APPALTO PRIVATO - INFORTUNI SUL LAVORO
Cass. pen. Sez. IV, (ud. 29-04-2008) 05-06-2008, n. 22622
Cass. pen. Sez. IV, (ud. 29-04-2008) 05-06-2008, n. 22622
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con
la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, dichiarava interamente condonate
le pene inflitte a B.A. e T. F., confermando il giudizio di
responsabilità espresso nei loro confronti dal giudice di primo grado
con riferimento al reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione
della normativa antinfortunistica.
L'infortunio sul lavoro occorso in data 26.2.1 2001 a Be.
L.,
dipendente della ditta @@@@@@@@, appaltatrice per conto dell'ENEL dei
lavori di manutenzione su impianti a media e bassa tensione, si era
svolto con le seguenti modalità, la cui descrizione è rilevante ai fini
della piena comprensione dei motivi del presente ricorso: il lavoratore,
mentre era intento a lavorare per il ripristino della linea elettrica
interrotta su di una scala appoggiata ad un palo (di nove metri),
nonostante l'utilizzo di una cintura di sicurezza, a causa del cedimento
del palo stesso, precipitava al suolo, riportando lesioni personali
gravi. L'indagine amministrativa interna, i cui esiti venivano
confermati dalla consulenza disposta dal PM, consentiva di accertare che
il predetto palo, posato negli anni 60 dalla società @@@@@@@@ @@@@@@@@,
senza predisposizione sul fusto della targhetta identificativa
indicante la lunghezza complessiva, era infisso nel terreno per soli 75
cm, cioè poco più della metà di quanto prescritto dalle norme CEI. Il
reato de quo veniva contestato, per quanto qui rileva, al B., quale
legale rappresentante della @@@@@@@@, per avere omesso di predisporre
idonea valutazione dei rischi al fine di prevenire infortuni sul lavoro e
segnatamente quelli riguardanti la stabilità dei pali di sostegno ed al
T., quale responsabile del cantiere e delegato alla sicurezza, per
avere fatto svolgere il lavoro a persona inesperta, in violazione
dell'art. 14 del capitolato di appalto, senza far eseguire le preventive
verifiche di stabilità del palo.
Propongono ricorso per Cassazione, tramite difensore, entrambi i prevenuti, ciascuno articolando due motivi.
B.A. deduce con il primo motivo l'inosservanza di legge penale, sub specie del D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 2, 4, 5 e 12
ed il difetto di motivazione. In particolare, lamenta che l'addebito
contestatogli era del tutto ingiustificato, sia perchè, come dimostrato
nel corso del dibattimento il piano operativo di sicurezza era stato
predisposto sia perchè il rischio di caduta del palo era del tutto
imprevedibile. La corretta interpretazione del citato D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 2, lett. B,
avrebbe dovuto portare a concludere che il piano operativo di
sicurezza, la cui predisposizione gravava sul B. in qualità di
appaltatore, in ragione della sua natura di piano complementare e di
dettaglio rispetto al piano di sicurezza e coordinamento, alla cui
stesura era tenuto il coordinatore in materia di sicurezza indicato dal
committente, poteva prevedere il rischio di caduta del palo solo dopo la
predisposizione del piano del coordinatore ENEL che tale rischio era
tenuto a prevedere. La mancata stesura del piano di coordinamento da
parte dell'ENEL e soprattutto la consegna del cantiere all'appaltatore
senza alcuna indicazione del rischio afferente la possibile caduta del
palo nonchè l'omessa previsione nel contratto di appalto di alcun
intervento di manutenzione dei pali consentiva di escludere, secondo la
tesi difensiva, la responsabilità dell'appaltatore, spettando all'ENEL
di verificare la stabilità dei sostegni ereditati dalla @@@@@@@@
@@@@@@@@, come del resto osservato dal giudice di primo grado.
Con
il secondo motivo si duole dell'omessa motivazione in relazione ai
motivi di appello proposti laddove si evidenziava che gli imputati,
contrariamente a quanto affermato dal giudice di secondo grado, avevano
diligentemente effettuata le verifiche di loro competenza unitamente a
funzionari dell'ENEL, i quali non avevano però segnalato resistenza del
rischio attinente alla stabilità dei pali.
Analoghe
censure sono proposta da T.F., con la precisazione che, in relazione
alle mansioni dallo stesso svolte, si sostiene con il primo motivo, che
se l'ENEL avesse tempestivamente avvisato il B. del rischio esistente,
le verifiche effettuate dal T., insieme ai funzionari dell'ENEL,
avrebbero potuto essere focalizzate proprio sulla stabilità dei pali.
I
ricorsi sono infondati e, contenendo analoghe censure, sia pure
prospettate con riferimento ai differenti ruoli svolti da ciascuno dei
ricorrenti all'interno dell'azienda, meritano trattazione congiunta.
Le doglianze, in entrambi i ricorsi, investono il giudizio di responsabilità.
In
sostanza, i ricorrenti contestano la prevedibilità dell'evento (la
caduta del palo), che, secondo la tesi difensiva, rappresenterebbe un
evento non ricadente nell'area di rischio tutelata dalle norme
antinfortunistiche riferibili nella fattispecie concreta agli imputati,
nella qualità, rispettivamente di legale rappresentante e responsabile
di cantiere della ditta appaltatrice, avendo l'Ente committente omesso
qualsiasi informazione utile ai fini della prevenzione e protezione da
quel rischio.
Si sostiene, in particolare, che
non poteva essere richiesto ai ricorrenti di prevedere il rischio
connesso alla stabilità del palo, allorchè, come nel caso in esame, la
società committente (l'ENEL) aveva del tutto omesso di informare
l'appaltatore (la @@@@@@@@) dei rischi presenti nel cantiere,
rappresentati, nel caso di specie, dal pericolo di caduta dei piloni
intorno ai quali la ditta appaltatrice era stata chiamata ad operare per
un'attività manutentiva delle linee elettriche.
Sul
punto si sottolinea che il giudizio di responsabilità non avrebbe
tenuto conto che il piano operativo di sicurezza, ritualmente
predisposto dall'appaltatore ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 9, comma 1, lett. c
bis), per la sua natura complementare e di dettaglio rispetto al piano
di sicurezza e di coordinamento di cui al citato decreto, art. 12,
avrebbe potuto prevedere la possibile caduta di pali di sostegno della
linea elettrica solo se fossero state fornite dalla committente le
informazioni utili fini della prevenzione e della protezione dei rischi
cui sono esposti i lavoratori. (v. D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 3 e 4).
Tale assunto difensivo non può essere condiviso.
Come
evidenziato in più occasioni (v. da ultimo, Sezione 4, 15 marzo 2007,
Ghelfa ed altri), per i lavori svolti in esecuzione di un contratto di
appalto, il dovere di sicurezza grava, come in qualsiasi altra ipotesi,
sul datore di lavoro, che, di regola, è l'appaltatore, destinatario
delle disposizioni antinfortunistiche, qualora abbia assunto il rischio
inerente all'esecuzione dei lavori e la responsabilità d'organizzare il
cantiere con propri mezzi e con personale da lui assunto.
E'
vero, altresì, che, in caso di infortunio, è peraltro possibile la
configurabilità della responsabilità anche del committente.
Questi,
infatti, in termini generali, è corresponsabile qualora l'evento si
colleghi casualmente anche alla sua colposa omissione e ciò avviene, ad
esempio, quando abbia consentito l'inizio dei lavori in presenza di
situazioni di fatto pericolose. Inoltre, il committente può essere
chiamato a rispondere dell'infortunio qualora l'omessa adozione delle
misure di prevenzione prescritte sia immediatamente percepibile cosicchè
il committente medesimo sia in grado di accorgersi dell'inadeguatezza
delle stesse senza particolari indagini; mentre, in questa evenienza, ad
escludere la responsabilità del committente, non sarebbe sufficiente
che questi abbia impartito le direttive da seguire a tale scopo, essendo
comunque necessario che ne abbia controllato, con prudente e continua
diligenza, la puntuale osservanza.
In
conclusione, deve, pertanto, affermarsi che, in caso di infortunio è,
sempre stato ammesso che possano aversi intrecci di responsabilità
coinvolgenti anche il committente (v. sul punto, Sezione 4, 17 gennaio
2008, Cigalotti ed i riferimenti in essa contenuti), come può desumersi
dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 7, laddove si
pongono gli specifici obblighi del datore di lavoro in caso di
affidamento dei lavori, all'interno dell'azienda, ad imprese appaltatici
o a lavoratori autonomi. Il datore di lavoro, in tal caso, è tra
l'altro tenuto a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e
protezione ed a fornire alle imprese appaltatrici ed ai lavoratori
autonomi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti
nell'ambiente di lavoro. Può anzi ben dirsi che tali obblighi
comportamentali determinano a carico del datore di lavoro una posizione
di garanzia e di controllo dell'integrità fisica anche del lavoratore
dipendente dell'appaltatore e, a fortiori, del lavoratore autonomo
operante nell'impresa (cfr. la citata sentenza Cigalotti).
Si
tratta, come si vede, di una normativa molto rigorosa, che dimostra con
chiarezza l'intendimento di assicurare al massimo livello un ambiente
di lavoro sicuro, con conseguente "estensione" dei soggetti onerati
della relativa "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale
allorquando l'omessa adozione delle misure antinfortunistiche prescritte
risulti la conseguenza del rilevato omesso coordinamento.
In questa prospettiva, le censure proposte dai ricorrenti avverso la sentenza impugnata risultano destituite di fondamento.
I
giudici di merito hanno infatti evidenziato che gli obblighi inerenti
alla sicurezza dei lavori appaltati, con il conseguente apprestamento
delle necessarie misure di protezione e la vigilanza sulla loro
adozione, erano stati assunti dagli imputati, in funzione dei rispettivi
ruoli svolti nell'impresa appaltatrice.
E'
stato, pertanto, ritenuto che la @@@@@@@@, nella qualità di datore di
lavoro, avrebbe dovuto farsi carico della possibilità che i pali di
sostegno non fossero più efficienti, soprattutto tenendo conto dei
seguenti elementi indicatori di sicuro rischio: l'obsolescenza
trentennale dei pali, riconosciuta dagli stessi prevenuti, la mancanza
di una targhetta identificati va che consentisse la stima approssimativa
di quanto interratola mollezza del terreno in cui era interrato il
palo.
Ciò non significa, come esattamente
evidenziava il giudice di secondo grado, che dovesse pretendersi a
carico della @@@@@@@@ l'obbligo di dissotterrare il palo su cui
intervenire al fine di verificarne la stabilitala, piuttosto, quello di
scegliere modalità operative diverse da quella in concreto adottata
(l'utilizzo di un autogrù con cestello o dei controbilanciamenti di
tensione, invece della scala appoggiata sul palo), in adempimento degli
obblighi di tutela e di sicurezza che fanno capo al datore di lavoro.
Alla
luce di tali rilievi, correttamente è stato ritenuto l'addebito a
carico degli imputati, i quali, sono venuti meno al dovere gravante sul
datore di lavoro e sulle altre figure previste dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 di porre in essere adeguate forme di controllo idonee a prevenire i rischi della lavorazione.
La
decisione gravata, confermativa di quella di primo grado, appare
corretta siccome adottata in piena aderenza a quello che, per assunto
pacifico, è il contenuto precettivo dell'art. 2087 c.c..
Come
è noto, in forza della disposizione generale di cui all'art. 2087 c.c. e
di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il
datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica e della
salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con
l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela,
l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del
meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p., comma 2.
Ne
consegue che il datore di lavoro, ha il dovere di accertarsi del
rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore
possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando
altresì a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il
tempo in cui è prestata l'opera.
In altri
termini, il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per
organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche
l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed
organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività
lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle
disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087 c.c..
In
forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante
dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei
prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non
ottemperi all'obbligo di tutela, l'evento lesivocorrettamente gli viene
imputato in forza del meccanismo previsto dall'articolo 40 c.p., comma 2, (v. Sezione 4, 4 luglio 2006, Civelli).
E'
in questo quadro normativo che si pone correttamente la sentenza
impugnata, laddove ravvisa la colpa, e il conseguente nesso eziologico
con l'evento dannoso, del datore di lavoro nel non aver questi previsto
una valutazione concreta dei rischi correlati alla stabilità dei pali e
nell'avere omesso di prendere le misure idonee alla eliminazione di
detti rischi.
In questa prospettiva,
all'evidenza,non può valere ad escludere la responsabilità della
@@@@@@@@ il richiamo operato dalla difesa all'affidamento sulla
stabilità dei pali messi a sua disposizione dall'ENEL. Ciò perchè il
principio di affidamento non è certamente invocabile sempre e comunque,
dovendo contemperarsi con il concorrente principio della salvaguardia
degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di
garanzia (qui, per esempio, del lavoratore, "garantito" dal rispetto
della normativa antinfortunistica). In tema di infortuni sul lavoro,
infatti, il datore di lavoro è diretto responsabile della sicurezza dei
suoi dipendenti e non può andare esente da responsabilità invocando
eventuali responsabilità altrui dal momento che, come sopra evidenziato,
egli è garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della
personalità morale dei prestatori di lavoro e a tal fine è tenuto a
valutare i rischi e a prevenirli, ponendo in essere la necessaria
diligenza, perizia e prudenza (v. i citati art. 2087 c.c. e D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4).
In
questo caso, pertanto, l'eventuale concorrente responsabilità
dell'ENEL, per avere omesso di informare la ditta appaltatrice dei
rischi presenti sul cantiere di lavoro (v. art. 3 D.Lgs. n. 626 del 1994), come esattamente affermato dai giudici di merito, non avrebbe comportato l'esenzione da responsabilità del datore di lavoro.
E,
ovviamente, un problema di eventuale responsabilità dell'ENEL non può
proporsi o riproporsi in questa sede, La possibile sottovalutazione
anche di tale (co)responsabilità, attribuibile alle scelte accusatorie
operate in sede di merito, non sposta i termini della questione, perchè
non elide i profili di colpa (e di conseguente responsabilità) degli
odierni imputati, su cui il giudicante si è soffermato ed ha argomentato
in modo corretto e convincente.
In
conclusione, ciò che era legittimo pretendersi dal B. e dal T. era una
valutazione concreta dei rischi presenti sul cantiere di lavoro e
l'adozione di misure idonee al fine di prevenire detti rischi. Obbligo
comportamentale, va ulteriormente precisato, indipendente da quelli
posti - in ipotesi - a carico del committente.
Al
rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti in solido al
pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle sostenute
dalla parte civile in questo grado di giudizio, liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta
i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese
processuali; li condanna, altresì, in solido a rimborsare le spese di
giudizio in favore della parte civile, liquidandole in Euro 1620,00, di
cui Euro 120,00 per spese, oltre spese generali, I.V.A., C.P.A., come
per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2008
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