N. 119 SENTENZA 13 maggio - 25 giugno 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Stranieri regolarmente soggiornanti - Servizio civile nazionale -
Requisito della cittadinanza italiana ai fini dell'ammissione.
- Decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio
civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n.
64), art. 3, comma 1.
-
(GU n.26 del 1-7-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,
del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio
civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n.
64), promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, nel
procedimento vertente tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e
l'ASGI - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, e
APN - Avvocati per niente ONLUS, con ordinanza del 1° ottobre 2014,
iscritta al n. 222 del registro ordinanze del 2014, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale,
dell'anno 2014.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 maggio 2015 il Giudice
relatore Giuliano Amato.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 1° ottobre 2014, le sezioni unite civili
della Corte di cassazione, hanno sollevato - in riferimento agli
artt. 2, 3 e 76 della Costituzione - questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile
2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma
dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui -
prevedendo il requisito della cittadinanza italiana - esclude i
cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia dalla
possibilita' di essere ammessi a prestare il servizio civile.
2.- La Corte di cassazione premette che la questione di
legittimita' costituzionale e' sorta nell'ambito di un giudizio
promosso, ai sensi dell'art. 44 del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), da un cittadino pachistano, unitamente all'ASGI -
Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, e all'APN -
Avvocati per niente ONLUS, per denunciare la natura discriminatoria
del bando, pubblicato il 20 settembre 2011, per la selezione di
volontari da impiegare in progetti di servizio civile. L'art. 3 di
tale bando, in applicazione della disposizione censurata, richiede -
tra i requisiti e le condizioni di ammissione - il possesso della
cittadinanza italiana.
La natura discriminatoria di tale art. 3 e' stata dichiarata dal
Tribunale ordinario di Milano, sezione lavoro, con ordinanza del 12
gennaio 2012, con la quale e' stato, inoltre, ordinato alla
Presidenza del Consiglio dei ministri di sospendere le procedure di
selezione e di modificare il bando, consentendo l'accesso anche agli
stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Il giudice a quo riferisce di essere, quindi, investito della
decisione in ordine al ricorso proposto dalla Presidenza del
Consiglio dei ministri per la cassazione della sentenza con la quale
la Corte d'appello di Milano ha respinto l'impugnazione avverso la
citata ordinanza del Tribunale di Milano.
Cio' premesso, le sezioni unite rilevano che il successivo
acquisto della cittadinanza italiana da parte del ricorrente e
l'integrale svolgimento degli effetti del bando hanno determinato la
sopravvenuta perdita di ogni utilita' derivabile alle parti
dall'accoglimento o dal rigetto del ricorso. Inoltre, con la
prestazione del servizio civile da parte dei volontari selezionati,
la vicenda concreta appare del tutto esaurita, ne' vi sarebbe spazio
per l'accertamento dell'illegittimita' del bando a fini risarcitori,
non avendo i ricorrenti avanzato domanda in tal senso.
La Corte di cassazione ritiene quindi che in tale contesto siano
venute meno le condizioni per pronunciare sul ricorso, il quale
appare destinato alla definizione con una sentenza, in rito, di
inammissibilita' per sopravvenuto difetto di interesse.
2.1.- Nondimeno, ad avviso delle sezioni unite,
l'inammissibilita' del ricorso, nonche' la particolare importanza del
thema decidendum, giustificano una pronuncia d'ufficio ai sensi
dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., con l'enunciazione -
nell'esercizio della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di
cassazione - del principio di diritto nell'interesse della legge
sulla questione trattata nella causa di merito.
La particolare importanza della questione, ai sensi dell'art.
363, terzo comma, cod. proc. civ., viene desunta, oltre che
dall'esistenza di un contrasto tra i giudici di merito, dalla novita'
della questione per la giurisprudenza della Corte di cassazione,
quale organo chiamato ad assicurare l'esatta osservanza della legge,
la sua uniforme interpretazione e l'unita' del diritto oggettivo
nazionale, e quindi a garantire certezza del diritto ed eguaglianza
dei cittadini dinanzi alla legge.
Ad avviso del giudice a quo, l'esercizio di tali funzioni sarebbe
ancor piu' rilevante nel caso in esame, in quanto la mancanza di un
principio di diritto investe un settore nevralgico della vita
sociale, nel quale sono coinvolti numerosi giovani, operatori ed enti
e vengono in gioco i diritti fondamentali della persona nell'ambito
del rapporto con gli altri.
Viene, inoltre, sottolineata l'esigenza di una risposta
chiarificatrice in funzione nomofilattica, tenuto conto
dell'attitudine della questione in esame a ripresentarsi in casi
futuri, nei nuovi bandi per il servizio civile nazionale che
l'amministrazione intenda pubblicare, come sarebbe dimostrato proprio
dall'esperienza successiva, ed in particolare dalla correzione, da
parte dell'amministrazione, del successivo bando del 4 ottobre 2013,
con riapertura dei termini in favore degli stranieri titolari di
permesso di soggiorno, ma con riserva dell'esito del relativo
giudizio.
2.2.- La Corte di cassazione esclude la possibilita' di risolvere
la questione attraverso un'interpretazione costituzionalmente
orientata. Il dettato normativo dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n.
77 del 2002, risulta univoco e va in direzione opposta a quella -
inclusiva, aperta e non discriminatoria - ritenuta possibile dai
giudici del merito nei due precedenti gradi di giudizio.
Infatti, la disposizione censurata - nel prevedere i requisiti di
ammissione al servizio civile nazionale - stabilisce che possano
accedervi i cittadini italiani. In un contesto tecnico, volto a
fissare i requisiti di ammissione al servizio civile nazionale, il
testo della disposizione censurata richiamerebbe una nozione
giuridico-formale di «cittadino italiano» - quella prevista dalla
legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza) - la
quale non consente il riferimento ad una nozione, ampia e
deformalizzata, di «cittadinanza di residenza», capace di accogliere
nel suo ambito tutti i soggetti, ivi inclusi gli stranieri, che
appartengono in maniera stabile e regolare alla comunita'.
2.3.- La Corte di cassazione ritiene che sussista, altresi', la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, in considerazione della
necessita' di applicare tale disposizione ai fini della formulazione
del principio di diritto nell'interesse della legge ai sensi
dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., ossia ai fini della
pronuncia di una regola di giudizio che - sebbene non influente nella
concreta vicenda processuale - serva tuttavia come criterio di
decisione di casi analoghi o simili.
Tra il quesito di costituzionalita' e la definizione del giudizio
mediante l'esercizio della funzione nomofilattica nell'interesse
della legge, sussisterebbe pertanto un rapporto di pregiudizialita'.
2.4.- In punto di non manifesta infondatezza, le sezioni unite
osservano che il servizio civile nazionale - con la definitiva
emancipazione dal necessario riferimento al servizio militare
obbligatorio - si configura, secondo la giurisprudenza
costituzionale, come «l'oggetto di una scelta volontaria che
costituisce adempimento del dovere di solidarieta' (art. 2 della
Costituzione), nonche' di quello di concorrere al progresso materiale
e spirituale della societa' (art. 4, secondo comma, della
Costituzione)» (sentenza n. 228 del 2004).
2.4.1.- La Corte di cassazione ritiene dunque che il dovere di
difesa della Patria, letto in connessione con l'art. 2 Cost., non si
risolva in attivita' finalizzate a contrastare o prevenire
un'aggressione esterna al territorio dello Stato e dei suoi confini,
ma sia ora esteso sino a ricomprendere forme spontanee di impegno
sociale non armato, volte alla salvaguardia e alla promozione dei
valori comuni e fondanti il nostro ordinamento.
Il servizio civile nazionale, quale «forma spontanea di
adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria»
(sentenza n. 228 del 2004), si colloca in tale contesto. Esso
permette, infatti, di partecipare in modo attivo alla costruzione di
una democrazia sana e di nuove forme di cittadinanza, consentendo di
colmare il divario tra i bisogni collettivi e le risposte pubbliche,
in un'ottica di promozione e di tutela dei diritti, soprattutto dei
soggetti piu' vulnerabili e svantaggiati.
Ad avviso delle sezioni unite, il servizio civile costituisce un
istituto di integrazione, di inclusione e di coesione sociale, volto
a favorire la costruzione di una piu' matura coscienza civile delle
giovani generazioni. Esso rappresenta, inoltre, una forma di
salvaguardia e di tutela del patrimonio comune, sia esso ambientale,
paesaggistico o monumentale, attraverso attivita' finalizzate alla
promozione di un senso di responsabilita' e di rispetto nell'uso e
nella valorizzazione dei beni comuni.
Cosi' ricostruita la ratio dell'istituto, le sezioni unite
ritengono che la disposizione dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77
del 2002, contrasti con gli artt. 2 e 3 Cost.
Infatti, poiche' le attivita' svolte nell'ambito dei progetti di
servizio civile nazionale rappresentano diretta realizzazione del
principio di solidarieta', l'esclusione dei cittadini stranieri dalla
possibilita' di prestare il servizio civile nazionale precluderebbe
il pieno sviluppo della persona e l'integrazione nella comunita' di
accoglienza, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di
utilita' sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del
servizio a favore degli altri e del bene comune.
Si tratterebbe, secondo le sezioni unite, di un'esclusione non
proporzionata, ne' ragionevole. Infatti, l'attivita' di impegno
sociale che la persona e' chiamata a svolgere nell'ambito del
servizio civile «deve essere ricompresa tra i valori fondanti
dell'ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti
inviolabili dell'uomo, come base della convivenza sociale
normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del
2013). Al riguardo, viene evidenziato che agli stranieri regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato e' riconosciuto il godimento
«dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano»
(art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998).
2.4.2.- La norma censurata si porrebbe in contrasto anche con
l'art. 76 Cost., per violazione del criterio direttivo della legge 6
marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale). In
particolare, l'art. 2, comma 3, lettera a), di tale legge delega
prevedeva l'«ammissione al servizio civile volontario di uomini e
donne sulla base di requisiti oggettivi e non discriminatori».
Viceversa, l'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, fissando il
requisito della cittadinanza italiana nella disciplina per l'accesso
al servizio civile nazionale, introduce un requisito di ammissione
che avrebbe carattere discriminatorio, in quanto preclude al
cittadino straniero, regolarmente soggiornante in Italia, la
possibilita' di un pieno dispiegamento della liberta' e
dell'eguaglianza.
A conferma di tale interpretazione, viene evidenziato che l'art.
4 della stessa legge delega n. 64 del 2001 ha previsto il requisito
della cittadinanza soltanto nel periodo transitorio, ossia «fino alla
data di efficacia dei decreti legislativi di cui all'articolo 2». Da
cio' si ricaverebbe, a contrario, che l'art. 2, comma 3, lettera a),
della legge delega, una volta superato il periodo transitorio, non
ammetterebbe distinzioni sulla base del criterio della nazionalita'.
D'altra parte, ad avviso della Corte di cassazione, la scelta del
legislatore delegato non sarebbe giustificata dalla previsione
contenuta nel primo comma dell'art. 52 Cost., che configura la difesa
della Patria, come «sacro dovere del cittadino». Viene, al riguardo,
richiamata la giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto che la
portata normativa dell'art. 52 Cost. e' «quella di stabilire in
positivo, non gia' di circoscrivere in negativo i limiti soggettivi
del dovere costituzionale». L'art. 52 Cost. escluderebbe quindi la
possibilita' di prevedere per alcuno il privilegio di un'esenzione
immotivata dall'obbligo di leva (sentenza n. 172 del 1999).
Si osserva, inoltre, che il servizio civile esprime la vocazione
sociale e solidaristica di chi intenda spontaneamente accedervi. Cio'
escluderebbe il rischio di un conflitto potenziale tra opposte
lealta': la partecipazione dello straniero regolarmente soggiornante
in Italia ad una comunita' di diritti, piu' ampia e comprensiva di
quella fondata sulla cittadinanza in senso stretto, postula che
anch'egli, senza discriminazioni in ragione del criterio della
nazionalita', sia legittimato, su base volontaria, a restituire un
impegno in termini di servizio a favore di quella stessa comunita'.
3.- E' intervenuta nel giudizio l'Avvocatura generale dello
Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, ed ha
concluso per l'inammissibilita' o, in subordine, per l'infondatezza
della questione sollevata dalle sezioni unite civili della Corte di
cassazione.
3.1.- In via preliminare, la difesa erariale ha eccepito
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale,
poiche' difetterebbe il requisito della rilevanza della questione.
Infatti, per ammissione della stessa Corte rimettente, la vicenda
processuale oggetto del giudizio a quo si sarebbe ormai esaurita per
sopravvenuto difetto di interesse, con conseguente inefficacia di
un'eventuale pronuncia di accoglimento sulle sorti del giudizio
principale.
L'Avvocatura generale dello Stato evidenzia, d'altra parte, che
la possibilita' di pronunciare un principio di diritto su una
questione ritenuta di «particolare importanza», ai sensi dell'art.
363 cod. proc. civ., riveste carattere di eccezionalita' rispetto ai
principi generali, come ritenuto dalla stessa Corte di cassazione.
L'esercizio di tale particolare potere non consentirebbe, quindi, di
derogare alle disposizioni di cui all'art. 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), in ordine ai requisiti per l'accesso della questione
dinanzi alla Corte costituzionale. Infatti, la norma eccezionale
dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., non potrebbe essere
addirittura "traslata" in un ordine di giudizio "altro" dal giudizio
civile, quale quello di costituzionalita', per il quale non opera
alcuna deroga alle norme ordinarie sulle condizioni di
ammissibilita', tra le quali - in primis - la rilevanza.
3.2.- Osserva, inoltre, l'Avvocatura generale dello Stato che
l'eventuale pronuncia di costituzionalita' in ordine alla norma
censurata sarebbe priva di concreto interesse, sia perche' non
sarebbero state piu' bandite procedure per il servizio civile
nazionale, sia perche' e' in corso di esame, in sede parlamentare, la
riforma del cosiddetto "Terzo settore".
Nel 2014 e' stato presentato un disegno di legge, di iniziativa
governativa, che prevede la valorizzazione delle attivita'
solidaristiche e d'interesse generale, al fine di sostenere la libera
iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune ed
elevare i livelli di cittadinanza attiva, coesione e protezione
sociale.
A questi fini, il disegno di legge prevede la delega al Governo a
realizzare il riordino e la revisione della disciplina in materia di
servizio civile nazionale, con l'istituzione del servizio civile
«universale», non riservato ai soli cittadini, finalizzato alla
difesa non armata, ai sensi degli artt. 52, primo comma, e 11 Cost.,
attraverso la promozione di attivita' di solidarieta'.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 1° ottobre 2014, le sezioni unite civili
della Corte di cassazione hanno sollevato - in riferimento agli artt.
2, 3 e 76 della Costituzione - questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile
2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma
dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui -
prevedendo il requisito della cittadinanza italiana - esclude i
cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia dalla
possibilita' di essere ammessi a prestare il servizio civile.
2.- L'eccezione di inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale per difetto di rilevanza e' infondata.
2.1.- Al riguardo, si osserva che l'ordinanza di rimessione e'
stata emessa nell'ambito di un giudizio destinato ad essere definito
con una pronuncia, in rito, di inammissibilita' per sopravvenuto
difetto di interesse. E tuttavia l'inammissibilita' del ricorso e la
particolare importanza della questione giustificano, ad avviso della
Corte di cassazione, l'enunciazione del principio di diritto
nell'interesse della legge ai sensi dell'art. 363, terzo comma, del
codice di procedura civile.
In base a tale disposizione, in presenza di un ricorso
inammissibile, la Corte di cassazione e' investita del potere di
decidere essa stessa se esaminare ugualmente la questione, enunciando
- qualora la ritenga di interesse generale - il principio di diritto,
ossia una regola di giudizio che - sebbene non influente nella
concreta vicenda processuale - serva tuttavia come criterio di
decisione di casi futuri.
Il potere conferito dall'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ.,
esalta il ruolo nomofilattico che e' proprio della Corte di
cassazione. L'istituto delinea un tipo di giudizio svincolato
dall'esigenza di composizione degli interessi delle parti, ed
interamente rivolto alla soddisfazione dell'interesse - generale ed
oggettivo - all'esatta interpretazione della legge.
2.2.- Nella preliminare verifica della tenuta di tale
impostazione rispetto ai principi che regolano l'accesso al sindacato
di costituzionalita', primo fra tutti il requisito della rilevanza
della questione rispetto al giudizio a quo, va condivisa la
motivazione con cui la Corte di cassazione assume di essere chiamata,
nel peculiare ambito processuale disegnato dall'art. 363, terzo
comma, cod. proc. civ., a fare necessaria applicazione della
normativa della cui costituzionalita' dubita.
La verifica dei limiti di accesso al servizio civile, come
delineati dalla disposizione censurata, costituisce per la Corte di
cassazione un passaggio ineludibile ai fini della formulazione del
principio di diritto ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc.
civ., ossia ai fini della pronuncia di quella regola di giudizio che
- sebbene non influente nella concreta vicenda processuale - e'
destinata a valere come criterio di decisione di casi futuri.
In cio' viene ravvisato il rapporto di pregiudizialita' tra il
quesito di costituzionalita' rivolto a questa Corte e la definizione
del giudizio mediante l'esercizio della funzione nomofilattica
nell'interesse della legge.
2.3.- Al riguardo, non e' un ostacolo l'astrazione del giudizio
di cui all'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., rispetto alla
composizione degli interessi sostanziali fatti valere nelle
precedenti fasi del giudizio a quo, ne' rileva la circostanza che
tale pronuncia nomofilattica sia improduttiva di effetti sui
provvedimenti dei giudici dei precedenti gradi del giudizio. La
nozione di concretezza cui e' legata la rilevanza della questione non
si traduce, infatti, nella necessita' di una concreta utilita' per le
parti del giudizio di merito, come rilevato da questa Corte nella
sentenza n. 10 del 2015.
Cio' discende dalla circostanza che il giudizio di legittimita'
costituzionale si svolge oltre che nell'interesse privato, anche e in
primo luogo in quello pubblico e per questo non lo influenzano le
vicende del processo che lo ha occasionato.
2.4.- E d'altra parte, va riconosciuta la legittimazione della
Corte di cassazione, in sede di enunciazione del principio di diritto
nell'interesse della legge, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod.
proc. civ., a sollevare la questione di costituzionalita'.
Infatti, cosi' com'e' indubitabile che la Corte di cassazione sia
organicamente inserita nell'ordine giudiziario, altrettanto
indubitabile e' l'inerenza alla funzione giurisdizionale
dell'enunciazione del principio di diritto da parte del giudice di
legittimita', quale massima espressione della funzione nomofilattica
che la stessa Corte di cassazione e' istituzionalmente chiamata a
svolgere.
Va del resto esclusa la necessita' che il procedimento a quo si
concluda con una decisione che abbia tutti gli effetti usualmente
ricondotti agli atti giurisdizionali. La funzione nomofilattica
svolta dalla Corte di cassazione con l'enunciazione del principio di
diritto, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ.,
costituisce, infatti, espressione di una giurisdizione che e' (anche)
di diritto oggettivo, in quanto volta a realizzare l'interesse
generale dell'ordinamento all'affermazione del principio di
legalita', che e' alla base dello Stato di diritto.
2.5.- L'accesso al sindacato di costituzionalita' attraverso il
giudizio di cui all'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., se non
determina quindi alcun superamento del carattere pregiudiziale della
questione, neppure modifica il modello incidentale del controllo di
legittimita'.
L'incidentalita', infatti, discende dal compito della Corte di
cassazione di enunciare il principio di diritto sulla base della
norma che potra' risultare dalla pronuncia di illegittimita'
costituzionale e che sara', in ogni caso, "altro" rispetto ad essa.
E' in tal modo che si realizza l'interesse generale dell'ordinamento
alla legalita' costituzionale attraverso l'incontro ed il dialogo di
due giurisdizioni che concorrono sempre - e ancor piu' in questo caso
- alla definizione del diritto oggettivo. Ed e' un dialogo che si
rivela particolarmente proficuo, specie laddove sia in gioco
l'estensione della tutela di un diritto fondamentale.
3.- Nel merito, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, in riferimento
all'art. 76 Cost., e' infondata.
3.1.- Il giudice a quo ravvisa il contrasto dell'art. 3, comma 1,
del d.lgs. n. 77 del 2002, con il criterio direttivo di cui all'art.
2, comma 3, lettera a), della legge delega 6 marzo 2001, n. 64
(Istituzione del servizio civile nazionale), il quale prevede
l'ammissione al «servizio civile volontario di uomini e donne sulla
base di requisiti oggettivi e non discriminatori».
Tuttavia, il tenore letterale della disposizione, la sua genesi e
la collocazione sistematica concorrono a riferirne la ratio alla
finalita' di eliminare le differenze di genere ai fini dell'accesso
al servizio civile. La novita' della disposizione in esame e'
rappresentata, infatti, sia dal carattere volontario della
prestazione, in quanto non piu' disciplinata in termini di
alternativita' rispetto al servizio di leva obbligatorio, sia
dall'apertura dell'accesso alle donne. Essa risulta, quindi,
espressamente volta ad escludere quei criteri selettivi per
l'ammissione al servizio civile che possano introdurre una
discriminazione sulla base dell'identita' di genere dell'aspirante.
Non si ravvisa, pertanto, il contrasto della disposizione
dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002 - nella parte in cui
delimita l'accesso dei cittadini italiani al servizio civile - con
tale criterio direttivo e, conseguentemente, con il parametro di cui
all'art. 76 Cost.
4.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002 - in riferimento agli artt. 2 e 3
Cost. - e', invece, fondata.
4.1.- L'istituto del servizio civile ha subito una rilevante
trasformazione a seguito dei ripetuti interventi legislativi che ne
hanno modificato i contorni. Dall'originaria matrice di prestazione
sostitutiva del servizio militare di leva, che trovava il suo
fondamento costituzionale nell'art. 52 Cost., esso si qualifica ora
come istituto a carattere volontario, al quale si accede per pubblico
concorso. L'ammissione al servizio civile consente oggi di realizzare
i doveri inderogabili di solidarieta' e di rendersi utili alla
propria comunita', il che corrisponde, allo stesso tempo, ad un
diritto di chi ad essa appartiene.
In realta', e' lo stesso concetto di «difesa della Patria»,
nell'ambito del quale e' stato tradizionalmente collocato l'istituto
del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel
senso dell'apertura a molteplici valori costituzionali.
Come gia' affermato da questa Corte, il dovere di difesa della
Patria non si risolve soltanto in attivita' finalizzate a contrastare
o prevenire un'aggressione esterna, ma puo' comprendere anche
attivita' di impegno sociale non armato. Accanto alla difesa
militare, che e' solo una delle forme di difesa della Patria, puo'
dunque ben collocarsi un'altra forma di difesa, che si traduce nella
prestazione di servizi rientranti nella solidarieta' e nella
cooperazione a livello nazionale ed internazionale (sentenza n. 228
del 2004).
In coerenza con tale evoluzione, questa Corte ha gia' richiamato
la necessita' di una lettura dell'art. 52 Cost. alla luce dei doveri
inderogabili di solidarieta' sociale di cui all'art. 2 Cost.
(sentenza n. 309 del 2013).
L'esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono regolarmente
in Italia, dalle attivita' alle quali tali doveri si riconnettono
appare di per se' irragionevole.
Inoltre, sotto un diverso profilo, l'estensione del servizio
civile a finalita' di solidarieta' sociale, nonche' l'inserimento in
attivita' di cooperazione nazionale ed internazionale, di
salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, concorrono a
qualificarlo - oltre che come adempimento di un dovere di
solidarieta' - anche come un'opportunita' di integrazione e di
formazione alla cittadinanza.
Come gia' affermato da questa Corte, l'attivita' di impegno
sociale che la persona e' chiamata a svolgere nell'ambito del
servizio civile «deve essere ricompresa tra i valori fondanti
dell'ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti
inviolabili dell'uomo, come base della convivenza sociale
normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del
2013). Occorre sottolineare, d'altra parte, che il godimento «dei
diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano», e'
riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio
dello Stato (art. 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero»).
L'esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilita' di
prestare il servizio civile nazionale, impedendo loro di concorrere a
realizzare progetti di utilita' sociale e, di conseguenza, di
sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta
dunque un'ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona
e all'integrazione nella comunita' di accoglienza.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,
del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio
civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n.
64), nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza
italiana ai fini dell'ammissione allo svolgimento del servizio
civile;
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, sollevata, in
riferimento all'art. 76 della Costituzione, dalla Corte di
cassazione, sezioni unite civili, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 maggio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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