N. 122 ORDINANZA 27 maggio - 25 giugno 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Imposte e tasse - Imposta sulle successioni e donazioni - Cumulo
dell'imposta sull'asse globale con l'imposta sulle singole quote
dovuta dagli eredi che non siano legati da rapporto di coniugio,
ne' di parentela in linea retta con il defunto.
- Decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo
unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e
donazioni), art. 7, comma 2, nel testo anteriore alle modifiche
apportate dall'art. 69, comma 1, lett. c), della legge 21 novembre
2000, n. 342 (Misure in materia fiscale).
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(GU n.26 del 1-7-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Marta CARTABIA;
Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana
SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 7,
comma 2, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346
(Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti
l'imposta sulle successioni e donazioni), promosso dalla Commissione
tributaria provinciale di Milano nel procedimento vertente tra N.B. e
l'Agenzia delle entrate, Ufficio di Milano 1, con ordinanza del 23
gennaio 2009, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 2014 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima
serie speciale, dell'anno 2014.
Visto l'atto di costituzione di N.B., nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 27 maggio 2015 il Giudice
relatore Giuliano Amato;
uditi l'avvocato Gianni Marongiu per N.B. e l'avvocato dello
Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ordinanza depositata il 23 gennaio 2009, la
Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2, del decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico
delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e
donazioni), nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art.
69, comma 1, lettera c), della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure
in materia fiscale);
che il giudice a quo, chiamato a decidere in ordine al ricorso
proposto avverso l'avviso di liquidazione dell'imposta principale
relativa ad una successione ereditaria regolata, ratione temporis,
dall'art. 7 del d.lgs. n. 346 del 1990, ravvisa la violazione
dell'art. 3 Cost. nella previsione - per gli eredi o legatari
cosiddetti "indiretti", non legati da rapporto di coniugio o di
parentela in linea retta con il defunto - del cumulo dell'imposta
sull'asse globale (riferita all'intero patrimonio del de cuius) con
l'imposta dovuta sulle singole quote (riferita al trasferimento di
ricchezza conseguito dagli eredi o legatari);
che, ad avviso del rimettente, tale compresenza di due imposte
successorie a carico del medesimo contribuente determinerebbe - a
fronte di un unico presupposto impositivo, rappresentato
dall'incremento patrimoniale realizzato dall'erede - la duplicazione
delle basi imponibili, l'una riferita al valore globale netto
dell'asse ereditario (art. 7, comma 1), posta a carico di tutti gli
eredi e legatari, e l'altra al valore dell'eredita' o delle quote di
essa (art. 7, comma 2), posta a carico solo di alcuni di essi;
che tale modulazione dell'imposta violerebbe, inoltre, il
principio di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., perche'
il presupposto dell'imposta sul valore globale dell'asse ereditario,
costituito dall'arricchimento che si determina a vantaggio del
chiamato all'eredita', costituirebbe al tempo stesso ragione
impositiva del tributo sulle singole quote ereditarie, con la
conseguenza che un medesimo presupposto sarebbe alla base di due
tassazioni distinte nei confronti dello stesso soggetto;
che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e
comunque infondata;
che, in via preliminare, la difesa dello Stato ha eccepito che la
questione sarebbe inammissibile, poiche' la prospettazione del
rimettente si risolverebbe nella censura di una scelta rimessa alla
discrezionalita' del legislatore, il quale avrebbe potuto adottare
anche modalita' impositive diverse, ma di effetto economicamente
equivalente (ad esempio, attraverso un'unica modalita' di tassazione,
con aliquote differenziate);
che nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato deduce
l'infondatezza della stessa questione, rilevando l'erroneita' del
presupposto interpretativo da cui muove l'ordinanza, allorche'
considera come due tributi distinti, indebitamente cumulati,
l'imposta sull'asse globale e l'imposta sulla quota; si tratterebbe,
viceversa, dell'attuazione del principio di progressivita' attraverso
due momenti applicativi successivi, uno reale sul complessivo asse
ereditario (art. 7, comma 1) e uno personale, sul trasferimento (art.
7, comma 2);
che, d'altra parte, l'applicazione dell'imposta, a titolo
personale, sulla quota singolarmente trasferita all'erede, colpisce
la specifica capacita' contributiva da questi manifestata con l'atto
di accettazione dell'eredita', ovvero con la mancata rinuncia ad
essa;
che nel giudizio dinanzi a questa Corte si e' costituito N.B.,
affermando le ragioni a sostegno dell'illegittimita' costituzionale
della disposizione denunciata;
che la difesa della parte privata ravvisa la violazione dell'art.
3 Cost. nella circostanza che, a fronte di un tributo unitario -
fondato su di un unico presupposto impositivo, il trasferimento
mortis causa - siano applicabili due basi imponibili, l'una riferita
al valore globale netto dell'asse ereditario, l'altra al valore
dell'eredita', delle quote di eredita' o di legato, ma la seconda
verrebbe posta a carico solo di alcuni soggetti;
che l'irrazionalita' della disciplina censurata consisterebbe
proprio nella duplicazione delle basi imponibili, non essendo
prevista la detraibilita' del tributo pagato sull'asse globale nella
quantificazione del prelievo sulle quote ereditarie, cosi' da
determinare la violazione sia dell'art. 3 Cost., sia dell'art. 53
Cost.;
che, viceversa, ad avviso della parte privata, l'imposta dovrebbe
essere commisurata all'arricchimento effettivo dell'erede, al netto -
e non al lordo - della quota di imposta sul valore globale, in modo
da evitare sia la tassazione di un arricchimento fittizio, sia
l'attribuzione di carichi tributari diversi, a parita' di incrementi
patrimoniali, in proporzione del diverso ammontare dell'asse
ereditario complessivo;
che la violazione del principio della capacita' contributiva
viene, altresi', ravvisata nella circostanza che il prelievo nei
confronti dell'erede viene commisurato ad un asse globale posseduto
effettivamente solo dal de cuius, di tal che verrebbe sottoposto a
tassazione un soggetto per una capacita' contributiva non sua, ma di
altri;
che, inoltre, viene censurata l'irrazionalita' della disposizione
del primo comma del medesimo art. 7 del d.lgs. n. 346 del 1990,
poiche' - a parita' di incremento patrimoniale conseguito dall'erede
- lo stesso determinerebbe irragionevoli sperequazioni del carico
tributario in funzione dell'entita' del complessivo patrimonio
lasciato dal de cuius: a parita' di quota o di legato, infatti, gli
eredi o legatari sarebbero trattati diversamente a seconda
dell'entita' complessiva dell'asse trasmesso in successione, essendo
tale entita', e non quella della quota individuale o del legato, a
determinare l'aliquota applicabile.
Considerato che, con ordinanza depositata il 23 gennaio 2009, la
Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in
riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2, del decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico
delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e
donazioni) - nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art.
69, comma 1, lettera c), della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure
in materia fiscale) - nella parte in cui prevede il cumulo
dell'imposta sull'asse globale con l'imposta sulle singole quote
dovuta dagli eredi che non siano legati da rapporto di coniugio, ne'
di parentela in linea retta con il defunto;
che tale compresenza di due imposte successorie a carico del
medesimo contribuente si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost.,
poiche' - a fronte di un unico presupposto impositivo, rappresentato
dall'incremento patrimoniale realizzato dall'erede - si
determinerebbe la duplicazione delle basi imponibili, l'una riferita
al valore globale netto dell'asse ereditario (art. 7, comma 1), posta
a carico di tutti gli eredi e legatari, e l'altra al valore
dell'eredita' o delle quote di essa (art. 7, comma 2), posta a carico
solo di alcuni di essi;
che tale modulazione dell'imposta violerebbe, inoltre, il
principio di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., perche'
il presupposto dell'imposta sul valore globale dell'asse ereditario,
costituito dall'arricchimento che si determina a vantaggio del
chiamato all'eredita', costituirebbe al tempo stesso ragione
impositiva del tributo sulle singole quote ereditarie, con la
conseguenza che un medesimo presupposto sarebbe alla base di due
tassazioni distinte nei confronti dello stesso soggetto;
che, in via preliminare, va rilevata l'inammissibilita' delle
deduzioni svolte dalla difesa della parte privata costituita, volte
ad estendere il thema decidendum - come fissato nell'ordinanza di
rimessione - anche alla disposizione dell'art. 7, comma 1, del d.lgs.
n. 346 del 1990;
che tale questione ha formato oggetto di discussione nell'ambito
del giudizio a quo e, tuttavia, non e' stata recepita nell'ordinanza
di rimessione che l'ha disattesa;
che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l'oggetto del
giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale e'
limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di
rimessione, con la conseguenza che non possono essere presi in
considerazione ulteriori questioni o profili di costituzionalita'
dedotti dalle parti, sia eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a
quo, sia volti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto
delle stesse ordinanze (fra le molte, sentenze n. 24 del 2015, nn.
238, 220, 219 del 2014, n. 275 del 2013, n. 271 del 2011);
che, d'altra parte, la motivazione dell'ordinanza di rimessione
non contiene indicazioni sufficienti ad una completa ricostruzione
della fattispecie in esame, necessaria al fine di valutare la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale;
che, in particolare, l'ordinanza non ha in alcun modo illustrato,
neppure sommariamente, le ragioni di infondatezza degli altri motivi
posti a fondamento del ricorso, nonostante gli stessi fossero stati
avanzati in via principale nel giudizio a quo ed avessero percio'
priorita' logica;
che l'esame di tali motivi - riferiti alla dedotta violazione
degli artt. 27 e 33, comma 4, del d.lgs. n. 346 del 1990 - appare
pregiudiziale, perche' il loro eventuale accoglimento sarebbe
suscettibile di determinare l'annullamento dell'atto impugnato;
che il difetto di informazioni circa il contenuto e la sorte di
tali motivi di impugnazione - non emendabile mediante la diretta
lettura degli atti, impedita dal principio di autosufficienza
dell'atto di rimessione - non consente di valutare la necessita' di
fare applicazione della disposizione censurata e si traduce
nell'evidente difetto di prova circa la rilevanza della questione;
che, inoltre, sotto un diverso profilo, non e' chiaro quale sia
il tipo di correzione auspicato: ed invero e' lo stesso giudice
rimettente ad evidenziare che il recupero della legalita'
costituzionale potrebbe avvenire attraverso l'applicazione di
aliquote differenziate per gli eredi diretti e per quelli indiretti;
ovvero attraverso la previsione della deducibilita' dell'imposta
determinata ai sensi del primo comma, gravante su tutti gli eredi,
coeredi e legatari, da quella determinata ai sensi del secondo comma,
gravante solo sugli eredi indiretti; ovvero, infine, attraverso la
totale eliminazione dell'imposta sulle quote di eredita', gravante
sugli eredi indiretti;
che la pluralita' di opzioni che, secondo lo stesso rimettente,
sarebbero suscettibili di eliminare il dubbio di incostituzionalita'
determina l'incertezza in ordine alla direzione dell'intervento
richiesto, ancorche' il dispositivo ne scelga una sola;
che, in definitiva, la questione di legittimita' costituzionale
sollevata dal giudice a quo e' manifestamente inammissibile, sia per
l'incompleta descrizione della fattispecie concreta (ex multis,
sentenza n. 52 del 2014; ordinanze n. 158 del 2013; n. 73 del 2011;
n. 96 e n. 22 del 2010), sia per l'indeterminatezza del petitum (ex
multis, ordinanze n. 29 del 2015, n. 96 del 2014, n. 318 del 2013);
che la rilevata inammissibilita' della questione non consente di
esaminare nel merito la fondatezza delle censure formulate dal
rimettente nell'atto introduttivo del presente giudizio.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 7, comma 2, del decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico
delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e
donazioni) - nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art.
69, comma 1, lettera c), della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure
in materia fiscale) - sollevata, con l'ordinanza in epigrafe, dalla
Commissione tributaria provinciale di Milano, in riferimento agli
artt. 3 e 53 della Costituzione.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 maggio 2015.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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