Translate

mercoledì 14 settembre 2016

Cassazione: Lavoratore si reca sul posto di lavoro con proprio mezzo e non con mezzi pubblici? No all’indennizzo in caso di infortunio in itinere.



 Lavoratore si reca sul posto di lavoro con proprio mezzo e non con mezzi pubblici? No all’indennizzo in caso di infortunio in itinere.



Non ha diritto all’indennizzo per infortunio in itinere il lavoratore che per dimezzare il tempo di percorrenza tra il posto di lavoro e la sua abitazione e quindi per gestire meglio il lavoro e le esigenze della sua famiglia, utilizza il proprio mezzo (nel caso si specie, un motorino) al posto dei mezzi pubblici.



INFORTUNI SUL LAVORO
Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-07-2010, n. 17752

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1332/2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Genova respingeva la domanda proposta da P.F. nei confronti dell'INAIL diretta ad ottenere la rendita per l'infortunio in itinere occorsogli il (OMISSIS), alle ore 8,15, allorchè alla guida del proprio ciclomotore si stava recando dalla propria abitazione sita in (OMISSIS) al luogo di lavoro (agenzia della San Paolo IMI s.p.a.) sito in via (OMISSIS).

Il P. proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con l'accoglimento della domanda. In particolare l'appellante lamentava il mancato accoglimento delle prova dedotta, volta a dimostrare che all'epoca egli svolgeva quasi tutti i giorni lavoro straordinario, terminando il proprio lavoro ad orari diversi e deduceva che tale circostanza, erroneamente svalutata dal primo giudice con la considerazione che trattavasi di libera scelta del lavoratore, unitamente a quella (dedotta nel ricorso amministrativo all'INAIL) secondo la quale il pomeriggio l'attesa del mezzo pubblico per raggiungere la propria abitazione si sarebbe potuta protrarre anche fino a 50 minuti, avrebbe dimostrato la necessità dell'uso del mezzo proprio.

L'INAIL si costituiva e chiedeva il rigetto dell'appello rilevando, in primo luogo, che nel caso in esame l'uso del mezzo privato non era affatto necessitato, essendo ampiamente soddisfacente il servizio pubblico.

La Corte d'Appello di Genova, con sentenza depositata l'11-7-2006, rigettava l'appello e condannava l'appellante al pagamento delle spese.

In sintesi la Corte territoriale rilevava: che era pacifico in causa che l'intero percorso fra abitazione e luogo di lavoro era servito dal mezzo pubblico di trasporto, essendo necessario solo un ulteriore brevissimo tragitto a piedi di 5 minuti; che nel caso di specie sulla necessità dell'uso del mezzo proprio il P. in primo grado nulla aveva dedotto se non il tempo "eccessivamente lungo" dei tragitti; che, quanto alle esigenze connesse alla funzione di Consigliere di Circoscrizione, invocate solo in appello, nulla era stato dedotto circa gli impegni istituzionali del giorno dell'infortunio; che i capi di prova dedotti dall'appellante erano del tutto irrilevanti.

Per la cassazione di tale sentenza il P. ha proposto ricorso con quattro motivi. L'INAIL ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando insufficiente motivazione su un punto decisivo, lamenta che la Corte d'Appello "ha motivato con riferimento ai soli orari di uscita, e non ha considerato la rilevanza del risparmio di tempo, avuto riguardo alla sommatoria dei tempi di inattività e di trasporto tra andata e ritorno, rispetto ai tempi in cui la distanza tra residenza e luogo di lavoro è percorribile con un mezzo privato spedito, come una moto, fino a raggiungere uno spazio temporale significativo, tale da poter essere utilmente utilizzato in attività extralavorative". In particolare il ricorrente, nell'evidenziare il rilevante risparmio di tempo ottenuto in concreto, deduce che "è del tutto irragionevole chiedere al lavoratore mezz'ora di totale inoperosità, e 50 minuti di tempo complessivo di trasporto, quando in quella mezz'ora il ricorrente, che all'epoca aveva 42 anni, e la figlia minore di 10 anni, l'accompagnava a scuola, evitando che prendesse l'autobus da sola, con tutti i rischi connessi all'abbandono di una figlia alla fermata dell'autobus".

Con il secondo motivo il P., denunciando omessa motivazione su un punto decisivo, deduce che gli argomenti evidenziati nel primo motivo valgono a maggior ragione a fronte della scelta del dipendente, accettata dal datore, di lavorare part-time, con l'intendimento di dedicare un'ampia parte del tempo attivo, oltre alla presenza familiare, all'impegno politico/sociale come Consigliere di Circoscrizione.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando ancora lo stesso vizio, lamenta che la Corte territoriale avrebbe "omesso di motivare sul rapporto tra lo straordinario prestato e l'esigenza di utilizzo del mezzo privato", non considerando che per un lavoratore part-time "la lavorazione di numerose ore di straordinario giornaliero significano la radicazione di una pesante giornata lavorativa, senza alcuna sosta ristoratrice".

Con il quarto motivo il ricorrente, denunciando violazione del D.P.R. n. 1124, art. 2, comma 3, comma aggiunto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12, deduce che "nelle circostanze di tempo e di luogo descritte nei precedenti motivi, comportando l'uso del mezzo pubblico un rilevante dispendio di tempo, l'utilizzo del mezzo privato rispondeva al criterio di necessità dettato dalla legge.

I motivi, che in quanto connessi possono essere trattati congiuntamente, risultano in parte inammissibili e in parte infondati.

Come è stato precisato da questa Corte (v. Cass. 6-7-2007 n. 15266), in materia di infortuni sul lavoro, il D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12, che ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio "in itinere", inserendola nell'ambito della nozione di occasione di lavoro di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, esprime dei criteri normativi (come quelli di "interruzione o deviazione del tutto indipendenti da lavoro o comunque, non necessitate") che delimitano l'operatività della garanzia assicurativa".

La norma, in sostanza, recependo i principi già affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, prevedendo, che "rassicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purchè necessitato", richiede che tale uso sia effettivamente "necessitato", cioè "funzionalizzato, in relazione alle circostanze di tempo e di luogo in cui avviene, ad un corretto e puntuale adempimento dei compiti lavorativi" (cfr. Cass. 25-7-2001 n. 10162). Del resto questa Corte ha più volte affermato che la indennizzabilità dell'infortunio in itinere postula, tra l'altro, la "necessità dell'uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro considerati i suoi orari di lavoro e quelli dei pubblici servizi di trasporto e tenuto conto della possibilità di soggiornare in luogo diverso dalla propria abitazione, purchè la distanza tra tali luoghi sia ragionevole" (v. fra le altre Cass. 18-4-2000 n. 5063, Cass. 19-5-2001 n. 6868, Cass. 1-2-2002 n. 1320, Cass. 23-4-2004 n. 7717, Cass. 23-5-2008 n. 13376).

E' stato, infine anche precisato che "in materia di indennizzabilità dell'infortunio "in itinere" occorso al lavoratore che utilizzi il mezzo di trasporto privato, non possono farsi rientrare nel rischio coperto dalle garanzie previste dalla normativa sugli infortuni sul lavoro situazioni che senza rivestire carattere di necessità - perchè volte a conciliare in un'ottica di bilanciamento di interessi le esigenze del lavoro con quelle familiari proprie del lavoratore -rispondano, invece, ad aspettative che, seppure legittime per accreditare condotte di vita quotidiana improntate a maggiore comodità o a minori disagi, non assumono uno spessore sociale tale da giustificare un intervento a carattere solidaristico a carico della collettività" (v. Cass. 27-7-2006 n. 17167).

A tali principi, che vanno qui nuovamente enunciati, la Corte di Appello si è attenuta e, con accertamento di fatto congruamente motivato ha accertato:

che "è pacifico in causa che l'intero percorso fra abitazione e luogo di lavoro è servito dal mezzo pubblico di trasporto, essendo necessario solo un ulteriore brevissimo tragitto a piedi di 5 minuti";

che, "con riferimento ai possibili straordinari di 1, 2 e 3 ore dopo l'orario di uscita ordinario delle 14,40 (come dichiarato dal P. nel libero interrogatorio) erano disponibili mezzi pubblici in partenza alle ore 15,48. alle ore 16,56 e alle ore 18,00 (come da tabella oraria prodotta in primo grado dall'INAIL);

che in particolare nulla ha dedotto il P. in primo grado, se non il tempo "eccessivamente lungo" dei tragitti;

che, per quanto concerne la funzione di Consigliere di Circoscrizione, invocata per la prima volta in appello, "nulla è stato dedotto circa gli impegni istituzionali del giorno dell'infortunio".

Tale decisione resiste alle censure del ricorrente, che, peraltro, con l'appello aveva lamentato soltanto (vedi sentenza impugnata) che il primo giudice aveva "erroneamente svalutato" le circostanze dello svolgimento dello straordinario nel pomeriggio e del protrarsi delle attese del mezzo pubblico per il rientro a casa.

Al riguardo, infatti, risultano nuove e inammissibili le circostanze dedotte con i primi tre motivi (circa la esigenza, al mattino, di accompagnare dapprima la figlia a scuola, circa le esigenze politiche collegate alle elezioni amministrative del (OMISSIS) - peraltro non proprio vicine all'epoca del l'infortunio del (OMISSIS) - e circa le caratteristiche specifiche del lavoro part-time, con la mancanza, in specie, della pausa del pranzo), sulle quali manca in ricorso qualsiasi indicazione specifica in ordine all'avvenuta deduzione davanti ai giudici di merito (come richiesto dal principio di autosufficienza del ricorso stesso, v. Cass. 15-2-2003 n. 2331, Cass. 10-7-2001 n. 9336).

Per il resto (con riferimento in particolare il quarto motivo) la censura involge l'apprezzamento di fatto in ordine al carattere "necessitato" dell'uso del mezzo proprio, risolvendosi in sostanza in una richiesta di revisione del "ragionamento decisorio" e di riesame del merito, inammissibile in questa sede (v., fra le altre, Cass. 7-6-2005 n. 11789, Cass. 6-3-2006 n. 4766).

Il ricorso va pertanto respinto e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese, in ragione della soccombenza, in base al testo vigente dell'art. 152 disp. att. c.p.c., (essendo il ricorso di primo grado successivo all'entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003), non avendo lo stesso ricorrente dedotto circostanze ostative al riguardo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell'INAIL, delle spese liquidate in Euro 21,00, oltre Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 24 giugno 2010

Nessun commento: