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domenica 5 luglio 2015

N. 117 SENTENZA 12 maggio - 25 giugno 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Professioni turistiche (disciplina della figura professionale di guida archeologica subacquea; iscrizione nell'elenco regionale delle attivita' turistiche dell'interprete turistico riconosciuto dalla Camera di commercio; abolizione del requisito dell'idoneita' fisica per l'esercizio delle professioni turistiche) - Edilizia ed urbanistica (disciplina delle domande di condono edilizio) - Tutela dell'ambiente (affidamento, mediante convenzione, della gestione provvisoria del servizio idrico integrato ad uno o piu' soggetti gestori del servizio; istituzione della Struttura di missione presso la Giunta regionale per lo svolgimento delle attivita' di competenza della Regione finalizzate alla determinazione delle tariffe) - Acque minerali e termali (proroga delle concessioni termonimerali; condizioni per l'esercizio dell'attivita'). - Legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n. 16 (Interventi di rilancio e sviluppo dell'economia regionale nonche' di carattere ordinamentale e organizzativo - collegato alla legge di stabilita' regionale 2014), art. 1, commi 49, lett. a), e), f), g), i) ed l), 72, 88, 89, 93, 104, 105 e 108. - (GU n.26 del 1-7-2015 )





N. 117 SENTENZA 12 maggio - 25 giugno 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Professioni turistiche  (disciplina  della  figura  professionale  di
  guida  archeologica  subacquea;  iscrizione  nell'elenco  regionale
  delle attivita' turistiche dell'interprete  turistico  riconosciuto
  dalla Camera di commercio; abolizione del requisito  dell'idoneita'
  fisica per l'esercizio delle professioni turistiche) - Edilizia  ed
  urbanistica (disciplina delle domande di condono edilizio) - Tutela
  dell'ambiente (affidamento, mediante  convenzione,  della  gestione
  provvisoria del servizio idrico integrato ad uno  o  piu'  soggetti
  gestori del  servizio;  istituzione  della  Struttura  di  missione
  presso la Giunta regionale per lo svolgimento  delle  attivita'  di
  competenza della  Regione  finalizzate  alla  determinazione  delle
  tariffe) - Acque minerali  e  termali  (proroga  delle  concessioni
  termonimerali; condizioni per l'esercizio dell'attivita').
- Legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n.  16  (Interventi  di
  rilancio e sviluppo dell'economia regionale  nonche'  di  carattere
  ordinamentale e organizzativo - collegato alla legge di  stabilita'
  regionale 2014), art. 1, commi 49, lett. a), e), f), g), i) ed  l),
  72, 88, 89, 93, 104, 105 e 108.
-  

(GU n.26 del 1-7-2015 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
49, lettere a), e), f), g), i) ed l), 72, 88, 89, 93, 104, 105 e 108,
della legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n.  16  (Interventi
di rilancio e sviluppo dell'economia regionale nonche'  di  carattere
ordinamentale e organizzativo - collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2014), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri,
con  ricorso  notificato  il  6-10  ottobre   2014,   depositato   in
cancelleria il 14 ottobre 2014 ed iscritto  al  n.  77  del  registro
ricorsi 2014.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;
    udito  nell'udienza  pubblica  del  12  maggio  2015  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi;
    uditi l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto
per la Regione Campania.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 6  ottobre  2014,
ricevuto il successivo 10 ottobre e depositato  il  14  ottobre  2014
(reg. ric. n. 77 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
49, lettere a), e), f), g), i) ed l), 72, 88, 89, 93, 104, 105 e 108,
della legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n.  16  (Interventi
di rilancio e sviluppo dell'economia regionale nonche'  di  carattere
ordinamentale e organizzativo - collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2014), in riferimento agli artt. 3, 9 e 117,  primo  comma,
secondo comma, lettere e) ed s), e terzo comma, della Costituzione.
    L'art. 1, comma 49, impugnato, alle lettere a),  f),  g)  ed  i),
istituisce  e  disciplina  la  figura   professionale   della   guida
archeologica subacquea, con cio' ledendo, a parere del ricorrente, la
competenza statale ad individuare nuove figure  professionali,  anche
nel settore turistico (art. 117, terzo comma, Cost.). La  lettera  e)
introduce una nuova modalita' di riconoscimento per la professione di
interprete turistico, la cui istituzione non spetterebbe alla Regione
in base alla sentenza n. 132 del 2010 di questa Corte, in  violazione
della  competenza  statale  a  disciplinare  i   titoli   abilitativi
professionali.  La  lettera  l)  incorrerebbe  nel  medesimo   vizio,
abrogando il requisito della  idoneita'  fisica  all'esercizio  della
professione  turistica,  gia'  previsto  dall'art.  6,  primo  comma,
lettera e), della legge della Regione Campania 16 marzo 1986,  n.  11
(Norme per la disciplina delle attivita' professionali turistiche).
    L'art. 1, comma 72, impugnato,  modifica  l'art.  9  della  legge
della Regione Campania 18 novembre 2004, n. 10 (Norme sulla sanatoria
degli abusi edilizi di cui al decreto-legge  30  settembre  2003,  n.
269, articolo 32 cosi' come modificato dalla legge 24 novembre  2003,
n. 326  di  conversione  e  successive  modifiche  ed  integrazioni),
stabilendo anzitutto, alla lettera a), che il termine per definire le
domande di condono edilizio da parte delle amministrazioni locali  e'
posticipato dal  31  dicembre  2006  al  31  dicembre  2015.  Secondo
l'Avvocatura generale  dello  Stato,  cio'  comporta  il  rischio  di
condonare attivita' edilizie svoltesi successivamente  alla  chiusura
dei  termini  del  condono   stesso,   in   violazione   dei   valori
paesaggistici tutelati dagli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost., e comunque ampliando l'area  del  condono,  in  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. Inoltre, posto che il termine e' da
ritenersi  ordinatorio,  la   disposizione   sarebbe   manifestamente
irragionevole, poiche' "inutile", nonostante  il  pericolo  che  essa
genererebbe.
    La medesima disposizione impugnata, alla lettera b), escluderebbe
dal condono le opere realizzate su aree vincolate ai sensi  dell'art.
33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo
dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero  e  sanatoria
delle opere edilizie), solo se il vincolo comporta l'inedificabilita'
assoluta e sia stato  imposto  prima  dell'esecuzione  dell'opera.  A
parere  del  ricorrente,  in  tal  modo,  il  legislatore   regionale
negherebbe il carattere  ostativo  dei  vincoli  di  inedificabilita'
relativa, e lederebbe la norma  interposta  costituita  dall'art.  32
della legge n. 47 del 1985, che, con riferimento ai  vincoli  imposti
successivamente all'abuso edilizio, subordina la sanatoria al  parere
favorevole delle amministrazioni preposte alla  tutela  del  vincolo.
Sarebbe percio' violato  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  poiche'
verrebbe ampliata l'area del condono edilizio.
    Inoltre sarebbero lesi gli artt. 9 e 117, secondo comma,  lettera
s), Cost., poiche' la norma impugnata permetterebbe sanatorie in zone
a rischio idraulico, ove le misure di salvaguardia, in base  all'art.
1, punto 3.1., lettera a), del decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri 29 settembre 1998 (Atto di indirizzo e coordinamento per
l'individuazione  dei  criteri  relativi  agli  adempimenti  di   cui
all'art. 1, commi 1 e 2, del D.L. 11 giugno 1998,  n.  180),  possono
prevedere l'inedificabilita' parziale.
    L'art. 1, commi 88 e 89, impugnato, lederebbe l'art. 117, secondo
comma,  lettere  e)  ed  s),  Cost.,  permettendo  alla  Regione   di
individuare uno o piu' soggetti gestori del servizio idrico,  in  via
transitoria, per un periodo di trentasei mesi, e in attesa di avviare
le procedure di  affidamento  in  base  alla  normativa  nazionale  e
dell'Unione  europea.  Tali  previsioni   contrasterebbero   con   la
disciplina transitoria dettata dallo Stato ai  fini  dell'affidamento
del servizio, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di
tutela dell'ambiente e di tutela della concorrenza, e in  particolare
con l'art. 13, commi 2 e 3, del decreto-legge 30  dicembre  2013,  n.
150  (Proroga  di  termini  previsti  da  disposizioni  legislative),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  27
febbraio 2014, n. 15, e con l'art. 7 del decreto-legge  12  settembre
2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per  l'apertura  dei  cantieri,  la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione  del  Paese,
la   semplificazione   burocratica,    l'emergenza    del    dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  11
novembre 2014, n. 164. In base a tali ultime disposizioni, la mancata
deliberazione dell'affidamento del servizio entro il 30  giugno  2014
comporterebbe l'esercizio del potere sostitutivo  del  Prefetto,  che
completerebbe   la   procedura   entro   il   31    dicembre    2014.
All'inosservanza dei termini  dovrebbe  seguire,  in  ogni  caso,  la
cessazione degli affidamenti non conformi alla  normativa  europea  a
tale ultima data.
    Inoltre, la disposizione censurata contrasterebbe con  gli  artt.
142, 147 e 149 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme
in materia ambientale), dai quali si evincerebbe che la competenza ad
individuare il gestore del servizio idrico spetta all'ente  locale  e
non alla Regione.
    L'art. 1, comma 93, impugnato, sarebbe in  contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettere e) ed s),  Cost.,  con  riferimento  alla
tutela  dell'ambiente  e  della  concorrenza,  nella  parte  in   cui
attribuisce alla Regione il compito di  determinare  le  tariffe  del
servizio idrico (lettera b).
    L'art. 1, commi 104 e 105, impugnato,  sarebbe  lesivo  dell'art.
117,  primo  comma  e  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  poiche'
prorogherebbe in modo  automatico  le  concessioni  termominerali  in
essere, per il tempo  strettamente  necessario  all'approvazione  del
piano  regionale  di  settore.  Tale  proroga  contrasterebbe  con  i
principi del diritto dell'Unione di «non discriminazione, di  parita'
di trattamento  e  di  tutela  della  concorrenza»,  nonche'  con  la
liberta' di stabilimento (art.  49  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea). La mancata previsione di una gara  ad  evidenza
pubblica,  infatti,  si  tradurrebbe  in   una   compressione   della
concorrenza.
    L'art.  1,  comma  108,  impugnato,  sempre  con  riguardo   alle
concessioni termominerali,  violerebbe  l'art.  117,  primo  comma  e
secondo comma, lettera s), Cost., poiche' permetterebbe di avviare  e
proseguire l'attivita' prima  che  siano  concluse  le  procedure  di
valutazione di impatto  ambientale  e  di  incidenza,  ma  alla  sola
condizione che esse siano  state  avviate.  Tale  previsione  sarebbe
contraria all'art. 2, comma 1, della direttiva 13 dicembre  2011,  n.
2011/92/UE  (Direttiva  del  Parlamento  Europeo  e   del   Consiglio
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati - codificazione), attuata con l'art.  26,
comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006.
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione  Campania,  chiedendo
che il ricorso sia dichiarato in parte inammissibile e in  parte  non
fondato.
    Con riferimento all'art.  1,  comma  49,  impugnato,  la  Regione
eccepisce l'inammissibilita' della censura, perche' lo Stato  non  ha
individuato alcuna norma interposta.
    Nel merito, osserva che la competenza regionale a disciplinare le
professioni  turistiche  e'  desumibile  dall'art.  6   del   decreto
legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale  in
tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma  dell'articolo  14
della legge 28  novembre  2005,  n.  246,  nonche'  attuazione  della
direttiva 2008/122/CE,  relativa  ai  contratti  di  multiproprieta',
contratti relativi ai prodotti  per  le  vacanze  di  lungo  termine,
contratti di rivendita  e  di  scambio),  che  reca  una  definizione
generale di  tali  professioni  e  quindi  presuppone  che  essa  sia
successivamente svolta con norme di dettaglio regionali.
    Inoltre, secondo la Regione, in base all'art.  4,  comma  2,  del
decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi
fondamentali in materia di  professioni,  ai  sensi  dell'articolo  1
della L. 5 giugno 2003, n. 131), i requisiti tecnico-professionali  e
i titoli professionali sono stabiliti con legge dello Stato solo  per
le attivita' che richiedono una specifica preparazione, a garanzia di
interessi pubblici generali la cui  tutela  compete  allo  Stato.  Si
tratterebbe di condizione che non concerne ne' la guida  archeologica
subacquea, ne' l'interprete turistico,  professioni  tradizionalmente
disciplinate dalla normativa delle Regioni.
    L'abrogazione  del  requisito   dell'idoneita'   fisica   sarebbe
applicativa di  un  principio  della  legislazione  statale  traibile
dall'art. 42 del decreto-legge 21 giugno 2013,  n.  69  (Disposizioni
urgenti   per   il   rilancio   dell'economia),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9  agosto  2013,  n.
98.
    Con riferimento all'art.  1,  comma  72,  impugnato,  la  Regione
rileva che i vincoli previsti dall'art. 33 della legge n. 47 del 1985
sono di inedificabilita' assoluta, e che la norma  impugnata  non  ha
affatto il significato di escludere il rilascio del parere favorevole
previsto dall'art. 32 della legge n. 47  del  1985.  La  disposizione
sarebbe percio' del tutto conforme alla legislazione  statale.  Essa,
inoltre, non avrebbe ad oggetto  il  vincolo  idrogeologico,  poiche'
esso ha carattere relativo, in base agli artt. 23 e  24  della  legge
della  Regione  Campania  7  maggio  1996,  n.   11   (Modifiche   ed
integrazioni  alla  legge  regionale  28  febbraio   1987,   n.   13,
concernente la delega in materia  di  economia,  bonifica  montana  e
difesa del suolo).
    Infine,  le  censure  concernenti  la  proroga  del  termine  per
definire le domande di condono sarebbero "inconferenti", perche' tale
termine non permette di presentare nuove  domande,  ma  si  limita  a
stabilire che le amministrazioni locali provvedano sulle domande gia'
pendenti.
    Con riferimento all'art. 1, commi 88,  89  e  93,  impugnato,  la
difesa  regionale  osserva  che  il  potere  sostitutivo  statale  e'
cedevole   innanzi    all'esercizio    delle    competenze    proprie
dell'amministrazione  sostituita,  sulle  quali  non  puo'  incidere.
Spetterebbe percio'  alla  Regione  affidare  in  via  transitoria  i
servizi che essa stessa gestisce  in  via  di  fatto  a  causa  della
soppressione  delle  Autorita'  d'ambito  territoriale.   La   stessa
Autorita' per l'energia, il gas e i servizi  idrici  avrebbe  infatti
riconosciuto alla Regione il ruolo di gestore di fatto, competente  a
determinare le tariffe per i servizi da essa effettivamente gestiti.
    Con riferimento all'art. 1, commi 104, 105 e 108,  impugnato,  la
Regione sottolinea che la proroga delle concessioni termominerali  ha
carattere meramente transitorio, in attesa  della  gara  ad  evidenza
pubblica e dell'adeguamento della normativa interna a quella europea.
    Sarebbe  poi  inammissibile  per  genericita',  e  comunque   non
fondata, la censura relativa all'art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost.,  poiche'  la  concessione  per  l'uso  delle  acque   termali,
equiparabile alla concessione di servizi sanitari, sarebbe  sottratta
alla  disciplina  della  concorrenza,  in  forza  dell'art.  2  della
direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del  Parlamento
Europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato  interno),  e
dell'art. 1 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59  (Attuazione
della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).
    Infine, sarebbe infondata anche la censura relativa al comma 108,
perche' l'art. 144 del d.lgs.  n.  152  del  2006  esclude  le  acque
termali e minerali dal suo campo applicativo,  sicche',  «almeno  per
cio' che  attiene  le  concessioni  termali»,  la  norma  interposta,
individuata nell'art. 26, comma  5,  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,
sarebbe inapplicabile.
    Nell'imminenza dell'udienza  pubblica,  la  Regione  Campania  ha
depositato una memoria, insistendo sulle conclusioni gia' formulate.

                       Considerato in diritto

    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 6  ottobre  2014,
ricevuto il successivo 10 ottobre e depositato  il  14  ottobre  2014
(reg. ric. n. 77 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
49, lettere a), e), f), g), i) ed l), 72, 88, 89, 93, 104, 105 e 108,
della legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n.  16  (Interventi
di rilancio e sviluppo dell'economia regionale nonche'  di  carattere
ordinamentale e organizzativo - collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2014), in riferimento agli artt. 3, 9 e 117,  primo  comma,
secondo comma, lettere e) ed s), e terzo comma, della Costituzione.
    2.- L'art. 1, comma 49, lettere a), f), g)  ed  i),  della  legge
impugnata, istituisce e  disciplina  la  figura  professionale  della
guida  archeologica  subacquea,  ovvero  di  chi  accompagna  singole
persone o gruppi nella esplorazione dei fondali marini o lacustri.
    Il ricorrente rileva che si tratta di  una  professione  che  non
trova riconoscimento nella normativa statale, e che, di  conseguenza,
per l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  la  legge  regionale  non  puo'
disciplinare.
    2.1.- La Regione Campania ha  eccepito  l'inammissibilita'  della
censura, poiche'  il  ricorso  non  ha  specificato  quale  normativa
interposta sarebbe stata violata.
    L'eccezione  non  e'  fondata:  il  ricorrente  non  contesta  al
legislatore  campano  di  avere  malamente  sviluppato  un  principio
fondamentale della legislazione  statale  nella  materia  concorrente
«professioni», ma di averlo direttamente formulato, provvedendo  alla
istituzione   e   alla   regolamentazione   di   una   nuova   figura
professionale. Tale opzione normativa sarebbe di per se' contraria al
riparto   costituzionale   delle   competenze,   che   riserva   alla
legislazione statale la indicazione dei principi fondamentali, e,  in
questi termini, la censura e' percio' ammissibile  (sentenza  n.  132
del 2010).
    2.2.- La questione e' fondata.
    Questa Corte ha reiteratamente affermato che, ai sensi  dell'art.
117, terzo comma, Cost., l'individuazione delle figure professionali,
con i relativi profili, e' riservata allo Stato (sentenza n. 353  del
2003; in seguito, tra le molte, sentenze n. 98 del 2013, n.  138  del
2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006 e  n.  424  del
2005).
    Contrariamente a quanto ha sostenuto la  difesa  regionale,  tale
asserzione ha gia' riguardato le professioni turistiche (sentenze  n.
132 del 2010, n. 271 del 2009 e n. 222 del 2008), anche  nel  periodo
successivo all'entrata in vigore del decreto  legislativo  23  maggio
2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento  e
mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre
2005,  n.  246,  nonche'  attuazione  della  direttiva   2008/122/CE,
relativa ai  contratti  di  multiproprieta',  contratti  relativi  ai
prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di
scambio),  il  cui  art.  6  contiene  una  definizione  generale  di
professione turistica (sentenza n. 178  del  2014),  del  resto  gia'
offerta dall'art. 7, comma 5, della  legge  29  marzo  2001,  n.  135
(Riforma della legislazione nazionale del turismo).
    Infatti, l'enucleazione  di  peculiari  figure  professionali,  a
partire da un genus indicato dalla legge statale,  e'  preclusa  alla
legge regionale (sentenza n. 328 del 2009).
    2.3.- L'art. 1, comma 49,  lettera  e),  della  legge  impugnata,
modifica l'art. 3, comma 3, della legge  della  Regione  Campania  16
marzo  1986,  n.  11  (Norme  per  la  disciplina   delle   attivita'
professionali turistiche),  consentendo  che  l'interprete  turistico
riconosciuto dalla Camera di commercio competente per territorio  sia
iscritto nell'elenco regionale delle attivita' turistiche.
    Il ricorrente ribadisce che, in base all'art. 117,  terzo  comma,
Cost., non  spetta  alla  legge  regionale  disciplinare  elenchi  di
professioni che non siano state istituite dalla normativa statale.
    La questione e' fondata.
    La legge regionale  n.  11  del  1986,  nell'attribuire  autonomo
rilievo all'interprete turistico, si basa sull'art. 11 della legge 17
maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per il turismo e interventi per  il
potenziamento  e  la  qualificazione  dell'offerta  turistica),   che
definiva questa professione, ma che  non  e'  piu'  in  vigore.  Allo
stato, percio', l'interprete  turistico  non  e'  disciplinato  dalla
legge dello Stato, con la conseguenza che  il  legislatore  regionale
non puo' prevederne l'iscrizione in un elenco professionale (sentenze
n. 132 del 2010, n. 300 e n. 57 del 2007).
    2.4.- L'art. 1, comma 49,  lettera  l),  della  legge  impugnata,
abroga l'art. 6, primo comma, lettera e), della legge regionale n. 11
del 1986, che prescriveva il requisito  della  idoneita'  fisica  per
l'esercizio delle professioni turistiche.
    Il ricorrente  sostiene  che  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
riserva allo Stato  la  determinazione  dei  requisiti  di  idoneita'
all'esercizio di una professione.
    La questione e' inammissibile,  poiche'  la  norma  impugnata  e'
priva di attitudine lesiva.
    Essa, infatti, interviene su una disposizione regionale che  deve
gia' ritenersi abrogata in forza dell'art. 4 del decreto  legislativo
2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione  dei  principi  fondamentali  in
materia di professioni, ai sensi dell'articolo 1 della  L.  5  giugno
2003, n.  131),  con  il  quale  sono  stati  modificati  i  principi
fondamentali relativi all'accesso alle  professioni.  In  particolare
l'art. 4 del d.lgs. n. 30 del 2006 ha enunciato il principio per  cui
l'accesso alle professioni e' libero, nel rispetto  delle  specifiche
disposizioni   della   legge.   Esse    definiscono    i    requisiti
tecnico-professionali  e  i  titoli   professionali   necessari   per
l'esercizio  delle  attivita'  professionali   che   richiedono   una
specifica preparazione, a garanzia di interessi pubblici generali  la
cui tutela  compete  allo  Stato.  Sulla  base  del  nuovo  principio
fondamentale della materia cosi' enunciato, spetta percio' solo  alla
legge  dello  Stato,  e  nei   casi   specificamente   indicati,   la
determinazione  dei  requisiti  di  accesso  alle  professioni,   con
conseguente abrogazione della previgente normativa regionale, come e'
previsto dall'art. 10 della legge 10 febbraio 1953,  n.  62,  recante
«Costituzione e funzionamento degli organi  regionali»  (sentenza  n.
223 del 2007).
    3.- L'art. 1, comma 72, della legge impugnata modifica  l'art.  9
della legge della Regione Campania 18 novembre  2004,  n.  10  (Norme
sulla sanatoria degli  abusi  edilizi  di  cui  al  decreto-legge  30
settembre 2003, n. 269, articolo 32 cosi' come modificato dalla legge
24 novembre 2003, n. 326 di conversione  e  successive  modifiche  ed
integrazioni),  che  disciplina  le  domande  di   condono   edilizio
presentate ai sensi della legge 28 febbraio 1985,  n.  47  (Norme  in
materia di controllo dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni,
recupero e sanatoria delle opere edilizie), e ai sensi  dell'art.  39
della legge 23 dicembre 1994, n.  724  (Misure  di  razionalizzazione
della finanza pubblica).
    L'art. 1, comma 72, lettera a), in  particolare,  proroga  al  31
dicembre 2015 il termine assegnato ai Comuni per definire le  domande
di condono ancora pendenti.
    Il ricorrente denuncia la violazione degli  artt.  3,  9  e  117,
secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost.,  affermando  che  la
norma  impugnata  permette   irragionevolmente   di   «integrare»   e
«modificare» le domande di condono e allarga l'area  della  sanatoria
in danno dei valori ambientali.
    La questione non e'  fondata,  perche'  si  basa  su  un  erroneo
presupposto interpretativo.
    Con ogni evidenza, infatti, la disposizione censurata si limita a
formulare un  termine  sollecitatorio  entro  cui  i  Comuni  debbono
definire le domande pendenti, ma in nessun modo consente  che  queste
ultime siano modificate  o  integrate.  In  particolare,  il  termine
indicato dall'art. 9, comma 2, della legge regionale n. 10  del  2004
per inoltrare  la  documentazione  e'  oramai  spirato  e  non  viene
riaperto per effetto della disposizione impugnata.
    3.1.- L'art. 1, comma  72,  lettera  b),  della  legge  impugnata
modifica il comma 5 dell'art. 9 della legge regionale n. 10 del 2004,
nel senso che il  condono  non  e'  ammesso  per  gli  abusi  edilizi
realizzati su aree del territorio regionale sottoposte ai vincoli  di
cui all'art. 33 della legge n. 47 del 1985, «solo  ed  esclusivamente
se i predetti vincoli comportano  l'inedificabilita'  assoluta  delle
aree su cui insistono e siano stati imposti  prima  della  esecuzione
delle opere stesse».
    Il ricorrente lamenta che in tal modo e'  stata  ampliata  l'area
del condono, sia ammettendo la sanatoria in caso di  inedificabilita'
meramente  relativa,  sia  escludendo  la   rilevanza   dei   vincoli
sopravvenuti all'abuso, in violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost.
    Con riguardo al solo vincolo idrogeologico, viene  dedotta  anche
la lesione degli artt. 9 e 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,
poiche' si ammetterebbe la sanatoria di opere  eseguite  «in  zone  a
"rischio idraulico"», ovvero in zone indicate  dai  piani  di  bacino
come potenzialmente soggette ad esondazioni d'acqua, ed eventualmente
vincolate, o soggette a misure di salvaguardia in attesa del vincolo.
    Le questioni non sono fondate.
    E' pacifico che non spetta alla legge regionale allargare  l'area
del condono edilizio rispetto a quanto stabilito  dalla  legge  dello
Stato (sentenza n. 196 del 2004).
    Nel caso di  specie,  la  norma  impugnata  va  percio'  posta  a
raffronto con l'art. 33 della legge n. 47 del 1985,  che  esclude  la
sanatoria  di  opere  in  contrasto  con   vincoli   che   comportino
l'inedificabilita' e siano stati imposti prima della esecuzione delle
opere stesse.
    Quanto alla natura di tale inedificabilita', costituisce  diritto
vivente che, nell'ambito dei condoni aperti con le leggi  n.  47  del
1985 e n. 724 del 1994, essa rileva,  ai  sensi  dell'art.  33  della
legge n. 47 del 1985, soltanto se di carattere assoluto (Consiglio di
Stato, adunanza plenaria, 7 giugno-22 luglio 1999, n. 20), posto  che
gli effetti del vincolo di inedificabilita' relativa  sono  regolati,
entro tale contesto normativo, dall'art. 32 della  legge  n.  47  del
1985.
    Diverso e' il caso del cosiddetto terzo condono, di cui  all'art.
32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni  urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 24 novembre 2003, n. 326, in relazione al quale questa Corte ha
gia' rilevato che il suo oggetto e' «piu' circoscritto» (sentenza  n.
225 del 2012), cosi' da attribuire carattere ostativo alla  sanatoria
anche in presenza di vincoli che  non  comportino  l'inedificabilita'
assoluta (sentenze n. 290 e n. 54 del  2009;  ordinanza  n.  150  del
2009).
    Ora, l'art. 9 della legge regionale n. 10 del 2004, e percio'  la
norma  impugnata  che  lo  ha  modificato,  non  ha  per  oggetto  il
cosiddetto terzo condono, ma  esclusivamente  i  precedenti,  di  cui
intende sollecitare la definizione. Ne consegue che  la  disposizione
censurata, inapplicabile alle domande presentate ai  sensi  dell'art.
32 del d.l. n. 269 del 2003, si limita  a  recepire  quanto  previsto
dall'art. 33 della legge n. 47 del 1985, con  riguardo  al  carattere
assoluto della inedificabilita'.
    Analoga conclusione va tratta con riferimento alla porzione della
norma impugnata che attribuisce rilievo ai soli vincoli imposti prima
dell'esecuzione delle opere, con formula lessicale identica a  quella
contenuta nell'art. 33 della legge n. 47 del 1985.
    La piena coincidenza del portato normativo della norma  impugnata
con quello dell'art. 33 della legge n. 47 del 1985 rende non  fondata
anche la questione concernente il rispetto del vincolo idrogeologico,
la  cui  osservanza  e'  parimenti  assicurata   dalla   disposizione
censurata e dalla normativa statale di riferimento.
    4.- I commi 88 e 89 dell'art. 1 della legge impugnata, prevedono,
quanto ai servizi idrici integrati ancora in  gestione  alla  Regione
Campania, che quest'ultima ne affidi mediante convenzione la gestione
provvisoria, per trentasei mesi, ad uno o piu' soggetti  gestori  del
servizio tra  quelli  operanti  nei  rispettivi  ambiti  territoriali
ottimali di competenza.
    L'art. 1, comma 93, lettera b),  della  stessa  legge,  cui  deve
ritenersi  limitata  la  censura,   assegna   poi   alla   cosiddetta
«Struttura»  lo  svolgimento  delle  attivita'  di  competenza  della
Regione finalizzate alla determinazione delle tariffe.
    Il ricorrente reputa lese le competenze esclusive dello Stato  in
materia di  tutela  della  concorrenza  e  dell'ambiente  (art.  117,
secondo comma, lettere e ed s, Cost.).
    Le questioni sono fondate, in relazione ad entrambi  i  parametri
indicati.
    Questa Corte ha gia' affermato che il servizio  idrico  integrato
e' un servizio pubblico locale a rilevanza economica, in relazione al
quale spetta alla competenza esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
tutela della concorrenza e dell'ambiente stabilire, sia le  forme  di
gestione, sia le modalita' di affidamento al soggetto gestore, sia il
procedimento di determinazione della tariffa  (sentenza  n.  246  del
2009).
    In particolare, in base a quanto stabilito fin dall'art. 2, comma
186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria  2010),  non  rientra   tra   le   competenze   regionali
individuare direttamente il  soggetto  gestore  del  servizio  idrico
integrato (sentenze n. 228 del 2013 e n. 62 del 2012), posto che tale
funzione e' attribuita dall'art. 3-bis del  decreto-legge  13  agosto
2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione  e  per
lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 14 settembre 2011, n. 148, all'ente di governo  istituito
o designato dalla Regione, come da ultimo ribadito con l'art. 149-bis
del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale),  introdotto  dall'art.  7,  comma  1,  lettera  d),  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164.
    Le norme impugnate, viceversa, provvedono proprio in  tal  senso,
invadendo le attribuzioni statali dedotte a fondamento del ricorso.
    E' fuor di dubbio, in definitiva, che  il  legislatore  regionale
non ha competenza in punto di affidamento del servizio. Pertanto,  la
difesa della Regione Campania ha torto quando afferma  che  le  norme
impugnate sarebbero espressione  di  un  potere  che  lo  Stato  puo'
esercitare in via sostitutiva, ai sensi dell'art. 13,  comma  2,  del
decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di  termini  previsti
da  disposizioni   legislative),   convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15, ma la  cui
titolarita' permarrebbe in capo alla  Regione,  che  avrebbe  appunto
provveduto per  mezzo  della  legge  impugnata.  La  sola  competenza
regionale oggetto di eventuale esercizio del potere sostitutivo,  tra
quelle pertinenti,  attiene  alla  istituzione  o  alla  designazione
dell'ente di governo, ed e' estranea al contenuto delle  disposizioni
oggetto di censura.
    Ne' ha rilievo alcuno  la  circostanza,  segnalata  dalla  difesa
regionale, che la Regione Campania e' ancora gestore in via di  fatto
di parte del servizio.
    E' ovvio, infatti, che l'inerzia regionale  nella  individuazione
dell'ente di governo, entro il termine originariamente fissato al  30
giugno 2012 dall'art. 3-bis del d.l. n. 138 del 2011, ed  il  mancato
affidamento della gestione, da parte di quest'ultimo, nelle  forme  e
nei termini inizialmente indicati dall'art. 34, commi 20  e  21,  del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure  urgenti  per
la crescita del Paese), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 17  dicembre  2012,  n.  221,  pur  parzialmente
derogati dall'art. 13 del  d.l.  n.  150  del  2013,  non  valgono  a
giustificare l'ulteriore esercizio di una competenza legislativa  che
non spetta alla Regione. Con essa, per di piu', la  Regione  Campania
intende differire di trentasei mesi il doveroso perfezionamento delle
procedure imposte  dalla  normativa  statale  per  l'affidamento  del
servizio al gestore da parte dell'ente di  governo,  nei  termini  da
ultimo disciplinati dall'art. 7 del d.l. n.  133  del  2014,  che  ha
modificato, a tal fine, il d.lgs. n. 152 del 2006.
    Analogo ragionamento  chiarisce  la  fondatezza  delle  questioni
relative all'art. 1, comma 93, lettera b), con il quale si postula la
competenza della Regione, per mezzo della cosiddetta  «Struttura»,  a
partecipare al procedimento di determinazione delle tariffe.
    Invero, in base agli artt. 149, comma 1, lettera d), e 152, comma
4, del d.lgs. n. 152 del 2006, tale compito e' di spettanza dell'ente
di governo,  che  e'  subentrato  alle  Autorita'  d'ambito,  e  deve
predisporre  la  tariffa  di  base  da  sottoporre   all'approvazione
dell'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.
    In forza di tale opzione normativa, appartenente  alla  sfera  di
competenza esclusiva dello  Stato  (sentenza  n.  29  del  2010),  e'
inibito al legislatore regionale riservare alla Regione una  funzione
che non le spetta, ed il cui esercizio in via  di  fatto  ancora  una
volta  non  giustifica  l'alterazione  delle  sfere   di   competenza
legislativa. Del resto, l'art. 3, comma 1, lettera  f),  del  decreto
del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   20   luglio   2012
(Individuazione delle funzioni dell'Autorita' per l'energia elettrica
e il gas attinenti  alla  regolazione  e  al  controllo  dei  servizi
idrici, ai sensi dell'articolo  21,  comma  19  del  decreto-legge  6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge  22
dicembre  2011,  n.  214),  consente  all'Autorita'   per   l'energia
elettrica e il gas di determinare  in  via  provvisoria  le  tariffe,
quando  manchi  la  predisposizione  di  esse  da   parte   dell'ente
competente, che, nel caso di specie, e' solo l'ente di governo.
    5.- L'art. 1, commi 104 e 105, della legge impugnata proroga, per
un periodo massimo  di  cinque  anni,  le  concessioni  termominerali
scadute ed in fase di prosecuzione (art. 1,  comma  104,  lettera  a,
numero 1), ovvero destinate a scadere nei cinque anni successivi alla
data di entrata in vigore della legge (art. 1, comma 104, lettera  a,
numero 2). La proroga e' disposta  in  attesa  dell'approvazione  del
piano regionale di settore.
    Il ricorrente deduce la violazione dell'art. 117, primo  comma  e
secondo comma, lettera e), Cost., poiche' la proroga automatica delle
concessioni contrasterebbe con la liberta' di stabilimento  (art.  49
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) e con i  principi
di «non  discriminazione,  parita'  di  trattamento  e  tutela  della
concorrenza», operanti nello  spazio  dell'Unione.  Verrebbe  infatti
eluso l'obbligo della gara pubblica, in danno anche della  competenza
esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza.
    Le censure, a cui resta estraneo l'art. 104, comma 1, lettera b),
impugnato, che concerne l'avvio di nuove attivita',  sono  chiare  ed
adeguatamente  sviluppate:  e'  percio'  infondata   l'eccezione   di
inammissibilita' per genericita', sollevata dalla  difesa  regionale,
data la palese incidenza della  disciplina  censurata  sulla  materia
della concorrenza e la evidente  interferenza  rispetto  ai  principi
generali stabiliti dalla legislazione statale e comunitaria (sentenza
n. 114 del 2012).
    5.1.- Le questioni sono fondate, con riferimento  ad  entrambi  i
parametri costituzionali dedotti.
    L'attivita' di sfruttamento oggetto di concessione  termominerale
ricade nel campo applicativo della direttiva  12  dicembre  2006,  n.
2006/123/CE  (Direttiva  del  Parlamento  Europeo  e  del   Consiglio
relativa  ai  servizi  nel  mercato  interno),  attuata  dal  decreto
legislativo  26  marzo  2010,  n.  59  (Attuazione  della   direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), posto che  tali
fonti hanno ad oggetto «qualunque attivita' economica,  di  carattere
imprenditoriale   o   professionale,   svolta   senza   vincolo    di
subordinazione, diretta allo scambio di  beni  o  alla  fornitura  di
altra prestazione» (art. 1, comma 1, del  d.lgs.  n.  59  del  2010),
salve le eccezioni specificamente indicate.
    Tra tali  eccezioni  non  rientra  lo  sfruttamento  delle  acque
termali per fini terapeutici ai sensi dell'art. 7, comma  1,  lettera
b), del d.lgs. n. 59 del 2010, come questa Corte  ha  gia'  ritenuto,
dichiarando l'illegittimita' costituzionale di  una  norma  regionale
campana che aveva sottratto le  concessioni  termominerali  al  campo
applicativo del d.lgs. n. 59  del  2010,  in  quanto  afferenti  alle
attivita' sanitarie (sentenza n. 235 del 2011).
    La Corte, in tale  occasione,  ha  riconosciuto  l'applicabilita'
della direttiva  2006/123/CE  e  del  d.lgs.  n.  59  del  2010  alle
concessioni del demanio idrico.
    L'art. 16 del d.lgs. n. 59  del  2010,  quando  l'attivita'  deve
essere contingentata a causa della scarsita' delle risorse  naturali,
impone  una  procedura  di  evidenza  pubblica  per  la  scelta   del
concessionario e  vieta  la  proroga  automatica  delle  concessioni,
nonche' l'attribuzione di «vantaggi» al concessionario uscente.
    Si tratta di disposizioni che favoriscono l'ingresso nel  mercato
di altri operatori economici e ostano  all'introduzione  di  barriere
tali da alterare la concorrenza tra imprenditori (sentenze n. 340, n.
233 e n. 180 del 2010), la cui efficacia non puo' venire  paralizzata
neppure  transitoriamente,  a  causa   dell'inerzia   della   Regione
nell'approvazione del piano regionale di settore delle acque.
    Ne segue che l'automatica proroga delle concessioni termominerali
disposta dalle norme impugnate, per  un  periodo  di  tempo  peraltro
considerevole e superiore a quanto strettamente  necessario  ai  fini
della definizione della gara pubblica,  contrasta  con  tali  regole,
espressive  del  diritto  dell'Unione  e  proprie  della   sfera   di
competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di   tutela   della
concorrenza.
    Questa Corte ha infatti  gia'  reputato  illegittima,  anche  con
riferimento all'art.  12  della  direttiva  2006/123/CE,  la  proroga
automatica  delle  concessioni  del  demanio  marittimo  (da  ultimo,
sentenza n. 171 del 2013), nonche' quella delle  concessioni  idriche
(sentenza n. 114 del 2012).
    5.2.- L'art. 1, comma 108, della legge  impugnata,  stabilisce  a
quali  condizioni  possono  essere  avviate,  ovvero  proseguite,  le
attivita' oggetto dei precedenti commi 104 e 105.
    Dal tenore del ricorso  si  evince  chiaramente  che  oggetto  di
impugnazione e' la sola lettera a) del comma 108,  con  la  quale  si
consente l'esercizio della concessione, purche' siano  state  avviate
le procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di
incidenza,  e  percio'  anche   prima   che   esse   siano   concluse
favorevolmente.
    Il ricorrente ritiene leso l'art.  117,  primo  comma  e  secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  quest'ultimo  in  materia   di   tutela
dell'ambiente, perche', sia il diritto dell'Unione,  sia  l'art.  26,
comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, prevedono che la valutazione  di
impatto  ambientale  (VIA)  abbia   carattere   preventivo   rispetto
all'inizio dell'attivita', al pari di  quanto  e'  stabilito  per  la
valutazione di incidenza ambientale (VINCA).
    Le questioni sono fondate, con riguardo ad entrambi  i  parametri
invocati.
    Va  precisato  che  le  censure  debbono  essere   valutate   con
riferimento all'avvio di nuove attivita' di  cui  all'art.  1,  comma
104, lettera b), della legge impugnata, posto che la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale della lettera a)  del  medesimo  comma,
quanto alla prosecuzione delle attivita' gia'  in  essere,  priva  di
oggetto la norma impugnata, nella parte in cui si riferisce a  queste
ultime.
    Non e' dubbio che la disciplina  della  VIA  e  della  VINCA  sia
riconducibile alla competenza esclusiva dello  Stato  in  materia  di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, anche  con  riferimento  agli
effetti connessi al  rilascio  di  concessioni  relative  alle  acque
minerali e termali (sentenza n. 1 del 2010).
    La legislazione statale, peraltro, attua  quanto  disposto  dalla
normativa dell'Unione,  in  base  alla  quale  VIA  e  VINCA  debbono
precedere l'avvio dell'attivita' (art. 2, comma 1, della direttiva 13
dicembre 2011, n. 2011/92/UE - Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio  concernente  la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati - codificazione,  e  art.  6,
comma 3, della direttiva 21 maggio 1992, n. 92/43/CEE - Direttiva del
Consiglio  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche), e  provvede  in
tal senso con l'art. 26, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006,  e  con
l'art. 5, comma 8, del d.P.R. 8 settembre 1997, n.  357  (Regolamento
recante  attuazione   della   direttiva   92/43/CEE   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e  seminaturali,  nonche'  della
flora e della fauna selvatiche).
    Una volta postulata la necessita' di procedere  a  VIA  e  VINCA,
come presuppone la norma impugnata, non vi e' alcuno  spazio  per  il
legislatore regionale che gli  permetta  di  apportare  deroghe  alla
natura preventiva di tali istituti (sentenze n. 28 del 2013 e n.  227
del 2011).
    E'  percio'  da  escludere,  come  invece  suggerisce  la  difesa
regionale, che l'art. 144, comma 5, del d.lgs. n. 152 del  2006,  che
fa salva l'applicazione  alle  acque  termali,  minerali  e  per  uso
geotermico  della  normativa  speciale  ad  esse  dedicata,  precluda
l'operativita' dell'art. 26, comma 5, del medesimo d.lgs. n. 152  del
2006, con il quale si attua una previsione del diritto dell'Unione di
necessaria rilevanza, ogni qual volta sia richiesta la valutazione di
impatto ambientale.
    Disponendo in senso contrario, la norma impugnata ha leso  l'art.
117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
49, lettere a), e), f), g), i), 88, 89, 93, lettera b), 104,  lettera
a), 105 e 108, lettera a),  della  legge  della  Regione  Campania  7
agosto 2014, n. 16 (Interventi di rilancio e  sviluppo  dell'economia
regionale  nonche'  di  carattere  ordinamentale  e  organizzativo  -
collegato alla legge di stabilita' regionale 2014);
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 49, lettera l), della  legge  della
Regione Campania n. 16 del 2014, promossa,  in  riferimento  all'art.
117, terzo comma, della Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1,  comma  72,  della  legge  della  Regione
Campania n. 16 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 3,  9  e
117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost., dal  Presidente
del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2015.

                                F.to:
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente
                     Giorgio LATTANZI, Redattore
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015.

                   Il Direttore della Cancelleria
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI


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