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LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 23-05-2008, n. 13376
Cass. civ. Sez. lavoro, 23-05-2008, n. 13376
Svolgimento del processo
A.F., con ricorso presentato il 7.3.1996, convenne in giudizio l'Inail avanti al Pretore di Isernia esponendo che:
-
quale dipendente della @@@@@@@@ spa, il (OMISSIS), mentre si recava da
(OMISSIS) per effettuare degli interventi tecnici in relazione alla sua
qualifica di programmatore di computers, era rimasto vittima di
incidente stradale, riportando gravissime lesioni;
-
rinati aveva respinto il ricorso tendente ad ottenere il riconoscimento
della dipendenza dell'evento da occasione di lavoro e la costituzione
della relativa rendita;
ciò premesso, chiese che l'Istituto fosse condannato alla costituzione della rendita vitalizia.
Radicatosi il contraddittorio e sulla resistenza della parte convenuta, il Tribunale di Isernia accolse la domanda.
La
Corte d'Appello di Campobasso, con sentenza del 17 - 23.11.2004,
accolse l'appello proposto dall'Inail e rigettò l'originaria domanda
dell' A..
A sostegno del decisemi la Corte territoriale osservò che:
-
non rilevava che l' A. fosse stato o meno autorizzato dal datore di
lavoro a servirsi, per raggiungere il luogo di espletamento
dell'attività lavorativa, di un mezzo privato di trasporto;
-
non poteva condividersi l'assunto difensivo circa la dedotta
impossibilità di raggiungere il posto di lavoro con i mezzi pubblici di
trasporto, dovendosi tenere presente che, dalla relazione dell'ispettore
Inail del 18 febbraio 1997, allegata al fascicolo di parte appellante,
si evinceva che, nell'arco dell'intera giornata, i collegamenti tra
(OMISSIS) con mezzi pubblici erano adeguatamente assicurati con cinque
corse per l'andata (la prima alle 6,45 e l'ultima alle 16,30) e cinque
per il ritorno (la prima alle 12,15 e l'ultima alle 17,30);
-
la scelta operata dall' A. di utilizzare, per il suo spostamento ad
(OMISSIS), il mezzo privato di trasporto, nonchè l'essersi servito di
un'autovettura a lui non appartenente, nè da lui guidata, avevano finito
per concretizzare una situazione non rapportabile alla sua attività
lavorativa e, quindi, un rischio elettivo del tutto estraneo e non
attinente a tale attività, in quanto dovuto ad una scelta arbitraria del
lavoratore, dettata dalla determinazione di privilegiare sue ragioni
personali, completamente estranee all'anzidetta attività lavorativa;
-
lo stesso A. aveva riconosciuto che il sinistro stradale, nel quale era
rimasto coinvolto, era dipeso dalla condotta di guida della conducente
del veicolo, la quale, evidentemente affrontando una curva con una
velocità non adeguata allo stato del piano stradale, aveva provocato lo
sbandamento della vettura, con invasione della opposta corsia di marcia e
con l'impatto con altro veicolo proveniente da quel senso;
-
l' A., con l'insorgere della diversa fattispecie del rischio elettivo,
aveva determinato l'interruzione del nesso di causalità tra lavoro,
rischio di infortunio ed evento, con la conseguente non indennizzabilità
del fatto occorsogli il 24.12.1994.
Avverso l'anzidetta sentenza A.F. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
L'Inail ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con i primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di legge, in riferimento al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2 nonchè agli artt. 3, 31, 32, 35 e 36 Cost.;
in particolare ha osservato che, in base alle suddette disposizioni
normative, nell'ipotesi d'infortunio in itinere, occorso ad un
lavoratore il quale si serva di mezzi di trasporto diversi da quelli
pubblici, deve essere accertato se le esigenze e le modalità della
prestazione della specifica attività lavorativa siano tali da
determinare la necessità di tali mezzi; a tal fine deve esser valutato
se i mezzi pubblici di trasporto coprano l'intero percorso tra il luogo
di abitazione e quello di lavoro; se gli orari dei servizi pubblici
siano compatibili con l'orario di lavoro; se, comunque, le condizioni
del servizio pubblico siano tali da creare rilevante disagio per il
lavoratore, prolungandone oltre misura l'assenza dalla famiglia; se
siano stati approntati, da parte de datore di lavoro, mense ed alloggi
idonei a consentire la sosta o il pernottamento dei lavoratori, qualora
la distanza dal luogo di abitazione sia tale da rendere indispensabile
detto pernottamento; se rimanga salvaguardata per il cittadino la
libertà di scelta del luogo di abitazione, in relazione sia alle
esigenze umane e familiari sia alla situazione economico sociale del
medesimo; tali accertamenti nel caso di specie erano stati omessi o,
comunque, svolti in modo incompleto; era stata inoltre sottaciuta la
circostanza, emersa nel corso dell'istruzione probatoria, relativa alla
non compatibilità tra gli orari dei servizi dei mezzi pubblici e gli
orari di lavoro de lavoratore e nulla era stato detto in ordine al fatto
che, in ogni caso, le condizioni del servizio pubblico (ultima corsa
ore 17.30) erano oggettivamente tali da recare disagio per il
lavoratore, prolungandone oltre misura l'assenza dalla famiglia.
Con
il secondo motivo il ricorrente lamenta omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione in ordine al punto centrale della
controversia costituito dall'uso "necessitato" del mezzo privato da
parte de lavoratore, osservando che la Corte di Appello aveva ritenuto,
senza motivazione ovvero motivando in maniera tautologica su aspetti
marginali della vicenda, che, nel caso di specie, non si potesse
procedere ad indennizzo per essersi l'evento dannoso verificatosi a
causa del rischio elettivo volontariamente scelto dal lavoratore e
tendente a soddisfare sue esigenze personali non collegabili al lavoro
in senso stretto; viceversa, secondo quanto emerso dall'istruzione
probatoria (e, in particolare dalle dichiarazioni del teste M.C.)
l'orario di lavoro non era determinabile a priori e ben poteva protrarsi
oltre le ore 17,30, quando cioè partiva l'ultima corsa degli autobus di
linea; di tal che l'utilizzo della vettura privata, da parte di esso
ricorrente, non era conseguente ad una sua libera scelta, configurante
il rischio elettivo, e il "maggiore rischio" era invece "necessitato" e
assolutamente "ragionevole", perciò in stretto rapporto eziologico con
l'attività lavorativa da svolgere, senza porsi come variabile
indipendente in relazione all'evento dannoso.
I due motivi di ricorso, tra loro strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
2.
L'Inail ha tuttavia eccepito l'inammissibilità del ricorso, sotto il
profilo che il ricorrente non aveva svolto specifiche censure avverso la
rilevata dipendenza dell'infortunio dalla imprudente condotta di guida
della conducente del veicolo privato su cui l' A. era trasportato; ad
avviso dell'Istituto tale circostanza dovrebbe essere riguardata come
distinta ragione di assunzione del rischio elettivo, come tale idonea di
per sè a sostenere il decisum della Corte territoriale.
Ne
conseguirebbe quindi, sempre secondo l'Inail, l'applicazione del
principio, reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità,
secondo cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni,
distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente
sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione
di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, la
censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva
l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun
caso l'annullamento della sentenza (cfr, ex plurimis, Cass., n.
7948/1999; n. 13955/2000).
2.1 Osserva la
Corte che il ricorrente, rilevando come il punto centrale della
controversia fosse costituito dall'uso "necessitato" del mezzo privato
da parte del lavoratore e come la Corte territoriale avesse motivato "su
aspetti più o meno marginali della vicenda e, comunque, in maniera
tautologica", da un lato ha censurato la motivazione adottata nel suo
complesso, dall'altro, e al contempo, ha dedotto la sostanziale
irrilevanza, ai fini del decidere, delle considerazioni svolte dalla
Corte territoriale in ordine a quelle peculiarità fattuali non vertenti
propriamente sulla sussistenza o meno della necessità dell'utilizzo del
mezzo proprio, e quindi, fra le altre, anche della riconducibilità della
causazione del sinistro alla condotta di guida della conducente del
veicolo su cui viaggiava l'assicurato.
Non può
quindi ritenersi che tale circostanza, ancorchè non contestata sotto il
profilo fattuale, non sia stata oggetto di censura in ordine alla sua
rilevanza ai fini della decisione assunta.
2.2
Sotto diverso, ma concorrente, profilo, deve altresì osservarsi che,
nel descritto contesto della motivazione della Corte territoriale, il
rilievo delle modalità della condotta di guida, reputate determinative
del sinistro stradale, non può ritenersi configurare un'autonoma
specifica ragione di assunzione di rischio elettivo da parte dell' A.,
per l'assorbente considerazione che la ravvisata imprudenza nella
conduzione del veicolo neppure gli è direttamente ascrivibile, siccome
non si trovava alla guida del mezzo.
Il
suddetto rilievo della Corte territoriale rappresenta invece soltanto
l'evidenziazione di uno dei molteplici aspetti fattuali che hanno
contraddistinto la vicenda e nella considerazione della quale è stata
ravvisata la sussistenza de rischio elettivo assunto dall' A. con la
scelta di servirsi del mezzo privato.
Tale
scelta, che la Corte territoriale ha ritenuto non necessitata,
costituisce dunque l'effettiva ragione di assunzione del rischio
elettivo da parte dell'assicurato e, conseguentemente, la ragione
fondante la reiezione della sua domanda.
Ed
invero, ove fosse stata al contrario ritenuta la necessità di tale
scelta, per la concreta impossibilità di usufruire dei mezzi pubblici di
trasporto, di nessun rilievo sarebbero state le ulteriori evidenziate
circostanze caratterizzanti la vicenda nel suo complesso, non risultando
che l' A. avrebbe potuto rifiutarsi di recarsi ad (OMISSIS) a cagione
delle cattive condizioni atmosferiche ovvero che la conducente de
veicolo fosse soggetto privo dell'idoneità alla guida, nè, come già
rilevato, potendo ascriversi all'assicurato l'imprudenza nella condotta
de mezzo.
2.3 Ne consegue che, alla luce del
contenuto delle censure svolte, l'eccezione di inammissibilità del
ricorso deve essere disattesa.
3.1 Venendo
all'esame dei due motivi di ricorso, da effettuarsi, come detto,
congiuntamente, deve rilevarsi che, secondo il consolidato e condiviso
orientamento interpretativo di questa Corte, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2
(applicabile nella fattispecie ratione temporis), l'indennizzabilità
dell'infortunio in itinere, subito dal lavoratore nel percorrere, con
mezzo proprio, la distanza fra la sua abitazione e il luogo di lavoro,
postula: a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso
seguito e l'evento, nei senso che tale percorso costituisca per
l'infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla
propria abitazione; b) la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra
itinerario seguito ed attività lavorativa, nel senso che il primo non
sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non
collegabili alla seconda; c) la necessità dell'uso del veicolo privato,
adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di
lavoro, considerati i suoi orari di lavoro e quelli dei pubblici servizi
di trasporto (cfr, ex plurimis, Cass., n. 7717/2004).
Nel caso all'esame la Corte territoriale ha, come detto, ritenuto l'insussistenza del terzo fra i requisiti suddetti.
Deve
peraltro considerarsi che, in linea generale, in tema di infortunio in
itinere, e sempre secondo la disciplina previgente alla riforma adottata
dal D.Lgs. n. 38 del 2000, occorre, per il verificarsi
dell'estensione della copertura assicurativa, che il comportamento del
lavoratore sia giustificato da un'esigenza funzionale alla prestazione
lavorativa, tale da legarla indissolubilmente all'attività di
locomozione, posto che il suddetto infortunio merita tutela nei limiti
in cui l'assicurato non abbia aggravato, per suoi particolari motivi o
esigenze personali, la condotta extralavorativa connessa alla
prestazione per ragioni di tempo e di luogo, interrompendo così il
collegamento che giustificava la copertura assicurativa; pertanto, il
rischio elettivo, escludente l'indennizzabilità e che postula un maggior
rigore valutativo, rispetto all'attività lavorativa diretta, implica
tutto ciò che, estraneo e non attinente all'attività lavorativa, sia
dovuto a scelta arbitraria del lavoratore, che abbia volutamente creato,
ed affrontato, in base a ragioni ed impulsi personali, una situazione
diversa da quella inerente la sua attività lavorativa e per nulla
connessa ad essa (cfr, Cass., n. 19047/2005).
Ne
discende che, allo specifico fine di valutare se l'uso del mezzo
privato sia o meno necessitato, viene in rilievo non soltanto il
raffronto tra orario di lavoro dell'assicurato e orario dei pubblici
mezzi di trasporto, ma anche l'eventuale sussistenza di quelle
situazioni che, determinate dalle peculiarità dell'attività lavorativa
svolta, non consentono di stabilire, a priori, la compatibilità della
durata della prestazione lavorativa rispetto all'uso de mezzo di
trasporto pubblico; anche in tale ipotesi, infatti, la scelta dell'uso
del mezzo di trasporto privato da parte del lavoratore non può
considerarsi arbitraria, ma, al contrario, resa necessaria dall'esigenza
di garantirsi la concreta possibilità di ritornare alla propria
abitazione una volta terminata la prestazione lavorativa.
3.2
Nel caso all'esame la sentenza impugnata non contiene alcun
accertamento in ordine a quale fosse l'orario di lavoro chel' A., il
giorno del sinistro, avrebbe dovuto osservare, cosicchè, sotto il
profilo logico, fa difetto il termine di raffronto indispensabile per
valutare l'effettiva compatibilità, rispetto alla prestazione
lavorativa, dell'uso del mezzo di trasporto privato.
Ancora
la sentenza impugnata omette di valutare se, in base alle emergenze
istruttorie acquisite, la durata della prestazione lavorativa
dell'odierno ricorrente, tenuto conto delle peculiarità della sua
attività, fosse o meno determinabile a priori, e, alla luce di tale
valutazione e degli orari dei mezzi pubblici di trasporto, di trarre le
dovute conseguenze in ordine al carattere necessitato o meno della
scelta dell'uso del mezzo privato.
4. La
rilevata insufficienza della motivazione conduce quindi all'accoglimento
del ricorso e alla cassazione della sentenza impugnata.
Va
quindi disposto il rinvio al Giudice di pari grado indicato in
dispositivo, che procederà a nuovo esame adeguandosi al seguente
principio di diritto: "In tema di infortunio in itinere, secondo la
disciplina previgente alla riforma adottata dal D.Lgs. n. 38 del 2000,
l'indennizzabilità dell'infortunio subito dal lavoratore nel
percorrere, con mezzo privato, la distanza fra la sua abitazione e il
luogo di lavoro, postula: a) la sussistenza di un nesso eziologico tra
il percorso seguito e l'evento, nel senso che tale percorso deve
costituire per l'infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per
tornare alla propria abitazione; b) la sussistenza di un nesso almeno
occasionale tra itinerario seguito ed attività lavorativa, nel senso che
il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in
orari non collegabili alla seconda; c) la necessità dell'uso del veicolo
privato, adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e
luogo di lavoro, da accertarsi in considerazione della compatibilità
degli orari dei pubblici servizi di trasporto rispetto all'orario di
lavoro dell'assicurato, ovvero della sicura fruibilità dei pubblici
servizi di trasporto qualora risulti impossibile, tenuto conto delle
peculiarità dell'attività svolta, la determinazione a priori della
durata della sua prestazione lavorativa".
Il Giudice de rinvio provvedere altresì sulle spese de giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La
Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello
dell'Aquila.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2008
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