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mercoledì 2 maggio 2018

Consiglio di Stato aprile 2018: Schema di Regolamento sull’esercizio dei poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione di cui all’art. 211, commi 1 bis e 1 ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016.



Numero 01119/2018 e data 26/04/2018 Spedizione

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REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Adunanza della Commissione speciale del 4 aprile 2018


NUMERO AFFARE 00445/2018

OGGETTO:

Autorità' Nazionale Anticorruzione.


Schema di Regolamento sull’esercizio dei poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione di cui all’art. 211, commi 1 bis e 1 ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

LA COMMISSIONE SPECIALE del 4 aprile 2018

Vista la nota del Presidente dell’A.N.A.C. n. 21139 del 7 marzo 2018, con la quale la detta Autorità, in considerazione del carattere di novità dei poteri ad essa attribuiti dalla disposizione in oggetto e del significativo impatto che l’esercizio di tali poteri potrebbe produrre sul sistema degli appalti pubblici, ha tramesso e chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di Regolamento in oggetto;

Vista la relazione di accompagnamento al predetto schema di Regolamento;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 27 dell’8 marzo 2018 che ha deferito l’affare ad apposita Commissione speciale;

Esaminati gli atti e uditi nell’adunanza del 4 aprile 2018 uditi i relatori, Presidente Carlo Saltelli e consigliere Giulia Ferrari;


Premesso e considerato

I.- Premesse generali

I.1. Con nota n. 21139 del 7 marzo 2018 il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC, d’ora in avanti anche solo “Autorità”) ha chiesto il parere del Consiglio di Stato, allegando la relativa relazione, sullo schema di Regolamento sull’esercizio dei poteri attribuiti all’Autorità dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici, d’ora in avanti anche solo “Codice”), aggiunti dall’art. 52-ter, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

Il comma 1- bis del predetto articolo dispone che “L’ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, mentre il comma 1- ter stabilisce che “L’ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l’articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

Il comma 1 – quater sempre dell’art. 211 prevede poi che “L’ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi e le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1 – bis e 1 –ter.

I.2. Le disposizioni sopra ricordate fanno seguito all’abrogazione, ad opera dell’art.123 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 (primo correttivo al Codice), del comma 2 dell’art. 211 (già corretto - in relazione ad un mero errore materiale - con Comunicato del 15 luglio 2016), il quale prevedeva che “Qualora l'ANAC, nell'esercizio delle proprie funzioni, ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell'Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all'articolo 36 del presente codice. La raccomandazione è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo”.

In luogo delle raccomandazioni vincolanti (istituto nuovo e di difficile inquadramento nel vigente ordinamento, sul quale questo Consiglio di Stato non aveva mancato di esprimere riserve, giusta pareri n. 855 del 1° aprile 2016 sul Codice, n. 2777 del 28 dicembre 2016 sullo schema di regolamento in materia di attività di vigilanza dell’ANAC e n. 782 del 30 marzo 2017 sul decreto correttivo del nuovo codice degli appalti, cui si rinvia) risulta così attribuito all’Autorità un potere di agire in giudizio, a tutela dell’interesse pubblico generale, in via diretta (art. 211, comma 1 - bis) ovvero previo parere motivato, cui la stazione appaltante non si sia conformata (art. 211, comma 1 – ter).

I.3. Si tratta in realtà di un istituto non nuovo, essendo sostanzialmente analogo a quello previsto dall’art. 21 – bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) che consente all’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato di agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato (comma 1), previo parere motivato, nel quale sono indicati gli specifici profili delle violazioni riscontrate, laddove l’amministrazione non si sia conformata (comma 2).

L’art. 21 – bis della legge n. 287 del 1990 ha superato lo scrutinio di legittimità costituzionale, avendo il giudice delle leggi (sentenza 14 febbraio 2013, n. 20) escluso che sia stato così introdotto un nuovo e generalizzato controllo di legittimità da parte di un’autorità statale (nel caso di specie dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato), ritenendo al contrario trattarsi di un “…potere di iniziativa finalizzato ad una più complessa tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato”, comunque “…non generalizzato perché operante soltanto in ordine agli atti amministrativi che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato…”, che si attua “…in una prima fase a carattere consultivo (parere motivato nel quale sono indicati gli specifici profili delle violazioni riscontrate), e in una seconda (eventuale) fase di impugnativa in sede giurisdizionale, qualora la pubblica amministrazione non si conformi al parere stesso”.

I.4. Tali conclusioni, che ben si attagliano anche allo specifico potere di azione ora riconosciuto all’Autorità, rendono manifesto che si è in presenza di un peculiare strumento di vigilanza collaborativa (con le stazioni appaltanti) che si coniuga con i più generali poteri di vigilanza e controllo (delineati dall’art. 213 del Codice) per assicurare - quanto più possibile - il pieno ed effettivo rispetto dei principi su cui sono imperniati gli appalti pubblici: se ciò risulta di pregnante evidenza quanto alla previsione di cui all’art. 211, comma 1 – ter (laddove, per un verso, il parere motivato si atteggia quale presupposto sollecitatorio di un eccezionale esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante e, per altro verso, il ricorso al giudice da parte dell’Autorità è da considerare come l’extrema ratio a tutela dell’interesse pubblico e per sanare la divergenza tra due soggetti pubblici, l’autorità e la stazione appaltante), ad identiche conclusioni può giungersi anche con riferimento alla previsione di cui al comma 1 – bis, non potendo escludersi che (fermo quanto si dirà oltre circa l’unicità o la duplicità del potere di azione di cui si discute) anche il ricorso diretto, sia pur con una modalità più incisiva di quello mediato con il parere motivato, costituisca una forma di vigilanza collaborativa ai fini della tutela dell’interesse pubblico alla legittimità ed alla legalità dell’azione amministrativa in materia di procedure relative all’affidamento di contratti pubblici, che si ritiene violata.

Sotto altro concorrente profilo non sembra potersi ragionevolmente negare che il potere di cui si discute, anche per la sua collocazione sistematica (parte IV, Disposizioni finali e transitorie; capo II, Rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale; sub art. 211, rubricato “Pareri di precontenzioso dell’ANAC”) abbia finalità latu sensu deflattive del contenzioso, in particolare con riguardo alla previsione di cui al comma 1 – ter.

I.5. Deve ancora evidenziarsi che i nuovi poteri così attribuiti all’Autorità non soltanto superano le criticità che il Consiglio di Stato, come sopra accennato, aveva prospettato con riferimento all’istituto delle c.d. “raccomandazioni vincolanti”, ma anche le perplessità pure manifestate nel parere 28 dicembre 2016 n. 2277, segnalando la necessità di una più armonica riformulazione, nel Codice, del comma 1 dell’art. 108 (risoluzione), in materia di appalti, e dei commi 1 e 2 dell’art. 176 (cessazione, revoca d’ufficio, risoluzione per inadempimento e subentro), in materia di concessioni: ciò anche in considerazione del fatto che è la stessa legge ad attribuire all’Autorità il potere di agire in giudizio.


II. Sullo schema di Regolamento

II.1. Come già evidenziato, il comma 1 quater dell’art. 211 del Codice, anch’esso aggiunto dall’art. 52 ter, del decreto legge n. 50 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha previsto che l’Autorità possa “con proprio regolamento, individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1 – bis e 1 –ter”.

Posto che, in ragione della espressa previsione normativa, non può esservi alcun dubbio sull’effettiva sussistenza, in capo all’Autorità, del potere regolamentare che essa intende esercitare e che ha trovato una compiuta espressione nello schema in relazione al quale è stato chiesto il parere al Consiglio di Stato, si osserva che l’Autorità nella relazione di accompagnamento ha evidenziato che, essendo quella introdotta dai commi 1 bis e 1 ter dell’art. 211 una facoltà processuale, la decisione circa l'esercizio o meno della stessa deve intendersi rimessa esclusivamente alle sue autonome valutazioni.

L’Autorità ha poi aggiunto di aver interpretato il comma 1 quater dell’art. 211 del Codice dei contratti pubblici nel senso che la "discrezionalità" insita nell'esercizio del potere di impugnazione le ha consentito di selezionare delle fattispecie che, per gravità e consistenza, possono richiedere l'attivazione del potere di agire in giudizio: ha quindi redatto lo schema di Regolamento “sia per delineare i contenuti dei poteri attribuiti dalla legge all'Autorità sia per introdurre una puntuale disciplina delle ipotesi in cui poter agire”.

II.2. La Commissione, pur riconoscendo che il legislatore ha inteso attribuire all’Autorità un’ampia discrezionalità in ragione della delicatezza e rilevanza della materia oggetto dell’eccezionale potere di azione finalizzato alla migliore cura e tutela possibile dell’interesse pubblico sotteso alle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici, deve tuttavia rimarcare che proprio attraverso la previsione del potere regolamentare il legislatore ha inteso limitare quell’ampia discrezionalità affinché la stessa non si trasformi in arbitrio o irragionevolezza.

In effetti all’eccezionalità del potere di azione riconosciuto all’Autorità corrisponde il potere/dovere di individuare – preventivamente ed in via generale – “…i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali [l’Autorità] esercita i poteri di cui ai commi 1 – bis e 1 – ter” con funzione evidentemente limitativa di quella eccezionale legittimazione ad agire: in tal senso deve ritenersi che, allorquando la norma di legge (comma 1 ter dell’art. 211) usa l’espressione “può”, piuttosto che attribuire all’Autorità una facoltà o un diritto potestativo, la autorizza ovvero la abilita a porre in essere attività che, secondo i principi generali dell’ordinamento, non le spetterebbero.

Il “può” conferisce in effetti all’Autorità una legittimazione straordinaria ed eccezionale in ragione della funzione (vigilanza e controllo sugli appalti pubblici) che le è stata assegnata dalla legge.

Si tratta di una funzione, cui corrispondono non solo poteri e facoltà, ma anche doveri ed obblighi, quali quelli, appunto, di agire in giudizio nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge e conformati dal Regolamento, fermo restando conseguentemente che ogni qualvolta l’Autorità, nel rispetto delle previsioni di legge e di regolamento, eserciterà in concreto quei poteri di azione eccezionalmente attribuiti dovrà concretamente motivare la relativa decisione: una diversa opzione interpretativa potrebbe dar luogo a seri dubbi anche di costituzionalità della stessa norma attributiva del potere regolamentare sotto il profilo della ragionevolezza e della razionalità.

II.3. Passando all’esame dello schema di Regolamento all’esame della Commissione Speciale, si osserva che esso consta di 4 Capi e di 17 articoli.

Il Capo I attiene alle “Disposizioni generali” (artt. 1 e 2); il Capo II disciplina il “Potere di cui all'art. 211, comma 1 bis - Ricorso diretto” (artt. 3 - 5); il Capo III disciplina il “Potere di cui all'art. 211, comma 1 ter - Ricorso previo parere motivato” (artt. 6 - 10); il Capo IV attiene alle “Disposizioni comuni, finali e transitorie” (artt. 11 - 17).

Più in particolare, l’art. 1 contiene le definizioni; l’art. 2 individua il contenuto del Regolamento; gli artt. 3 e 6 elencano le fattispecie che legittimano il ricorso ai poteri speciali dell’ANAC introdotti, rispettivamente, dai commi 1 bis e 1 ter dell’art. 211 del Codice dei contratti; gli artt. 4 e 7 riportano l’elenco degli atti impugnabili nell’esercizio dei poteri introdotti, rispettivamente, dai citati commi 1 bis e 1 ter; l’art. 5 descrive le modalità attraverso le quali l'Autorità può agire in giudizio direttamente, previa verifica della sussistenza del “rilevante impatto” del contratto; gli artt. 8, 9 e 10 disciplinano l'iter procedimentale che l'Autorità è tenuta ad osservare per promuovere l'azione attraverso la fase prodromica prevista dal comma 1 ter dell’art. 211; in particolare, l’art. 8 regola il procedimento per l’emissione del parere motivato; l’art. 9 disciplina la trasmissione del parere alla stazione appaltante mentre l’art. 10 detta disposizioni in ordine alla decisione se proporre o meno ricorso e, in caso affermativo, alle modalità di proposizione; l'art. 11 apre il Capo IV del Regolamento e contiene le disposizioni comuni ad entrambi i poteri dell'Autorità in ordine all’acquisizione della notizia della violazione; l’art. 12 detta disposizioni sulla trattazione delle segnalazioni individuando, in modo non esaustivo, i soggetti particolarmente qualificati che possono inviare segnalazioni all'Autorità e che la stessa intenda preliminarmente prendere in considerazione; il successivo art. 13 delinea i rapporti con gli altri procedimenti dell’ANAC in occasione dei quali viene acquisita la notizia della violazione; l’art. 14 disciplina l’accesso ai documenti formati dall’Autorità nell’esercizio dei poteri previsti dal Regolamento; l’art. 15 individua la pubblicità che deve essere data ai ricorsi proposto dall’ANAC ai sensi del comma 1 bis dell’art. 211 e a quelli conseguenti al mancato adeguamento da parte della stazione appaltante al parere motivato previsto dal comma 1 ter dello stesso art. 211; infine, l’art. 16 detta le disposizioni transitorie e il successivo art. 17 individua la data di entrata in vigore del Regolamento.

II.4. Come già osservato in relazione ad altri atti anche di natura regolatoria posti in essere dall’Autorità, deve essere sicuramente apprezzata la scelta di sottoporre a consultazione on line “volontaria” lo schema stesso, ancorché a tanto l'Autorità non fosse obbligata (in quanto, non essendo detto Regolamento assimilabile alle Linee guida vincolanti perché non detta regole di condotta per gli operatori, allo stesso non è applicabile il comma 2 dell'art. 213 del Codice dei contratti).

La consultazione pubblica è infatti astrattamente in grado di fornire all’Autorità ulteriori elementi di conoscenza e di valutazione al fine di rendere effettivamente comprensibile, adeguata ed efficace la normativa latu sensu di integrazione del Codice. Nel caso in esame risulta che alla predetta consultazione abbiano risposto due stazioni appaltanti (Anas s.p.a. e Poste Italiane s.p.a.) e due associazioni di categoria (Associazione Nazionale Costruttori Edili e Associazione Nazionale Cooperative Produzione Lavoro), inviando alcune motivate proposte di modifica, di cui l’Autorità ha in ogni caso tenuto conto, come emerge dalla relazione di accompagnamento.

II.5. Nella relazione di accompagnamento alla richiesta di parere l’Autorità ha chiarito nel dettaglio il percorso logico che ha condotto alla formulazione delle singole disposizioni regolamentari, spiegando l’interpretazione della norma codicistica che ne costituisce il presupposto.

E’ stato evidenziato che la distinzione tra il Capo II e il Capo III del Regolamento è il frutto di una lettura coordinata dei commi 1 bis e 1 ter, che ha indotto a ritenere la sussistenza di una sostanziale diversità tra gli stessi, laddove il comma 1 bis contempla un'ipotesi generale di legittimazione al ricorso, non subordinata a particolari regole procedurali e che consente di esercitare un potere di impugnazione veloce e snello, mentre il comma 1 ter disciplina un'ipotesi speciale, configurabile nei casi di gravi violazioni del Codice, contrassegnata - essa sola - dalla previsione del previo parere motivato.

L’Autorità ha anche chiarito che l’impostazione data alla disciplina delle disposizioni contenute nei Capi II e III muove dall’assunto che il comma 1 bis riconosce una legittimazione ad impugnare in relazione ad atti specifici, senza necessità che ricorra una grave violazione, mentre nel comma 1 ter la legittimazione ad impugnare sarà possibile solo in presenza di “gravi violazioni”, non ancorate al “rilevante impatto” del contratto.

Ha altresì rappresentato che l'elencazione delle “fattispecie legittimanti”, prevista negli articoli 3 (Capo II) e 6 (Capo III) del Regolamento, deve considerarsi a carattere tassativo non potendo, pertanto, la stessa Autorità agire al di fuori dei casi in essa contemplati; in tal senso il potere attribuitole può considerarsi vincolato alle regole e ai criteri stabiliti preventivamente dalla stessa, in sede di autodisciplina.

Quanto, invece, all’elencazione degli “atti impugnabili”, di cui agli artt. 4 (Capo II) e 7 (Capo III) del Regolamento, l’Autorità ha considerato che il comma 1 ter dell’art. 211, nel fare riferimento generico al “provvedimento viziato” abbia, in realtà, inteso riferirsi a tutte le tre fattispecie del precedente comma 1 bis, id est ai “bandi”, agli altri “altri atti generali” e ai “provvedimenti”.

Sul rilievo, poi, che il riferimento ai “provvedimenti” debba intendersi come rivolto ai soli atti autoritativi, rientranti nella procedura di affidamento, con esclusione dei comportamenti o degli atti non provvedimentali adottati dalla stazione appaltante in fase esecutiva, la cui cognizione non rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, l’Autorità ha escluso che la propria legittimazione ad agire in giudizio possa estendersi sino alla possibilità di intervenire per denunciare violazioni che incidono sulla fase di esecuzione del contratto, che appartiene notoriamente alla cognizione del giudice ordinario o degli arbitri.

Fanno eccezione quegli atti che, pur adottati nella fase esecutiva, si traducano in una violazione della normativa sugli appalti sostanziandosi di fatto nell'affidamento di "nuovi" contratti pubblici in assenza delle garanzie procedurali dell'evidenza pubblica (ad esempio, varianti o affidamento di lavori/servizi supplementari in assenza dei presupposti di legge o rinnovi taciti), qualora sindacabili avanti al giudice amministrativo.

II.6. In ragione delle osservazioni generali fin qui svolte e di quanto emerge dalla relazione di accompagnamento, può individuarsi la natura giuridica del predetto Regolamento, anche al fine di verificare se nelle disposizioni elaborate possano configurarsi eventuali profili di eccesso di delega.

Come già rilevato in precedente la fonte del potere regolamentare in questione è data dalla disposizione del comma 1 quater dell’art. 211 del Codice, che demanda all’Autorità “la possibilità di individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1 bis e 1 ter”.

Se è vero che la predetta disposizione ha attribuito all’Autorità il (solo) potere di individuare i casi in cui essa può esercitare i poteri speciali di cui ai commi 1 – bis e 1 – ter dello stesso art. 211, è pur vero che il potere regolamentare di cui si discute non può non prevedere anche la disciplina - per così dire interna – delle modalità con cui nel caso concreto quei poteri, previsti dalla legge e come delimitati dalle stesse previsioni regolamentari, sono esercitati: si tratta invero di una disciplina “funzionale” a quello specificamente oggetto della delega, senza la quale risulterebbe impossibile o rischierebbe di essere irragionevole, irrazionale o arbitrario la stessa disciplina della materia strettamente oggetto della delega.

In tal senso la Commissione Speciale è dell’avviso che il Regolamento in esame abbia natura mista, in parte attuativo della delega (artt. 3, 4, 6, 7) ed in parte organizzativo (artt. 5, 8 -15).

Del resto, come già chiarito con il parere 14 settembre 2016, n. 1920, reso in relazione allo schema di Regolamento ANAC per il rilascio dei pareri di precontenzioso di cui all’art. 211, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, e poi ribadito in occasione del parere 28 dicembre 2016, n. 2777, reso sullo schema di Regolamento della stessa Autorità in materia di attività di vigilanza sui contratti pubblici di cui al comma 2 dello stesso art. 211 e all’art. 213, alle Autorità indipendenti in generale, e a quelle di regolazione nello specifico, il potere regolamentare spetta quale corollario delle attribuzioni loro riconosciute dalla legge, potere strettamente connesso all’elemento di indipendenza che le connota e che consente loro di esercitare direttamente i compiti di regolazione e controllo dei settori alla cui salvaguardia sono preposte.

Per quanto concerne la tipologia di regolamenti che le Autorità indipendenti sono legittimate ad adottare, la disamina può prendere come punto di riferimento il catalogo previsto dall’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Il Regolamento in esame può dunque in parte (artt. 5, 8 -15) ascriversi alla categoria dei regolamenti di organizzazione, essendo volto a disciplinare il procedimento che deve essere seguito nell’esercizio dei poteri speciali introdotti dai commi 1 bis e 1 ter dell’art. 211 del Codice dei contratti pubblici e rientra quindi nella fattispecie delineata dalla lett. d) del comma 1 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988, che prevede che il potere regolamentare possa essere esercitato per “l’organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni” .

In virtù della delineata natura anche organizzativa del Regolamento in questione non sembrano configurarsi problemi di eccesso di delega.


III. Sul contenuto dello schema di Regolamento in relazione a specifiche previsioni.

Richiamate le considerazioni generali finora svolte, la Commissione Speciale dà un giudizio di massima positivo sullo schema di Regolamento sottoposto al suo esame, con le ulteriori considerazioni che seguono.

III.1. Innanzitutto, posto che con il Regolamento in questione l’Autorità è stata autorizzata ad individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercitare i poteri di cui ai commi 1 – bis e 1 – ter, la Commissione Speciale è dell’avviso che allo stato, anche in ragione del tenore letterale e della stessa struttura dell’intero art. 211 del Codice, può condividersi che i poteri attribuiti all’Autorità con i due commi in esame siano diversi, sia per il modo in cui si esprimono (ricorso diretto, nell’ipotesi del comma 1 – bis; ricorso previo parere motivato, qualora la stazione appaltante non si sia conformata a quest’ultimo, nell’ipotesi del comma 1 - ter), sia per i presupposti (bandi, altri atti generali e provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, violativi di norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nell’ipotesi di cui al comma 1 – bis; provvedimenti viziati da gravi violazione del (presente) Codice, nell’ipotesi di cui al comma 1 – ter).

E’ ragionevole invero ritenere che il legislatore nella prima ipotesi (comma 1 - bis) abbia inteso configurare una situazione di maggior pericolo per l’interesse pubblico, stante il rilevante impatto – qualitativo e/o quantitativo - dei contratti cui si ricollegano le violazioni in materia di contratti pubblici, tali da giustificare una legittimazione ad agire in giudizio indipendentemente da un previo parere motivato, laddove nella seconda ipotesi (comma 1 – ter) abbia ritenuto che le violazioni del Codice, pur gravi, potessero essere adeguatamente salvaguardate dallo stesso potere di autotutela della stazione appaltante, sollecitato dall’Autorità mediante il parere motivato, e solo all’esito dell’infruttuosità della sollecitazione direttamente dall’Autorità.

In tal senso non vi è d’altra parte alcun elemento, né letterale, né sistematico, per ammettere che le espressioni usate dal legislatore nel comma 1 – bis, laddove fa riferimento a violazione di “norme in materia di contratti”, e nel comma 1 – ter, laddove si riferisce a gravi violazioni “del presente codice”, siano quanto al loro effettivo contenuto identiche; né, sotto altro profilo, ed al fine di ritenere che il potere di agire attribuito all’Autorità sia unico (e coincidente con quello del comma 1 – ter), può ritenersi decisivo il fatto che l’omologo potere accordato dall’art. 21 bis della legge n. 287 del 1990 sia unico e preveda sempre il previo parere motivato.

E’ vero che solo nel comma 1 – ter dell’art. 211 vi è il riferimento - ai fini del corretto esercizio del potere di agire previsto – alle disposizione del codice del processo amministrativo (D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104), ma ciò non appare alla Commissione Speciale decisivo per concludere nel senso dell’attribuzione all’Autorità di un potere di agire che nell’un caso e nell’altro (comma 1 – bis e 1 – ter) debba essere sempre preceduto dal previo parere motivato, dovendo nondimeno rilevarsi che in entrambe le fattispecie l’Autorità deve rispettare i termini di impugnazione previsti nel ricordato codice del processo amministrativo, nessuna deroga essendo ipotizzabile al riguardo in mancanza di una espressa previsione contenuta nel Codice o in una qualsiasi altra norma di rango legislativo.

Le osservazioni svolte risultano rilevanti anche ai fini della individuazione degli atti impugnabili ai sensi del comma 1 bis del citato art. 211 e di quelli sui quali l’Autorità deve emettere il parere motivato ai sensi del successivo comma 1 ter per poi eventualmente proporre ricorso, individuazione che costituisce l’in sé del potere regolamentare attribuito all’Autorità e da quest’ultima concretamente esercitato con lo schema di Regolamento in esame.

III.2. Con riferimento alla previsione delle fattispecie legittimanti il ricorso diretto di cui all’art. 211, comma 1 bis, contenute nell’art. 3 dello schema in esame la Commissione Speciale osserva preliminarmente che l’espressione “norme in materia di contratti pubblici” appare più ampia di quella “norme del presente Codice” (cui fa riferimento il comma 1 - ter) e può pertanto ragionevolmente comprendere – con particolare riferimento a “provvedimenti” - qualsiasi atto non necessariamente della serie procedimentale, ma ad esso presupposto o collegato, come per esempio un finanziamento pubblico, l’inserimento dei lavori o delle forniture da aggiudicare negli atti di programmazione, etc.,).

III.2.1. Condivide poi la Commissione Speciale lo sforzo della previsione regolamentare (art. 3, comma 2), in coerenza del resto con l’intentio delle disposizioni di cui ai commi 1 – bis e 1 – ter dell’art. 211 del Codice e più in generale con i peculiari poteri di vigilanza e controllo sugli appalti pubblici attribuiti all’Autorità, di qualificare i contratti di “rilevante impatto” con riferimento all’aspetto qualitativo (grandi eventi di carattere sportivo, culturale, religioso, culturale, ovvero aventi impatto sull’ambiente, il paesaggio, i beni culturali, il territorio, la salute, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale) ovvero all’aspetto quantitativo.

Con riguardo a quest’ultimo profilo, tuttavia, in mancanza di una precisa individuazione da parte del legislatore ed in considerazione dell’ampia discrezionalità di cui è sul punto titolare l’Autorità, si deve osservare che la fissazione di tetti particolarmente elevati (indicati nel predetto art. 3, comma 2, in 25 milioni di euro per i lavori ed in 50 milioni di euro per servizi e fornitura) potrebbe addirittura svuotare di contenuto pratico la stessa previsione, limitando la legittimazione straordinaria a situazioni minimali, laddove non può escludersi che il legislatore abbia inteso prevedere incisive possibilità di intervento.

Risulta per contro generico e poco chiaro il richiamo operato ai fini della qualificazione di “contratti di rilevante impatto” al potenziale elevato numero di operatori; ugualmente oscuro, generico e fonte di equivoco appare anche il riferimento – sempre ai fini qualificatori in discussione – ai “contratti riconducibili a fattispecie, criminose, situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti”.

III.2.2. In relazione alla elencazione degli atti impugnabili (sempre con riferimento alla previsione di cui al comma 1 – bis dell’art. 211) la Commissione Speciale è dell’avviso che da essa vadano espunti gli “atti normativi”, che mal si prestano ad essere sottoposti all’esercizio dei poteri (amministrativi) di vigilanza e di controllo dell’Autorità ed al connesso esercizio del diritto di azione innanzi al giudice amministrativo (che del resto potrebbe conoscere solo se di natura regolamentare).

Quanto al contenuto di cui alla lettera b) dell’art. 4, comma 1, dello schema di Regolamento, la Commissione Speciale è dell’avviso che vada eliminata la non chiara previsione da “rinnovo tacito” a “forniture supplementari” che potrebbe essere sostituita dall’espressione più generale ed omnicomprensiva di “atti afferenti ai rinnovi taciti”, ciò in quanto il presupposto del potere di agire di cui ai commi 1 – bis e 1 – ter è sempre un atto/provvedimento e giammai un mero comportamento della stazione appaltante.

III.2.3. Con riferimento alle modalità di proposizione del ricorso (art. 5 dello schema di Regolamento) la Commissione Speciale osserva che la delibera del Consiglio dell’Autorità, che decide l’esercizio del potere di ricorso diretto, deve intendersi appositamente motivata circa la ricorrenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge e dal Regolamento, ciò in coerenza con i principi generali dell’azione amministrativa di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, ed alla stessa esigenza di trasparenza nell’esercizio di un potere eccezionale, quale quello in esame..

Quanto alla questione della completezza dell’istruttoria necessaria ai fini della proposizione del ricorso, appare utile e coerente la previsione secondo cui la richiesta di ulteriori informazioni all’amministrazione non sospende i termini per la presentazione del ricorso, fermo restando che – in linea generale – evidenti ragioni di razionalità del sistema processuale amministrativo, di uguaglianza sostanziale e di rispetto del diritto di difeso, impongono di evitare che l’uso dello straordinario potere di legittimazione attribuito all’Autorità, sia nell’ipotesi del comma 1 - bis che in quella di cui al comma 1 – ter dell’art. 211, possa comportare un vulnus al rito accelerato e snello previsto dal codice del processo amministrativo proprio per le controversie concernenti le procedure di affidamento degli appalti pubblici.

III.3. Quanto alla indicazione dei presupposti legittimanti l’esercizio del potere di azione di cui al comma 1 – ter dell’art. 211, richiamate le generali osservazioni sullo stesso, la Commissione Speciale, pur osservando che la individuazione delle fattispecie legittimanti (art. 6 dello schema di Regolamento) potrebbe essere di per sé sufficiente per il pieno rispetto della delega normativo (considerandosi così inutile e foriera di possibili equivoci e contrasti l’ulteriore indicazione anche dei singoli atti impugnabili (art. 7 dello schema di Regolamento), rileva in ogni caso che nell’elencazione di cui al comma 2 dell’articolo 6 dello schema di Regolamento la previsione della lettera c) dovrebbe essere sostituita, come già rilevato in precedenza, con “atti afferenti a rinnovi taciti”, mentre alla lettera e) andrebbe prevista, oltre alla mancata esclusione di un concorrente per il quale ricorra uno dei motivi previsti dall’art. 80 del Codice, anche la (illegittima) ammissione di un concorrente per il quale ricorra uno dei motivi previsti dallo stesso art. 80 del Codice.

Tra le gravi violazioni andrebbe poi inserita anche una previsione per i bandi o altri atti indittivi di procedure ad evidenza pubblica che contengano clausole o misure ingiustificatamente restrittive della partecipazione e più in generale della concorrenza.

III.3.1. Con riferimento poi al contenuto dell’art. 7 dello schema di Regolamento si evidenzia che nella lettera a) del comma 1 dovrebbe essere eliminata la categoria degli atti normativi (per le ragioni già esposte in precedenza) ed andrebbe altresì esclusa la dizione “ad esempio” con riferimento agli atti amministrativi di carattere generale; con riferimento alla lettera b), coerentemente con la stessa previsione di cui al comma 1 – ter, l’incipit “provvedimenti relativi ai contratti pubblici” andrebbe sostituita con “provvedimenti relativi a procedure disciplinate dal Codice”, così come andrebbe esclusa la dizione “ad esempio” e l’intera formulazione da “rinnovo tacito” a “forniture supplementari” da sostituire con “atti afferenti a rinnovi taciti”.

III.3.2. Richiamando - con riferimento al comma 2 dell’art. 8 dello schema di Regolamento - quanto già esposto in relazione alla analoga previsione contenuta nell’art. 5 dello stesso schema, la Commissione Speciale evidenzia che il parere motivato emesso dall’Autorità è in realtà privo di natura provvedimentale, trattandosi di un atto di sollecitazione all’eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante: come tale esso è inidoneo a produrre in modo diretto ed immediato effetti negativi e/o pregiudizievoli nella sfera giuridica degli operatori economici interessati alla vicenda esaminata, il che esclude la necessità di una sua comunicazione ai controinteressati, che in questa fase potrebbe essere solo fonte di equivoci, contrasti e perplessità.

D’altra parte la funzione di informazione del controinteressato ai fini dell’esercizio del diritto di difesa è da ricollegarsi all’eventuale avviso di avvio del procedimento che sarà adottato dalla stazione appaltante (che abbia deciso di conformarsi al parere motivato dell’Autorità) ovvero alla notifica del ricorso eventualmente proposto dall’Autorità stessa.

Non sembra invece condivisibile la previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 10 dello schema di Regolamento, trattandosi di questioni attinenti a materia processuale non rientrante nella disponibilità dell’Autorità.

III.4. Con riferimento al Capo IV dello schema di Regolamento, concernente le “Disposizioni comuni, finali e transitorie” si rileva quanto segue.

III.4.1. Con riferimento all’art. 12 (Trattazione delle segnalazioni”) dello schema di Regolamento per coerenza e uniformità sistematica nella lettera a) l’espressione “giudice amministrativo” deve essere sostituita con “autorità giudiziaria amministrativa”, mentre le previsioni di cui alla lettere d), e), f) e g) ben potrebbero essere sostituite con la più omnicomprensiva espressione “ogni altra amministrazione pubblica o autorità pubblica, ivi compresa quella giudiziaria ordinaria e contabile”.

La previsione del comma 2 dell’art. 12 deve essere invece corretta dal punto di vista sistematico, giacché non sembra coerente una previsione di archiviazione per mero decorso dei termini, laddove un simile effetto determina piuttosto l’estinzione del potere conferito dalla legge.

Pertanto, pur con la riserva dovuta al fatto che la legge di delega non prevede espressamente l’estinzione del potere amministrativo (nel caso di specie di vigilanza e controllo cui si ricollega, come evidenziato in precedenza il potere straordinario di azione di cui si discute), il comma 2 potrebbe essere sostituito con la previsione secondo cui “2. I procedimenti si estinguono per il mancato esercizio dell’azione. L’estinzione non pregiudica in ogni caso l’esercizio dei poteri ispettivi e di controllo di cui l’Autorità è titolare”.

III.4.3. La disciplina delineata dei rapporti tra il potere di agire e gli altri procedimenti dell’Autorità, contenuta nell’art. 13 dello schema di Regolamento, non presenta particolari criticità, fermo restando che le previsioni dei commi 1 e 2 potrebbero essere opportunamente riunite, previo apposito coordinamento, anche per finalità di una migliore comprensibilità del testo.

Nel terzo coma invece andrebbe eliminata l’espressione “comunque”.

Non risulta invece di facile comprensione la previsione di cui al quarto comma, dal momento che la vincolatività del parere precontenzioso è subordinato all’accettazione del parere stesso da parte della stazione appaltante: solo in questo caso potrebbe essere ragionevole la previsione che il parere vincolante accettato impedisce l’esercizio dei poteri previsti dagli articoli 3 e 6 dello schema di Regolamento.

III.4.4. Quanto alla speciale disciplina sull’accesso agli atti (art. 14 dello schema di Regolamento), che pure presenta alcune ambiguità e perplessità in ordine al generale differimento “fino all’adozione della delibera con la quale viene disposto il ricorso ed eventualmente, per tutta la durata della fase processuale nella misura in cui sia necessario ai fini della tutela del diritto alla difesa in giudizio dell’Autorità”, in quanto privo di qualsiasi adeguata ragione giustificativa e rimessa all’esclusiva discrezionalità dell’Autorità, deve risolutivamente rilevarsi che essa non trova alcun fondamento nella norma attributiva del potere regolamentare e come tale deve essere espunta.

III.4.5. In tema di pubblicità (art. 15 dello schema di Regolamento) la Commissione Speciale è dell’avviso che alla generica ed equivoca previsione secondo cui la delibera “…è pubblicata immediatamente sul sito dell’Autorità” possa sostituirsi quella secondo cui la predetta delibera “… è pubblicata il giorno successivo sul sito dell’Autorità”.

III.4.6. Non può condividersi infine la previsione contenuta nell’art. 17 dello schema di Regolamento, secondo cui il Regolamento “entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, dal momento che in mancanza di apposita diversa previsione legislativa deve essere rispettato il termine generale di 15 giorni di vacatio legis.


IV. Ulteriori specifiche osservazioni sulla formulazione di singoli articoli dello schema di Regolamento.

Fermo tutto quanto fin qui considerato e rilevato e ferme anche le modifiche già prospettate, la Commissione Speciale per completezza intende svolgere le ulteriori osservazioni.

IV. 1. Sull’Epigrafe.

Stante la delineata natura mista del Regolamento, la Commissione speciale ritiene che occorra aggiungere nell’epigrafe il richiamo all’articolo 17, comma 1, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Si segnala inoltre che il Codice dei contratti pubblici è stato individuato con la data del 19 aprile 2016 in luogo di 18 aprile 2016.

Si suggerisce altresì, per ragioni di drafting, di uniformare il criterio di individuazione della normativa citata e, dunque, di sostituire:

a) “decreto legislativo n. 56 del 2017” con “decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56”;

b) “ai sensi dell’articolo 211, co. 1 quater del d.lgs. 50/2016” con “ai sensi dell’articolo 211, comma 1 quater, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.

IV.2. Sull’articolo 2

L’art. 2 individua l’oggetto del Regolamento.

La Commissione – considerata la speciale legittimazione conferita dai commi 1 bis e 1 ter dell’art. 211 del Codice all’ANAC - suggerisce di sostituire la dizione “l’esercizio dei poteri” con “l’esercizio della legittimazione all’impugnazione di cui ai commi 1 bis e 1 ter”

Si suggerisce altresì, per ragioni di drafting, di individuare il Codice dei contratti pubblici con il termine “codice” e non con “d.lgs. 50/2016”, per coerenza con quanto chiarito nel precedente art. 1 e con quanto fatto nelle altre disposizioni del Regolamento.

IV.3. Sul Capo II

In coerenza con la riformulazione suggerita dell’art. 2, anche nel Capo II occorre sostituire il riferimento al “potere” con quello alla “legittimazione”.

IV.4. Sull’articolo 3

L’art. 3 individua quali sono i contratti di “rilevante impatto” in relazione ai quali l’ANAC può proporre ricorso al giudice amministrativo per chiedere l’annullamento “dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti”.

La Commissione suggerisce di sostituire il comma 1, la cui formulazione rappresenta una inutile riformulazione della normativa primaria, con “1. L’impugnazione di cui all’art. 211, comma 1 - bis, del Codice si esercita nei confronti di atti relativi a contratti di rilevante impatto”.

La Commissione condivide il carattere tassativo dell’elencazione, ma ritiene preferibile indicare espressamente tale natura nel comma 2 dell’articolato, che va peraltro riformulato in modo più chiaro e con un’elencazione che ricalchi quella del successivo art. 6.

IV.5. Sull’articolo 4

L’art. 4 contiene l’elenco degli atti che l’ANAC può impugnare dinanzi al giudice amministrativo.

Per ragioni di drafting si suggerisce di eleminare, nella lett. b), la frase “relativi ai contratti pubblici”, riportata nella normativa primaria per indicare che devono essere contratti pubblici di “rilevante impatto” e che è dunque superfluo in una elencazione che comprende solo gli atti della procedura ad evidenza pubblica.

IV.6. Sul Capo III

In coerenza con la riformulazione suggerita del Capo II, anche nel Capo III occorre sostituire il riferimento al “potere” con quello alla ”legittimazione”.

IV. 7 Sull’articolo 6

L’art. 6 elenca i casi in cui l‘ANAC può adottare un parere motivato da inviare alla stazione appaltante a fronte di riscontrate “gravi violazioni” delle disposizioni dettate dal Codice dei contratti pubblici.

La Commissione suggerisce di sostituire il comma 1, la cui formulazione rappresenta una inutile riformulazione della normativa primaria, con “1. Le gravi violazione delle norme in materia di contratti pubblici, che legittimano l’Autorità ad emettere un parere motivato e, in caso di esito negativo, a ricorrere al giudice amministrativo, sono individuate nel comma 2”.

La Commissione speciale condivide il carattere tassativo dell’elencazione, ma ritiene preferibile indicare espressamente tale natura nel comma 2 dell’articolato.

IV.8. Sull’art. 8

L’art. 8 disciplina la fase funzionale all'emissione del parere motivato, propedeutico per l’eventuale proposizione del ricorso dinanzi al giudice amministrativo.

La Commissione suggerisce di valutare l’opportunità di chiarire quanto affermato nella relazione di accompagnamento alla richiesta di parere, e cioè che benché chiunque possa sollecitare l'emanazione, da parte dell'ANAC, del parere motivato, si tratta di un procedimento ad iniziativa d'ufficio, con la conseguenza che le eventuali segnalazioni di terzi non determinano alcun vincolo di esame o di istruttoria per l'Autorità. Tale precisazione potrebbe avere carattere deflattivo di contenzioso proposto ex artt. 31 e 117 c.p.a. per ottenere una risposta espressa dall’Autorità su un esposto inviatole.

La Commissione speciale rileva altresì che il comma 1 dell’art. 8 individua quale termine per emettere il parere la generica “acquisizione della notizia”. Ritiene corretta tale formulazione, che peraltro non si allinea con quanto invece affermato nella relazione, nella quale il termine viene fatto decorrere dal giorno in cui l'ANAC ha avuto “esatta conoscenza” della violazione, con la conseguenza che non rileverebbe, al fine del decorso del suddetto termine, la mera pubblicazione legale dell'atto o del provvedimento. Tale ultima opzione non appare corretta perché finirebbe per spostare ad un tempo indefinito l’emissione del parere e, quindi, il possibile ricorso giurisdizionale, in contrasto con i principi di certezza che devono sovrintendere le procedure ad evidenza pubblica.

La Commissione suggerisce altresì, nel caso in cui il parere motivato verta sulle ammissioni o esclusioni di concorrenti, di prevedere espressamente il termine per l’adozione di tale parere, al fine di rendere possibile l’eventuale ricorso nel rispetto dei termini previsti dal comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a.. Tale termine potrebbe essere di 48 ore.

Valuti inoltre l’ANAC se, nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza, farsi inviare dalle stazioni appaltanti gli elenchi dei concorrenti ammessi alle gare, non appena formulati

IV. 9 Sull’articolo 9

L’art. 9 disciplina la fase della formulazione e dell’invio del parere motivato.

Per le ragioni già evidenziate sub art. 8, la Commissione suggerisce, nel caso in cui il parere motivato verta sulle ammissioni o esclusioni di concorrenti, di ridurre a quindici giorni il termine di sessata giorni entro il quale la stazione appaltante è invitata va conformarsi

IV.10. Sull’articolo 12

L’art. 12 individua i soggetti che possono inviare le segnalazioni e l’ordine di priorità nell’esame delle stesse.

La Commissione suggerisce di aggiungere, al comma 1, un “tra l’altro”, per far capire che l’elenco non è esaustivo.

IV.11. Sull’articolo 13

L’art. 13 disciplina il rapporto della speciale legittimazione riconosciuta all’ANAC dai commi 1 bis e 1 ter del’art. 211 del Codice con gli altri poteri che fanno capo alla stessa Autorità.

La Commissione suggerisce, per ragioni di drafting, di unire i commi 1 e 2 eliminando, nel comma 2, la frase “L’esercizio dei poteri di cui agli articoli 3 e 6 del presente Regolamento determina la sospensione” e inserendo “nonché” tra “medesimo oggetto” del comma 1 e “di precontenzioso preordinati” del comma 2.

Al comma 3 manca il punto dopo “processo”.

IV.12. Sull’articolo 15

L’art. 15 disciplina la forma di pubblicità da dare alla delibera che stabilisce i proporre ricorso al giudice amministrativo.

La Commissione suggerisce di sostituire al termine “immediatamente”, che non indica un termine certo, la locuzione “il giorno stesso della sua adozione”

La Commissione suggerisce altresì, per ragioni di drafting, di unire i commi 1, 2 e 3, considerato che per tutte le delibere adottate dal Consiglio è prevista la pubblicazione sul sito istituzionale dell’Autorità.

IV.13. Sull’articolo 16

L’art. 16 disciplina la fase transitoria

La Commissione suggerisce, per ragioni di drafting, di scrivere in maiuscolo la parola “capi”.

IV.14. Sull’articolo 17

L’art. 17 disciplina l’entrata in vigore del Regolamento

La Commissione osserva che l’entrata in vigore del Regolamento deve essere prevista dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, non potendo un Regolamento diminuire il periodo di vacatio legis.

P.Q.M.

Nelle esposte considerazioni è il parere favorevole, con osservazioni, della Sezione affari normativi – Commissione speciale.


 
 
GLI ESTENSORI IL PRESIDENTE
Carlo Saltelli, Giulia Ferrari Claudio Zucchelli
 
 
 
 
IL SEGRETARIO

Cesare Scimia

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