Pubblicato
il 24/04/2018
N.
04572/2018 REG.PROV.COLL.
N.
15718/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione
Prima)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 15718 del 2014, proposto da
-OMISSIS-e
difeso dagli avvocati Stefano Colella e Fabio Maniscalco, con
domicilio eletto presso lo Studio Legale Colella - Maniscalco in
Roma, Cir.Ne Trionfale, 145;
contro
Presidenza
del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui Uffici è domiciliata ex lege in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
Dis
- Dipartimento Informazione e Sicurezza, non costituito in giudizio;
per
l'annullamento
della
comunicazione, notificata in data 11/08/2014, con la quale si rendeva
noto al ricorrente che, con Decreto del Direttore Generale del D.I.S.
del 30 luglio 2014, n. xxx, veniva disposto il rientro
all’amministrazione di provenienza d’ufficio, per esigenze di
servizio, ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. b), del DPCM
1/2011, come modificato dal DPCM n. 5/2012, a decorrere dal giorno
successivo a quello di avvenuta notifica.
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei
Ministri;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista
l’ordinanza collegiale della Sezione n. 921/2018 del 25 gennaio
2018;
Visti
tutti gli atti della causa;
Visto
l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2018 la dott.ssa Rosa
Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1.
L’odierno esponente, già appartenente ai ruoli della Polizia di
Stato, rappresenta di essere stato inquadrato in ruolo presso
l’A.I.S.E. (ex S.I.S.M.I.) dal gennaio 2004.
Con
decreto del Direttore Generale del Dipartimento Informazione e
Sicurezza – D.I.S. del 30.07.2014, n. xxx, notificato l’11.08.2014,
ne veniva disposto il trasferimento d’ufficio presso
l’amministrazione di provenienza, Ministero dell’Interno -
Polizia di Stato, in ragione di esigenze di servizio ex art. 32,
comma 1, lett. b), del D.P.C.M. n. 1/2011, come modificato dal
D.P.C.M. n. 5/2012, a decorrere dal decimo giorno successivo a quello
di avvenuta notifica.
2.
Con il presente ricorso, l’odierno esponente si gravava avverso il
suindicato provvedimento di trasferimento, deducendone
l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, sub
specie di difetto assoluto di motivazione, per non avere
l’Amministrazione indicato i presupposti di fatto e le ragioni
giuridiche che ne avevano determinato la decisione, limitandosi alla
mera indicazione della norma asseritamente violata.
Inoltre,
il ricorrente si doleva della manifesta ingiustizia e della
violazione dei principi generali di buona fede e giusto procedimento,
poiché assumeva essere stato compromesso il proprio diritto di
difesa. Da ultimo, censurava la mancata indicazione dell’Autorità
Giudiziaria competente e dei termini entro cui proporre impugnazione.
In
via istruttoria, domandava che l’Amministrazione intimata
producesse i documenti, tutti riservati, relativi al suo status
economico-giuridico e ai testi normativi richiamati nell’impugnato
provvedimento di trasferimento.
3.
Si costituiva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri
per domandare il rigetto del ricorso siccome infondato.
4.
In vista della pubblica udienza fissata per il 17 gennaio 2018, le
parti depositavano memorie per meglio dedurre e specificare le
proprie argomentazioni. In particolare, il ricorrente insisteva per
l’accoglimento del ricorso e delle richieste istruttorie formulate
nell’atto introduttivo del giudizio; la difesa erariale insisteva
per la reiezione del ricorso e, in data 29 dicembre 2017, versava in
atti documentazione relativa al procedimento di trasferimento del
ricorrente.
5.
Con ordinanza n. 921/2018 del 25 gennaio 2018 il Collegio, rilevata
la tardività di tale deposito documentale rispetto ai termini
dimidiati di cui all’art. 119, comma 1, lett. i), c.p.a., ordinava
all’Amministrazione il deposito di documentazione utile ai fini
della decisione, assegnando un termine perentorio di 30 giorni dalla
notificazione ovvero dalla comunicazione in forma amministrativa
della stessa ordinanza.
La
Presidenza del Consiglio dei Ministri ottemperava solo in data 19
marzo 2018.
6.
Alla pubblica udienza dell’11 aprile 2018 il legale difensore di
parte ricorrente chiedeva lo stralcio della documentazione depositata
dall’Amministrazione in ragione della tardività del deposito; il
ricorso era trattenuto in decisione.
7.
Preliminarmente, il Collegio dispone lo stralcio delle evidenze
depositate dall’Amministrazione intimata in data 19 marzo 2018, per
la rilevata tardività del deposito medesimo.
Cionondimeno,
rileva l’utilizzabilità nel presente giudizio della documentazione
versata in atti in data 29 dicembre 2017 dalla difesa erariale, la
quale, se tardiva rispetto alla udienza di discussione del 17 gennaio
2018 - non essendo all’epoca ancora decorsi i termini, sia pure
dimidiati, di cui all’art. 119, comma 1, lett. i), c.p.a., che a
garanzia del contraddittorio delle parti e della piena cognizione del
collegio risultano applicabili alla odierna controversia –
all’attualità risulta utilmente apprezzabile per la decisione del
ricorso in epigrafe, all’esito della pubblica udienza dell’11
aprile 2018.
8.
Tanto premesso, rappresenta il Collegio che le doglianze di parte
ricorrente non sono meritevoli di favorevole considerazione ed il
ricorso va, pertanto, rigettato.
9.
Giova premettere che il provvedimento di cui si controverte
nell’odierno gravame afferisce al rapporto di servizio alle
dipendenze dei Servizi di Informazione e Sicurezza (di seguito, anche
“Servizi”), connotato da evidenti specificità e disciplinato da
un regime di eccezionalità rispetto alla disciplina generale che
governa i rapporti di pubblico impiego.
La
giurisprudenza amministrativa ha avuto plurime occasioni per rilevare
che la peculiarità del rapporto di lavoro alle dipendenze dei
Servizi di Informazione per la Sicurezza, unitamente alle stesse
esigenze di sicurezza della Repubblica e dell'ordinamento
democratico, giustificano, sia una molto limitata applicazione delle
regole generali valevoli per il rapporto di lavoro alle dipendenze di
Pubbliche Amministrazioni, ivi compresi i rapporti in regime di
diritto pubblico o improntati all'intuitus personae nella
attribuzione dell'incarico; sia una lettura diversamente orientata
delle disposizioni della l. n. 241/1990 per i procedimenti
amministrativi gestiti dai predetti Servizi, pur non giungendo ad
affermarne una radicale inapplicabilità, nella misura in cui norme e
principi di tale legge costituiscono attuazione dell'art. 97 Cost.,
ma ritenendo che le medesime norme e i principi, in un bilanciamento
di valori tutti enunciati e tutelati dalla Carta costituzionale,
siano da interpretare - ed applicare - in considerazione della
particolarità delle funzioni pubbliche svolte dagli Organismi (ex
multis, Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 5760).
Detti
canoni si riverberano, in concreto, negli elevati standard di
discrezionalità che contraddistinguono il rapporto di lavoro tra
Amministrazione e dipendente, il quale ha natura precaria e
prettamente fiduciaria. La potestà ampiamente discrezionale
riconosciuta all'Amministrazione nella gestione del personale,
funzionale alle preminenti esigenze operative ed organizzative, a
loro volta strumentali rispetto al perseguimento degli specifici fini
istituzionali, consente, per pacifica giurisprudenza confortata dal
dato normativo letterale, di disancorare la fase di cessazione del
rapporto dalla sussistenza di specifici presupposti (TAR Lazio, Sez.
I, 7 agosto 2013, n. 7872; 4 maggio 2011, n. 3846; 3 luglio 2009, n.
6450); essendo sufficiente a tal fine il venir meno del rapporto
fiduciario o il sopravvenire di mutate esigenze, siano esse
organizzative od operative, senza che sia necessaria l'indicazione
espressa delle ragioni sottese alla cessazione del rapporto, essendo
piuttosto sufficiente - alla luce della speciale disciplina dettata
in materia - la mera indicazione della sussistenza di ragioni di
servizio, che non necessitano di alcuna ulteriore esplicitazione.
In
altri termini, tale rapporto, disciplinato da disposizioni
regolamentari, si connota per l'attribuzione all'Amministrazione di
un potere discrezionale particolarmente ampio al quale corrisponde,
in ragione della assoluta peculiarità dei compiti affidati ai
Servizi, la facoltà di adottare i necessari provvedimenti
organizzativi nei confronti del personale dipendente allorché il
rapporto fiduciario - da intendersi in senso ampio - non sia ritenuto
più sussistente ovvero sopraggiungano nuove esigenze.
Ne
consegue che il provvedimento di trasferimento del personale militare
dai Servizi di Informazione alla amministrazione di appartenenza,
attesa l'ampia discrezionalità che lo caratterizza, è
sufficientemente motivato con riferimento alla circostanza che la
restituzione avviene d'ufficio, in quanto la particolare connotazione
del rapporto d'impiego in questione comporta che la motivazione debba
"arrestarsi al punto in cui la divulgazione dei motivi di
servizio potrebbe compromettere le attività svolte nell'ambito dei
detti organismi e l'organizzazione degli stessi", venendo in
rilievo, oltre al menzionato elemento fiduciario, le esigenze
funzionali di tali Organismi, le quali, in ipotesi liminari,
potrebbero essere danneggiate da una ostensione dei motivi specifici
che impongono il trasferimento o la restituzione alla P.A. di
provenienza di un dipendente (Tar Lazio, Sez. I, 19 novembre 2008, n.
10415; 4 maggio 2011, n. 3846; 13 luglio 2011, n. 6291).
9.1
Nel caso in esame, il provvedimento di restituzione
all’Amministrazione di provenienza fa seguito ad una motivata
proposta del Direttore Generale del D.I.S., recante l’esposizione
delle significative ragioni fattuali, non negate né contestate dal
ricorrente, che ne hanno determinato “un complessivo quadro di
criticità”, in termini di “inopportunità del comportamento
tenuto …peraltro nella sua qualità di appartenente agli Organismi
di Informazione” e di “sovraesposizione …in una vicenda
giudiziaria che ha suscitato ampia eco in ambito nazionale”, così
integrandosi una motivazione per relationem dello stesso,
perfettamente inquadrabile negli atti di natura altamente
discrezionale, la cui determinazione è rimessa alla potestà
esclusiva dell'Amministrazione (Cons. Stato, Sez. IV, n. 275/2010;
nello stesso senso Sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2036).
9.2
Si noti, incidentalmente, che le valutazioni tecniche, ampiamente
discrezionali, sulla cui scorta l’Amministrazione fonda la sua
“fiducia” nei confronti del “dipendente” dei Servizi di
informazione e di sicurezza non sono sindacabili in sede di giudizio
di legittimità, salvo che non siano state fondate su fatti
inesistenti o del tutto irrilevanti (ai fini della verifica sul
corretto esercizio delle funzioni e dei compiti ad esso devoluti)
(TAR Lazio, Sez. I, 14 ottobre 2002, n. 8640); e tanto preclude
all’adìto giudice di condurre il vaglio di legittimità del
gravato provvedimento sotto forma di scrutinio della valutazione
effettuata nei confronti del ricorrente, e ciò, sempre in ragione
dell'ampio margine decisionale riconosciuto in materia ai predetti
Organismi (TAR Lazio, Sez. I, 8 febbraio 2010, n. 1643).
In
particolare, la restituzione del dipendente dei Servizi
all'Amministrazione di provenienza non deve necessariamente ancorarsi
a valutazioni inerenti la professionalità, consentendo il carattere
prettamente fiduciario del rapporto la sua cessazione in qualsiasi
momento senza necessità di motivazione; ciò che rende, per
l'effetto, ininfluente, ai fini della verifica di legittimità del
gravato provvedimento, qualsivoglia indagine circa il rendimento in
servizio del ricorrente, più volte sottolineato negli scritti di
parte, non essendo, oltretutto, neppure richiesto, nello specifico
contesto di cui trattasi, che i comportamenti addebitati al
dipendente assurgano a dimensioni apprezzabili in sede disciplinare o
di incompatibilità (Cons. Stato, Sez. IV, n. 2036/2008 cit.; TAR
Lazio, Sez. I, n. 3846/2011 cit.).
E,
nella specie, la vicenda fattuale sottesa alla determinazione
dell’Amministrazione della sicurezza si manifesta come tale da
mandare indenne il provvedimento impugnato dalle censure di manifesta
irragionevolezza o sviamento di potere ed iniquità, pure adombrate
dal ricorrente.
10.
Con il secondo motivo di ricorso, l’odierno esponente ha
ulteriormente censurato il provvedimento impugnato deducendo la
compromissione del proprio diritto di difesa per essere stata
indicata nella motivazione dell’atto esclusivamente la norma,
peraltro non pubblicata in alcuna raccolta, di cui l’Amministrazione
avrebbe fatto applicazione nel caso di specie, e per essere stata
omessa l’indicazione di cui all’art. 3, comma 4, legge n.
241/1990.
10.1
Con riguardo al primo profilo di doglianza, si osserva che il decreto
di rientro all’amministrazione di provenienza è stato disposto
“d’ufficio, per esigenze di servizio” e “ai sensi dell’art.
32, comma 1, lettera b) del D.P.C.M.” 23 marzo 2011, n. 1, il cui
dispositivo è stato sostanzialmente riportato negli scritti
difensivi dell’avvocatura erariale e letteralmente riprodotto nella
proposta motivata di trasferimento del Direttore Generale D.I.S..
Pertanto,
il diritto di difesa e la garanzia ad un equo processo invocati dalla
parte ricorrente non possono ritenersi violati, poiché la
documentazione o le informazioni di cui si lamenta la mancata
conoscenza sono state comunque conosciute, sia pure nelle forme e con
le cautele previste per la tutela dei documenti classificati, nel
corso del giudizio.
10.2
Tanto premesso, nel richiamare le considerazioni già svolte, si
rimarca che le peculiari esigenze di riservatezza per la cura dei
superiori interessi dell’ordinamento democratico e la necessaria
discrezionalità che nella fattispecie connota le scelte - anche
organizzative - dell’Amministrazione, inducono ad affermare, come
la giurisprudenza amministrativa non ha mancato di fare, che
l’obbligo di motivazione in ordine alla restituzione di un
dipendente dei Servizi all’amministrazione di provenienza può in
ogni caso ritenersi sufficientemente soddisfatto con il richiamo, pur
generale, alla cessazione di particolari esigenze di servizio (Cons.
Stato, Sez. IV, 12 novembre 2013, n. 5422), come è avvenuto nel caso
di specie, potendo una diversa soluzione comportare la divulgazione
dei motivi di servizio idonea a compromettere le attività svolte
nell’ambito dei Servizi (Tar Lazio, Sez. I, n. 3846/2011 cit.).
Proprio
tale ragione appare sottesa alla previsione normativa che, già con
il previgente art. 6 D.P.C.M. n. 7 del 1980 (su cui, Cons. Stato,
Sez. IV, n. 2036/2008 cit.), stabilisce che nel provvedimento di
trasferimento sia specificato esclusivamente che la restituzione
all’amministrazione di provenienza avviene d’ufficio e mediante
il mero richiamo alla disposizione legislativa violata. Proprio con
riguardo all’art. 6, D.P.C.M. n. 7/1980, che la giurisprudenza ha
riconosciuto come sostanzialmente identificabile nell’art. 32,
comma 1, D.P.C.M. n. 1/2011 (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. I, 12
settembre 2017, n. 9699), il giudice amministrativo ebbe a chiarire
che nel contesto in esame un obbligo di motivazione ex art. 3, legge
n. 241/1990 neppure sarebbe coerente, considerato il carattere
fiduciario del rapporto e la necessaria, lata discrezionalità che
nella fattispecie spetta all’Amministrazione.
Con
tutta evidenza, queste sono le ragioni che inducono a giustificare
che il provvedimento di trasferimento d’ufficio, così ampiamente
discrezionale ed afferente ad una organizzazione connotata dalla
generale riservatezza, rechi soltanto la specificazione che la
restituzione avviene d’ufficio. Nell’ambito della delegificazione
disposta dal legislatore e conformemente alla specificità del
rapporto, l’obbligo di motivazione si riduce, dunque, a contenuti
assolutamente stringati (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2036/2008
cit.).
10.3
In sintesi, dunque, il necessario bilanciamento dei contrapposti
interessi giustifica pienamente che l’atto impugnato abbia una
motivazione per relationem, sia con il richiamo alla norma,
riservata, posta a fondamento del provvedimento autoritativo, sia a
mezzo della motivata proposta di restituzione del superiore
gerarchico. Né può, altrimenti, ritenersi violato il diritto di
difesa del ricorrente che, alla lamentata impossibilità di conoscere
il tenore letterale della disposizione invocata, ha avuto risposta
nel corso del procedimento giurisdizionale, in quanto l'esercizio dei
diritti di difesa e garanzia di un processo equo restano soddisfatti
dalla conoscenza in giudizio delle informazioni stesse, pur con le
cautele previste per la tutela dei documenti classificati.
10.4
Quanto, da ultimo, alla mancata indicazione, nel provvedimento
amministrativo, del termine per proporre ricorso e dell'Autorità
giudiziaria alla quale rivolgersi per contestarlo, essa può essere
ritenuta una mera irregolarità, che consente al giudice di ammettere
la scusabilità dell'errore e l’eventuale rimessione in termini in
caso di tardività dell’impugnazione, ma non comporta, di per sé,
l’illegittimità del provvedimento stesso (ex plurimis, Tar Lazio,
Sez. III ter, 3 febbraio 2017, n. 1808).
11.
Per le ragioni esposte il ricorso è infondato e va, pertanto
respinto.
12.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Condanna
il ricorrente a pagare in favore della Presidenza del Consiglio dei
Ministri le spese di lite, che quantifica in complessivi euro
1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto
che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D. Lgs. 30
giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte
interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle
generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la
parte ricorrente.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2018
con l'intervento dei magistrati:
Carmine
Volpe, Presidente
Rosa
Perna, Consigliere, Estensore
Roberta
Cicchese, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Rosa
Perna Carmine Volpe
IL
SEGRETARIO
In
caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati
identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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