Il licenziamento intimato in pendenza di gravidanza è nullo
LAVORO (RAPPORTO DI)
Cass. civ. Sez. lavoro, 30-04-2010, n. 10538
Cass. civ. Sez. lavoro, 30-04-2010, n. 10538
Svolgimento del processo
1. P.K. conveniva dinanzi al Tribunale di Torino la srl.
INAS
Italia ed esponeva di avere prestato il proprio lavoro alle dipendenze
della società convenuta dal 1.2.2002 al 12.7.2002 quale interprete in
lingua russa e segretaria. Licenziata con decorrenza 31.7.2002, deduceva
che il licenziamento era illegittimo sia perchè essa si trovava in
stato di gravidanza, sia per mancanza di giustificato motivo oggettivo
(presunta carenza di commesse).
Chiedeva la
condanna della convenuta al pagamento di retribuzioni arretrate e di
quelle corrispondenti al rapporto di lavoro da ripristinare, fino ad un
anno di età del bambino che le era successivamente nato, vale a dire
fino al 2.12.2003. 2. Previa costituzione ed opposizione della Inas, il
Tribunale accoglieva la domanda attrice. Proponeva appello la srl. Inas;
resisteva l'attrice e la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza di primo grado così motivando:
-
non sussiste nè allegazione nè prova circa il giustificato motivo, cioè
la presunta soppressione del posto di lavoro per carenza di commesse;
tra l'altro in giudizio la convenuta allega un motivo diverso (giusta
causa) da quello comunicato alla dipendente;
-
la convenuta deduce di avere revocato il licenziamento una volta
appreso che la P. era in stato di gravidanza, ma non vi è prova della
relativa comunicazione, nè tanto meno della spedizione della
raccomandata che sarebbe stata predisposta al riguardo;
- il licenziamento intimato in pendenza di gravidanza è nullo;
-
non sono provati i pagamenti delle retribuzioni che l'INAS afferma di
avere eseguito in favore della lavoratrice; vi è prova di prelevamenti
bancari, ma non che le somme relative siano state versate alla
lavoratrice; la prova testimoniale formulata allo scopo è tardiva ed
inammissibile, perchè il teste B., menzionato nel libero interrogatorio
del legale rappresentante dell'Inas, era conosciuto fino dalla
costituzione in giudizio;
- in appello l'INAS
torna a sostenere il giustificato motivo e cioè l'interruzione dei
rapporti commerciali con la committente (OMISSIS), ma trattasi di motivo
inammissibile perchè dedotto per la prima volta in appello;
- l'avvenuta cessazione del rapporto di lavoro alla data del 31.7.2002 risulta dalla annotazione apposta sul libretto di lavoro;
- risulta peraltro che l'attrice faceva anche da segretaria e non solo da interprete.
3.
Ha proposto ricorso per Cassazione la società INAS ITALIA in
liquidazione, deducendo due motivi. Resiste con controricorso l'attrice
P.K..
Motivi della decisione
4.
L'avviso di fissazione dell'udienza dinanzi alla Corte di Cassazione è
stato notificato alla parte ricorrente in cancelleria, a causa del
decesso del domiciliatario avv. Alfieri. Tale notifica è da ritenersi
regolare, non trattandosi di difensore, ma di mero domiciliatario, alla
luce della sentenza di questa Corte 31.3.2006 n. 7694, la quale ha
affermato che "nel giudizio di cassazione, il principio secondo il quale
alla morte dell'unico difensore, avvenuta dopo il deposito del ricorso e
prima dell'udienza di discussione, ed attestata dalla relata di
notifica dell'avviso di udienza, determina la necessità di rinviare a
nuovo ruolo la causa dandone comunicazione alla parte personalmente, per
consentirle la nomina del nuovo difensore, non trova applicazione nel
caso di decesso del domiciliatario". Nello stesso senso la sentenza
25.5.2006 n. 12424:
Nel giudizio di
cassazione, la morte del domiciliatario del ricorrente, - ipotesi ben
diversa da quella della morte dell'unico difensore, che incide
negativamente sull'esercizio del diritto di difesa e sull'integrità del
contraddittorio(con la conseguenza che la causa dev'essere rinviata a
nuovo ruolo con comunicazione alla parte personalmente, ai fini di
consentirle di munirsi di nuovo difensore) - determina, ai sensi dell'art. 141 c.p.c.,
comma 4, l'inefficacia dell'elezione di domicilio, con la conseguenza
che la notifica degli atti va eseguita nei modi previsti per le ipotesi
nelle quali non vi sia stata elezione di domicilio e quindi l'avviso
d'udienza va notificato presso la cancelleria della Corte di cassazione
ai sensi dell'art. 366 c.p.c., comma 2. 5. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c.,
n. 3, di "norme di diritto" non meglio indicate e omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della
controversia, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5: la Corte di
Appello non ha ammesso la testimonianza del vice direttore della Banca
Sella, sig. B., il quale avrebbe assistito ai pagamenti eseguiti in
favore della P., laddove trattasi di testimonianza decisiva. Trattasi di
testimonianza resa necessaria dalle dichiarazioni dell'attrice, quindi
di mezzo di prova che la ricorrente non poteva dedurre in un momento
precedente.
6. Il motivo è infondato. La Corte
di Appello, confermando sul punto quanto stabilito dal primo giudice,
ha accertato in fatto che la convenuta conosceva fino dal primo atto del
giudizio la posizione dell'attrice e l'esistenza del teste. Trattasi
pertanto di indicazione tardiva, la quale correttamente è stata ritenuta
inammissibile in ragione della preclusione processuale, quale si
verifica a seguito della mancata tempestiva deduzione del mezzo di prova
e del teste.
7. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c.,
n. 3, di "norme di diritto" anche esse non indicate ed ulteriore
difetto di motivazione, in relazione al fatto che il licenziamento era
stato intimato per giusta causa, come da comparsa di risposta: e ciò a
causa dei rapporti intrattenuti dall'attrice con la ditta Razzam, nei
confronti della quale essa INAS aveva presentato denuncia per truffa
dinanzi alla Procura generale di Bon; quanto precede denuncia una
situazione di conflitto a causa del comportamento infedele e di
collaborazione con soggetti contro i quali l'INAS aveva sporto denunce
penali.
8. Il motivo è infondato. Il
licenziamento risulta intimato per giustificato motivo e non per giusta
causa e parte ricorrente non contesta che tale licenziamento sia stato
intimato con preavviso.
Soltanto a partire
dalla comparsa di risposta in giudizio l'INAS deduce che sussiste una
giusta causa, ma in virtù del principio di immodificabilità del motivo
del licenziamento è precluso al datore di lavoro, il quale intimi un
licenziamento per giustificato motivo oggettivo (mancanza di lavoro)
invocare in giudizio una giusta causa, tra l'altro senza dedurre in
quale sede e con quali modalità essa sia stata contestata al lavoratore.
Nè viene censurata l'ulteriore ratio decidendi della sentenza di
appello, per cui il licenziamento è nullo in quanto intimato durante il
periodo di gravidanza.
9. Il ricorso deve, per
i suesposti motivi, essere rigettato. Le spese del grado seguono la
soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la srl. Inas
Italia spa in liquidazione a rifondere a P.K. le spese del grado, che
liquida in Euro 24,00 oltre Euro tremila/00 per onorari, spese generali,
Iva e Cpa nelle misure di legge.
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