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Violenza sessuale crea danno non solo alla vittima ma anche al sindacato.
Cass. pen. Sez. III, (ud. 07-02-2008) 26-03-2008, n. 12738
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Svolgimento del processo - Motivi della decisione
MOTIVAZIONE
....... fu rinviai al giudizio del Tribunale di Torino perchè rispondesse dei seguenti reati:
A)
del reato di cui agli artt. 81 cp@@@, 609 bis, 56 e 609 bis @@@p.,
perchè, in qualità di Dirigente del Compartimento di Polizia Stradale,
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, dopo aver
manifestato, nell'aprile 2000, il proprio interessamento nei confronti
dell'isp. @@@. con frasi ed apprezzamenti di natura sessuale, la
costringeva a subire atti sessuali; e precisamente, in data compresa nel
settembre 2000, cingendole la vita sotto il seno, da dietro, con
entrambe le braccia, la avvicinava a sè e la scuoteva più volte,
appoggiandole i genitali ai glutei (parole aggiunte con integrazione
dell'imputazione all'udienza 10 maggio 2004), nonchè, in data 12 agosto
2001, trascinandola verso di sè con forza, dopo averle bloccato il collo
con il braccio, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a
baciarla.
In (OMISSIS), nelle date indicate;
B)
del reato di cui all'art. 609 bis @@@p., perchè, in qualità di
Dirigente del Compartimento di Polizia Stradale, dopo aver chiamato nel
proprio ufficio l'agente @@@., averne lodata la pelle, il seno e
l'intera persona in termini anche volgari, toccandola a cominciare dalle
spalle e sino ai fianchi, quindi prendendole le mani e facendosi dare
un bacio sulle guance, la costringeva a subire atti sessuali.
In (OMISSIS), in data prossima ed anteriore al 4 agosto 2000;
C) del reato di cui all'art. 115 @@@p.,
comma 4, perchè, in qualità di Dirigente del Compartimento di Polizia
Stradale, dopo aver convocato presso di sè l'isp. Capo @@@, che sapeva
essere stato invitato dall'autorità giudiziaria quale persona informata
sui fatti di cui al capo che precede, invitandolo a dire che non
ricordava nulla, o comunque a dire che il suo ricordo era stato
condizionato dai discorsi dell'isp. ..., istigava il ..... a rendere
false dichiarazioni al Pubblico Ministero, senza che tale istigazione
venisse accolta. In (OMISSIS).
Con sentenza in
data 27.1.2005 il menzionato Tribunale, mentre assolse il P. dal reato
di cui al capo B) perchè il fatto non sussiste, lo ritenne "responsabile
del reato continuato ascrittogli al capo A) e del fatto a lui
contestato al capo C)" e, ritenuta per il capo A) l'ipotesi di cui
all'art. 609 bis @@@p., u.@@@, riconosciutegli altresì le circostanze
attenuanti generiche, lo condannò, con i benefici della sospensione
condizionale e della non menzione, alla pena di giustizia, oltre che al
risarcimento dei danni - da liquidarsi in sede separata - in favore
delle parti civili costituite SIULP e @@@..
A
seguito di impugnazione dell'imputato, la Corte d'Appello di Torino,
con sentenza in data 12.5.2006 in parziale riforma di quella di primo
grado, mandò assolto il .... dall'imputazione di cui al capo C) perchè
il fatto non è previsto dalla legge come reato, confermando nel resto.
Avverso
tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, il quale
denuncia con il primo motivo mancanza e manifesta illogicità della
motivazione e violazione dell'art. 187 @@@p.p., in quanto "le
numerose ed eclatanti discrasie narrative tra la ..... e gli altri
testimoni su elementi centrali della vicenda... risultano risolte
attraverso il ricorso al fin troppo abusato stato emotivo del teste";
secondo il ricorrente, la Corte torinese avrebbe "proceduto ad un
costante svilimento di tutte le prove incompatibili con il narrato della
.... e a un'altrettanto costante esaltazione di fonti di prova neppure
conformi alla versione della parte civile ma soltanto non in contrasto
con essa". Il ricorrente, in particolare, rileva che la ....aveva
precisato "l'esatto momento di un accadimento narrato al solo fine di
colorire le sue personali interpretazioni, solo dopo aver lungamente
consultato i ruoli delle presenze e delle ferie dell'imputato e dei suoi
colleghi, correggendo le sue iniziali dichiarazioni con uno scarto di
diversi mesi; in tale contesto, la Corte torinese avrebbe dovuto
indicare le ragioni per le quali risultava irrilevante che la @@@ non
riuscisse a collocare nel tempo un fatto che ella stessa aveva dapprima
definito sgradevole senza connotarlo di alcuna valenza sessuale e poi,
invece, come un'aggressione alla sua sfera sessuale". Le censure del
ricorrente investono, quindi, specificamente la valutazione che i
giudici di merito hanno dato dell'atteggiamento galante che sarebbe
stato tenuto dal P.; dell'episodio del 13 settembre 2000 e della
testimonianza che sullo stesso era stata resa dal teste @@@, presente;
e, infine, dell'episodio dell'agosto 2001.
Il
ricorso è infondato. Alla valutazione dell'impugnazione occorre
premettere che le sentenze di merito di entrambi i gradi hanno
affrontato la vicenda processuale nel suo complesso e le molteplici
questioni prospettate dalla difesa in modo esemplare per profondità e
completezza di argomentazioni. In relazione alle singole prospettazioni
contenute nel ricorso, la sentenza impugnata ha risposto in modo
adeguato, completo e approfondito a tutte le questioni poste con i
motivi d'appello. Non resta, quindi, che richiamare i passaggi, anche in
linea di fatto, più importanti attraverso i quali la sentenza impugnata
è pervenuta alla conclusione adottata e controllarne la logicità e
concludenza degli argomenti fondamentali, che hanno riguardato:
1)
l'attendibilità della teste-parte offesa. L'accusa si fonda
essenzialmente sulle dichiarazioni della @@@ (che, nelle sentenze di
merito, sono riportate nei punti più rilevanti) e su quelle di riscontro
del teste ..., anch'egli ispettore, presente all'episodio del settembre
2000. La sentenza impugnata ha esattamente premesso che non risultano
acquisite, sui fatti, prove contrarie ("desumibili dalle dichiarazioni
di altri testi, da documenti o da considerazioni logiche nascenti da
inspiegabili e patenti discrasie del racconto di circostanze decisive
ovvero dall'esistenza di seri indizi a conforto dell'ipotesi di una
calunnia"); ha, poi, rilevato, in aderenza alle risultanze processuali,
che la @@@ non è l'unica testimone, perchè le sue dichiarazioni hanno
più volte trovato conforto in altre deposizioni della cui attendibilità
non vi è ragione di dubitare, ("una volta che si escluda (come deve
escludersi...) la tesi di un complotto ordito da parte della donna, sin
dal 2000, con l'appoggio di un manipolo di collaboratori
dell'imputato"); ha, poi, escluso che sia rilevante l'avere la @@@
fornito alcune precisazioni ulteriori o l'aver diversamente aggettivato
le sue reazioni interiori; ha, inoltre, dato adeguata giustificazioni di
alcune pretese imprecisioni e di alcuni ricordi della @@@ "solo a
dibattimento (pag. 21). Quindi, l'indagine dei giudici di merito,
contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, è stata incentrata,
senza contraddizioni o salti logici, proprio sulla credibilità della
persona offesa e, come si vedrà, sui riscontri derivanti da ulteriori
elementi acquisiti". 2) l'episodio del 13.9.2000 e la diretta
testimonianza del @@@ (pagg. 33-38).
Circa
tale episodio la sentenza impugnata ha dimostrato con assoluta logicità
come il racconto della parte lesa non possa dirsi inficiato da
contraddizioni, sia interne allo stesso che rispetto all'analogo
racconto fatto dal @@@, presente all'episodio stesso. La sentenza ha
attribuito fondamentale importanza alle dichiarazioni del @@@ (nella
gran parte riportate testualmente), sia per l'assenza di qualsiasi prova
di malevolenza del teste nei confronti del P., sia per il rilievo
dell'atteggiamento "più che cauto" mantenuto dal @@@ rispetto alle
accuse mosse al .. dall'altro collega, la .... (rilevando
ineccepibilmente che tale dato è "decisamente inconciliabile con una
volontà calunniosa"); ha inoltre dimostrato come anche le dichiarazioni
di questo teste non possano essere considerate contraddittorie (circa,
in particolare, un preteso "sollevamento in aria" della p.o.). La
conclusione, tratta con piena logicità dalle premesse in fatto, è nel
senso che "a parte il fatto che il @@@ rammenta una presa con il solo
braccio destro, la descrizione dell'accaduto non soffre, nemmeno alla
luce delle contestazioni, di contraddizione alcuna ed è del tutto
conforme a quella della parte lesa: il movimento eseguito più volte, di
scossa dal basso verso l'alto, implica necessariamente un lieve
sollevamento e altro non è, vista la posizione - che la simulazione di
un rapporto sessuale da tergo come i cani quale declinato dalla diretta
interessata". Deve in tal modo ritenersi superata la contraria deduzione
difensiva secondo cui la testimonianza del @@@, "proprio rispetto
all'unica parte connotata dalla sessualità della condotta (il cd.
movimento dei cani) è in evidente contrasto fattuale con la @@@",
essendo stato dimostrato (con precisi riferimenti alle dichiarazioni
assunte) non essere esatto che dell'assunto della @@@ il teste @@@
avesse negato proprio l'elemento essenziale costituito dal movimento
corpo a corpo dal basso verso l'alto a simulazione dell'atto sessuale
(così il ricorso a pag. 13). Del pari superata in linea di fatto è
l'ulteriore deduzione del ricorrente che, citando in termini
interpretazioni di questa Corte, rileva che "non basta il mero
riferimento alle parti anatomiche (il cingere la vita) asseritamene
aggredite dal soggetto attivo e/o il grado di intensità fisica del
contatto (lo scuotimento), non dovendosi dimenticare l'intero contesto
in cui l'evento si realizza al fine di individuare l'effettiva valenza
sessuale dell'azione compiuta". 3) la sentenza impugnata ha
esaustivamente confutato alcuni indici di inaffidabilità circa le
dichiarazioni della @@@ e del @@@ (pagg. 54-59), in riferimento: a)alle
contraddizioni del @@@ sull'ora in cui si sarebbe verificato l'episodio
del 13 settembre; b) alle presunte dichiarazioni non veritiere del @@@
sulla presenza del ... in ufficio la sera del 10 giugno 2000 ("sera in
cui... è pacifica l'assenza dell'imputato dall'ufficio o comunque remota
l'ipotesi di una sua presenza"); c) alle dichiarazioni della @@@ sulla
circostanza che l' ... l'abbia vista armeggiare con il registratore; d)
alla dichiarazione del @@@ di essersi fermato in ufficio un pomeriggio
in cui la @@@ era sola al Compartimento; e) all'affermazione della @@@
di avere la prospettiva di rimanere sola il pomeriggio del 14 agosto
("quel preciso giorno, il 14, di pomeriggio, al piano, con la @@@ si
sarebbe effettivamente trovato il solo M., impiegato amministrativo...,
il che spiega le preoccupazioni esternate al @@@ e soprattutto esclude
che il @@@ o la @@@ abbiano mentito al Tribunale"); f) ai ricordi dell'
A., riportati a pagg. 79-81 dell'atto di appello, che sarebbero
contrastanti con quelli della @@@ (in effetti i rilievi della difesa sul
punto consentono "di non ritenere in alcun modo probanti i rilievi
difensivi in punto menzogne della @@@ sulla reiterazione della
richiesta"); g)alle dichiarazioni della @@@ su quanto confidato al teste
O.; h) ai presunti contrasti tra le dichiarazioni della @@@ e del
marito.
4) L'atteggiamento galante del P.
(pagg. 32-33). Si tratta degli episodi che la difesa, mutuando
l'espressione dalla sentenza, ha definito prodromici, dei quali la
sentenza ha esattamente rilevato l'importanza perchè "proprio in merito
ad essi, un primo significativo supporto all'attendibilità della parte
offesa s'è avuto da parte di vari testimoni". La sentenza riporta le
dichiarazioni sul punto dei testi ... (del quale si è detto), @@@M. ed
....., tutti insospettabili, per le qualifiche rispettivamente rivestite
e, in più, quanto all' ...., "attesi i suoi rapporti, praticamente
nulli, con la parte offesa". Da tali dichiarazioni risulta
l'inequivocabilità del gesto, accompagnato da un apprezzamento
("lodandola, diciamo apprezzando la sua pelle morbida, qualcosa del
genere", così, testualmente, il D. S. afferma essergli stato riferito
dalla @@@), così da rendere infondato l'assunto del ricorrente che i
giudici di merito avrebbero caricato lo "sfioramento" di un significato
che non aveva, "sostituendo alla primitiva sensazione della vittima la
successiva interpretazione del fatto fornita dalla medesima". 5) la
tempistica degli episodi (pagg. 22-28). La sentenza ha fedelmente
riportato (alle pagg. 22-23) le discordanze, contenute nelle varie
affermazioni riferibili alla @@@, in merito alla data dell'episodio
dell'accarezzamento del suo braccio con complimenti per la morbidezza
della pelle. Al riguardo risulta pienamente logica l'osservazione della
sentenza secondo cui "non è pensabile che si costruisca un'accusa
calunniosa ad arte, sin dall'inizio inficiandola con errori tanto
marchiani". Inoltre, i giudici di merito hanno dimostrato, riportando in
termini ampi passi delle dichiarazioni rese in varie occasioni dalla
donna, che "la @@@ ha dato esaustiva e convincente spiegazione
dell'errore;
che tale spiegazione non è in
alcun modo contraddetta in atti; che altre risultanze, anzi, la
avvalorano". A tale proposito va rilevato (ciò che vale anche per altri
rilievi della difesa) che, attesa la logicità e concludenza degli
argomenti della sentenza, le deduzioni di segno contrario attengono a
una diversa valutazione delle risultanze processuali non prospettabile
in sede di legittimità. Non è, quindi, esatto quanto sostenuto dal
ricorrente e cioè che la Corte torinese non avrebbe indicato "le ragioni
per le quali risultava irrilevante che la @@@ non riuscisse a collocare
nel tempo" i fatti in questione.
6) il
riscontro del ... e dei superiori. I giudici di merito hanno ritenuto in
fatto che "nell'immediatezza dell'episodio dell'agosto 2001, la @@@
avvisò del fatto il ... (cui aveva già in precedenza confidato il suo
turbamento per pregresse attenzioni del Dirigente) ancorchè questi si
trovasse in vacanza;
chiese a vari colleghi di
non lasciarla sola con il .... nei giorni successivi; registrò un
colloquio con il .....; confidò il suo turbamento al marito. Indi, al
rientro dei superiori dalle ferie, si rivolse a loro, manifestando la
propria indecisione sull'opportunità di denunciare il Dirigente, per
quel fatto e per gli altri comportamenti molesti tenuti in precedenza..
.Dopo alcuneriunioni con i dirigenti (il ..... era ancora in ferie) che,
vista la gravità dei fatti e la veste del ...., assunsero un
atteggiamento prudente e che dunque non le apparvero decisi a sostenerla
sino in fondo (tanto che registrò la riunione finale del 5 settembre
2001), decise infine di denunziare la situazione".
L'accertamento
di fatto in tal senso è del tutto persuasivo ed aderente agli elementi
acquisiti, essendo stato rilevato: a) che il ..... aveva confermato sia
di essere stato chiamato in relazione all'episodio dell'agosto 2001, sia
le pregresse confidenze;
b) che altra
conferma, sulle prime attenzioni sgradite, il Tribunale aveva tratto da
discorso casuale tra la @@@ e l' ..., da quest'ultimo collocato
all'inizio di settembre 2000; c) che gli altri dirigenti che, escussi su
quanto riferito dalla @@@ avevano confermato la circostanza, erano ....
7)
L'episodio del 12.8.2001 e la registrazione del successivo giorno 16. I
giudici di merito hanno dimostrato che anche relativamente a tale
episodio, la testimonianza della @@@ è confermata dalle testimonianze
dei colleghi cui la donna manifestò il suo disagio ( ... ...le cui
dichiarazioni sono state riportate in dettaglio e condivisibilmente
lette dal Tribunale a sostegno della credibilità della @@@) e dalla
registrazione del colloquio tra presenti del 16 agosto successivo.
Peraltro, anche tali registrazioni sono state oggetto di attenta e
logica valutazione dei giudici di merito (alle pagg. 42-49 la sent.
imp.), sì da rendere del tutto condivisibile la conclusione nel senso
che il consulente ha provveduto, giusta incarico ad hoc, ad un vero e
proprio accertamento, segnato da numerose prove tecniche condotte
insieme al primo consulente della difesa..., volto ad escludere
eventuali manipolazioni della registrazione e che "non vi è motivo... di
sospettare di manipolazione la registrazione e trascrizione del
colloquio del 16 agosto 2001". Anche circa l'errore della @@@
nell'indicare le date delle registrazioni è plausibile e logica la
giustificazione che i giudici di merito hanno dato della "confusione"
che la @@@ ha sostenuto di aver sofferto ("e non si vede come questa
confusione possa toccare il dato offerto dal contenuto - provatamente
genuino - della conversazione registrata"). Egualmente condivisibili
sono le argomentazioni circa le differenze tra la trascrizione del
secondo consulente della difesa e quella del ..., nonchè la presunta
inesattezza nell'interpretazione del Tribunale (ciò che è assorbente, a
contrastare la prospettazione della difesa, è che il tenore del discorso
- con l'accenno alla serenità turbata della @@@, con le frasi "non era
un tentativo di..." e "non volevo assolutamente", con l'assenso sulla
necessità di evitare incomprensioni e reciproco imbarazzo - appare del
tutto incongruo rispetto a scuse per una pregressa lavata di capo.
8)
la registrazione del 5.9.2001 (pagg. 49-50). Condivisibili sono anche a
proposito di tale registrazione della @@@ di un colloquio da lei avuto
con i superiori sul da farsi per quanto accadutole, i rilievi dei
giudici di merito che conducono esattamente alla conclusione che "non si
può escludere perciò che la prudenza da subito mostrata dai superiori
nell'affrontare il problema, per quanto ovvia data la natura del
medesimo, sia apparsa alla @@@ eccessiva o che sia stata travisata,
facendo sorgere in lei il timore di non essere creduta o aiutata e, con
esso, l'idea di registrare la riunione del 5 settembre. Quel che conta è
che, fondata o meno che fosse, questa paura della donna sussisteva e
che l'iniziativa di registrare la conversazione, in ogni caso, non può
minare l'attendibilità della teste". 9) Lo stato di salute della @@@
(pagg. 52-54). Logicamente giustificata, attraverso la valutazione delle
non sospettabili dichiarazioni del medico di base dott. ....e del
consulente della @@@, lo specialista dott. ...., è il convincimento che
"quanto acquisito sul punto, in particolare sulle patologie declinate
dal medico di base e la necessità di affrontare in relazione ad una di
esse un intervento chirurgico, depone a favore della serietà delle
affezioni che hanno impedito la costante presenza della donna sul lavoro
e a sfavore della tesi che la vorrebbe agire in ritorsione perchè
sempre malata e dunque timorosa di reazioni disciplinari". 10) il
riscontro del @@@ sul fatto di cui all'imputazione sub C (pag. 6): è
stato indicato persuasivamente come il @@@, indicato a teste
sull'episodio del settembre 2000, fu invitato dal P. a non dare supporto
alla denuncia della donna (la dichiarazione in Procura sul punto del
@@@ è riportata, in termini, nella nota a piedi della pag. 6). Sul punto
stesso i giudici di merito ne hanno esattamente rilevato la valenza
probatoria, anche in considerazione del contesto, dal momento che il @@@
"diede immediata comunicazione del fatto al ...... e il giorno stesso,
telefonò alla @@@ che, tramite il suo difensore, rappresentò l'accaduto
al PM". 11) l'intreccio con le vicende del ... (pagg. 28-30) e le
critiche mosse al teste .. (30-31). I giudici di merito hanno dimostrato
univocamente che non vi è prova alcuna che la @@@ - al momento in cui
palesò le varie situazioni a colleghi e/o superiori, infine sporgendo
querela - fosse a conoscenza dei guai del .. di guisa che risulta del
tutto giustificata la conclusione secondo cui "non vi è nessun elemento a
favore della tesi di un'accusa modulata ad arte e legata alle indagini
sul ... che la @@@ abbia potuto conoscere e, per un fraintendimento,
attribuire ad iniziativa del dirigente". Logicamente insuperabile è poi,
sempre a tale proposito, l'argomentazione che appare, in ogni caso, del
tutto assurdo che la @@@ abbia potuto conoscere per altre vie della
condotta del marito, e dunque dei possibili guai cui egli si esponeva,
e, anzichè compiacersi della buona disposizione mostrata nei suoi
confronti da parte del nuovo Dirigente, possa aver deciso, non appena
trasferita al Dipartimento, di far leva sulla sua nota galanteria per
mettere in giro contro di lui false "voci", in base all'ipotesi del
tutto teorica - e, infatti, infondata - che il ... potesse in futuro
avere un ruolo negativo in eventuali indagini a carico del marito....
Sempre in relazione alla vicenda del F., ma con un'argomentazione che
assume valenza generale nella valutazione delle dichiarazioni del .. la
sentenza impugnata ha dimostrato (alle pagg. 30-31) l'infondatezza delle
critiche mosse sul punto dalla difesa volte a inficiarne
l'attendibilità (sicchè risulta del tutto giustificata la conclusione
finale che i dati rilevati si pongono in contrasto con la ventilata non
irreprensibile condotta professionale del teste e che certo non
scalfiscono la valenza di pieno riscontro alle affermazioni della @@@ in
merito all'interessamento da subito "eccessivo" del ... nei suoi
confronti).
12) Il fallimento dell'alibi
sull'episodio del 13.9.2000 (pagg. 37- 40). La moglie dell'imputato ha
affermato "di essere venuta a Torino da Milano..., qui trascorrendo la
mattinata con il marito, con riguardo al giorno 13. Tale riferimento è
stato però fatto per relationem". La Corte di merito è pervenuta alla
conclusione che "l'alibi addotto dalla difesa... si svuota di pregnanza
nel quadro della vicenda e non è certo idoneo a scalzare le concordi
dichiarazioni dei due testi a carico". Tale conclusione discende
rigorosamente dai seguenti inoppugnabili dati di fatto: "il fatto è
accaduto di mattina e sotto gli occhi di un teste che non si ha motivo
di ritenere malevolo o calunnioso"; - il P. risulta presente mattinata
dal quadro riepilogativo estratto dallo Specchio impiego Forza stilato
da lui medesimo; - tale dato documentale non è contraddetto da altri
della stessa valenza". La sentenza ha, infine, dimostrato la non
credibilità dell'affermazione del B. di non aver commentato con la @@@
la richiesta fattale dal .... di fargli da autista nei termini riferiti
dalla parte lesa ("ti porta a fare il puttanone di turno, perchè quando
mangia e beve quello non capisce più niente, ti porta lì in mezzo e
chissà cosa succede").
Il lungo e articolato
discorso della sentenza impugnata non può che condurre alla conclusione
della veridicità dell'episodio del settembre 2000, una volta ritenute
"fallace la tesi di un complotto collegato alle vicende del marito;
fallace la tesi di una fantasiosa individuazione delle date; irrilevante
il fatto che il P. non fosse indiscriminatamente dedito a molestare
altre sottoposte, limitandosi ad essere costantemente galante; credibile
il teste @@@; supportata dalla sua convergente testimonianza la
ricostruzione del primo fatto riferito dalla @@@; assente il preteso
alibi e presente, al contrario, la cartina di tornasole costituita
dall'invito a dimenticarle rivolto in seguito dal P. al @@@...".
Anche
circa l'ulteriore episodio di violenza tentata, del tutto esaustiva è
la conclusione dei giudici di merito che hanno, anche qui, fatto
riferimento "alle attendibili e coerenti dichiarazioni della parte
lesa", alla mancanza di elementi positivi tali da smentire la @@@ e ai
numerosi riscontri testimoniali e documentali (dei quali si è detto
inizialmente).
Del tutto infondata è, quindi,
la deduzione del ricorrente secondo cui la Corte torinese - che, come si
è visto, è pervenuta alla conclusione a seguito di un percorso
argomentativi esemplare per logicità e approfondimento - avrebbe
"proceduto a un costante svilimento di tutte le fonti di prove
incompatibili con il narrato della @@@ e ad un'altrettanto costante
esaltazione di fonti di prova neppure conformi alla versione della parte
civile ma semplicemente non in insanabile contrasto con essa".
Con il secondo motivo viene denunciata violazione dell'art. 74 @@@p.p. con riferimento alla conferma della legittimazione del SIULP
al processo nella qualità di parte civile, affermata in base al
rilievo, corretto in astratto ma eccentrico nel caso di specie, secondo
cui tale legittimazione "discenderebbe dallo statuto della SIULP,
che vede elencata nelle sue finalità la tutela delle condizioni di
lavoro e di vita dei lavoratori di Polizia". Il ricorrente sostiene che
il codice di rito vigente "circoscrive rigorosamente la costituzione di
parte civile ai soli soggetti portatori di interessi rilevanti ex art. 74 @@@p.p.
e cioè titolari di una pretesa risarcitoria esattamente e rigorosamente
individuata, anche ove si tratti di enti esponenziali", per cui la
giurisprudenza ha chiarito che "non è sufficiente un mero collegamento
ideologico del fine statutario con il bene giuridico tutelato dal
precetto penale o con l'interesse pubblico perseguito dall'accusa"; "nel
caso di specie il richiamo operato dall'ordinanza impugnata allo
statuto dell'organizzazione sindacale ne documenta in effetti, al più,
un mero collegamento ideologico con la finalità della tutela della
persona cui presiede il precetto penale che si assume violato"; in
siffatta linea, sul piano della legitimatio ad causam sarebbe necessario
- al di là del pur ineliminabile aspetto di circostanzialità e di
concretezza dell'interesse tutelato e del recepimento nello scopo
specifico del sodalizio - la deduzione di una violazione riguardante un
preciso diritto soggettivo dell'ente";
"nella
fattispecie tale diretta ed immediata lesione non può in alcun modo
ravvisarsi, posto che non può certo dirsi che l'attività di contrasto a
condotte di violenza sessuale sul luogo di lavoro costituisca, per
l'organizzazione sindacale, finalità statutaria esprimente l'affectio
societatis che tale evento incidente direttamente sulla libertà
personale della singola vittima possa ricondursi, se non in via
puramente ideale, alla lesione delle condizioni di lavoro". Anche tale
motivo è infondato, dovendosi condividere il convincimento espresso sul
punto dai giudici di merito. Da un punto di vista generale occorre
premettere che, come questa Corte ha precisato (cass. sez. la@@@
8.1.2000 n. 143 e 18.4.2000 n. 5049), la fattispecie di reato ascritta
al ricorrente costituisce, per la sua natura ed entità, violazione delle
norme che presiedono alla tutela dei lavoratori e, in particolare,
della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 9, in quanto il reato di
violenza sessuale commesso sul luogo di lavoro lede l'integrità
psico-fisica del lavoratore, compromettendone la stabilità psicologica e
il rapporto con la realtà lavorativa e la percezione del luogo, in modo
tale che il grave turbamento che ne deriva viola la personalità morale e
conseguentemente la salute del soggetto passivo del reato. Sotto tali
profili, quindi, esattamente l'ordinanza del Tribunale ammissiva della
costituzione della parte civile SIULP
ha richiamato proprio la norma citata che, nel tutelare la salute e
l'integrità fisica dei lavoratori, riconosceva agli stessi, mediante
proprie rappresentanze, il potere di controllare l'applicazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali,
nonchè di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte
le misure idonee a tutelare la loro salute ed integrità, rappresentanza
generalmente svolta dalle organizzazioni dei lavoratori. La funzione
del Sindacato si esplica, quindi, anche attraverso la tutela e la difesa
di una condizione lavorativa che non deve essere segnata da episodi che
possono intaccare la dignità lavorativa della persona.
Su
tali basi, questa Corte (sez. 4, 16.7.1993 n. 10048) ha affermato la
legittimazione dei sindacati a costituirsi PC in caso di violazione
delle norme suddette, alla sola condizione che i lavoratori interessati
siano ad essi iscritti (condizione che nella specie risulta
documentalmente provata). La successiva evoluzione legislativa,
soprattutto con l'entrata in vigore del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626,
è stata univoca nell'ampliare il concetto di salute dei lavoratori, sì
da comprendervi non solo l'integrità fisica ma anche quella psichica
(emblematica in proposito la previsione dell'art. 17, comma 1, lett. a
L. cit., che parla espressamente di "tutela della salute e
dell'integrità psicofisica dei lavoratori"). Del resto, tale evoluzione è
in linea con il principio generale fissato dall'art. 2087 @@@@@@
che, in tema di tutela delle condizioni di lavoro, fa espresso
riferimento all'obbligo deldatore di lavoro di tutelare non solo
l'integrità fisica ma anche Ha personalità morale dei prestatori di
lavoro.
Dal punto di vista specifico, esattamente i giudici di merito hanno incentrato la decisione sull'art. 4 dello Statuto SIULP,
prodotto in I grado in sede di costituzione di parte civile, il quale
prevede che il sindacato programma ed uniforma la propria azione al
rispetto e all'applicazione integrale della Costituzione repubblicana,
particolarmente per quanto riguarda... l'elevazione - in un quadro di
pari opportunità tra i sessi - delle condizioni professionali,
culturali, economiche e sociali dei lavoratori, sviluppando tra l'altro
un'azione volta a... ricercare e perseguire le soluzioni più idonee alle
condizioni di lavoro e di vita degli operatori di Polizia operando
costantemente per realizzare il più elevato grado di tutela dei diritti
della categoria, nonchè ad assistere i lavoratori della Polizia nelle
controversie derivanti dal rapporto di lavoro. Alla stregua di tale
disposizione e del principio sopra enunciato, deve ritenersi che la
condotta integrante reato lede direttamente la parte lesa, ma risulta
idonea, per la concomitante incidenza sulla dignità lavorativa e sulla
serenità del lavoratore che ne è vittima, a creare danno al sindacato,
in quanto in contrasto con il preciso fine dal medesimo perseguito e
cioè quello che, ex cit. art. 4 dello Statuto, è proprio di tutelare la
condizione lavorativa e di vita degli iscritti sul luogo di lavoro. Il SIULP,
quindi, riveste la qualità di soggetto danneggiato dalla condotta
criminosa, in difesa del proprio diritto alla protezione dell'interesse
collettivo dei lavoratori di Polizia, in particolare di un proprio
iscritto, avendo il reato palesemente violato la tutela della salute
fisica e psichica del lavoratore sul luogo di lavoro. Ne deriva che il
reato ascritto all'imputato ha arrecato un danno diretto e immediato al SIULP,
concretizzatosi nella lesione del prestigio e della credibilità dello
stesso, derivante dalla vanificazione del perseguimento e della
realizzazione dei fini istituzionali propri di tale organismo
collettivo, quali la tutela della salute e dell'integrità psico- fisica
dei lavoratori.
Va, pertanto, tenuto per fermo
che la condotta integrante il reato in esame ha una concomitante
incidenza sulla dignità lavorativa e sulla serenità del lavoratore che
ne è vittima e determina un danno al sindacato perchè in contrasto con
lo specifico fine dallo stesso perseguito e previsto dall'art. 4 dello
Statuto del SIULP,
che è appunto quello di tutelare la condizione lavorativa e di vita
degli iscritti sul luogo di lavoro. Ciò rende chiaro che si verte in
ipotesi ben diversa da quella della proposta costituzione di parte
civile di un ente che rappresenti interessi diffusi e che non abbia uno
specifico rapporto con la parte lesa, fondato proprio sulla tutela del
bene - nella specie, la dignità e serenità delle persone nello
svolgimento del suo lavoro - che, a causa della commissione del reato, è
stato pregiudicato, o anche di un ente che abbia con la parte lesa un
rapporto istituzionale, ma generico. In questa linea di discorso,
esattamente i giudici di merito hanno ritenuto che il SIULP
(al quale la @@@ è pacificamente iscritta) non può essere considerato,
come vorrebbe la difesa, un ente rappresentativo di meri interessi
diffusi: si è, infatti, sulla base dei suesposti rilievi, in presenza di
un vero e proprio danneggiato dal reato, cui è consentito azionare l'art. 74 @@@p.p. per il ristoro del danno subito.
Nel
caso in esame, il pregiudizio di immagine seguito alla risonanza data
dai media alla vicenda (dato pacificamente acquisito al processo alla
luce delle stesse dichiarazioni dell'imputato), vicenda che, consistendo
in sostanza nell'essersi verificata in ambito lavorativo e da parte di
un superiore gerarchico molteplici molestie sessuali in danno di
un'operatrice di Polizia, è tale da riflettersi negativamente sul ruolo
istituzionale perseguito dall'ente.
La
soluzione adottata dai giudici di merita è allineata con i principi
enunciati in materia da questa Corte regolatrice (sez. 3, 3.12.2007 n.
15983; sez. 6, 314/1990, r@@@ 185501), secondo cui un soggetto può
costituirsi parte civile non soltanto quando il danno riguardi un bene
su cui egli vanti un diritto patrimoniale, ma più in generale quando il
danno coincida con la lesione di un diritto soggettivo del soggetto
stesso, come avviene nel caso in cui offeso sia l'interesse perseguito
da un'associazione in riferimento a una situazione storicamente
circostanziata, da essa associazione assunto nello statuto a ragione
stessa della propria esistenza ed azione, come tale oggetto di un
diritto assoluto ed essenziale dell'ente a causa dell'immedesimazione
fra il sodalizio e l'interesse perseguito.
In
tal caso, infatti, l'interesse storicizzato individua il sodalizio, con
l'effetto che ogni attentato all'interesse in esso incarnatosi si
configura come lesione del diritto di personalità o all'identità, che
dir si voglia, del sodalizio stesso. Alla stregua di tale principio, in
tema di legittimazione di persone giuridiche e di enti di fatto a
costituirsi parte civile, deve conclusivamente ritenersi che quando
l'interesse diffuso alla tutela di un bene giuridico non è solo
astrattamente configurato, ma si concretizza in una determinata realtà
storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo diventando la
ragione e, per ciò, elemento costitutivo di esso, è ammissibile la
costituzione di parte civile di tale ente, sempre che dal reato sia
derivata una lesione di un diritto soggettivo inerente allo scopo
specifico perseguito.
Sulla base dei suesposti
rilievi, il ricorso va rigettato. Consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e alla refusione delle spese
sostenute nel grado dalle parti civili e liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonchè alla refusione delle spese sostenute nel grado
dalle parti civili e liquidate in complessivi Euro 2.000,00 ciascuna,
oltre IVA e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2008
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