Polizia Penitenziaria - Lavori usuranti - Sentenza
Consiglio di Stato, Sezione 4, n. 4461 del 9 luglio 2010
Consiglio di Stato, Sezione 4, n. 4461 del 9 luglio 2010
N. 04461/2010 begin_of_the_skype_highlighting 04461/2010 end_of_the_skype_highlighting REG.DEC.
N. 02439/2007 begin_of_the_skype_highlighting 02439/2007 end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul
ricorso numero di registro generale 2439 del 2007, proposto dal signor
@@@@@@@ @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall'avv. -
contro
Ministero
della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
Casa Circondariale di Siena;
Casa Circondariale di Siena;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 00039/2007, resa
tra le parti, concernente RISARCIMENTO DANNO PER MANSIONI USURANTI.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2010 il Cons. -
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con
ricorso al TAR Toscana, il sig. @@@@@@@ @@@@@@@ @@@@@@@, dipendente del
Ministero di Grazia e giustizia, esponeva che nel 1990 il Comitato per
le pensioni privilegiate ordinarie lo aveva riconosciuto affetto da
“ipertensione arteriosa con vertigini”, causata dal servizio prestato.
Successivamente,
nel 1995, il ricorrente aveva presentato una domanda di aggravamento
dell’infermità riscontratagli, ma l’accertamento fu effettuato solo in
data 10.5.2000 presso la C.M.O. dell’ospedale militare di Firenze, con
esito di “ipertensione arteriosa persistente con mediocre controllo e
iniziali segni di cardiopatia ipertensiva, note ansiose reattive non
invalidanti”.
In
conseguenza di ciò il dipendente era stato ritenuto idoneo in modo
parziale al servizio ed abile solo a servizi non comportanti stress
emotivo, stazione eretta e variazioni climatiche.
In
data 3.10.2000 la stessa C.M.O. riconosceva il ricorrente inidoneo
permanentemente al servizio per la seguente infermità “Sindrome
depressiva ansiosa,…ipertensione arteriosa…cefalea di probabile natura
muscolo-tensiva”, riconoscendo l’aggravamento della patologia
cardiocircolatoria ed assegnando la VI categoria per cumulo di
patologie;
Infine,
in data 30.8.2001, il dipendente veniva riformato con concessione di
pensione privilegiata ascrivibile alla IV categoria.
Con
il predetto ricorso il sig. @@@@@@@ , sostenendo la responsabilità
dell’amministrazione per non averlo sottoposto tempestivamente a visita
medico-legale (come richiesto fin dal 1995), argomentava che il mancato
tempestivo accertamento delle patologie intervenute aveva determinato lo
svolgimento di un’attività lavorativa usurante, motivo di stress e di
implicazioni neuro-psichiche irreversibili, e che quindi l’aggravamento
delle patologie preesistenti e la comparsa di altre patologie erano da
ritenersi dipendenti da causa di servizio, come riconosciuto dalla
stessa C.M.O. di Firenze. Il sig @@@@@@@, quantificata mediante
consulenza di parte la misura del danno ricevuto, concludeva quindi
domandando la condanna del Ministero della Giustizia a pagare la somma
di euro 50.000,00, a titolo di risarcimento del danno, ovvero quella
maggiore o minore ritenuta di giustizia, con interessi legali e
rivalutazione monetaria.
Con
la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il
ricorso proposto; di qui l’appello proposto dal dipendente ed affidato
ai motivi trattati nel prosieguo dalla presente decisione.
Si
è costituito nel giudizio il Ministero della giustizia, resistendo al
gravame ed esponendo in memoria le proprie argomentazioni difensive.
Alla pubblica udienza del 9 aprile 2010 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.
DIRITTO
1-
A sostegno della sentenza gravata, che ha escluso i presupposti per
affermare la responsabilità del Ministero della giustizia nella
determinazione dei danni dedotti da dipendenza da causa di servizio, il
TAR ha ritenuto che la questione dell’infermità contratta in servizio
dal ricorrente è stata affrontata e definita in sede di procedimento di
liquidazione dell’equo indennizzo.
I
primi giudici hanno poi precisato che nessuna prova è stata data del
cosiddetto danno biologico (pregiudizio per l’integrità psico-fisica del
ricorrente), osservando che ciò vale anche se se è vero che con un
sollecito accertamento si sarebbe potuto probabilmente correggere o
ridurre il danno cardiocircolatorio ed impedire la comparsa delle altre
malattie da esso dipendenti.
Nella
fattispecie, secondo il TAR, non è stata però offerta prova alcuna che,
ove il ricorrente fosse stato adibito ad altre mansioni, la patologia
originariamente riscontrata non si sarebbe aggravata, né che
l’aggravamento fosse riconducibile in via esclusiva all’attività
lavorativa svolta.
1.2-
L’orientamento testè riassunto è contestato dall’appellante nel primo
mezzo d’appello, con il quale si argomenta l’erroneità della pronunzia
per aver trascurato la prova, esibita in atti, sia della visita
effettuata solo nel 2001 (“rectius” 2000), sia del successivo utilizzo
in mansioni usuranti.
Al
riguardo, il Collegio, entrando nel merito della controversia, osserva
che la tesi dell’appellante è frutto di un’errata lettura della
decisione. A fronte di una richiesta risarcitoria tendente a far valere
come causa determinativa del danno il lasso di tempo trascorso tra la
domanda di aggravamento (1995) e l’accertamento da parte della CMO
(2000), e la conseguente assegnazione a mansioni diverse (2001), il TAR
ha ritenuto, da un lato, reintegrativo l’equo indennizzo disposto, e
dall’altro l’insufficienza di elementi probanti sia il danno biologico
sia che, ove il ricorrente fosse stato tempestivamente adibito ad altre
mansioni, la patologia originariamente riscontrata non si sarebbe
aggravata.
La
sentenza, quindi, non ha trascurato gli elementi costituiti dalla
visita effettuata solo nel 2001 e dall’utilizzo in mansioni usuranti, ma
ha affermato che essi non costituivano elementi per pervenire al
riconoscimento di un reintegrazione ulteriore, sino al risarcimento del
danno, rispetto all’indennizzo già riconosciuto, non essendovi la
necessaria prova, da fornirsi a cura dell’istante. Tale non è stata
considerata, e correttamente , la perizia esibita dal ricorrente, la
quale pur affermando con certezza che il ritardo ha determinato un
aggravamento delle patologie insorte, esprime in realtà una mera ipotesi
che, sotto il profilo delle responsabilità, non dimostra “ex se” che
l’aggravamento delle complesse patologie registrate si è determinato per
esclusiva responsabilità del ritardo dell’amministrazione nel
procedere.
D’altro
canto la giurisprudenza amministrativa, su analoga fattispecie, ha già
affermato che l’ espressione di una mera possibilità di un evento
dannoso non corrisponde affatto alla prova del medesimo (v. Cons. di
Stato, sez.VI, n. 3337 del 2005).
1.3- L’atto d’appello ha dedotto che altri vizi della sentenza gravata risiederebbero nel:
-
non aver censurato il ritardo di cinque anni con il quale la CMO e
l’amministrazione hanno proceduto agli accertamenti in merito
all’aggravamento;
-
aver affermato che l’amministrazione si sarebbe attivata sin dal 2000
per utilizzare il dipendente in mansioni compatibili con la diminuzione
della capacità lavorativa, senza specificare però le mansioni ed il tipo
di attività svolte e ignorando che la perizia ha affermato il
deterioramento delle condizioni di salute nel quinquennio anteriore al
2000.
1.3.1-
Quanto al tempo trascorso tra la domanda e l’accertamento
dell’aggravamento, il Collegio osserva che quest’ultimo ha per oggetto
oggettivamente la situazione psico-fisica del dipendente risultante al
momento di effettuazione della visita, comprendendo perciò
necessariamente anche esiti eventualmente registratisi tra la domanda e
l’accertamento stesso, sicché il ritardo non può oggettivamente
determinare un ostacolo alle verifiche da compiere sull’aggravamento ai
fini dell’equo indennizzo e non può perciò sotto tale profilo essere
censurato.
1.3.2-
In merito al profilo residuo, in disparte che non spettava certamente
al TAR specificare le mansioni ed il tipo di attività svolte, deve
convenirsi col primo giudice sulla prova in atti del fatto che
l’amministrazione, sin dal mese successivo all’accertamento
dell’aggravamento (giugno 2000), si è attivata per utilizzare il
dipendente, che prestò il proprio assenso, in attività compatibili con
la accertata ridotta capacità lavorativa.
2.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
3.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV),
definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge
l’appello n. 2439 del 2007.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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