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Manomorta sull'autobus? Si rischia il carcere |
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Svolgimento del processo - Motivi della decisione
OSSERVA
Con
sentenza in data 31.10.2006 la Corte di Appello di Palermo confermava
la condanna alla pena della reclusione inflitta nel giudizio di primo
grado a V.A. quale colpevole di avere commesso, sulla corriera
(OMISSIS), una pluralità di atti sessuali, palpeggiando insistentemente
la coscia di I.M. D., costituitasi parte civile.
La
Corte, alla stregua delle dichiarazioni della persona offesa,
attendibile per coerenza, spontaneità e disinteresse, riteneva, in
fatto, che l'imputato, che sembrava appisolato, dopo l'iniziale
pressione della propria gamba contro quella della ragazza, seduta
accanto a lui, aveva allungato la mano, traendola dal sacchetto che
teneva tra le gambe, e aveva palpeggiato la coscia dell' I. suscitando
la sua immediata reazione, essendosi essa allontanata dal posto occupato
comunicando telefonicamente al fratello quanto subito dallo
sconosciuto.
Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge:
-
sul rigetto dell'istanza di rinvio dell'udienza 31.10.2006 sebbene egli
avesse fatto pervenire un certificato medico attestante assoluto
impedimento a comparire, immotivatamente disatteso. Inoltre era stata
omessa la declaratoria di contumacia nel giudizio d'appello;
-
sul rigetto dell'eccezione d'incompetenza territoriale del Tribunale di
Trapani essendo competente il Tribunale di Palermo, sezione distaccata
di Partinico;
- sull'affermazione di
responsabilità basata sulle incerte e contraddirtene dichiarazioni della
denunciante e sull'esame del di lei fratello, il quale non aveva
assistito ai fatti, mentre non era stata acquisita alcuna dichiarazione
di testimoni imparziali che avevano viaggiato sulla corriera e che
avrebbero dovuto accorgersi delle molestie sessuali o dello stato di
agitazione della ragazza.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
In
tema d'impedimento dell'imputato a presenziare al dibattimento, non può
giustificare la mancata comparizione e documentare l'effettiva
sussistenza dell'impedimento una certificazione medica generica essendo
necessario che la suddetta attestazione contenga tutti quei dati che
consentono al giudice di formulare un proprio giudizio.
La
prova del legittimo impedimento a comparire dell'imputato deve essere
fornita dall'interessato, non essendo configurabile in capo all'organo
giudicante alcun obbligo di procedere d'ufficio alla sua acquisizione
quando questa sia in atti insussistente o insufficiente.
Pertanto,
grava sull'imputato l'onere di corredare l'asserzione d'impedimento a
comparire della relativa documentazione in mancanza della quale il
giudice non è tenuto a effettuare accertamenti d'ufficio, sicchè una
certificazione medica di malattia, rilasciata il giorno precedente
l'udienza, con diagnosi di faringite febbrile, senza indicazione del
grado d'alterazione, correttamente è stata ritenuta inidonea a
giustificare la mancata comparizione dell'imputato in giudizio per
legittimo impedimento.
La verifica del dedotto
impedimento a comparire, costituente un potere discrezionale attribuito
dalla legge al giudice di merito, è stata, nella specie, svolta con
adeguata motivazione immune da vizi logici e giuridici, sicchè
correttamente è stata ritenuta insussistente l'eccepita nullità
consistendo configurando l'addotto impedimento dell'imputato a
intervenire nel giudizio d'appello solo una patologia di lieve entità.
Sono,
quindi, infondate le deduzioni difensive essendo logico e coerente
l'iter motivazionale a sostegno della decisione assunta alla stregua
della documentazione sanitaria presa in considerazione.
Va
poi rilevato Che "l'omissione della declaratoria formale di contumacia,
in presenza dei presupposti del giudizio contumaciale (assenza di un
legittimo impedimento dell'imputato), non è causa di nullità della
sentenza, in quanto si tratta di nullità non prevista specificamente
dall'ordinamento e non riconducitele al novero delle nullità di ordine
generale, considerato che essa non importa alcun effetto pregiudizievole
ai fini dell'intervento e dell'assistenza dell'imputato" Cassazione
Sezione 5^, n. 46857/2005, D'Avanzo, RV. 233045.
Non è censurabile la motivazione di rigetto dell'eccezione d'incompetenza territoriale.
Premesso
che la competenza per territorio deve essere accertata in base a
elementi oggettivi desumibili con certezza dalle prove acquisite e non
sulla base di mere congetture, va rilevato che i giudici di merito hanno
ritenuto, con congrua motivazione, che, non essendo certo il locus
commissi delicti (sia per la scarsa chiarezza della mappa prodotta dalla
difesa sia per il tenore dei riferimenti forniti dalla persona offesa),
operava la regola residuale di cui all'art. 9 c.p.p..
Nel
resto, il ricorso non è puntuale perchè propone censure che distorcono
la sostanza del provvedimento impugnato che, invece, possiede un logico
apparato argomentativo del tutto rispondente alle utilizzate
acquisizioni processuali.
Non, quindi,
ravvisabile l'asserita illogicità della motivazione che, per essere
apprezzabile come vizio denunciatale, deve essere evidente, cioè di
spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato
di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata,
purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del
convincimento (Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina,
RV. 214794).
Fissato il sopraindicato limite, è
vietato a questa Corte di procedere alla ricostruzione del fatto
diversamente da quanto abbia fatto il giudice di merito in presenza di
concreti elementi, nonchè di prendere in considerazione censure, sia
pure specifiche, inidonee a dimostrare in modo incontrovertibile la
difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dalla prova assunta e
le conseguenza che il giudice di merito ne abbia tratto (come nel caso
in cui un fatto considerato come esistente sia invece pacificamente
inesistente).
Nel caso in esame, il ricorso
contesta le puntuali e stringenti argomentazioni della corte
territoriale, che valgono a sostenere l'affermazione di responsabilità,
limitandosi a criticare la ricostruzione del fatto eseguita sulla base
delle spontanee, dettagliate, coerenti e disinteressate accuse della
persona offesa, rivolte, nell'immediatezza del fatto, a persona mai
conosciuta in precedenza e non smentite da alcuna contraria emergenza.
E'
stato, quindi, coerentemente ricostruito lo snodarsi della condotta
criminosa dell'agente, che, durante il viaggio in corriera da Palermo a
Trapani ha palpeggiato la coscia della ragazza che le sedeva vicino,
dopo l'iniziale pressione della propria gamba su quella della vicina.
Sulla
configurabilità del reato va osservato che la violenza richiesta non è
soltanto quella che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di
opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e
proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel
compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, così venendosi a
superare la contraria volontà del soggetto passivo (Cassazione Sezione
3^, n. 3990/2001, Invidia, RV. 218540; Sezione 3^, n. 6945/2004, Manta,
RV. 228493: "in tema di violenza sessuale, l'elemento oggettivo consiste
sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nell'intimidazione
psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a
subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine
subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della
persona destinatario, o comunque prevenendone la manifestazione di
dissenso").
Correttamente non è stato dato
eccessivo rilievo al fatto la vittima, subito alzatasi dal posto appena
subita la molesta sessuale, abbia evitato di reagire platealmente
all'interno del veicolo avendo essa chiesto aiuto, tramite cellulare, al
fratello, il quale si recò alla fermata della corriera per rimproverare
vivacemente l'imputato che si mostrò remissivo assicurando che il fatto
non si sarebbe più ripetuto.
Grava sul
ricorrente l'onere del pagamento delle spese del procedimento e della
rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate
come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla
parte civile, liquidate complessivamente in Euro 2.000,00, oltre IVA e
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 8 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2008
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