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mercoledì 14 settembre 2016

TAR: Comparto Sicurezza Difesa e Soccorso pubblico. Via la pensione privilegiata se le perizie che revocano la causa di servizio. Porte aperte all’indennizzo per le malattie non presenti nelle tabelle di iscrizione


IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sent., 06-09-2012, n. 1544
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 9 e depositato il 21 luglio 2008, la sig.ra (Lpd), vedova del sovrintendente della Polizia di Stato (Lpd), deceduto il 20 aprile 2004, proponeva impugnazione avverso il decreto del 29 gennaio 2008, in epigrafe, mediante il quale il Ministero dell'Interno aveva negato il riconoscimento dell'equo indennizzo in relazione alla patologia "cirrosi epatica post epatitica" sofferta in vita dal coniuge e già oggetto di indennità speciale una tantum di quinta categoria. La ricorrente affidava le proprie doglianze a due motivi in diritto ed, intimata dinanzi a questo tribunale l'amministrazione procedente, concludeva per l'annullamento dell'atto impugnato e, in ipotesi, per la riforma o sostituzione dello stesso ad opera del giudice.
Costituitosi in giudizio il Ministero dell'Interno, con atto di motivi aggiunti notificato il 31 ottobre 2008 il gravame veniva esteso alla nota del 12 agosto 2008, indirizzata dal Presidente del Comitato di verifica per le cause di servizio al legale dell'odierna ricorrente.
La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza dell'11 luglio 2012.

Motivi della decisione

La ricorrente, sig.ra (Lpd), impugna in via principale il decreto del 29 gennaio 2008, con cui il Ministero dell'Interno ha escluso la dipendenza da causa di servizio della patologia "cirrosi epatica post epatitica" sofferta in vita dal defunto coniuge, il sovrintendente della Polizia di Stato (Lpd), e per l'effetto ha respinto l'istanza di concessione dell'equo indennizzo a suo tempo presentata dal B. stesso e conseguentemente negato all'odierna ricorrente il riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità. Il provvedimento è motivato mediante rinvio per relationem all'allegato parere del Comitato di verifica per le cause di servizio nell'adunanza del 30 gennaio 2007, secondo il quale il dipendente non risulterebbe aver contratto l'epatite virale, né essere stato sottoposto all'azione di nociva di agenti epatotossici, in occasione del servizio prestato alle dipendenze dell'amministrazione.
Con motivi aggiunti, è altresì impugnata la nota del 12 agosto 2008, contenente la confutazione del Presidente del Comitato di verifica per le cause di servizio alla lettera raccomandata indirizzatagli il 28 luglio precedente dal legale della D..
Con il primo motivo di cui all'atto introduttivo del giudizio, la ricorrente sostiene che la dipendenza da causa di servizio della patologia che affliggeva il coniuge dovrebbe considerarsi definitivamente accertata in virtù del giudizio espresso dalla Commissione medica ospedaliera di Firenze il 22 aprile 1997, di talché illegittima sarebbe la determinazione ministeriale di uniformarsi al successivo parere del Comitato di verifica, incompetente a pronunciarsi su questione già definita. Con il secondo motivo, è dedotta la mancata corrispondenza fra il contenuto del parere reso dal Comitato di verifica e l'oggetto dell'istanza a suo tempo presentata dal dipendente, volta ad ottenere il riconoscimento da causa di servizio da altra patologia (frattura amielica L1-L2), il che dimostrerebbe l'inadeguato esame, da parte del Comitato, della documentazione relativa al caso da trattare.
Le censure sono infondate.
Come risulta dalla documentazione in atti, con decreto del 30 marzo 1998 il coniuge dell'odierna ricorrente si era visto riconoscere e liquidare l'indennità speciale una tantum disciplinata dall'art. 7 del D.P.R. n. 738 del 1981, e questo a seguito del riconoscimento, ad opera della I Commissione medica ospedaliera di Firenze in data 22 aprile 1997, della dipendenza da causa di servizio della patologia epatica da lui sofferta. La tesi della ricorrente, secondo cui tale accertamento avrebbe carattere di definitività e, come tale, avrebbe dovuto essere necessariamente utilizzato dall'amministrazione anche in sede di trattazione dell'istanza per la concessione dell'equo indennizzo, presentata dal coniuge il 20 aprile 2002 in una con la domanda di riconoscimento dell'aggravamento dell'infermità, si scontra, tuttavia, con il pacifico indirizzo interpretativo che, in materia di concessione dell'equo indennizzo, assegna al parere del Comitato di verifica per le cause di servizio - purché adeguatamente motivato - valore preminente rispetto ai pareri difformi eventualmente espressi da altri organi tecnici: in questo senso depone non soltanto il chiaro disposto dell'art. 11 D.P.R. n. 461 del 2001, già entrato in vigore all'epoca di presentazione dell'istanza di liquidazione dell'indennizzo da parte del sovrintendente B., ma anche la normativa antevigente e, segnatamente, l'art. 5-bis del D.L. n. 387 del 1987, che - nel fare salvo il parere dell'allora Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell'equo indennizzo - implicava, appunto, la non definitività delle valutazioni contrastanti pronunciate da altri organi, consentendo all'amministrazione procedente di disattenderle in quelle specifiche sedi (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2010, n. 1293).
Da un lato, deve pertanto ritenersi che il Comitato fosse pienamente legittimato a pronunciarsi, ai fini dell'equo indennizzo, sulla dipendenza da causa di servizio della patologia epatica cui l'istanza del 20 aprile 2002 faceva riferimento, mentre sono irrilevanti le vicende che attengono all'altra patologia esaminata dalla Commissione medica nella seduta del 10 ottobre 2003, ma insorta successivamente alla presentazione dell'istanza predetta e relativamente alla quale, comunque, non è noto se siano state formulate istanze autonome al di fuori di quella avente ad oggetto il generico riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Quanto alla congruità del parere espresso dal Comitato, esso individua le cause scatenanti la malattia in fattori estranei al servizio ("trattandosi di forma morbosa dovuta a proliferazione disordinata dello stroma connettivale epatico") e, comunque, esclude che in occasione del servizio il sovrintendente B. avesse potuto patire l'azione di agenti epatotossici: è palese il contrasto con le conclusioni raggiunte nel 1997 dalla Commissione medica ospedaliera, la quale, per affermare la dipendenza della patologia da causa di servizio, aveva fatto peraltro ricorso a un ragionamento meramente probabilistico ("il richiedente può essere stato posto al contatto con soggetti, in specie detenuti, tossicodipendenti, prostitute, eccetera") fondato, nella sostanza, su di una sorta di presunzione generalizzata di esposizione a rischio di tutti gli agenti di Polizia, a prescindere dalle mansioni concretamente espletate ("l'operatore della Polizia di Stato è notoriamente un operatore a rischio"). Se, a questo, si aggiunge che la ricorrente non svolge alcuna critica di merito al giudizio tecnico espresso dal Comitato, limitandosi a rivendicare infondatamente la pretesa intangibilità del parere della Commissione, ne discende che la prevalenza assegnata dal Ministero al parere del Comitato di verifica si giustifica non soltanto sul piano normativo, ma anche su quello della coerenza intrinseca e della estrinseca attendibilità, apparendo del tutto ragionevole - e insindacabile, in mancanza di allegazioni integranti perlomeno un principio di prova di segno contrario - il non presumere l'esposizione a specifici fattori di rischio sulla scorta della sola qualifica rivestita dal dipendente.
Le considerazioni esposte danno altresì conto dell'infondatezza del terzo e quarto motivo (aggiunti) che, sia pure formalmente diretti nei confronti della nota 12 agosto 2008 a firma del Presidente del Comitato di verifica, nella sostanza costituiscono una migliore esplicitazione delle censure già dedotte con il ricorso introduttivo avverso il provvedimento di diniego; lo stesso vale per il sesto motivo (aggiunto), volto a evidenziare il rapporto di derivazione fra illegittimità del parere del Comitato e illegittimità del diniego. Il quinto motivo (aggiunto) è inammissibile per difetto di interesse se riferito alla nota 12 agosto 2008, di per sé sprovvista di forza lesiva, e tardivo se riferito al decreto già impugnato in via principale, trattandosi di censura (violazione dell'art. 10-bis della L. n. 241 del 1990) da farsi valere nel consueto termine decadenziale di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione del provvedimento, eseguita il 15 maggio 2008.
In forza di tutto quanto precede, il ricorso e i motivi aggiunti non possono trovare accoglimento. La natura della controversia giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso e i motivi aggiunti nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sent., 06-09-2012, n. 1546
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 17 e depositato il 25 novembre 2009, il Vigile del Fuoco (Lpd)., in servizio presso il Comando Provinciale di (Lpd), esponeva di essere incorso, il 14 settembre 2006, in un infortunio sul lavoro durante un intervento di soccorso (caduta da una scala), riportando la frattura vertebrale del corpo D12-L1-L2. Egli aveva pertanto presentato domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia conseguita all'infortunio, che era stata vagliata favorevolmente dal competente Comitato di verifica, mentre la 2^ Commissione medica ospedaliera del Dipartimento militare di medicina legale di La Spezia l'aveva considerata "non classificabile" ai fini tabellari, di modo che, con il decreto del 14 settembre 2009 in epigrafe, l'amministrazione di appartenenza gli aveva negato il riconoscimento dell'equo indennizzo.
Per l'annullamento del provvedimento appena menzionato, e per l'accertamento del suo diritto a vedersi riconosciuta l'ascrivibilità a categoria della malattia cagionatagli dall'infortunio del 2006, il B. agiva pertanto in giudizio dinanzi a questo tribunale, intimando il Ministero procedente unitamente all'organo tecnico e affidando le proprie doglianze a tre motivi in diritto.
Costituitisi in giudizio il Ministero dell'Interno, anche con il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, e la 2^ Commissione medica ospedaliera di La Spezia, che resistevano al gravame, con ordinanza del 16 febbraio 2012 il collegio disponeva procedersi a verificazione medico-legale sulla persona del ricorrente. Depositata la relazione del verificatore, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 27 giugno 2012, preceduta dal deposito di memoria difensiva ad opera del solo B..

Motivi della decisione

Il ricorrente (Lpd)., Vigile del Fuoco, impugna il D.M. del 14 settembre 2009, mediante il quale gli è stato negato il riconoscimento dell'equo indennizzo in relazione alla patologia "esiti di frattura somatica del corpo D12-L1-L2", riportata in seguito ad infortunio sul lavoro e riconosciuta dipendente da causa di servizio, ma ritenuta dalla competente Commissione media ospedaliera "non classificabile" a fini tabellari. Il senso dell'espressione è chiarito nella nota del 9 dicembre 2009 a firma del Presidente della Commissione, in atti, ove si precisa come "non classificabile" equivalga ad infermità dalla quale residuano postumi invalidanti in misura inferiore al 10% della capacità psicofisica complessiva, e come tale non rientranti nelle iscrizioni tabellari previste dal D.P.R. n. 834 del 1981: la precisazione è tesa a confutare l'assunto del ricorrente, secondo cui la Commissione avrebbe inteso non ascrivere la patologia ad alcuna categoria, ciò che implicherebbe un giudizio di guarigione senza postumi che la stessa amministrazione resistente esclude, quindi, possa essere formulato.
Con il primo motivo di ricorso, il B. deduce che la Commissione si sarebbe espressa senza preventivamente acquisire la valutazione del medico specialista in ortopedia e traumatologia e senza esperire accertamenti clinici; nonché omettendo di indicare le specifiche ragioni della diagnosi, a fronte di circostanze di fatto ad essa ben note, con particolare riferimento al periodico riacutizzarsi delle conseguenze dell'infortunio, da cui la necessità per il dipendente di sottoporsi a cicli di terapia e, verosimilmente, ad intervento chirurgico per il ripristino della corretta funzionalità del rachide lombo-sacrale, nonché alle difficoltà relazionali cagionate al dipendente medesimo dalla patologia in questione. Con il secondo motivo, il ricorrente ribadisce le censure già svolte in ordine al difetto di istruttoria e motivazione nei quali l'amministrazione procedente sarebbe incorsa, avvalorandole con l'apporto di una relazione medico-legale di parte dalla quale risulta l'ascrivibilità della patologia alla quarta categoria della tabella A del D.P.R. n. 834 del 1981 cit.. Con il terzo motivo, infine, è ulteriormente dedotta l'inadeguatezza della motivazione posta a supporto del diniego di riconoscimento dell'indennizzo.
I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono fondati per quanto di ragione.
Dal verbale della Commissione medica ospedaliera del 21 giugno 2007, la cui diagnosi è stata recepita dall'amministrazione procedente ai fini del diniego della provvidenza richiesta dall'interessato, risulta che la visita ortopedica eseguita in pari data sul B. aveva riscontrato "rachide in asse; buon tono-trofismo muscolare; non limitazioni funzionali; non deficit periferici", con sostanziale conferma dei risultati della precedente visita in data 16 aprile 2007 ("... discreta motilità del rachide con buon tono-trofismo muscolare"). Di contro, la relazione medico-legale di parte ricorrente del 28 gennaio 2009, a firma dott. Giovanni Cannavò, nel compendiare la cospicua documentazione sanitaria raccolta dal B. nell'arco di tempo che va dal sinistro (14 settembre 2006) al 22 ottobre 2008, conclude per l'esistenza di "una grave limitazione funzionale del rachide dorso-lombare in plurimi (3) esiti fratturativi vertebrali in soggetto affetto da discopatie dorso-lombari plurime e lombodiscoartrosi, oltre a un disturbo post-traumatico da stress certificato in sede specialistica", con conseguente ascrivibilità della patologia alla quarta categoria della tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981.
Alla luce dei contrastanti giudizi medico-legali offerti dalle parti e risalenti, nell'uno e nell'altro caso, ad epoca anteriore all'adozione del provvedimento impugnato, il collegio, anche in accoglimento della specifica istanza istruttoria del ricorrente, ha disposto procedersi a verificazione, la quale ha confermato all'attualità come il B., stante il permanente "cedimento strutturale di D12 e L2 e pseudo-artrosi di L1 con instabilità", soffra di postumi invalidanti consistenti in "limitazione funzionale del rachide dorso-lombare di discreta entità" e coesistente "deficit sensitivo a carico del territorio di pertinenza S2/S4 con ipoparestesia a sella", postumi ascrivibili alla categoria sesta della tabella A più volte citata. Le conclusioni del verificatore, che tengono altresì conto delle risultanze delle visite e degli esami specialistici sostenuti dal ricorrente nel corso degli anni 2010 e 2011, non soltanto appaiono coerenti con le premesse e adeguatamente argomentate, ma neppure sono state fatte oggetto di confutazione ad opera delle amministrazioni resistenti: esse possono pertanto venire poste a fondamento della presente decisione, nella misura in cui consentono di ritenere se non ab origine inattendibile, quantomeno superata la diagnosi formulata dalla Commissione medica ospedaliera nel 2007, la quale evidentemente non poteva più considerarsi attuale oltre due anni dopo, al momento della pronuncia del provvedimento impugnato.
Lungi dal comportare una sostituzione dell'apprezzamento del giudice alle valutazioni tecnico-discrezionali riservate all'amministrazione, l'acclarata inattualità del giudizio medico-legale addotto a sostegno del diniego di concessione dell'equo indennizzo nei confronti del ricorrente legittima, in nome del principio di effettività della tutela giurisdizionale, l'annullamento del diniego medesimo. Va, invece, dichiarata inammissibile la domanda di accertamento della spettanza dell'equo indennizzo contestualmente proposta dal B., atteso che tale domanda presuppone la titolarità di una posizione di diritto soggettivo non ravvisabile in capo al ricorrente. Questi è titolare, piuttosto, di un interesse legittimo pretensivo a fronte dei poteri autoritativi e discrezionali di cui l'amministrazione dispone in materia, in ragione della particolare natura indennitaria dell'emolumento richiesto, mentre una posizione di diritto può essere riconosciuta solo allorché il relativo procedimento si sia positivamente concluso (giurisprudenza costante: per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2012, n. 1296).
In forza delle considerazioni che precedono, l'impugnato D.M. del 14 settembre 2009 deve essere annullato. L'amministrazione procedente si determinerà nuovamente sull'istanza del ricorrente tenendo conto anche delle conclusioni rassegnate nel presente giudizio dal verificatore nominato dal collegio.
Le spese di lite seguono la soccombenza delle amministrazioni resistenti, e sono liquidate come in dispositivo. Le spese di verificazione, anch'esse da porsi a carico delle amministrazioni resistenti, saranno liquidate in esito alla presentazione della relativa notula.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato, salvi restando gli ulteriori provvedimenti.
Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre agli accessori di legge.
Pone a definitivo carico delle amministrazioni resistenti le spese di verificazione, con riserva di separata e successiva liquidazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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