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Videoregistrare i rapporti sessuali con la partner convivente (ma a sua insaputa) non è reato
La condizione è ovviamente che tale
registrazione non venga diffusa nè mostrata a terzi. E fornirla (a
sorpresa) all'ignara ex compagna non consente di configurare a
posteriori un'interferenza illecita nella vita privata
LIBERTA'
INDIVIDUALE (DELITTI)
Cass. pen. Sez. V, (ud. 28-11-2007) 14-01-2008,
n. 1766
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati:
ha pronunciato
la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) R.C.A. N. IL
(OMISSIS);
avverso SENTENZA del 21/05/2007 CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA
la relazione fatta dal Consigliere Dott.
Udite le
conclusioni di rigetto del Sost. Proc. Gen. Dott.
Uditi i difensori Avv. P.C.
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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
OSSERVA
1 La Corte di Roma ha confermato la condanna a m. 4
di reclusione con generiche e benefici, distruzione di videocassetta in
sequestro, e risarcimento del danno alla parte civile inflitta dal
Tribunale a R.C.A., per il delitto di cui all'art. 615 bis c.p., perchè
fra giugno ed ottobre 2000, mediante strumenti di ripresa visiva si
procurava indebitamente immagini della vita intima e privata di P.A.M..
E' incontestato che R. abbia filmato in casa propria rapporti intimi
tra lui stesso e la persona offesa all'epoca sua convivente, in una
cassetta che ha appeso a maniglia della porta di casa di lei, con il
biglietto: "E' il mio ultimo pensiero per te.
Addio A.".
La Corte ha
rilevato che la P., pur sapendo della ripresa delle immagini che erano
proiettate in tempo reale da apparecchiatura predisposta su una parete,
non era stata informata del fatto che sarebbero state registrate. Ed ha
ritenuto, con riferimento a giurisprudenza (Cass. Sez. 6, 5934/81,
Semitaio, relativa a registrazione sonora, e di Sez. 5, n. 18058/03,
Ora) il fatto punibile ai sensi dell'art. 615 bis c.p.. Ha escluso la
prova del consenso della persona offesa anche in termini di dubbio,
perchè la sua inconsapevolezza è dimostrata da un colloquio registrato
in audiocassetta.
Il ricorso denuncia: violazione di legge vizio di
motivazione, perchè l'imputato doveva essere assolto con la formula "il
fatto non costituisce reato". Afferma che "non possono essere
considerate interferenze illecite le attività svolte consensualmente e
scientemente da due soggetti, come nel caso di specie, anche se
registrate da uno dei due con l'ausilio di una videocamera, perchè
rimangono comunque nel ristretto ambito degli stessi partecipanti alle
attività riprese". Ed aggiunge che non è il tipo di attività che il
legislatore intende punire, bensì le modalità con cui si carpiscono
notizie attinenti la vita privata di ciascuno. E fa riferimento a
giurisprudenza successiva a quella citata che sarebbe di diverso segno
(Cass. Sez. 5, 39827/06; 16189/04 e 18058/03, Sez. 1, 25666/03).
Osserva infine che lascia perplessi il comportamento dell'offesa che,
se veramente avesse voluto evitare interferenze illecite nella sua vita
privata, essendo la sola destinataria della cassetta, l'avrebbe
distrutta e non resa pubblica tramite il processo.
2 Il ricorso è
fondato.
L'art. 615 bis c.p., punisce le "interferenze illecite nella
vita privata".
Il comma 1, prevede ipotesi di pericolo anticipato,
ravvisabile nella condotta dell'estraneo che si procuri, con strumenti
di ripresa visiva o sonora, notizie o immagini di qualsiasi vicenda si
verifichi in un luogo di privata dimora (ai sensi dell'art. 614 c.p.),
perciò offendendo indiscriminatamente la riservatezza di chiunque sia
intraneo, seppure non coinvolto direttamente dalla notizia o
dall'immagine ripresa. Il comma 2 concerne di più la rivelazione o la
diffusione, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, delle
stesse notizie o immagini come sopra procurate, affermando
espressamente la sussidiarietà del reato.
La norma difatti è connessa,
per lettera, ratio e sistema (vedi collocazione e rinvio), alla
riservatezza assicurata in sè dal luogo privato, come incontroverso in
giurisprudenza.
Difatti la sentenza di questa Corte, Semitaio, citata
in quella impugnata, afferma che "la norma (dell'art. 615 bis c.p.)
tende a tutelare la riservatezza della vita individuale contro le
interferenze illecite nella vicenda privata di ognuno, ma sempre che
tali interferenze provengano da terzi, rimasti estranei alla
conversazione, oggetto di registrazione". Dunque pone l'accento
sull'impossibilità di rilevare interferenza nella propria vita privata
della persona ammessa a farvi parte, sia pur estemporaneamente, in
condizione di reciprocità.
L'altra sentenza citata di questa Corte (P.
G. in proc. Cirà) puntualizza proprio la relazione tra luogo e vita
privata, affermando "legittimata a proporre querela contro estranei
anche una persona non ripresa, ma partecipe della vita privata nella
stessa dimora, nel caso il marito di una signora abusivamente
fotografata.
Ne segue che il convivente, pure non direttamente
coinvolto dalla ripresa, può ritenersi personalmente offeso da chi,
estraneo al luogo, si sia procurato immagini della vita privata di
altri che ivi si svolga. Ed è anche irrilevante che poi la convivenza
tra lui e la persona ripresa sia cessata. Per contro non si vede come
attribuirgli il reato per la ripresa di immagini che concernono anche
la sua persona nell'ambiente ad entrambi riservato.
Va infine
osservata l'assoluta irrilevanza dell'oggetto delle riprese.
Ai sensi
dell'art. 615 bis c.p., il concetto di "vita privata" si riferisce a
qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato. Pertanto, le
immagini o le notizie che l'agente si procura possono consistere sia in
comportamenti che fuori di ambiente privato sarebbero ritenuti
offensivi del pudore, che altri ivi consentiti.
Insomma, come
icasticamente rappresenta il ricorso, è vita privata il sorseggiare un
caffè in compagnia in casa propria, non meno che avervi rapporti
sessuali.
E tanto dimostra l'intento del legislatore di tutela della
riservatezza, a fronte dei non rari abusi di taluni organi di
comunicazione a mezzo stampa o etere, per profittare della curiosità
degli utenti su quanto talune persone fanno riservatamente.
Orbene,
alla luce di questa premessa di diritto, poichè la sentenza
ricostruisce in fatto che le vicende sono state registrate all'epoca in
cui l'imputato che ha operato le riprese e la persona coinvolta
convivevano, e che le immagini di cui la prima disponeva non risultano
diffuse, ma solo rimesse all'altra, non si ravvisano estremi di reato.
E tanto rende necessario decidere ai sensi dell'art. 129 c.p.p..
P.Q.
M.
Annulla senza rinvio l'impugnata sentenza, perchè il fatto non
sussiste.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2007.
Depositato in
Cancelleria il 14 gennaio 2008
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c.p. art. 615-bis
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