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mercoledì 14 settembre 2016

Cassazione: Ecco quando non può scattare il sequestro per chi guida in stato di ebbrezza



Ecco quando non può scattare il sequestro per chi guida in stato di ebbrezza


 
CONFISCA
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-02-2010) 26-04-2010, n. 16130
Fatto - Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con sentenza in data 4.2.2009 il Tribunale di Pordenone applicava a C.B.H.D., su richiesta delle parti, la pena di euro 1256,00 di ammenda (di cui euro 456.00 sostitutivi di 12 giorni di arresto), per aver guidato con un tasso pari a 140 mg/l, fatto del (OMISSIS).
Ha presentato ricorso a questa Corte il Procuratore della Repubblica lamentando che il giudice ha errato nel non applicare la confisca del veicolo ai sensi dell'art. 213 C.d.S., comma 2 sexies, confisca da applicarsi, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 345 del 26 settembre 2007), in tutti i casi di reati commessi, come nella specie, adoperando un ciclomotore o un motoveicolo. Il ricorso non può essere accolto.
L'art. 213 C.d.S., comma 2-sexies, introdotto dal D.L. 30 giugno 2005, n. 115, art. 5-bis, convertito con modificazioni in L. 17 agosto 2005, n. 168, successivamente sostituito dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, convertito con modificazioni in L. 24 novembre 2006, n. 286, prevede, com'è noto, che è sempre disposta la confisca in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato (non, semplicemente e tout court, "nel", ma) "per commettere un reato", id est - deve ritenersi - al fine di commettere un reato. La norma mostra, così, di richiedere che il rapporto strumentale tra il mezzo ed il reato sia conseguenza di una volontaria condotta tendente alla commissione del reato: il mezzo, cioè, deve essere stato adoperato nel divisato intendimento di commettere il reato, donde la conseguenza che è richiesta la cosciente manifestazione della volontà dell'agente in tal senso. Se così è, deve ritenersi che sono fuori della previsione della norma le ipotesi in cui il rapporto strumentale tra l'agente ed il mezzo non sia conseguenza di una volontaria, cioè dolosa, manifestazione di volontà tesa alla realizzazione dell'illecito, ma solo conseguenza di una condotta ascrivibile a titolo di colpa: poichè il reato "è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente ...", secondo la definizione di cui all'art. 43 c.p., comma 1, 3^ cpv., in tali casi non può dirsi che il mezzo sia stato usato "per commettere un reato", cioè al fine di commettere il reato, proprio perchè questo, in realtà, non è affatto voluto dall'agente. Non consta che di tale specifica norma sia stata fatta applicazione, ad esempio, nei casi di lesioni colpose, in ipotesi anche lievi, come invece dovrebbe ritenersi sulla base della interpretazione della disposizione, che qui si contesta.
L'interpretazione della norma che il Collegio ritiene corretta non si pone in diretto contrasto con quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale, nello scrutinare la legittimità costituzionale della norma medesima (sentenza n. 345 del 26 settembre 2007, richiamata dal pubblico ministero ricorrente). In quella sede, difatti, il solo scrutinio del Giudice delle leggi è stato quello di verificare "se la scelta legislativa, in sè considerata, presenti quel palese difetto di ragionevolezza che giustifichi la declaratoria di illegittimità costituzionale"; ed essendo stata quella questione proposta in una fattispecie concernente l'art. 186 C.d.S., si è rilevato che si versava in una ipotesi in cui "sussiste un rapporto di necessaria strumentalità tra l'impiego del veicolo e la consumazione del reato", ma sotto il profilo qui interpretativa configgente con la considerazione testè espressa, tanto non avendo costituito profilo argomentativo devoluto alla sua valutazione ed in quanto tale apprezzato.
Neppure l'opinione qui espressa configge con altra pregressa sentenza di questa Suprema Corte (Sez. 1^, 28 ottobre 2008, n. 40080), la quale ha bensì rilevato che sussiste (ed è incontestabile) "un rapporto di necessaria strumentalità tra l'impiego del veicolo e la consumazione del reato di guida in stato di ebbrezza", ma non ha affrontato il tema qui proposto.
Il reato contravvenzionale di cui all'art. 186 C.d.S., che qui rileva, può essere assistito dall'elemento psicologico del dolo o all'istituto della continuazione tra reati, v. Cass. Sez. 4^, 25 novembre 2004, n. 1285).
Al riguardo, nella specie, il ricorrente nulla prospetta o deduce, limitandosi a richiamare la norma suddetta; e se il ricorso attribuisce al giudice di legittimità la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti (art. 609 c.p.p.), questi, dal canto loro, devono obbedire ai requisiti di specificità di cui al'art. 581 c.p.p., lett. c).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010 

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