Ecco quando non può scattare il sequestro per chi guida in stato di ebbrezza
CONFISCA
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-02-2010) 26-04-2010, n. 16130
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-02-2010) 26-04-2010, n. 16130
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con
sentenza in data 4.2.2009 il Tribunale di Pordenone applicava a
C.B.H.D., su richiesta delle parti, la pena di euro 1256,00 di ammenda
(di cui euro 456.00 sostitutivi di 12 giorni di arresto), per aver
guidato con un tasso pari a 140 mg/l, fatto del (OMISSIS).
Ha
presentato ricorso a questa Corte il Procuratore della Repubblica
lamentando che il giudice ha errato nel non applicare la confisca del
veicolo ai sensi dell'art. 213 C.d.S., comma 2 sexies, confisca da
applicarsi, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale
(sentenza n. 345 del 26 settembre 2007), in tutti i casi di reati
commessi, come nella specie, adoperando un ciclomotore o un motoveicolo.
Il ricorso non può essere accolto.
L'art. 213 C.d.S., comma 2-sexies, introdotto dal D.L. 30 giugno 2005, n. 115, art. 5-bis, convertito con modificazioni in L. 17 agosto 2005, n. 168, successivamente sostituito dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, convertito con modificazioni in L. 24 novembre 2006, n. 286,
prevede, com'è noto, che è sempre disposta la confisca in tutti i casi
in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato (non,
semplicemente e tout court, "nel", ma) "per commettere un reato", id est
- deve ritenersi - al fine di commettere un reato. La norma mostra,
così, di richiedere che il rapporto strumentale tra il mezzo ed il reato
sia conseguenza di una volontaria condotta tendente alla commissione
del reato: il mezzo, cioè, deve essere stato adoperato nel divisato
intendimento di commettere il reato, donde la conseguenza che è
richiesta la cosciente manifestazione della volontà dell'agente in tal
senso. Se così è, deve ritenersi che sono fuori della previsione della
norma le ipotesi in cui il rapporto strumentale tra l'agente ed il mezzo
non sia conseguenza di una volontaria, cioè dolosa, manifestazione di
volontà tesa alla realizzazione dell'illecito, ma solo conseguenza di
una condotta ascrivibile a titolo di colpa: poichè il reato "è colposo, o
contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto
dall'agente ...", secondo la definizione di cui all'art. 43 c.p.,
comma 1, 3^ cpv., in tali casi non può dirsi che il mezzo sia stato
usato "per commettere un reato", cioè al fine di commettere il reato,
proprio perchè questo, in realtà, non è affatto voluto dall'agente. Non
consta che di tale specifica norma sia stata fatta applicazione, ad
esempio, nei casi di lesioni colpose, in ipotesi anche lievi, come
invece dovrebbe ritenersi sulla base della interpretazione della
disposizione, che qui si contesta.
L'interpretazione della norma che il Collegio ritiene corretta non si
pone in diretto contrasto con quanto ritenuto dalla Corte
Costituzionale, nello scrutinare la legittimità costituzionale della
norma medesima (sentenza n. 345 del 26 settembre 2007, richiamata dal
pubblico ministero ricorrente). In quella sede, difatti, il solo
scrutinio del Giudice delle leggi è stato quello di verificare "se la
scelta legislativa, in sè considerata, presenti quel palese difetto di
ragionevolezza che giustifichi la declaratoria di illegittimità
costituzionale"; ed essendo stata quella questione proposta in una
fattispecie concernente l'art. 186 C.d.S., si è rilevato che si versava
in una ipotesi in cui "sussiste un rapporto di necessaria strumentalità
tra l'impiego del veicolo e la consumazione del reato", ma sotto il
profilo qui interpretativa configgente con la considerazione testè
espressa, tanto non avendo costituito profilo argomentativo devoluto
alla sua valutazione ed in quanto tale apprezzato.
Neppure l'opinione qui espressa configge con altra pregressa sentenza
di questa Suprema Corte (Sez. 1^, 28 ottobre 2008, n. 40080), la quale
ha bensì rilevato che sussiste (ed è incontestabile) "un rapporto di
necessaria strumentalità tra l'impiego del veicolo e la consumazione del
reato di guida in stato di ebbrezza", ma non ha affrontato il tema qui
proposto.
Il
reato contravvenzionale di cui all'art. 186 C.d.S., che qui rileva, può
essere assistito dall'elemento psicologico del dolo o all'istituto
della continuazione tra reati, v. Cass. Sez. 4^, 25 novembre 2004, n.
1285).
Al
riguardo, nella specie, il ricorrente nulla prospetta o deduce,
limitandosi a richiamare la norma suddetta; e se il ricorso attribuisce
al giudice di legittimità la cognizione del procedimento limitatamente
ai motivi proposti (art. 609 c.p.p.), questi, dal canto loro, devono obbedire ai requisiti di specificità di cui al'art. 581 c.p.p., lett. c).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010
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