CONFISCA - SEQUESTRO PEN.
Cass. pen. Sez. IV, (ud. 11-02-2009) 30-03-2009, n. 13831
Cass. pen. Sez. IV, (ud. 11-02-2009) 30-03-2009, n. 13831
Svolgimento del processo
Con decreto del 2 luglio 2008 il G.I.P. presso il Tribunale di Milano disponeva, ai sensi dell'art. 321 c.p.p.,
comma 2, il sequestro preventivo della vettura Suzuki Swift tg.
(OMISSIS) di proprietà di F.F.. Il G.I.P. dava atto del fatto che a
seguito di un controllo, al F. era stato rilevato un tasso alcolemico di
1,90 g/l, cosicchè lo stesso era indagato del reato di guida in stato
di ebbrezza; osservava ancora il G.I.P che detta norma, come modificata
dalla novella del 2008, ed avuto riguardo al livello del tasso
alcolemico riscontrato nell'organismo del F., prevedeva la confisca del
veicolo se appartenete allo stesso autore del reato: di tal che il
sequestro doveva essere disposto in funzione della successiva confisca.
Avverso
detto provvedimento presentava istanza di riesame il F., contestando
l'esistenza stessa del "fumus" del reato posto che, a suo avviso, in
mancanza delle due prove strumentali previste per legge, il fatto
sarebbe al più riconducibile nell'ambito di applicazione dell'ipotesi di
cui alla fascia a) dell'art. 186 C.d.S., comma 2, per la quale non è
prevista la confisca del veicolo.
Il Tribunale
di Milano - in funzione di giudice del riesame - dichiarava
inammissibile il gravame. Quanto alla configurabilità del reato
contestato, il Tribunale riteneva sussistente il "fumus" richiamando le
circostanze evidenziate nel provvedimento di sequestro quali desumibili
dal verbale di contestazione: in particolare, l'esito dell'esame
alcolimetrico e le condizioni soggettive del F. al momento del controllo
quali direttamente descritte dagli operanti ed espressamente indicate
come causa impeditiva dell'ultimazione del test attraverso
l'espletamento della seconda prova. Detto giudice, riteneva esservi
peraltro carenza dell'attualità di interesse dell'indagato ad ottenere
una pronuncia del Tribunale stesso trattandosi di res soggetta a
confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., comma 2; sottolineava
il Tribunale che l'effetto restitutorio - anche a seguito dell'eventuale
accertamento dell'illegittimità del decreto di sequestro gravato -
doveva ritenersi impedito dal disposto dell'art. 324 c.p.p.,
comma 7, che precluderebbe, anche a seguito di annullamento del decreto
di sequestro, la restituzione dei beni soggetti a confisca obbligatoria
ai sensi dell'art. 240 c.p., comma 2. Conclusivamente,
evidenziava il Tribunale che non poteva che prendersi atto
dell'impossibilità di restituzione ai sensi dell'art. 324 c.p.p.,
comma 7, e, quindi, della carenza di interesse a una pronuncia
sull'impugnazione che, in ogni caso, mai avrebbe potuto determinare la
restituzione nel procedimento incidentale.
Ricorre
per cassazione il F., tramite il difensore, deducendo violazione di
legge sull'asserito rilievo della esistenza dell'interesse al riesame,
e, conseguentemente, alla restituzione del veicolo, posto che, a suo
avviso, sarebbe insussistente il presupposto stesso del sequestro, e
cioè la ipotizzabilità, anche in astratto, del reato di cui all'art. 186
C.d.S., comma 2, lett. c), tenuto conto della mancanza della seconda
prova con l'etilometro.
Motivi della decisione
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito enunciate.
Mette conto premettere che erroneamente il Tribunale ha dichiarato l'inammissibilità della domanda di riesame.
Stabilisce, invero, l'art. 324 c.p.p., comma 7, che la revoca del provvedimento di sequestro non può essere disposta "nei casi indicati nell'art. 240 c.p., comma 2".
Si
tratta dei casi riguardanti le "cose che costituiscono il prezzo del
reato" e quelle "la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o
l'alienazione delle quali" costituisca reato; di queste cose è sempre
ordinata la confisca obbligatoria (del secondo gruppo di esse "anche se
non è stata pronunciata condanna").
Richiamandosi
a detta disposizione il Tribunale ha - come si è visto - affermato la
carenza di interesse del F., dichiarando l'inammissibilità della sua
domanda.
Sennonchè il veicolo alla guida del
quale il soggetto sia sorpreso in stato di ebbrezza non è riconducibile
ad alcuna di dette categorie di cose.
Ne
deriva che la disposizione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), là
dove contempla che sia sempre disposta, con la sentenza di condanna o
con quella di applicazione della pena a richiesta delle parti, la
confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato "ai sensi dell'art. 240 c.p.,
comma 2", richiama quest'ultima disposizione non con l'intenzione di
affermare che il caso disciplinato rientri tra quelli che detta
disposizione contempla, ma semplicemente al fine di rimarcare
l'obbligatorietà della confisca, sempre che il veicolo non appartenga a
persona estranea al reato e che sia stata pronunciata sentenza di
condanna o di patteggiamento.
In assenza di
una norma siffatta il veicolo con il quale è commessa la contravvenzione
in esame (o quella di rifiuto all'accertamento di cui all'art. 186,
comma 7), andrebbe ricondotto, seguendo le linee tracciate dall'art. 240 c.p., nel novero delle cose, indicate nel primo comma di detto articolo, soggette a confisca facoltativa.
La confisca è, invece, obbligatoria proprio perchè così ha voluto, in deroga all'art. 240 c.p.,
il legislatore del codice della strada, ma, come si è detto, è
rispondente alla ratio legis interpretare il richiamo, contenuto
nell'art. 186, all'art. 240 c.p., comma 2, non come riferimento
alla natura ed alle caratteristiche delle cose ivi elencate, bensì nel
senso della previsione della obbligatorietà della confisca per il
veicolo condotto da soggetto in stato di ebbrezza ai sensi dell'art. 186
C.d.S., comma 2, lett. c, (ovvero da soggetto che si è rifiutato di
sottoporsi all'accertamento): il veicolo non è ex se una res tale da non
poter restare in circolazione prescindendo dal soggetto che ne aveva la
disponibilità e dall'esito del giudizio, ma una res da considerarsi
pericolosa solo in relazione a quel soggetto trovato in (grave) stato di
ebbrezza (o che si è rifiutato di sottoporsi all'accertamento in tal
modo impedendo di fatto il controllo delle sue condizioni di idoneità
alla guida), ed ovviamente all'esito dell'accertamento giudiziale della
attribuibilità di quel fatto-reato al soggetto cui è stata sottratta la
disponibilità della res con il sequestro.
Siffatta
interpretazione, tra l'altro, si pone assolutamente in sintonia con i
principi che le Sezioni Unite di questa Corte enunciarono allorquando
furono chiamate ad esaminare una analoga questione con riferimento alla
confisca prevista dall'art. 722 c.p. ("è sempre ordinata la
confisca") per il denaro esposto nel gioco d'azzardo e per gli arnesi od
oggetti ad esso destinati; nella circostanza, le Sezioni Unite (Sez. U,
Sentenza n. 5 del 25/03/1993 Cc. - dep. 23/04/1993 - Rv. 193120, imp.
Carlea ed altri), sottolineando che l'art. 722 c.p., prevede un
caso di confisca obbligatoria in seguito a condanna, hanno affermato
che, conseguentemente, "l'avverbio sempre non sta a significare che la
misura deve essere disposta anche nel caso di proscioglimento e in
particolare nel caso di estinzione del reato", ed hanno altresì
precisato che nei casi dell'art. 240 c.p., comma 1, e comma 2, n. 1, come in quello dell'art. 722 c.p.,
essendo richiesta la condanna, non può essere disposta la confisca se
il reato è estinto, mentre a una diversa conclusione deve pervenirsi nel
caso dell'art. 240 c.p., comma 2, n. 2, che impone la confisca anche nel caso di proscioglimento".
Tornando
alla questione concernente la confisca prevista dall'art. 186 C.d.S.,
appare evidente dunque che, fino all'esito del giudizio, e sempre che
sussista il "fumus" del reato, non può essere disposta la restituzione
del veicolo, posto che, a voler ritenere consentita la restituzione
dello stesso, potrebbe verificarsi una situazione di impossibilità di
confisca della "res", in caso di condanna (o di applicazione della
pena), non potendo certo escludersi che il soggetto interessato, una
volta ottenuta la restituzione del veicolo, ceda poi a terzi, nelle more
del giudizio e prima della sentenza di condanna (o di applicazione
della pena), il veicolo stesso: d'altra parte non è neanche prevista la
confisca per equivalente.
Ciò premesso, in
sede di riesame di decreto di sequestro preventivo di un veicolo in
relazione al reato di guida in stato di ebbrezza ex art. 186 C.d.S.,
comma 2, lett. C), (o di rifiuto di sottoporsi al test strumentale),
deve dunque attribuirsi rilievo alla configurabilità - vale a dire al
"fumus", trattandosi della fase cautelare - del reato che, nel caso di
condanna (o applicazione della pena), comporta la confisca del veicolo:
ed invero, nel caso di insussistenza del "fumus", ed alla luce delle
precisazioni di cui sopra, non potrebbe in alcun modo escludersi
l'interesse (attuale e concreto) del soggetto, privato del bene, alla
restituzione della "res".
Orbene, nel caso in
esame l'impugnato provvedimento non presenta alcun vizio motivazionale
laddove è stato ritenuto astrattamente configurabile il reato contestato
al F., avendo il Tribunale espressamente richiamato l'esito della prima
prova dell'alcoltest e le condizioni in cui si presentava il F. al
momento del controllo, ritenute addirittura impeditive della seconda
prova strumentale. Detta situazione deve ritenersi certamente idonea,
nella fase cautelare, a sorreggere un giudizio di configurabilità del
reato, spettando poi al giudice della cognizione la piena valutazione,
nel merito ed ai fini dell'affermazione di colpevolezza, della
situazione fattuale, descritta dal verbalizzante, e del mancato
espletamento della seconda prova dell'accertamento strumentale.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2009
Nessun commento:
Posta un commento