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domenica 2 marzo 2014

Cassazione: Commette il reato di truffa il dipendente pubblico che timbra il cartellino assentandosi dal lavoro





 
 
Corte di Cassazione Penale, sezione quinta.
Sentenza 23623 del 11/06/2008.


FATTO E DIRITTO

 
Con sentenza 22.9.05 il Tribunale di Nola dichiarava @@@@@@@@ responsabile, quale impiegato presso il Comune di @@@@@@@@:
a)
di tentata truffa ex artt. 56, 640 c. 2 n. 1 c.p., per avere posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il citato ente locale mediante artifici e raggiri, ossia facendo apparire la sua presenza in ufficio in determinati giorni ovvero il suo stato di malattia, mentre in realtà svolgeva attività presso un esercizio commerciale, per procurarsi l'ingiusto profitto consistente in indebita retribuzione di giornate lavorative, ai danni del Comune;
B)
di falso ex artt. 476, 479 c.p., per avere falsamente attestato, mediante sistema di rilevazione delle presenze e tramite certificato medico, la sua presenza presso l'ufficio comunale o la propria malattia; con la continuazione e le generiche prevalenti lo condannava a pena ritenuta di giustizia.
Tale decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Napoli con sentenza 29.11.07 avverso la quale ha a proposto ricorso per cassazione l'imputato, deducendo vizio di motivazione in punto responsabilità con riguardo ad entrambi i reati.

La Corte osserva.

Le violazioni
sub B non sussistono.
Invero i cartellini segnatempo e i fogli di presenza non costituiscono atto pubblico (Cass. S.U. 11-4-06 n. 15983 Rv. 233423); per quanto concerne il certificato è indiscusso che in effetti l'imputato soffrisse di asma bronchiale e d'altro canto non risulta che in detto documento fosse attestata come effettuata una visita: stante la genericità dello stesso deve escludersi la ricorrenza del falso.
Per il resto le censure sono infondate. Invero, nel provvedimento impugnato v'è richiamo a plurimi dati, rappresentati da deposizioni e servizi di appostamento, alla luce dei quali emerge che
il prevenuto svolgeva attività presso il Bar Commercio, sia al banco sia alla cassa, mentre egli aveva fatto credere di essere in ufficio ovvero impedito per malattia.
In conclusione s'impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per i reati sub B perché il fatto non sussiste; con riguardo ai fatti sub A il ricorso va rigettato e di conseguenza s'impone l'annullamento della decisione con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, non potendo a tanto provvedere questa Corte in quanto il reato più grave è stato eliminato.

 
PQM

 
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati sub B (falsi) perché il fatto non sussiste; annulla la medesima sentenza con rinvio per rideterminazione del trattamento sanzionatorio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
 

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