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domenica 2 marzo 2014

Cassazione: Obblighi del preposto a far adottare ai dipendenti i necessari D.P.I.




Nuova pagina 1
CORTE DI CASSAZIONE - Sezione IV Penale- Sentenza n. 10812 del 11
marzo
2008 - Pres. Marini - Est. Licari - P. M. Fraticelli - Ric.
Z. D. - Il
preposto è personalmente tenuto a fare adottare ai
dipendenti i
necessari mezzi di protezione individuale adeguati al
tipo di lavoro
che devono compiere, svolgendo a tal fine specifica
attività di
vigilanza e controllo.

INFORTUNI SUL LAVORO
Cass. pen. Sez. IV, (ud.
17-01-2008) 11-03-2008, n. 10812

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento
del processo - Motivi della decisione
OSSERVA

Con sentenza del
7/12/2004, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la sentenza di
assoluzione con formula piena pronunciata dal Tribunale di Rossano nei
confronti di S.A., imputato del delitto di lesioni colpose ascrittogli,
per avere, nella qualità di capoofficina e di preposto alla produzione
della ditta @@@@@@@@, per colpa, omesso di dotare (e di esigerne l'uso) di
idonei occhiali Z.D., dipendente addetto alla verniciatura di strutture
metalliche con pistola ad aria compressa, ed in tal modo cagionato al
predetto lesioni all'occhio sinistro attinto da uno spruzzo di vernice.

I giudici di appello motivavano la loro decisione spiegando che la
responsabilità esclusiva dell'infortunio sul lavoro era da addebitare
all'operaio, per avere costui, disattendendo precise direttive della
ditta, svolto il lavoro di verniciatura di una trave senza usare gli
occhiali o le maschere in dotazione dell'azienda e così dato luogo
eziolog@@@@@@@@ente alle lesioni al suo occhio sinistro.

Avverso tale
decisione la parte civile costituita in giudizio, nella persona dello
Z., ha per mezzo del difensore proposto ritualmente ricorso per
cassazione per la tutela dei propri interessi civilistici, lamentandosi
che la ricostruzione delle modalità e delle cause dell'infortunio sul
lavoro occorsogli fosse stata motivata con argomenti illogici e
contraddittori, disvelando l'erronea interpretazione delle risultanze
probatorie e la elusione sostanziale delle disposizioni dettate in
materia antinfortunistica.

Poichè le censure della parte ricorrente
riguardano direttamente gli effetti di carattere civile che si
intendono conseguire, tendendo alla condanna dell'imputato al
risarcimento dei danni cagionati alla persona offesa dalla sua condotta
illecita, è necessario sottoporre le argomentazioni adottate dai
giudici di appello ad analisi critica alla luce delle censure medesime.

Il risultato di tale analisi conduce il Collegio alla conclusione che
il ricorso della parte civile è meritevole di accoglimento.

Invero,
l'assunto dei giudici di appello sulla assenza di responsabilità per
colpa in capo al S., nella qualità di preposto della ditta @@@@@@@@ e,
quindi, di soggetto occupante una posizione di garanzia in riferimento
alla osservanza della normativa di sicurezza negli ambienti di lavoro,
si basa sulla premessa che l'operaio Z., nel procedere ai lavori di
verniciatura con pistola ad aria compressa, abbia di sua iniziativa
omesso di indossare la maschera fornita dalla ditta, la quale, coprendo
il volto, avrebbe assicurato una efficace protezione degli occhi da
eventuali spruzzi di vernice.

Tale premessa, però, non dimostra,
innanzitutto, che il preposto, in quanto garante della sicurezza nel
luogo di lavoro, abbia esercitato il potere - dovere di pretendere che
siffatta maschera fosse stata indossata dall'operaio dipendente; non
dimostra, in secondo luogo, che l'offerta in dotazione degli occhiali -
quelli che effettivamente il dipendente, per sua stessa ammissione,
indossava al momento del fatto - fosse idonea allo scopo di protezione
che era necessario garantire, quello cioè di evitare che accadessero
infortuni agli occhi dei lavoratori.

Al contrario, le risultanze
processuali evidenziano che gli occhiali fomiti dalla ditta e indossati
al momento del fatto dallo Z., erano non appropriati, in quanto non
erano muniti di ripari laterali.

Posto che in tema di prevenzione
degli infortuni sul lavoro, tanto la tutela (occhiali, visiere o
schermi appropriati) quanto la previsione dei pericoli (proiezioni di
schegge, o spruzzi di vernice) contemplate dal D.P.R. 27 aprile 1955,
n. 547, art. 382 non hanno carattere tassativo ma enunciativo, ne
consegue che la relativa interpretazione non può essere letterale ma
esclusivamente logica, nel senso che i mezzi di tutela ben possono
essere diversi da quelli elencati, purchè sicuramente idonei a
preservare l'integrità fisica del lavoratore da proiezioni di schegge o
da spruzzi di vernice, derivanti sia dal materiale lavorato, che dallo
stesso strumento di lavoro.

Il che autorizza a dire che il capo-
reparto è, quale preposto, personalmente tenuto a fare adottare ai
dipendenti i necessari mezzi di protezione individuale adeguati al tipo
di lavoro che devono compiere, svolgendo a tal fine specifica attività
di vigilanza e controllo; altrimenti, in caso di insorgenza di rischi
all'integrità fisica dei lavoratori, devono segnalare al datore di
lavoro la carenza o inadeguatezza del mezzo di protezione individuale
dato in uso ai dipendenti.

Nella fattispecie, dalle considerazioni che
precedono è dato trarre la conclusione che l'imputato, nella spiegata
qualità, è venuto meno sia all'obbligo di vigilare che l'operaio Z.
indossasse la maschera coprivolto prima di procedere alla verniciatura
con la pistola ad aria compressa, sia all'obbligo di vietare l'uso
degli occhiali incautamente fomiti allo Z., benchè privi di alette
protettive e di segnalarne, per tempo, al datore di lavoro la necessità
di renderli adeguati allo scopo di protezione degli occhi:

simili
inosservanze di doverose cautele e di precisi obblighi di legge,
ricadendo su soggetto in posizione di garanzia, ne sostanziano la
responsabilità pur ai soli fini civili in relazione all'evento -
infortunio, avvenuto ai danni del lavoratore in correlazione causale
con le evidenziate condotte omissive e inadempienti degli obblighi di
legge.

Ai sensi dell'art. 622 c.p.p., l'accoglimento del ricorso della
parte civile comporta, previo annullamento per quanto di ragione della
sentenza impugnata, il rinvio delle parti al giudice civile competente
per valore in grado di appello.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata
ai soli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore
in grado di appello, al quale rimette anche il regolamento delle spese
civili tra le parti per il presente grado di giudizio.

Così deciso in
Roma, nella Pubblica Udienza, il 17 gennaio 2008.

Depositato in
Cancelleria il 11 marzo 2008

 

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