Licenziato il sindacalista per e-mail offensive
in allegato l'articolo
INGIURIA E DIFFAMAZIONE
Cass. pen. Sez. V, (ud. 05-11-2008) 15-01-2009, n. 1369
Cass. pen. Sez. V, (ud. 05-11-2008) 15-01-2009, n. 1369
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 22 febbraio 2008 il Tribunale di Trapani,
confermando la decisione assunta dal locale giudice di pace, ha
riconosciuto P.R., F.S., C.T. e V.M.F. responsabili, in concorso fra
loro, del delitto di diffamazione ai danni della società ".." e del
suo legale rappresentante, per avere, con una e-mail indirizzata alla
sua clientela, attribuito alla predetta società l'inosservanza del
contratto collettivo di lavoro e l'inadempienza agli obblighi
retributivi; ha quindi tenuto ferma la loro condanna alla pena di legge e
al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
Ricorrono per cassazione tutti gli imputati.
Nel ricorso congiuntamente proposto, per il tramite del comune
difensore, la C. e il V. dedicano i primi due dei loro quattro motivi
alla contestazione della propria individuazione quali coautori della
missiva telematica, deducendo al riguardo illogicità e contraddittorietà
della motivazione.
Col terzo motivo gli stessi ricorrenti osservano che la e-mail è stata
inviata dall'autore in risposta a una richiesta di chiarimenti circa le
ragioni della cessazione del rapporto di lavoro con la .., dopo che
questa aveva comunicato alla clientela che P. e V. non erano più suoi
collaboratori. Contestano, su tale presupposto, l'elemento soggettivo
del reato.
Col quarto motivo denunciano la mancata assunzione di una prova
decisiva, che indicano nella produzione documentale volta a dimostrare
la veridicità delle affermazioni contenute nella missiva.
Il P. e la F. hanno articolato il loro ricorso in tre motivi.
Col primo di essi i ricorrenti deducono carenza o illogicità della
motivazione in ordine alla propria individuazione quali autori del
messaggio di posta elettronica.
Col secondo motivo contestano la valenza diffamatoria del messaggio,
nel quale erano soltanto spiegate le ragioni della cessazione del
rapporto di lavoro.
Col terzo motivo, articolato in due censure, denunciano l'inosservanza dell'art. 599 c.p., comma 2 e l'omessa motivazione sul dedotto carattere putativa della causa di giustificazione.
Motivi della decisione
Merita accoglimento il quarto motivo del ricorso proposto da C. e V.,
con effetti estensibili a favore degli altri due ricorrenti.
Occorre premettere che le doglianze elevate in entrambi i ricorsi,
volte a mettere in dubbio l'individuazione degli imputati quali autori
della mail diffamatoria, sono prive di fondamento. Anche a prescindere
dalla considerazione per cui nell'ambiente di Internet l'anonimato -
diversamente da quanto mostrano di ritenere i ricorrenti - non è mai
garantito in modo assoluto, in quanto ogni computer abilitato a navigare
(quand'anche al solo fine di crearsi un eventuale account e-mail
fasullo) è univocamente identificato ad ogni accesso da un indirizzo IP,
che permette al provider di risalire all'identità dell'abbonato, va
detto comunque che un messaggio di posta elettronica è equiparabile a
una lettera recante l'indicazione del mittente, ma priva di
sottoscrizione: il che non impedisce di accertare per altra via che
l'autore sia proprio il soggetto ivi indicato come tale. Nel caso di cui
ci si occupa il giudice di merito è pervenuto al convincimento che la
mail incriminata fosse stata formata dal P., di comune accordo con gli
altri tre coimputati, non soltanto per essere stato usato a tal fine
l'account di posta elettronica a lui intestato, ma sulla base di
molteplici altri, convergenti indizi: il tenore oggettivo del messaggio,
facente riferimento agli ex dipendenti..; l'indicazione del nome e
del cognome degli odierni ricorrenti, accompagnata dal numero di utenza
dei rispettivi cellulari; il fatto che quella comunicazione costituisse
la risposta - preannunciata dallo stesso P. - ad una richiesta di
chiarimenti rivolta da N.S., a proposito della cessazione del rapporto
di lavoro con l'..;
l'essersi il P. implicitamente riconosciuto mittente effettivo della
mail, nel fornire delucidazioni sul suo contenuto ai testi R. e S..
Siffatto modo di argomentare è immune da vizi logici e giuridici, onde
resiste al controllo di legittimità.
E'
invece fondata, ed assorbente di ogni altra, la censura con la quale si
rimprovera al Tribunale di avere confermato il diniego di acquisizione e
disamina dei documenti offerti dalla difesa a dimostrazione della
veridicità dei fatti esposti nel messaggio di posta elettronica cui
l'imputazione si riferisce. La sentenza di appello motiva il deliberato
osservando che, nel caso in esame, non ricorre alcuna delle ipotesi
previste dall'art. 596 c.p., commi 2 e 3; ma tale
argomentazione non è conforme a diritto, in quanto dimostra non essersi
tenuto conto della necessità di armonizzare il disposto del menzionato art. 596 c.p., comma 1 col principio canonizzato nell'art. 21 Cost..
Infatti la Corte Costituzionale, con sentenza n. 175 in data 5 luglio
1971, nel dichiarare infondata la questione di legittimità della norma
indicata, ne ha indicato l'interpretazione costituzionalmente orientata
con l'affermare che il divieto dell'exceptio veritatis non può trovare
applicazione allorchè l'autore del fatto sia in grado di invocare
l'esimente, prevista dall'art. 51 c.p., che esclude la
punibilità in quanto il fatto imputato costituisca esercizio di un
diritto. Siffatto principio giuridico, ivi enunciato in riferimento al
diritto di cronaca spettante al giornalista, per la sua ampia portata si
rende applicabile anche in ogni caso in cui si prospetti il legittimo
esercizio del diritto di critica: il che non si traduce nel privare di
operatività in via generale la regola di cui all'art. 596 c.p.,
comma 1 o le eccezioni a detta regola contenute, operando l'una e le
altre quando non siano invocabili il diritto di cronaca o di critica
(Cass. 12 dicembre 1986, Adami).
Il
Tribunale di Trapani, dunque, avrebbe potuto disattendere l'istanza
istruttoria degli imputati solo se avesse motivatamente escluso che il
messaggio di posta elettronica oggetto dell'imputazione fosse stato
inviato nell'esercizio del diritto di critica e in presenza dei relativi
presupposti. Una verifica in tale direzione è invece mancata, per cui
la sentenza si presenta viziata sotto il profilo della carenza
motivazionale in ordine a un punto potenzialmente decisivo; si impone,
pertanto, il suo annullamento con rinvio allo stesso Tribunale di
Trapani (in persona di altro magistrato) per nuovo esame.
P.Q.M.
la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trapani.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2009
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