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domenica 5 luglio 2015

N. 119 SENTENZA 13 maggio - 25 giugno 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Stranieri regolarmente soggiornanti - Servizio civile nazionale - Requisito della cittadinanza italiana ai fini dell'ammissione. - Decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), art. 3, comma 1. - (GU n.26 del 1-7-2015 )





N. 119 SENTENZA 13 maggio - 25 giugno 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Stranieri regolarmente soggiornanti -  Servizio  civile  nazionale  -
  Requisito della cittadinanza italiana ai fini dell'ammissione.
- Decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina  del  Servizio
  civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001,  n.
  64), art. 3, comma 1.
-  

(GU n.26 del 1-7-2015 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,
del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio
civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6  marzo  2001,  n.
64), promosso dalla Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,  nel
procedimento vertente tra la Presidenza del Consiglio dei ministri  e
l'ASGI - Associazione per gli studi  giuridici  sull'immigrazione,  e
APN - Avvocati per niente ONLUS, con ordinanza del 1°  ottobre  2014,
iscritta al n. 222 del registro ordinanze del 2014, pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  51,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2014.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 13  maggio  2015  il  Giudice
relatore Giuliano Amato.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza del 1° ottobre 2014, le  sezioni  unite  civili
della Corte di cassazione, hanno  sollevato  -  in  riferimento  agli
artt. 2, 3 e  76  della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile
2002, n.  77  (Disciplina  del  Servizio  civile  nazionale  a  norma
dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in  cui  -
prevedendo il requisito  della  cittadinanza  italiana  -  esclude  i
cittadini  stranieri  regolarmente  soggiornanti  in   Italia   dalla
possibilita' di essere ammessi a prestare il servizio civile.
    2.-  La  Corte  di  cassazione  premette  che  la  questione   di
legittimita' costituzionale  e'  sorta  nell'ambito  di  un  giudizio
promosso, ai sensi dell'art. 44 del  decreto  legislativo  25  luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero),  da  un  cittadino  pachistano,  unitamente  all'ASGI   -
Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, e  all'APN  -
Avvocati per niente ONLUS, per denunciare la  natura  discriminatoria
del bando, pubblicato il 20  settembre  2011,  per  la  selezione  di
volontari da impiegare in progetti di servizio civile.  L'art.  3  di
tale bando, in applicazione della disposizione censurata, richiede  -
tra i requisiti e le condizioni di ammissione  -  il  possesso  della
cittadinanza italiana.
    La natura discriminatoria di tale art. 3 e' stata dichiarata  dal
Tribunale ordinario di Milano, sezione lavoro, con ordinanza  del  12
gennaio  2012,  con  la  quale  e'  stato,  inoltre,  ordinato   alla
Presidenza del Consiglio dei ministri di sospendere le  procedure  di
selezione e di modificare il bando, consentendo l'accesso anche  agli
stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
    Il giudice a quo riferisce di  essere,  quindi,  investito  della
decisione  in  ordine  al  ricorso  proposto  dalla  Presidenza   del
Consiglio dei ministri per la cassazione della sentenza con la  quale
la Corte d'appello di Milano ha respinto  l'impugnazione  avverso  la
citata ordinanza del Tribunale di Milano.
    Cio' premesso,  le  sezioni  unite  rilevano  che  il  successivo
acquisto della  cittadinanza  italiana  da  parte  del  ricorrente  e
l'integrale svolgimento degli effetti del bando hanno determinato  la
sopravvenuta  perdita  di  ogni  utilita'   derivabile   alle   parti
dall'accoglimento  o  dal  rigetto  del  ricorso.  Inoltre,  con   la
prestazione del servizio civile da parte dei  volontari  selezionati,
la vicenda concreta appare del tutto esaurita, ne' vi sarebbe  spazio
per l'accertamento dell'illegittimita' del bando a fini  risarcitori,
non avendo i ricorrenti avanzato domanda in tal senso.
    La Corte di cassazione ritiene quindi che in tale contesto  siano
venute meno le condizioni  per  pronunciare  sul  ricorso,  il  quale
appare destinato alla definizione  con  una  sentenza,  in  rito,  di
inammissibilita' per sopravvenuto difetto di interesse.
    2.1.-    Nondimeno,    ad    avviso    delle    sezioni    unite,
l'inammissibilita' del ricorso, nonche' la particolare importanza del
thema decidendum,  giustificano  una  pronuncia  d'ufficio  ai  sensi
dell'art. 363, terzo comma, cod. proc.  civ.,  con  l'enunciazione  -
nell'esercizio della funzione nomofilattica assegnata alla  Corte  di
cassazione - del principio  di  diritto  nell'interesse  della  legge
sulla questione trattata nella causa di merito.
    La particolare importanza della  questione,  ai  sensi  dell'art.
363,  terzo  comma,  cod.  proc.  civ.,  viene  desunta,  oltre   che
dall'esistenza di un contrasto tra i giudici di merito, dalla novita'
della questione per la  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione,
quale organo chiamato ad assicurare l'esatta osservanza della  legge,
la sua uniforme interpretazione  e  l'unita'  del  diritto  oggettivo
nazionale, e quindi a garantire certezza del diritto  ed  eguaglianza
dei cittadini dinanzi alla legge.
    Ad avviso del giudice a quo, l'esercizio di tali funzioni sarebbe
ancor piu' rilevante nel caso in esame, in quanto la mancanza  di  un
principio  di  diritto  investe  un  settore  nevralgico  della  vita
sociale, nel quale sono coinvolti numerosi giovani, operatori ed enti
e vengono in gioco i diritti fondamentali della  persona  nell'ambito
del rapporto con gli altri.
    Viene,  inoltre,  sottolineata   l'esigenza   di   una   risposta
chiarificatrice   in    funzione    nomofilattica,    tenuto    conto
dell'attitudine della questione in  esame  a  ripresentarsi  in  casi
futuri,  nei  nuovi  bandi  per  il  servizio  civile  nazionale  che
l'amministrazione intenda pubblicare, come sarebbe dimostrato proprio
dall'esperienza successiva, ed in particolare  dalla  correzione,  da
parte dell'amministrazione, del successivo bando del 4 ottobre  2013,
con riapertura dei termini in  favore  degli  stranieri  titolari  di
permesso  di  soggiorno,  ma  con  riserva  dell'esito  del  relativo
giudizio.
    2.2.- La Corte di cassazione esclude la possibilita' di risolvere
la   questione   attraverso   un'interpretazione   costituzionalmente
orientata. Il dettato normativo dell'art. 3, comma 1, del  d.lgs.  n.
77 del 2002, risulta univoco e va in direzione  opposta  a  quella  -
inclusiva, aperta e non  discriminatoria  -  ritenuta  possibile  dai
giudici del merito nei due precedenti gradi di giudizio.
    Infatti, la disposizione censurata - nel prevedere i requisiti di
ammissione al servizio civile  nazionale  -  stabilisce  che  possano
accedervi i cittadini italiani.  In  un  contesto  tecnico,  volto  a
fissare i requisiti di ammissione al servizio  civile  nazionale,  il
testo  della  disposizione  censurata   richiamerebbe   una   nozione
giuridico-formale di «cittadino italiano»  -  quella  prevista  dalla
legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla  cittadinanza)  -  la
quale  non  consente  il  riferimento  ad  una   nozione,   ampia   e
deformalizzata, di «cittadinanza di residenza», capace di  accogliere
nel suo ambito tutti i  soggetti,  ivi  inclusi  gli  stranieri,  che
appartengono in maniera stabile e regolare alla comunita'.
    2.3.- La Corte di cassazione ritiene che sussista,  altresi',  la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma  1,  del  d.lgs.  n.  77  del  2002,  in  considerazione  della
necessita' di applicare tale disposizione ai fini della  formulazione
del  principio  di  diritto  nell'interesse  della  legge  ai   sensi
dell'art. 363, terzo comma, cod. proc.  civ.,  ossia  ai  fini  della
pronuncia di una regola di giudizio che - sebbene non influente nella
concreta vicenda  processuale  -  serva  tuttavia  come  criterio  di
decisione di casi analoghi o simili.
    Tra il quesito di costituzionalita' e la definizione del giudizio
mediante  l'esercizio  della  funzione  nomofilattica  nell'interesse
della legge, sussisterebbe pertanto un rapporto di pregiudizialita'.
    2.4.- In punto di non manifesta infondatezza,  le  sezioni  unite
osservano che il  servizio  civile  nazionale  -  con  la  definitiva
emancipazione  dal  necessario  riferimento  al   servizio   militare
obbligatorio   -   si   configura,    secondo    la    giurisprudenza
costituzionale,  come  «l'oggetto  di  una  scelta   volontaria   che
costituisce adempimento del dovere  di  solidarieta'  (art.  2  della
Costituzione), nonche' di quello di concorrere al progresso materiale
e  spirituale  della  societa'  (art.   4,   secondo   comma,   della
Costituzione)» (sentenza n. 228 del 2004).
    2.4.1.- La Corte di cassazione ritiene dunque che  il  dovere  di
difesa della Patria, letto in connessione con l'art. 2 Cost., non  si
risolva  in  attivita'  finalizzate   a   contrastare   o   prevenire
un'aggressione esterna al territorio dello Stato e dei suoi  confini,
ma sia ora esteso sino a ricomprendere  forme  spontanee  di  impegno
sociale non armato, volte alla salvaguardia  e  alla  promozione  dei
valori comuni e fondanti il nostro ordinamento.
    Il  servizio  civile  nazionale,  quale   «forma   spontanea   di
adempimento  del  dovere  costituzionale  di  difesa  della   Patria»
(sentenza n. 228  del  2004),  si  colloca  in  tale  contesto.  Esso
permette, infatti, di partecipare in modo attivo alla costruzione  di
una democrazia sana e di nuove forme di cittadinanza, consentendo  di
colmare il divario tra i bisogni collettivi e le risposte  pubbliche,
in un'ottica di promozione e di tutela dei diritti,  soprattutto  dei
soggetti piu' vulnerabili e svantaggiati.
    Ad avviso delle sezioni unite, il servizio civile costituisce  un
istituto di integrazione, di inclusione e di coesione sociale,  volto
a favorire la costruzione di una piu' matura coscienza  civile  delle
giovani  generazioni.  Esso  rappresenta,  inoltre,  una   forma   di
salvaguardia e di tutela del patrimonio comune, sia esso  ambientale,
paesaggistico o monumentale, attraverso  attivita'  finalizzate  alla
promozione di un senso di responsabilita' e di  rispetto  nell'uso  e
nella valorizzazione dei beni comuni.
    Cosi'  ricostruita  la  ratio  dell'istituto,  le  sezioni  unite
ritengono che la disposizione dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n.  77
del 2002, contrasti con gli artt. 2 e 3 Cost.
    Infatti, poiche' le attivita' svolte nell'ambito dei progetti  di
servizio civile nazionale  rappresentano  diretta  realizzazione  del
principio di solidarieta', l'esclusione dei cittadini stranieri dalla
possibilita' di prestare il servizio civile  nazionale  precluderebbe
il pieno sviluppo della persona e l'integrazione nella  comunita'  di
accoglienza, impedendo loro di concorrere a  realizzare  progetti  di
utilita' sociale e, di  conseguenza,  di  sviluppare  il  valore  del
servizio a favore degli altri e del bene comune.
    Si tratterebbe, secondo le sezioni unite,  di  un'esclusione  non
proporzionata,  ne'  ragionevole.  Infatti,  l'attivita'  di  impegno
sociale che  la  persona  e'  chiamata  a  svolgere  nell'ambito  del
servizio  civile  «deve  essere  ricompresa  tra  i  valori  fondanti
dell'ordinamento  giuridico,   riconosciuti,   insieme   ai   diritti
inviolabili   dell'uomo,   come   base   della   convivenza   sociale
normativamente prefigurata dal  Costituente»  (sentenza  n.  309  del
2013). Al riguardo, viene evidenziato che agli stranieri regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato e' riconosciuto il  godimento
«dei diritti in materia  civile  attribuiti  al  cittadino  italiano»
(art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998).
    2.4.2.- La norma censurata si porrebbe  in  contrasto  anche  con
l'art. 76 Cost., per violazione del criterio direttivo della legge  6
marzo 2001, n. 64 (Istituzione del  servizio  civile  nazionale).  In
particolare, l'art. 2, comma 3, lettera  a),  di  tale  legge  delega
prevedeva l'«ammissione al servizio civile  volontario  di  uomini  e
donne sulla  base  di  requisiti  oggettivi  e  non  discriminatori».
Viceversa, l'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, fissando  il
requisito della cittadinanza italiana nella disciplina per  l'accesso
al servizio civile nazionale, introduce un  requisito  di  ammissione
che  avrebbe  carattere  discriminatorio,  in  quanto   preclude   al
cittadino  straniero,  regolarmente  soggiornante   in   Italia,   la
possibilita'   di   un   pieno   dispiegamento   della   liberta'   e
dell'eguaglianza.
    A conferma di tale interpretazione, viene evidenziato che  l'art.
4 della stessa legge delega n. 64 del 2001 ha previsto  il  requisito
della cittadinanza soltanto nel periodo transitorio, ossia «fino alla
data di efficacia dei decreti legislativi di cui all'articolo 2».  Da
cio' si ricaverebbe, a contrario, che l'art. 2, comma 3, lettera  a),
della legge delega, una volta superato il  periodo  transitorio,  non
ammetterebbe distinzioni sulla base del criterio della nazionalita'.
    D'altra parte, ad avviso della Corte di cassazione, la scelta del
legislatore  delegato  non  sarebbe  giustificata  dalla   previsione
contenuta nel primo comma dell'art. 52 Cost., che configura la difesa
della Patria, come «sacro dovere del cittadino». Viene, al  riguardo,
richiamata la giurisprudenza costituzionale che ha  ritenuto  che  la
portata normativa dell'art. 52  Cost.  e'  «quella  di  stabilire  in
positivo, non gia' di circoscrivere in negativo i  limiti  soggettivi
del dovere costituzionale». L'art. 52 Cost.  escluderebbe  quindi  la
possibilita' di prevedere per alcuno il  privilegio  di  un'esenzione
immotivata dall'obbligo di leva (sentenza n. 172 del 1999).
    Si osserva, inoltre, che il servizio civile esprime la  vocazione
sociale e solidaristica di chi intenda spontaneamente accedervi. Cio'
escluderebbe il  rischio  di  un  conflitto  potenziale  tra  opposte
lealta': la partecipazione dello straniero regolarmente  soggiornante
in Italia ad una comunita' di diritti, piu' ampia  e  comprensiva  di
quella fondata sulla  cittadinanza  in  senso  stretto,  postula  che
anch'egli,  senza  discriminazioni  in  ragione  del  criterio  della
nazionalita', sia legittimato, su base volontaria,  a  restituire  un
impegno in termini di servizio a favore di quella stessa comunita'.
    3.- E'  intervenuta  nel  giudizio  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, per conto del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  ed  ha
concluso per l'inammissibilita' o, in subordine,  per  l'infondatezza
della questione sollevata dalle sezioni unite civili della  Corte  di
cassazione.
    3.1.-  In  via  preliminare,  la  difesa  erariale  ha   eccepito
l'inammissibilita' della questione  di  legittimita'  costituzionale,
poiche' difetterebbe il requisito della  rilevanza  della  questione.
Infatti, per ammissione della stessa  Corte  rimettente,  la  vicenda
processuale oggetto del giudizio a quo si sarebbe ormai esaurita  per
sopravvenuto difetto di interesse,  con  conseguente  inefficacia  di
un'eventuale pronuncia  di  accoglimento  sulle  sorti  del  giudizio
principale.
    L'Avvocatura generale dello Stato evidenzia, d'altra  parte,  che
la possibilita'  di  pronunciare  un  principio  di  diritto  su  una
questione ritenuta di «particolare importanza»,  ai  sensi  dell'art.
363 cod. proc. civ., riveste carattere di eccezionalita' rispetto  ai
principi generali, come ritenuto dalla stessa  Corte  di  cassazione.
L'esercizio di tale particolare potere non consentirebbe, quindi,  di
derogare alle disposizioni di cui all'art. 23 della  legge  11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), in ordine ai requisiti per l'accesso della questione
dinanzi alla Corte  costituzionale.  Infatti,  la  norma  eccezionale
dell'art. 363, terzo comma, cod.  proc.  civ.,  non  potrebbe  essere
addirittura "traslata" in un ordine di giudizio "altro" dal  giudizio
civile, quale quello di costituzionalita', per  il  quale  non  opera
alcuna   deroga   alle   norme   ordinarie   sulle   condizioni    di
ammissibilita', tra le quali - in primis - la rilevanza.
    3.2.- Osserva, inoltre, l'Avvocatura  generale  dello  Stato  che
l'eventuale pronuncia  di  costituzionalita'  in  ordine  alla  norma
censurata sarebbe  priva  di  concreto  interesse,  sia  perche'  non
sarebbero  state  piu'  bandite  procedure  per  il  servizio  civile
nazionale, sia perche' e' in corso di esame, in sede parlamentare, la
riforma del cosiddetto "Terzo settore".
    Nel 2014 e' stato presentato un disegno di legge,  di  iniziativa
governativa,  che   prevede   la   valorizzazione   delle   attivita'
solidaristiche e d'interesse generale, al fine di sostenere la libera
iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene  comune  ed
elevare i livelli  di  cittadinanza  attiva,  coesione  e  protezione
sociale.
    A questi fini, il disegno di legge prevede la delega al Governo a
realizzare il riordino e la revisione della disciplina in materia  di
servizio civile nazionale,  con  l'istituzione  del  servizio  civile
«universale», non  riservato  ai  soli  cittadini,  finalizzato  alla
difesa non armata, ai sensi degli artt. 52, primo comma, e 11  Cost.,
attraverso la promozione di attivita' di solidarieta'.

                       Considerato in diritto

    1.- Con ordinanza del 1° ottobre 2014, le  sezioni  unite  civili
della Corte di cassazione hanno sollevato - in riferimento agli artt.
2,  3  e  76  della  Costituzione   -   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile
2002, n.  77  (Disciplina  del  Servizio  civile  nazionale  a  norma
dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in  cui  -
prevedendo il requisito  della  cittadinanza  italiana  -  esclude  i
cittadini  stranieri  regolarmente  soggiornanti  in   Italia   dalla
possibilita' di essere ammessi a prestare il servizio civile.
    2.-  L'eccezione   di   inammissibilita'   della   questione   di
legittimita' costituzionale per difetto di rilevanza e' infondata.
    2.1.- Al riguardo, si osserva che l'ordinanza  di  rimessione  e'
stata emessa nell'ambito di un giudizio destinato ad essere  definito
con una pronuncia, in  rito,  di  inammissibilita'  per  sopravvenuto
difetto di interesse. E tuttavia l'inammissibilita' del ricorso e  la
particolare importanza della questione giustificano, ad avviso  della
Corte  di  cassazione,  l'enunciazione  del  principio   di   diritto
nell'interesse della legge ai sensi dell'art. 363, terzo  comma,  del
codice di procedura civile.
    In  base  a  tale  disposizione,  in  presenza  di   un   ricorso
inammissibile, la Corte di cassazione  e'  investita  del  potere  di
decidere essa stessa se esaminare ugualmente la questione, enunciando
- qualora la ritenga di interesse generale - il principio di diritto,
ossia una regola di  giudizio  che  -  sebbene  non  influente  nella
concreta vicenda  processuale  -  serva  tuttavia  come  criterio  di
decisione di casi futuri.
    Il potere conferito dall'art. 363, terzo comma, cod. proc.  civ.,
esalta  il  ruolo  nomofilattico  che  e'  proprio  della  Corte   di
cassazione.  L'istituto  delinea  un  tipo  di  giudizio   svincolato
dall'esigenza  di  composizione  degli  interessi  delle  parti,   ed
interamente rivolto alla soddisfazione dell'interesse -  generale  ed
oggettivo - all'esatta interpretazione della legge.
    2.2.-  Nella  preliminare   verifica   della   tenuta   di   tale
impostazione rispetto ai principi che regolano l'accesso al sindacato
di costituzionalita', primo fra tutti il  requisito  della  rilevanza
della  questione  rispetto  al  giudizio  a  quo,  va  condivisa   la
motivazione con cui la Corte di cassazione assume di essere chiamata,
nel peculiare  ambito  processuale  disegnato  dall'art.  363,  terzo
comma,  cod.  proc.  civ.,  a  fare  necessaria  applicazione   della
normativa della cui costituzionalita' dubita.
    La verifica dei  limiti  di  accesso  al  servizio  civile,  come
delineati dalla disposizione censurata, costituisce per la  Corte  di
cassazione un passaggio ineludibile ai fini  della  formulazione  del
principio di diritto ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod.  proc.
civ., ossia ai fini della pronuncia di quella regola di giudizio  che
- sebbene non influente  nella  concreta  vicenda  processuale  -  e'
destinata a valere come criterio di decisione di casi futuri.
    In cio' viene ravvisato il rapporto di  pregiudizialita'  tra  il
quesito di costituzionalita' rivolto a questa Corte e la  definizione
del  giudizio  mediante  l'esercizio  della  funzione   nomofilattica
nell'interesse della legge.
    2.3.- Al riguardo, non e' un ostacolo l'astrazione  del  giudizio
di cui all'art. 363, terzo comma,  cod.  proc.  civ.,  rispetto  alla
composizione  degli  interessi   sostanziali   fatti   valere   nelle
precedenti fasi del giudizio a quo, ne'  rileva  la  circostanza  che
tale  pronuncia  nomofilattica  sia  improduttiva  di   effetti   sui
provvedimenti dei giudici  dei  precedenti  gradi  del  giudizio.  La
nozione di concretezza cui e' legata la rilevanza della questione non
si traduce, infatti, nella necessita' di una concreta utilita' per le
parti del giudizio di merito, come rilevato  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 10 del 2015.
    Cio' discende dalla circostanza che il giudizio  di  legittimita'
costituzionale si svolge oltre che nell'interesse privato, anche e in
primo luogo in quello pubblico e per questo  non  lo  influenzano  le
vicende del processo che lo ha occasionato.
    2.4.- E d'altra parte, va riconosciuta  la  legittimazione  della
Corte di cassazione, in sede di enunciazione del principio di diritto
nell'interesse della legge, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod.
proc. civ., a sollevare la questione di costituzionalita'.
    Infatti, cosi' com'e' indubitabile che la Corte di cassazione sia
organicamente   inserita   nell'ordine    giudiziario,    altrettanto
indubitabile   e'   l'inerenza    alla    funzione    giurisdizionale
dell'enunciazione del principio di diritto da parte  del  giudice  di
legittimita', quale massima espressione della funzione  nomofilattica
che la stessa Corte di cassazione  e'  istituzionalmente  chiamata  a
svolgere.
    Va del resto esclusa la necessita' che il procedimento a  quo  si
concluda con una decisione che abbia  tutti  gli  effetti  usualmente
ricondotti  agli  atti  giurisdizionali.  La  funzione  nomofilattica
svolta dalla Corte di cassazione con l'enunciazione del principio  di
diritto, ai sensi  dell'art.  363,  terzo  comma,  cod.  proc.  civ.,
costituisce, infatti, espressione di una giurisdizione che e' (anche)
di diritto  oggettivo,  in  quanto  volta  a  realizzare  l'interesse
generale   dell'ordinamento   all'affermazione   del   principio   di
legalita', che e' alla base dello Stato di diritto.
    2.5.- L'accesso al sindacato di costituzionalita'  attraverso  il
giudizio di cui all'art. 363, terzo comma, cod. proc.  civ.,  se  non
determina quindi alcun superamento del carattere pregiudiziale  della
questione, neppure modifica il modello incidentale del  controllo  di
legittimita'.
    L'incidentalita', infatti, discende dal compito  della  Corte  di
cassazione di enunciare il principio  di  diritto  sulla  base  della
norma  che  potra'  risultare  dalla  pronuncia   di   illegittimita'
costituzionale e che sara', in ogni caso, "altro" rispetto  ad  essa.
E' in tal modo che si realizza l'interesse generale  dell'ordinamento
alla legalita' costituzionale attraverso l'incontro ed il dialogo  di
due giurisdizioni che concorrono sempre - e ancor piu' in questo caso
- alla definizione del diritto oggettivo. Ed e'  un  dialogo  che  si
rivela  particolarmente  proficuo,  specie  laddove  sia   in   gioco
l'estensione della tutela di un diritto fondamentale.
    3.- Nel  merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 1, del d.lgs.  n.  77  del  2002,  in  riferimento
all'art. 76 Cost., e' infondata.
    3.1.- Il giudice a quo ravvisa il contrasto dell'art. 3, comma 1,
del d.lgs. n. 77 del 2002, con il criterio direttivo di cui  all'art.
2, comma 3, lettera a), della  legge  delega  6  marzo  2001,  n.  64
(Istituzione  del  servizio  civile  nazionale),  il  quale   prevede
l'ammissione al «servizio civile volontario di uomini e  donne  sulla
base di requisiti oggettivi e non discriminatori».
    Tuttavia, il tenore letterale della disposizione, la sua genesi e
la collocazione sistematica concorrono  a  riferirne  la  ratio  alla
finalita' di eliminare le differenze di genere ai  fini  dell'accesso
al servizio  civile.  La  novita'  della  disposizione  in  esame  e'
rappresentata,  infatti,   sia   dal   carattere   volontario   della
prestazione,  in  quanto  non  piu'  disciplinata   in   termini   di
alternativita'  rispetto  al  servizio  di  leva  obbligatorio,   sia
dall'apertura  dell'accesso  alle  donne.   Essa   risulta,   quindi,
espressamente  volta  ad  escludere  quei   criteri   selettivi   per
l'ammissione  al  servizio  civile   che   possano   introdurre   una
discriminazione sulla base dell'identita' di genere dell'aspirante.
    Non  si  ravvisa,  pertanto,  il  contrasto  della   disposizione
dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002 - nella parte in  cui
delimita l'accesso dei cittadini italiani al servizio  civile  -  con
tale criterio direttivo e, conseguentemente, con il parametro di  cui
all'art. 76 Cost.
    4.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,
comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002 - in riferimento agli artt. 2 e  3
Cost. - e', invece, fondata.
    4.1.- L'istituto del servizio  civile  ha  subito  una  rilevante
trasformazione a seguito dei ripetuti interventi legislativi  che  ne
hanno modificato i contorni. Dall'originaria matrice  di  prestazione
sostitutiva del  servizio  militare  di  leva,  che  trovava  il  suo
fondamento costituzionale nell'art. 52 Cost., esso si  qualifica  ora
come istituto a carattere volontario, al quale si accede per pubblico
concorso. L'ammissione al servizio civile consente oggi di realizzare
i doveri inderogabili  di  solidarieta'  e  di  rendersi  utili  alla
propria comunita', il che  corrisponde,  allo  stesso  tempo,  ad  un
diritto di chi ad essa appartiene.
    In realta', e' lo  stesso  concetto  di  «difesa  della  Patria»,
nell'ambito del quale e' stato tradizionalmente collocato  l'istituto
del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel
senso dell'apertura a molteplici valori costituzionali.
    Come gia' affermato da questa Corte, il dovere  di  difesa  della
Patria non si risolve soltanto in attivita' finalizzate a contrastare
o  prevenire  un'aggressione  esterna,  ma  puo'  comprendere   anche
attivita'  di  impegno  sociale  non  armato.  Accanto  alla   difesa
militare, che e' solo una delle forme di difesa  della  Patria,  puo'
dunque ben collocarsi un'altra forma di difesa, che si traduce  nella
prestazione  di  servizi  rientranti  nella  solidarieta'   e   nella
cooperazione a livello nazionale ed internazionale (sentenza  n.  228
del 2004).
    In coerenza con tale evoluzione, questa Corte ha gia'  richiamato
la necessita' di una lettura dell'art. 52 Cost. alla luce dei  doveri
inderogabili  di  solidarieta'  sociale  di  cui  all'art.  2   Cost.
(sentenza n. 309 del 2013).
    L'esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono  regolarmente
in Italia, dalle attivita' alle quali  tali  doveri  si  riconnettono
appare di per se' irragionevole.
    Inoltre, sotto un  diverso  profilo,  l'estensione  del  servizio
civile a finalita' di solidarieta' sociale, nonche' l'inserimento  in
attivita'   di   cooperazione   nazionale   ed   internazionale,   di
salvaguardia  e  tutela  del  patrimonio  nazionale,   concorrono   a
qualificarlo  -  oltre  che  come  adempimento  di   un   dovere   di
solidarieta' -  anche  come  un'opportunita'  di  integrazione  e  di
formazione alla cittadinanza.
    Come gia' affermato  da  questa  Corte,  l'attivita'  di  impegno
sociale che  la  persona  e'  chiamata  a  svolgere  nell'ambito  del
servizio  civile  «deve  essere  ricompresa  tra  i  valori  fondanti
dell'ordinamento  giuridico,   riconosciuti,   insieme   ai   diritti
inviolabili   dell'uomo,   come   base   della   convivenza   sociale
normativamente prefigurata dal  Costituente»  (sentenza  n.  309  del
2013). Occorre sottolineare, d'altra parte,  che  il  godimento  «dei
diritti in materia  civile  attribuiti  al  cittadino  italiano»,  e'
riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti nel  territorio
dello Stato (art. 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero»).
    L'esclusione  dei  cittadini  stranieri  dalla  possibilita'   di
prestare il servizio civile nazionale, impedendo loro di concorrere a
realizzare  progetti  di  utilita'  sociale  e,  di  conseguenza,  di
sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune,  comporta
dunque un'ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della  persona
e all'integrazione nella comunita' di accoglienza.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  comma  1,
del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio
civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6  marzo  2001,  n.
64), nella parte in  cui  prevede  il  requisito  della  cittadinanza
italiana  ai  fini  dell'ammissione  allo  svolgimento  del  servizio
civile;
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 1, del  d.lgs.  n.  77  del  2002,  sollevata,  in
riferimento  all'art.  76  della   Costituzione,   dalla   Corte   di
cassazione,  sezioni  unite  civili,  con  l'ordinanza  indicata   in
epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 maggio 2015.

                                F.to:
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente
                      Giuliano AMATO, Redattore
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015.

                   Il Direttore della Cancelleria
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI


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