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lunedì 11 novembre 2013

Cassazione: Anche le ascelle femminili sono zona proibita per le "avances" a sfondo sessuale Se non vi è consenso del soggetto passivo si rischia una condanna per violenza sessuale, sia pure moderata data la gravità relativa di tale comportamento. Condanna confermata per un ragioniere: due anni e due mesi




Anche le ascelle femminili sono zona proibita per le "avances" a sfondo sessuale
Se non vi è consenso del soggetto passivo si rischia una condanna per violenza sessuale, sia pure moderata data la gravità relativa di tale comportamento. Condanna confermata per un ragioniere: due anni e due mesi


Cass. pen. Sez. III, (ud. 13-12-2007) 29-01-2008, n. 4538
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo


Con sentenza del 30 novembre del 2006, la corte d'appello di Campobasso confermava quella pronunciata dal tribunale di Larino il 24 aprile del 2002, con cui V.P. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due e mesi due di reclusione, oltre pene accessorie e risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche e di quella della tenuità del fatto, del delitto di cui all'art. 609 bis c.p., per avere costretto D.A., che si trovava quale tirocinante nel suo studio, a subire atti sessuali consistiti nell'infilare la mano sotto la maglietta e nell'accarezzarle le spalle e le ascelle in corrispondenza del seno.
Fatto commesso in (OMISSIS);
Il processo aveva avuto origine dalla querela sporta dalla D..
Questa aveva esposto che verso le ore 17 del 23 gennaio del 1997, mentre era intenta ad effettuare alcune registrazioni nello studio da ragioniere dell'imputato, da lei frequentato per la praticaci era avvicinato il V., il quale le aveva chiesto di sciogliersi i capelli; che essa, pur ritenendola insolita e pensando che la cosa finisse lì, aveva dato seguito alla richiesta; che il V. le si era accostato ed aveva iniziato a toccarle i capelli senza che ella avesse il coraggio di reagire perchè spaventatale l'imputato aveva subito dopo infilato la mano nella maglietta ed aveva cominciato ad accarezzarle la schiena spingendo la mano sotto l'ascella sinistra verso il seno. A quel punto aveva preso coraggio respingendo il V. che, alla sua domanda se fosse ubriaco, aveva replicato: " Perchè, queste cose si fanno solo da ubriaco?".
Dopo circa mezz'ora si era allontanata dallo studio ed aveva raccontato l'accaduto alla sorella ed al fidanzato e successivamente ai propri genitori.
Tanto premesso in fatto, la corte riteneva attendibile la parte offesa le cui dichiarazioni erano state confermate dalle persone con le quali la D. si era confidata nell'immediatezza del fatto.
Ricorre per cassazione il prevenuto denunciando che la corte aveva fondato l'affermazione di responsabilità sulle sole dichiarazioni della parte lesa, la quale era inattendibile perchè non aveva rifiutato i suoi corteggiamenti e lo aveva provocato.

Motivi della decisione


Il ricorso è inammissibile sotto diversi profili. Anzitutto per la sua specificità perchè ripropone considerazioni (presunte provocazioni e corteggiamento non respinto dalla donna), puntualmente respinte dalla corte territoriale con motivazione adeguata senza l'indicazione degli eventuali vizi del ragionamento dei giudici censurati. In secondo luogo perchè il ricorso si risolve in censure in fatto sull'apprezzamento della deposizione della persona offesa, la quale in questa materia può da sola giustificare l'affermazione di responsabilità, se ritenuta attendibile dal giudice. Nella fattispecie peraltro, come già sottolineato dalla corte, la testimonianza della persona offesa era stata asseverata dai prossimi congiunti e dal fidanzato i quali hanno confermato che la vittima, nell'immediatezza del fatto, piangendo si era confidata con loro.
Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.


LA CORTE Letto l'art. 616 c.p.p. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2008

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