura del 6%. 2.2.
Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge,
nonchè errore e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
punto decisivo della controversia; in particolare deduce, che - non
essendosi proceduto ad una nuova c.t.u. ovvero ad un supplemento di
indagine - la Corte di appello avrebbe dovuto fare ricorso al criterio
di causalità di cui agli artt. 40 e 41 c.p., e a quello presuntivo ex art. 2727 c.c.,
pervenendo all'accertamento del nesso causale, sulla base del parere
espresso dal consulente in termini di "possibilità - probabilità";
censura, infine, la carenza di motivazione sul punto del ritenuto
concorso di colpa, per non avere la Corte di appello spiegato quali
sarebbero gli eventi traumatici prodotti dalla N. in conseguenza del
mancato uso delle cinture, nè chiarito in qual modo il loro uso avrebbe
ridotto o addirittura eliso il danno.
2.3. I
suesposti motivi, che si esaminano congiuntamente, perchè tra loro
interconnessi, non meritano accoglimento. Infatti la decisione si
sottrae al sindacato di legittimità in quanto si fonda su una
motivazione congrua (avendo esplicitamente od implicitamente valutato
tutte le risultanze rilevanti), logica, non contraddittoria e rispettosa
della normativa rilevante in materia.
E'
orientamento pacifico che l'accertamento del nesso di causalità tra
l'illecito e l'evento dannoso si sostanzia in una valutazione di merito
che, in quanto congruamente motivata, non è censurabile in sede di
legittimità (ex plurimis, Cass. n. 10741 del 2002).
D'altra
parte - quando le nozioni medico - legali non forniscono, come nel caso
all'esame, una risposta in termini di certezza assoluta - la prova del
nesso causale può essere ravvisato solo in presenza di un serio e
ragionevole criterio di probabilità (cfr. in materia di responsabilità
professionale, Cass. n. 632 del 2000) e, cioè, di un elevato grado di
probabilità, dovendosi escludere la rilevanza della mera possibilità
della riconducibilità dell'evento traumatico al fatto illecito altrui.
A
tali criteri si è correttamente adeguata la Corte di appello, allorchè
ha evidenziato come il c.t.u. avesse espresso una valutazione in termini
di mera possibilità e a titolo di fattore concausale ed ha, quindi,
escluso che fosse stata acquisita la prova del nesso eziologico tra
l'incidente di cui trattasi e l'aborto subito dalla N., avuto riguardo
sia all'apprezzabile distanza temporale tra lo stesso incidente e
l'evento di cui trattasi, sia all'assenza di una documentazione
sanitaria, coeva ai fatti che attestasse una tale evoluzione (essendo
inattendibile la ®ricostruzione- della vicenda effettuata a distanza di
anni e, in termini nient'affatto lineari, dal medico curante), sia
ancora alla presenza di altri fattori di rischio preesistenti
all'incidente e ritenuti determinanti (gravidanza gemellare con
polidramios).
Merita puntualizzare che - come
emerge dalla sintesi sopra riportata - la Corte territoriale ha
proceduto a un'accurata disamina critica di tutto l'insieme probatorio
acquisito alla causa, rivisto alla luce di motivi di impugnazione, senza
incorrere in errori di logica o di diritto e quindi con un ragionamento
incensurabile in questa sede, al quale parte ricorrente, sotto
l'apparenza di denunciare vizi di motivazione o violazione di legge,
contrappone in sostanza una propria valutazione delle prove e il proprio
diverso convincimento, introducendo nel giudizio di legittimità
un'inammissibile istanza di riesame del merito.
In
particolare, quanto agli asseriti vizi logici, sembra utile rammentare
che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede
di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel
ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia
riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della
controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e
delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la
citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di
riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza
giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al
quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e,
all'uopo, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la
concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. S. U. 11/06/1998 n.
5802).
Nel caso all'esame il tessuto
motivazionale della sentenza impugnata non presenta aporie di
ragionamento che, sole, possono indurre a ritenere sussistente il vizio
di assenza, contraddittorietà o illogicità di motivazione; mentre gli
argomenti di segno contrario, svolti da parte ricorrente costituiscono,
con tutta evidenza, reiterazione di difese di merito, già esposte nella
c.t. di parte e adeguatamente disattese dai giudici di appello ovvero
censure in fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla
valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni
ritenute idonee a giustificare la decisione.
In
particolare questo Collegio non ravvisa alcuna contraddizione, tra il
punto della decisione in cui viene esclusa la violenza del tamponamento e
quello in cui viene affermata la riconducibilità al sinistro delle
lesioni accertate (trauma cranico commotivo e trauma distorsivo
cervicale), quantificate in termini di danno biologico permanente nella
misura di cinque punti percentuali; e ciò vuoi perchè si tratta di una
micropermanente, compatibile con la tesi dei giudici a quibus circa la
modestia del tamponamento, vuoi, anche, perchè - come chiarito dagli
stessi giudici, in sintonia con le valutazioni espresse dal c.t.u. -
nella produzione di tale danno ha concorso il comportamento colpevole
della odierna ricorrente, per non avere indossato la cintura di
sicurezza, pur non essendo in possesso della certificazione del
ginecologo che, ai sensi dell'art. 172 C.d.S., ne consentisse
l'esenzione.
Trattasi di valutazioni di
stretto merito, immunì da censure rilevabili in questa sede, atteso che -
anche sul punto del ritenuto concorso di colpa - parte ricorrente tende
in modo evidente ad una ricostruzione delle risultanze processuali
diversa da quella operata dai giudici di appello, con motivazione
adeguata e qui non sindacabile.
3. L'ultimo
motivo di ricorso riguarda la liquidazione delle spese processuali.
Invero i giudici di appello hanno provveduto a ridurre le spese
liquidate in primo grado e hanno, quindi, posto a carico degli appellati
D.P. e N. le spese del grado di appello.
3.1.
Parte ricorrente denuncia erronea, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa la riduzione delle spese diritti e onorari liquidati
in primo grado dal Tribunale e alla condanna delle spese del secondo
grado. Lamenta in particolare che la Corte territoriale, in applicazione
del principio di soccombenza, abbia operato una drastica riduzione
degli onorari dell'avv. DI FOGGIA e abbia poi proceduto ad una condanna
sproporzionata delle spese del grado di appello anche nei confronti del
D.P.; a questi ultimi effetti i giudici di appello sarebbero incorsi in
un errore di diritto, dal momento che la posizione del D.P. non era
oggetto nè dell'impugnazione principale della c.ia di assicurazione, nè
dell'appello incidentale.
3.2. Anche il suddetto motivo è infondato.
Va
innanzitutto chiarito che la riduzione delle spese del primo grado non è
conseguente all'applicazione del principio di soccombenza, come sembra
supporre parte ricorrente. La Corte di appello ha, infatti,
adeguatamente chiarito, con motivazione che risulta immune da censura,
che la (ri)liquidazione veniva effettuata, in considerazione dello
specifico motivo di censura dell'appellante compagnia di assicurazione,
"tenuto conto della somma in definitiva riconosciuta dell'attività
difensiva espletata nonchè delle tariffe vigenti", reputando in tal modo
eccessivi i criteri di liquidazione seguiti in primo grado e
provvedendo alla diversa quantificazione, solo genericamente contestata
in questa sede.
Va poi osservato che non vi è
violazione del principio di soccombenza nei riguardi del D.P., vuoi
perchè il motivo di appello che denunciava l'eccessività della
liquidazione delle spese del primo grado riguardava anche la posizione
di detto ricorrente (trattandosi di una liquidazione unitaria, in favore
di entrambi gli appellati, ancorchè con distrazione in favore del
legale, dichiaratosi antistatario), vuoi perchè - come emerge dal testo
della decisione impugnata - i coniugi D.P. - N. assunsero una comune
posizione difensiva anche in appello.
In definitiva il ricorso principale va rigettato, risultando assorbito quello incidentale condizionato.
Tenuto
conto della natura delle questioni trattate, oggetto di diverse
valutazioni nei due gradi del giudizio, le spese di questo grado vanno
interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte:
Riunisce
i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale
condizionato; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2009
Incidente stradale - mancato uso delle cinture di sicurezza- Risarcibilità del danno
CIRCOLAZIONE STRADALE
Cass. civ. Sez. III, 28-05-2009, n. 12547
Cass. civ. Sez. III, 28-05-2009, n. 12547
Svolgimento del processo
1.1.
Con citazione del novembre 1994 D.P.C. e N. P. convenivano in giudizio
innanzi al Tribunale di Napoli C.A. e la UNIVERSO Ass.ni s.p.a.
(successivamente fusa per incorporazione nella ITALIANA Ass.ni. s.p.a.),
per sentirli condannare al risarcimento dei danni materiali e fisici,
rispettivamente subiti nell'incidente stradale verificatosi in
(OMISSIS), allorchè la Fiat Uno, di proprietà e condotta dal D.P., su
cui era trasportata la D. P., era stata tamponata dalla Fiat 126 della
C..
Precisavano che, per effetto dell'urto, la
Fiat Uno era rimasta fortemente danneggiata, mentre la N. aveva subito
lesioni personali gravi, tali da dovere ricorrere a prestazioni di
pronto soccorso presso l'ospedale di (OMISSIS) e, quindi, presso
l'ospedale (OMISSIS).
Resisteva la compagnia
di assicurazioni, che contestava il quantum delle pretese risarcitorie
e, in un secondo momento, anche l'an debeatur.
La
causa, istruita con una c.t.u. medico - legale, prova orale e
documentale era decisa con sentenza in data (OMISSIS), con cui il G.O.A.
dichiarava l'esclusiva responsabilità della C. nell'incidente e la
condannava, in solido con la UNIVERSO Ass.ni s.p.a., al pagamento della
somma di L. 800.000 oltre interessi e rivalutazione in favore di D.P.C.,
nonchè della somma omnicomprensiva di L. 516.800.000 in favore di N.P.,
oltre al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in L. 20.000.000
oltre IVA e CPA e spese generali, in favore dell'avv. DI FOGGIA Nicola
distrattario.
1.2. La sentenza era gravata da
appello dalla ITALIANA Ass.ni, la quale lamentava che il G.O.A. avesse
ritenuto sussistente il nesso causale tra l'incidente e l'aborto
gemellare, subito dalla N. a distanza di quarantacinque giorni da detto
incidente e avesse, invece, negato il concorso di colpa della
trasportata; l'appellante contestava, altresì, la determinazione
quantitativa del danno morale e psico-fisico della donna, nonchè la
liquidazione delle spese.
Si costituivano in
giudizio D.P.C., N.P. e, per quanto riguardava le spese di lite, anche
il difensore avv. DI FOGGIA Nicola. In via di appello incidentale i
coniugi D.P. chiedevano liquidarsi alla N., a titolo di danno morale, la
somma di L. 1.500.000.000.
La Corte di
appello di Napoli - previa sospensione dell'esecutorietà della sentenza
per le somme eccedenti l'importo di L. 25.000.000 - con sentenza in data
2/11 - 2/12/2003, accoglieva l'appello principale e dichiarava non
dimostrato il nesso di causalità tra il sinistro de quo e l'interruzione
della gravidanza subita da N. P.; dichiarava, altresì, il concorso di
colpa della N., nella misura del 25% nella causazione delle lesioni
sicuramente riconducibili al sinistro e, per l'effetto, condannava la
C., in solido con l'ITALIANA Ass.ni s.p.a. al pagamento in favore della
N. della somma complessiva di Euro 8.559,75, (in esso incluso il danno
morale di cui al motivo di appello incidentale), oltre interessi come in
motivazione; rideterminava in Euro 1.962,53 gli onorari e in Euro
800,00, i diritti relativi alle spese del giudizio di primo grado;
condannava gli appellati alla restituzione delle somme eventualmente
percepite in eccedenza;
condannava gli appellati D.P. e N. alla rifusione delle spese del grado.
1.3.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione D.P.C.,
N.P. e l'avv. Nicola DI FOGGIA, svolgendo tre motivi, illustrati anche
da memoria.
Ha resistito la ITALIANA Ass.ni, depositando controricorso con ricorso incidentale condizionato, nonchè memoria.
Nessuna attività difensiva è stata svolta dall'altra parte intimata, C.A..
Motivi della decisione
1. Ex art. 335 c.p.c., occorre provvedere alla riunione del ricorso principale e di quello incidentale condizionato.
1.1.
La Corte di appello - andando di contrario avviso rispetto al G.O.A. -
ha condiviso le conclusioni del c.t.u., secondo cui il nesso causale tra
il sinistro del (OMISSIS) e l'aborto gemellare subito dalla N. in data
(OMISSIS) si presentava ammissibile solo in via di mera possibilità e a
titolo di fattore concausale, ma non poteva essere affermato con
certezza: ciò in quanto - come evidenziato dal consulente - il criterio
di continuità fenomenologia non risultava adeguatamente verificato in
rapporto all'esperienza e, comunque, non era sostenuto da documentazione
coeva all'avvenimento;
peraltro il criterio
fenomenologico - specie perchè non sostenuto da chiara e continuativa
sindrome a ponte risultava insoddisfacente per eccesso di intervallo
temporale tra l'epoca del sinistro e la manifestazione dell'aborto,
nonchè in considerazione della condizione della gravidanza (gemellare e
con polidramios) che poteva costituire di per sè causa o concausa
dell'interruzione della gravidanza.
La Corte
territoriale ha, in particolare, osservato che - contrariamente a quanto
riferito dalla teste R. addotta dagli originari attori - l'urto non fu
violento, attesa la lieve entità dei danni subiti dalla Fiat Uno e ha,
altresì, evidenziato che nei referti del P.S. dei due ospedali, visitati
nell'immediatezza dell'incidente dalla N., non vi era traccia della
sintomatologia riferita dalla testimone (vomito e tracce ematiche); ha,
quindi, ritenuto singolare che, in presenza di sintomi di tal fatta, non
fosse stato disposto o richiesto il ricovero ospedaliero e che, anzi,
la donna avesse atteso diversi giorni, prima di sottoporsi a visita
ginecologica in data (OMISSIS), tanto più che delle perdite ematiche non
vi era traccia neppure nei certificati del ginecologo curante, dott.
Daniele (che le aveva menzionate solo nella dichiarazione rilasciata il
(OMISSIS), mentre in una precedente dichiarazione, rilasciata sempre a
distanza di anni dall'incidente, in data (OMISSIS), si era limitato a
riferire del contatto telefonico avuto con la N. il giorno dopo il
sinistro e a dare atto anche della visita avvenuta il (OMISSIS), in cui
verificava "collo raccorciato, svasato e borsa integra", a fronte di
controlli precedenti che evidenziavano una gravidanza gemellare in
regolare evoluzione).
Sulla base delle
considerazioni che precedono la Corte territoriale è pervenuta al
convincimento che le dichiarazioni della R. e quelle del medico curante
non fornissero elementi probatori tranquillizzanti sui quali affermare
la sicura riconducibilità al sinistro dell'aborto, avuto riguardo al
lasso di tempo trascorso tra il fatto e l'evento (45 gg), alla
delicatezza della gravidanza di natura gemellare e con polidramios,
nonchè al fatto che i feti furono estratti con il cordone ombelicale
stretto intorno al collo, non essendo neppure corretto ipotizzare la
violenza dell'urto.
1.2. Quanto al concorso di
colpa della N. la Corte di appello lo ha motivato con la considerazione
che la trasportata non indossava la cintura di sicurezza, pur non
essendo in possesso della certificazione del ginecologo, comprovante
condizioni di rischio particolari conseguenti all'uso delle cinture; ha,
quindi, confermato anche sotto questo aspetto, la correttezza delle
conclusioni del c.t.u., che aveva sottolineato l'influenza del mancato
uso della cintura nella produzione delle lesioni sicuramente accertate.
2.1.
Con il primo motivo parte ricorrente impugna la decisione in parte qua,
denunciando errore, insufficiente o contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia ai sensi dell'art. 360 c.p.c.,
n. 5. In particolare deduce l'esistenza di un errore in cui sarebbe
incorsa la Corte nell'escludere la gravità delle conseguenze subite
dalla trasportata sulla base delle lievità dei danni materiali subiti
dall'autovettura, osservando che non è ipotizzabile un rapporto di
proporzionalità tra i danni alla vettura e quelli patiti dalla
trasportata e rilevando una contraddizione nel fatto che sia stata
contemporaneamente accertato, in relazione alle altre lesioni, un danno
biologico nella percentuale del 5%; contesta, inoltre, la sussistenza di
un contrasto tra la documentazione ospedaliera e la deposizione
testimoniale, osservando che le perdite ematiche erano state rilevate
dalla testimone successivamente al trasporto nei due P.S. ospedalieri;
lamenta, quindi, l'insufficienza della motivazione in ordine alla
valutazione negativa espressa dai giudici di appello con riguardo alla
certificazione rilasciata dal medico curante, nonchè l'omessa
considerazione dell'incidenza del trauma cranico subito dalla gestante
sul decorso della gravidanza;
infine assume
che, in base a statistiche mediche, la rilevanza attribuita alla
gravidanza gemellare con polidramios come causa di aborto è
assolutamente modesta, incidendo sul fenomeno nella misura del 6%. 2.2.
Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge,
nonchè errore e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
punto decisivo della controversia; in particolare deduce, che - non
essendosi proceduto ad una nuova c.t.u. ovvero ad un supplemento di
indagine - la Corte di appello avrebbe dovuto fare ricorso al criterio
di causalità di cui agli artt. 40 e 41 c.p., e a quello presuntivo ex art. 2727 c.c.,
pervenendo all'accertamento del nesso causale, sulla base del parere
espresso dal consulente in termini di "possibilità - probabilità";
censura, infine, la carenza di motivazione sul punto del ritenuto
concorso di colpa, per non avere la Corte di appello spiegato quali
sarebbero gli eventi traumatici prodotti dalla N. in conseguenza del
mancato uso delle cinture, nè chiarito in qual modo il loro uso avrebbe
ridotto o addirittura eliso il danno.
2.3. I
suesposti motivi, che si esaminano congiuntamente, perchè tra loro
interconnessi, non meritano accoglimento. Infatti la decisione si
sottrae al sindacato di legittimità in quanto si fonda su una
motivazione congrua (avendo esplicitamente od implicitamente valutato
tutte le risultanze rilevanti), logica, non contraddittoria e rispettosa
della normativa rilevante in materia.
E'
orientamento pacifico che l'accertamento del nesso di causalità tra
l'illecito e l'evento dannoso si sostanzia in una valutazione di merito
che, in quanto congruamente motivata, non è censurabile in sede di
legittimità (ex plurimis, Cass. n. 10741 del 2002).
D'altra
parte - quando le nozioni medico - legali non forniscono, come nel caso
all'esame, una risposta in termini di certezza assoluta - la prova del
nesso causale può essere ravvisato solo in presenza di un serio e
ragionevole criterio di probabilità (cfr. in materia di responsabilità
professionale, Cass. n. 632 del 2000) e, cioè, di un elevato grado di
probabilità, dovendosi escludere la rilevanza della mera possibilità
della riconducibilità dell'evento traumatico al fatto illecito altrui.
A
tali criteri si è correttamente adeguata la Corte di appello, allorchè
ha evidenziato come il c.t.u. avesse espresso una valutazione in termini
di mera possibilità e a titolo di fattore concausale ed ha, quindi,
escluso che fosse stata acquisita la prova del nesso eziologico tra
l'incidente di cui trattasi e l'aborto subito dalla N., avuto riguardo
sia all'apprezzabile distanza temporale tra lo stesso incidente e
l'evento di cui trattasi, sia all'assenza di una documentazione
sanitaria, coeva ai fatti che attestasse una tale evoluzione (essendo
inattendibile la ®ricostruzione- della vicenda effettuata a distanza di
anni e, in termini nient'affatto lineari, dal medico curante), sia
ancora alla presenza di altri fattori di rischio preesistenti
all'incidente e ritenuti determinanti (gravidanza gemellare con
polidramios).
Merita puntualizzare che - come
emerge dalla sintesi sopra riportata - la Corte territoriale ha
proceduto a un'accurata disamina critica di tutto l'insieme probatorio
acquisito alla causa, rivisto alla luce di motivi di impugnazione, senza
incorrere in errori di logica o di diritto e quindi con un ragionamento
incensurabile in questa sede, al quale parte ricorrente, sotto
l'apparenza di denunciare vizi di motivazione o violazione di legge,
contrappone in sostanza una propria valutazione delle prove e il proprio
diverso convincimento, introducendo nel giudizio di legittimità
un'inammissibile istanza di riesame del merito.
In
particolare, quanto agli asseriti vizi logici, sembra utile rammentare
che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede
di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel
ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia
riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della
controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e
delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la
citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di
riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza
giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al
quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e,
all'uopo, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la
concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. S. U. 11/06/1998 n.
5802).
Nel caso all'esame il tessuto
motivazionale della sentenza impugnata non presenta aporie di
ragionamento che, sole, possono indurre a ritenere sussistente il vizio
di assenza, contraddittorietà o illogicità di motivazione; mentre gli
argomenti di segno contrario, svolti da parte ricorrente costituiscono,
con tutta evidenza, reiterazione di difese di merito, già esposte nella
c.t. di parte e adeguatamente disattese dai giudici di appello ovvero
censure in fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla
valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni
ritenute idonee a giustificare la decisione.
In
particolare questo Collegio non ravvisa alcuna contraddizione, tra il
punto della decisione in cui viene esclusa la violenza del tamponamento e
quello in cui viene affermata la riconducibilità al sinistro delle
lesioni accertate (trauma cranico commotivo e trauma distorsivo
cervicale), quantificate in termini di danno biologico permanente nella
misura di cinque punti percentuali; e ciò vuoi perchè si tratta di una
micropermanente, compatibile con la tesi dei giudici a quibus circa la
modestia del tamponamento, vuoi, anche, perchè - come chiarito dagli
stessi giudici, in sintonia con le valutazioni espresse dal c.t.u. -
nella produzione di tale danno ha concorso il comportamento colpevole
della odierna ricorrente, per non avere indossato la cintura di
sicurezza, pur non essendo in possesso della certificazione del
ginecologo che, ai sensi dell'art. 172 C.d.S., ne consentisse
l'esenzione.
Trattasi di valutazioni di
stretto merito, immunì da censure rilevabili in questa sede, atteso che -
anche sul punto del ritenuto concorso di colpa - parte ricorrente tende
in modo evidente ad una ricostruzione delle risultanze processuali
diversa da quella operata dai giudici di appello, con motivazione
adeguata e qui non sindacabile.
3. L'ultimo
motivo di ricorso riguarda la liquidazione delle spese processuali.
Invero i giudici di appello hanno provveduto a ridurre le spese
liquidate in primo grado e hanno, quindi, posto a carico degli appellati
D.P. e N. le spese del grado di appello.
3.1.
Parte ricorrente denuncia erronea, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa la riduzione delle spese diritti e onorari liquidati
in primo grado dal Tribunale e alla condanna delle spese del secondo
grado. Lamenta in particolare che la Corte territoriale, in applicazione
del principio di soccombenza, abbia operato una drastica riduzione
degli onorari dell'avv. DI FOGGIA e abbia poi proceduto ad una condanna
sproporzionata delle spese del grado di appello anche nei confronti del
D.P.; a questi ultimi effetti i giudici di appello sarebbero incorsi in
un errore di diritto, dal momento che la posizione del D.P. non era
oggetto nè dell'impugnazione principale della c.ia di assicurazione, nè
dell'appello incidentale.
3.2. Anche il suddetto motivo è infondato.
Va
innanzitutto chiarito che la riduzione delle spese del primo grado non è
conseguente all'applicazione del principio di soccombenza, come sembra
supporre parte ricorrente. La Corte di appello ha, infatti,
adeguatamente chiarito, con motivazione che risulta immune da censura,
che la (ri)liquidazione veniva effettuata, in considerazione dello
specifico motivo di censura dell'appellante compagnia di assicurazione,
"tenuto conto della somma in definitiva riconosciuta dell'attività
difensiva espletata nonchè delle tariffe vigenti", reputando in tal modo
eccessivi i criteri di liquidazione seguiti in primo grado e
provvedendo alla diversa quantificazione, solo genericamente contestata
in questa sede.
Va poi osservato che non vi è
violazione del principio di soccombenza nei riguardi del D.P., vuoi
perchè il motivo di appello che denunciava l'eccessività della
liquidazione delle spese del primo grado riguardava anche la posizione
di detto ricorrente (trattandosi di una liquidazione unitaria, in favore
di entrambi gli appellati, ancorchè con distrazione in favore del
legale, dichiaratosi antistatario), vuoi perchè - come emerge dal testo
della decisione impugnata - i coniugi D.P. - N. assunsero una comune
posizione difensiva anche in appello.
In definitiva il ricorso principale va rigettato, risultando assorbito quello incidentale condizionato.
Tenuto
conto della natura delle questioni trattate, oggetto di diverse
valutazioni nei due gradi del giudizio, le spese di questo grado vanno
interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte:
Riunisce
i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale
condizionato; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2009
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