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domenica 5 luglio 2015

N. 122 ORDINANZA 27 maggio - 25 giugno 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte e tasse - Imposta sulle successioni e donazioni - Cumulo dell'imposta sull'asse globale con l'imposta sulle singole quote dovuta dagli eredi che non siano legati da rapporto di coniugio, ne' di parentela in linea retta con il defunto. - Decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), art. 7, comma 2, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 69, comma 1, lett. c), della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale). - (GU n.26 del 1-7-2015 )





N. 122 ORDINANZA 27 maggio - 25 giugno 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte e tasse - Imposta sulle  successioni  e  donazioni  -  Cumulo
  dell'imposta sull'asse globale con l'imposta  sulle  singole  quote
  dovuta dagli eredi che non siano legati da  rapporto  di  coniugio,
  ne' di parentela in linea retta con il defunto.
- Decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo
  unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni  e
  donazioni), art. 7, comma 2, nel  testo  anteriore  alle  modifiche
  apportate dall'art. 69, comma 1, lett. c), della legge 21  novembre
  2000, n. 342 (Misure in materia fiscale).
-  

(GU n.26 del 1-7-2015 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Marta CARTABIA;
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,

     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  7,
comma  2,  del  decreto  legislativo  31   ottobre   1990,   n.   346
(Approvazione  del  testo  unico   delle   disposizioni   concernenti
l'imposta sulle successioni e donazioni), promosso dalla  Commissione
tributaria provinciale di Milano nel procedimento vertente tra N.B. e
l'Agenzia delle entrate, Ufficio di Milano 1, con  ordinanza  del  23
gennaio 2009, iscritta  al  n.  22  del  registro  ordinanze  2014  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  11,  prima
serie speciale, dell'anno 2014.
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  N.B.,  nonche'   l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    udito  nell'udienza  pubblica  del  27  maggio  2015  il  Giudice
relatore Giuliano Amato;
    uditi l'avvocato Gianni Marongiu  per  N.B.  e  l'avvocato  dello
Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto che, con ordinanza depositata il  23  gennaio  2009,  la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano  ha  sollevato,   in
riferimento agli artt.  3  e  53  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  7,  comma  2,  del   decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346  (Approvazione  del  testo  unico
delle  disposizioni  concernenti  l'imposta   sulle   successioni   e
donazioni), nel testo anteriore alle  modifiche  apportate  dall'art.
69, comma 1, lettera c), della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure
in materia fiscale);
    che il giudice a quo, chiamato a decidere in  ordine  al  ricorso
proposto avverso l'avviso  di  liquidazione  dell'imposta  principale
relativa ad una successione ereditaria  regolata,  ratione  temporis,
dall'art. 7 del  d.lgs.  n.  346  del  1990,  ravvisa  la  violazione
dell'art. 3 Cost.  nella  previsione  -  per  gli  eredi  o  legatari
cosiddetti "indiretti", non legati  da  rapporto  di  coniugio  o  di
parentela in linea retta con il defunto  -  del  cumulo  dell'imposta
sull'asse globale (riferita all'intero patrimonio del de  cuius)  con
l'imposta dovuta sulle singole quote (riferita  al  trasferimento  di
ricchezza conseguito dagli eredi o legatari);
    che, ad avviso del rimettente, tale compresenza  di  due  imposte
successorie a carico del medesimo  contribuente  determinerebbe  -  a
fronte   di   un   unico   presupposto   impositivo,    rappresentato
dall'incremento patrimoniale realizzato dall'erede - la  duplicazione
delle  basi  imponibili,  l'una  riferita  al  valore  globale  netto
dell'asse ereditario (art. 7, comma 1), posta a carico di  tutti  gli
eredi e legatari, e l'altra al valore dell'eredita' o delle quote  di
essa (art. 7, comma 2), posta a carico solo di alcuni di essi;
    che  tale  modulazione  dell'imposta  violerebbe,   inoltre,   il
principio di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., perche'
il presupposto dell'imposta sul valore globale dell'asse  ereditario,
costituito  dall'arricchimento  che  si  determina  a  vantaggio  del
chiamato  all'eredita',  costituirebbe  al   tempo   stesso   ragione
impositiva  del  tributo  sulle  singole  quote  ereditarie,  con  la
conseguenza che un medesimo presupposto  sarebbe  alla  base  di  due
tassazioni distinte nei confronti dello stesso soggetto;
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e
comunque infondata;
    che, in via preliminare, la difesa dello Stato ha eccepito che la
questione  sarebbe  inammissibile,  poiche'  la  prospettazione   del
rimettente si risolverebbe nella censura di una scelta  rimessa  alla
discrezionalita' del legislatore, il quale  avrebbe  potuto  adottare
anche modalita' impositive  diverse,  ma  di  effetto  economicamente
equivalente (ad esempio, attraverso un'unica modalita' di tassazione,
con aliquote differenziate);
    che  nel  merito,  l'Avvocatura  generale  dello   Stato   deduce
l'infondatezza della stessa  questione,  rilevando  l'erroneita'  del
presupposto  interpretativo  da  cui  muove  l'ordinanza,   allorche'
considera  come  due  tributi   distinti,   indebitamente   cumulati,
l'imposta sull'asse globale e l'imposta sulla quota; si  tratterebbe,
viceversa, dell'attuazione del principio di progressivita' attraverso
due momenti applicativi successivi, uno reale  sul  complessivo  asse
ereditario (art. 7, comma 1) e uno personale, sul trasferimento (art.
7, comma 2);
    che,  d'altra  parte,  l'applicazione  dell'imposta,   a   titolo
personale, sulla quota singolarmente trasferita  all'erede,  colpisce
la specifica capacita' contributiva da questi manifestata con  l'atto
di accettazione dell'eredita', ovvero  con  la  mancata  rinuncia  ad
essa;
    che nel giudizio dinanzi a questa Corte si  e'  costituito  N.B.,
affermando le ragioni a sostegno  dell'illegittimita'  costituzionale
della disposizione denunciata;
    che la difesa della parte privata ravvisa la violazione dell'art.
3 Cost. nella circostanza che, a fronte  di  un  tributo  unitario  -
fondato su di  un  unico  presupposto  impositivo,  il  trasferimento
mortis causa - siano applicabili due basi imponibili, l'una  riferita
al valore globale  netto  dell'asse  ereditario,  l'altra  al  valore
dell'eredita', delle quote di eredita' o di  legato,  ma  la  seconda
verrebbe posta a carico solo di alcuni soggetti;
    che l'irrazionalita'  della  disciplina  censurata  consisterebbe
proprio  nella  duplicazione  delle  basi  imponibili,  non   essendo
prevista la detraibilita' del tributo pagato sull'asse globale  nella
quantificazione  del  prelievo  sulle  quote  ereditarie,  cosi'   da
determinare la violazione sia dell'art. 3  Cost.,  sia  dell'art.  53
Cost.;
    che, viceversa, ad avviso della parte privata, l'imposta dovrebbe
essere commisurata all'arricchimento effettivo dell'erede, al netto -
e non al lordo - della quota di imposta sul valore globale,  in  modo
da evitare sia  la  tassazione  di  un  arricchimento  fittizio,  sia
l'attribuzione di carichi tributari diversi, a parita' di  incrementi
patrimoniali,  in  proporzione  del   diverso   ammontare   dell'asse
ereditario complessivo;
    che la violazione  del  principio  della  capacita'  contributiva
viene, altresi', ravvisata nella  circostanza  che  il  prelievo  nei
confronti dell'erede viene commisurato ad un asse  globale  posseduto
effettivamente solo dal de cuius, di tal che  verrebbe  sottoposto  a
tassazione un soggetto per una capacita' contributiva non sua, ma  di
altri;
    che, inoltre, viene censurata l'irrazionalita' della disposizione
del primo comma del medesimo art. 7  del  d.lgs.  n.  346  del  1990,
poiche' - a parita' di incremento patrimoniale conseguito  dall'erede
- lo stesso determinerebbe  irragionevoli  sperequazioni  del  carico
tributario  in  funzione  dell'entita'  del  complessivo   patrimonio
lasciato dal de cuius: a parita' di quota o di legato,  infatti,  gli
eredi  o  legatari  sarebbero   trattati   diversamente   a   seconda
dell'entita' complessiva dell'asse trasmesso in successione,  essendo
tale entita', e non quella della quota individuale o  del  legato,  a
determinare l'aliquota applicabile.
    Considerato che, con ordinanza depositata il 23 gennaio 2009,  la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano  ha  sollevato,   in
riferimento agli articoli 3 e 53  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  7,  comma  2,  del   decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346  (Approvazione  del  testo  unico
delle  disposizioni  concernenti  l'imposta   sulle   successioni   e
donazioni) - nel testo anteriore alle modifiche  apportate  dall'art.
69, comma 1, lettera c), della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure
in  materia  fiscale)  -  nella  parte  in  cui  prevede  il   cumulo
dell'imposta sull'asse globale  con  l'imposta  sulle  singole  quote
dovuta dagli eredi che non siano legati da rapporto di coniugio,  ne'
di parentela in linea retta con il defunto;
    che tale compresenza di due  imposte  successorie  a  carico  del
medesimo contribuente si porrebbe in contrasto con  l'art.  3  Cost.,
poiche' - a fronte di un unico presupposto impositivo,  rappresentato
dall'incremento   patrimoniale    realizzato    dall'erede    -    si
determinerebbe la duplicazione delle basi imponibili, l'una  riferita
al valore globale netto dell'asse ereditario (art. 7, comma 1), posta
a carico  di  tutti  gli  eredi  e  legatari,  e  l'altra  al  valore
dell'eredita' o delle quote di essa (art. 7, comma 2), posta a carico
solo di alcuni di essi;
    che  tale  modulazione  dell'imposta  violerebbe,   inoltre,   il
principio di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., perche'
il presupposto dell'imposta sul valore globale dell'asse  ereditario,
costituito  dall'arricchimento  che  si  determina  a  vantaggio  del
chiamato  all'eredita',  costituirebbe  al   tempo   stesso   ragione
impositiva  del  tributo  sulle  singole  quote  ereditarie,  con  la
conseguenza che un medesimo presupposto  sarebbe  alla  base  di  due
tassazioni distinte nei confronti dello stesso soggetto;
    che, in via preliminare,  va  rilevata  l'inammissibilita'  delle
deduzioni svolte dalla difesa della parte privata  costituita,  volte
ad estendere il thema decidendum -  come  fissato  nell'ordinanza  di
rimessione - anche alla disposizione dell'art. 7, comma 1, del d.lgs.
n. 346 del 1990;
    che tale questione ha formato oggetto di discussione  nell'ambito
del giudizio a quo e, tuttavia, non e' stata recepita  nell'ordinanza
di rimessione che l'ha disattesa;
    che, per costante giurisprudenza di questa Corte,  l'oggetto  del
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale   e'
limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di
rimessione, con la  conseguenza  che  non  possono  essere  presi  in
considerazione ulteriori questioni  o  profili  di  costituzionalita'
dedotti dalle parti, sia eccepiti, ma non fatti propri dal giudice  a
quo, sia volti ad ampliare o modificare successivamente il  contenuto
delle stesse ordinanze (fra le molte, sentenze n. 24  del  2015,  nn.
238, 220, 219 del 2014, n. 275 del 2013, n. 271 del 2011);
    che, d'altra parte, la motivazione dell'ordinanza  di  rimessione
non contiene indicazioni sufficienti ad  una  completa  ricostruzione
della fattispecie  in  esame,  necessaria  al  fine  di  valutare  la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale;
    che, in particolare, l'ordinanza non ha in alcun modo illustrato,
neppure sommariamente, le ragioni di infondatezza degli altri  motivi
posti a fondamento del ricorso, nonostante gli stessi  fossero  stati
avanzati in via principale nel giudizio a  quo  ed  avessero  percio'
priorita' logica;
    che l'esame di tali motivi -  riferiti  alla  dedotta  violazione
degli artt. 27 e 33, comma 4, del d.lgs. n. 346  del  1990  -  appare
pregiudiziale,  perche'  il  loro  eventuale   accoglimento   sarebbe
suscettibile di determinare l'annullamento dell'atto impugnato;
    che il difetto di informazioni circa il contenuto e la  sorte  di
tali motivi di impugnazione -  non  emendabile  mediante  la  diretta
lettura  degli  atti,  impedita  dal  principio  di   autosufficienza
dell'atto di rimessione - non consente di valutare la  necessita'  di
fare  applicazione  della  disposizione  censurata   e   si   traduce
nell'evidente difetto di prova circa la rilevanza della questione;
    che, inoltre, sotto un diverso profilo, non e' chiaro  quale  sia
il tipo di correzione auspicato:  ed  invero  e'  lo  stesso  giudice
rimettente  ad  evidenziare   che   il   recupero   della   legalita'
costituzionale  potrebbe  avvenire   attraverso   l'applicazione   di
aliquote differenziate per gli eredi diretti e per quelli  indiretti;
ovvero attraverso  la  previsione  della  deducibilita'  dell'imposta
determinata ai sensi del primo comma, gravante su  tutti  gli  eredi,
coeredi e legatari, da quella determinata ai sensi del secondo comma,
gravante solo sugli eredi indiretti; ovvero,  infine,  attraverso  la
totale eliminazione dell'imposta sulle quote  di  eredita',  gravante
sugli eredi indiretti;
    che la pluralita' di opzioni che, secondo lo  stesso  rimettente,
sarebbero suscettibili di eliminare il dubbio di  incostituzionalita'
determina  l'incertezza  in  ordine  alla  direzione  dell'intervento
richiesto, ancorche' il dispositivo ne scelga una sola;
    che, in definitiva, la questione di  legittimita'  costituzionale
sollevata dal giudice a quo e' manifestamente inammissibile, sia  per
l'incompleta  descrizione  della  fattispecie  concreta  (ex  multis,
sentenza n. 52 del 2014; ordinanze n. 158 del 2013; n. 73  del  2011;
n. 96 e n. 22 del 2010), sia per l'indeterminatezza del  petitum  (ex
multis, ordinanze n. 29 del 2015, n. 96 del 2014, n. 318 del 2013);
    che la rilevata inammissibilita' della questione non consente  di
esaminare nel  merito  la  fondatezza  delle  censure  formulate  dal
rimettente nell'atto introduttivo del presente giudizio.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 7,  comma  2,  del  decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346  (Approvazione  del  testo  unico
delle  disposizioni  concernenti  l'imposta   sulle   successioni   e
donazioni) - nel testo anteriore alle modifiche  apportate  dall'art.
69, comma 1, lettera c), della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure
in materia fiscale) - sollevata, con l'ordinanza in  epigrafe,  dalla
Commissione tributaria provinciale di  Milano,  in  riferimento  agli
artt. 3 e 53 della Costituzione.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 maggio 2015.

                                F.to:
                     Marta CARTABIA, Presidente
                      Giuliano AMATO, Redattore
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015.

                   Il Direttore della Cancelleria
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI


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