Corte giustizia Unione Europea Sez. III, Sent., 07/09/2023, n. 461/21
Fatto - Diritto P.Q.M.
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
7 settembre 2023
"Rinvio pregiudiziale - Direttiva 2006/112/CE - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (IVA) - Esenzioni - Operazioni di trasporto su strada direttamente connesse all'importazione di beni - Regime probatorio - Articoli 56 e 57 TFUE - Libera prestazione dei servizi - Recupero dell'IVA effettuato da un non residente - Tassazione del corrispettivo versato a titolo dell'imposta sui redditi delle persone non residenti - Ritenuta alla fonte sui residenti"
Nella causa C-461/21,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunalul Prahova (Tribunale superiore di Prahova, Romania), con decisione del 17 giugno 2021, pervenuta in cancelleria il 27 luglio 2021, nel procedimento
S.C.P. SRL
contro
Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice Ploiești - Administrația Județeană a Finanțelor Publice Prahova,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, M. Safjan, N. Piçarra, N. Jääskinen (relatore) e M. Gavalec, giudici,
avvocato generale: G. Pitruzzella
cancelliere: A. Lamote, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 10 novembre 2022,
considerate le osservazioni presentate:
- per la S.C.P. SRL, da R. Popescu e C. Preda;
- per il governo rumeno, da E. Gane e A. Rotăreanu, in qualità di agenti;
- per la Commissione europea, da A. Armenia, T. Isacu de Groot e E.A. Stamate, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 19 gennaio 2023,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione, da un lato, dell'articolo 144 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la "direttiva IVA"), letto alla luce dell'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2 della medesima direttiva nonché, dall'altro, degli articoli 56 e 57 TFUE.
2 Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia fra, da un lato, la S.C.P. SRL (in prosieguo: la "C.") e, dall'altro, la Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice Ploiești - Administrația Județeană a Finanțelor Publice Prahova (direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Ploiești - amministrazione distrettuale delle finanze pubbliche di Prahova, Romania; in prosieguo: l'"autorità fiscale"), quanto all'obbligo imposto alla C. di pagare, da un lato, un importo supplementare d'imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa a servizi di trasporto di beni destinati ad essere importati in Romania e, dall'altro, un'imposta ritenuta alla fonte sui redditi versati dalla C. ad una società non residente sua controparte contrattuale per servizi di recupero dell'IVA all'estero.
Contesto normativo
Diritto internazionale
CMR
3 La Romania ha aderito alla convenzione sul contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo firmato a Ginevra il 5 luglio 1978 (in prosieguo: la "CMR"), con il Decretul nr. 451/1972 privind aderarea României la Convenția referitoare la contractul di trasporto internațional de mărfuri pe șosele (CMR) [decreto n. 451/1972 recante adesione della Romania alla convenzione sul contratto di trasporto internazionale di merci su strada (CMR)], del 20 novembre 1972.
4 L'articolo 4 della CMR così dispone:
"Il contratto di trasporto è stabilito dalla lettera di vettura. La mancanza, l'irregolarità o la perdita della lettera di vettura non pregiudica l'esistenza né la validità del contratto di trasporto, che rimane sottoposto alle disposizioni della presente convenzione".
5 L'articolo 6, paragrafo 1, della CMR prevede quanto segue:
"La lettera di vettura deve contenere le seguenti indicazioni:
a) luogo e data della sua compilazione;
b) nome e indirizzo del mittente;
c) nome e indirizzo del vettore;
d) luogo e data di ricevimento della merce e luogo previsto per la riconsegna;
e) nome e indirizzo del destinatario;
f) denominazione corrente della natura della merce, genere dell'imballaggio e, per le merci pericolose, la denominazione generalmente riconosciuta;
g) numero dei colli, loro contrassegni particolari e loro numeri;
h) peso lordo o quantità altrimenti espressa della merce;
i) spese relative al trasporto (prezzo di trasporto, spese accessorie, diritti doganali e altre spese sopravvenienti a partire dalla conclusione del contratto di trasporto fino alla riconsegna);
j) istruzioni richieste per le formalità doganali e altre;
k) indicazione che, nonostante qualsiasi clausola in senso contrario, il trasporto è disciplinato dalla presente convenzione".
Convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione
6 L'articolo 7, paragrafo 1, della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione tra la Romania e la Danimarca, firmata a Copenaghen il 13 dicembre 1976 (in prosieguo: la "convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione"), dispone quanto segue:
"Gli utili realizzati da un'impresa di uno Stato contraente sono imponibili unicamente in tale Stato, a meno che tale impresa non eserciti la propria attività nell'altro Stato contraente attraverso una stabile organizzazione ivi situata. (...)".
7 L'articolo 12, paragrafi 1 e 3, di detta convenzione prevede che:
"1. Le commissioni provenienti da uno Stato contraente e pagate ad un residente di un altro Stato contraente possono essere tassate in tale altro Stato.
2. Siffatte commissioni possono tuttavia essere tassate nello Stato contraente dal quale provengono, conformemente alla legislazione di tale Stato; l'imposta così determinata non può tuttavia superare il 4% dell'importo delle commissioni.
3. Il termine "commissione" utilizzato nel presente articolo si riferisce ai pagamenti effettuati ad un intermediario, ad un rappresentante commissionario generale o a qualsiasi altra persona assimilata ad un siffatto intermediario o rappresentante dalla legislazione fiscale dello Stato contraente da cui tale pagamento proviene".
Diritto dell'Unione
8 L'articolo 85 della direttiva IVA stabilisce quanto segue:
"Per le importazioni di beni, la base imponibile è costituita dal valore definito come valore in dogana dalle disposizioni comunitarie in vigore".
9 Ai sensi dell'articolo 86 di tale direttiva:
"1 Devono essere compresi nella base imponibile, ove non vi siano già compresi, gli elementi seguenti:
a) le imposte, i dazi, i prelievi e le altre tasse dovuti fuori dello Stato membro d'importazione, nonché quelli dovuti per l'importazione, ad eccezione dell'IVA da riscuotere;
b) le spese accessorie quali le spese di commissione, di imballaggio, di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d'importazione, nonché quelle risultanti dal trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nella Comunità, qualora quest'ultimo sia noto nel momento in cui si verifica il fatto generatore dell'imposta.
2 Ai fini del paragrafo 1, lettera b), si considera "primo luogo di destinazione" il luogo che figura sulla lettera di vettura o su qualsiasi altro documento sotto la cui scorta i beni sono introdotti nello Stato membro d'importazione. In mancanza di tale indicazione, si considera primo luogo di destinazione il luogo della prima rottura di carico in detto Stato membro".
10 Il titolo IX della direttiva in parola è intitolato "Esenzioni" e comprende dieci capi che contengono gli articoli da 131 a 166. L'articolo 131 della medesima direttiva è formulato nei seguenti termini:
"Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso".
11 L'articolo 144 della direttiva IVA così prevede:
"Gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è compreso nella base imponibile, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1, lettera b)".
Diritto rumeno
12 Ai sensi dell'articolo 7 della L. n. 571 del 2003 privind Codul fiscal (L. n. 571 del 2003 recante il codice tributario), del 22 dicembre 2003 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 927 del 23 dicembre 2003), in vigore fino al 31 marzo 2010 (in prosieguo: la "L. n. 571 del 2003"), intitolato "Definizioni delle nozioni comuni":
"(1) Ai fini del presente codice, (...) s'intende per:
(...)
9. commissione: qualsiasi pagamento in contanti o in natura versato ad un intermediario, ad un commissionario generale o a qualsiasi persona equiparata ad un intermediario o a un commissionario generale per i servizi di intermediazione effettuati in connessione con un'operazione commerciale;
(...)".
13 Il testo di tale disposizione è stato riprodotto all'articolo 7, paragrafo 1, punto 9, della L. n. 227 del 2015 privind Codul fiscal (L. n. 227 del 2015 recante il codice tributario), dell'8 settembre 2015 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 688 del 10 settembre 2015; in prosieguo: la "L. n. 227 del 2015"), in vigore dal 1º gennaio 2016.
14 Ai sensi dell'articolo 113 della L. n. 571 del 2003 e dell'articolo 221 della L. n. 227 del 2015, intitolati "Soggetti passivi" e redatti in termini identici:
"I soggetti non residenti che percepiscono redditi imponibili provenienti dalla Romania sono tenuti a pagare l'imposta conformemente al presente capitolo e sono denominati in prosieguo: soggetti passivi".
15 Ai sensi dell'articolo 115 della L. n. 571 del 2003 e dell'articolo 223 della L. n. 227 del 2015, intitolati "Redditi imponibili provenienti dalla Romania", e redatti in termini identici:
"(1) I redditi imponibili provenienti dalla Romania, che siano percepiti in Romania o all'estero, sono i seguenti:
(...)
f) le commissioni pagate da un residente;
(...)".
16 Ai sensi dell'articolo 116 della L. n. 571 del 2003, intitolato "Ritenuta d'imposta sui redditi da capitali imponibili provenienti dalla Romania ottenuti da non residenti", riprodotto in sostanza all'articolo 224 della L. n. 227 del 2015:
"(1) L'imposta dovuta dai non residenti sui redditi imponibili provenienti dalla Romania è calcolata, trattenuta e versata al bilancio dello Stato dalla persona che versa il reddito.
(2) L'imposta dovuta è calcolata applicando le seguenti aliquote sui redditi lordi:
(...)
d) 16% per tutti gli altri redditi imponibili provenienti dalla Romania, quali elencati all'articolo 115.
(...)".
17 L'articolo 118 della L. n. 571 del 2003, intitolato "Applicazione in combinato disposto delle disposizioni del codice tributario e di quelle delle convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione nonché del diritto dell'Unione", riprodotto in sostanza all'articolo 230 della L. n. 227 del 2015, così dispone:
"(1) Ai sensi dell'articolo 116, quando un soggetto passivo è residente di un paese con cui la Romania ha concluso una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione, l'aliquota d'imposta applicata al reddito imponibile proveniente dalla Romania ottenuto dal soggetto in parola non può superare l'aliquota d'imposta prevista dalla convenzione applicabile a tale reddito. Quando la normativa nazionale o le convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione prevedono aliquote d'imposta diverse, si applicano le aliquote d'imposta più favorevoli. Se un soggetto passivo è residente di un paese dell'Unione europea, l'aliquota d'imposta applicabile al reddito imponibile proveniente dalla Romania ottenuto dal soggetto in parola è l'aliquota più favorevole prevista dalla normativa nazionale, dal diritto dell'Unione o dalle convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione. (...)
(2) Ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione e del diritto dell'Unione, il non residente deve presentare al soggetto che paga il reddito, al momento della realizzazione del medesimo, il certificato di residenza fiscale rilasciato dall'autorità competente del suo Stato di residenza (...) Al momento della presentazione del certificato di residenza fiscale (...), si applicano le disposizioni della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione o del diritto dell'Unione e si procede alla regolarizzazione dell'imposta entro il termine di legge della prescrizione. (...)
(3) In caso di ritenute d'imposta che superano le aliquote previste dalle convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione o dal diritto dell'Unione, l'importo dell'imposta trattenuto eccedente è restituito conformemente alle disposizioni dell'Ordonanță Guvernului nr. 92/2003 privind Codul de procedură fiscală (ordinanza del governo n. 92/2003 recante il codice del processo tributario) (...)".
18 Ai sensi dell'articolo 5 dell'allegato all'Ordinul ministrului finanțelor publice nr. 103/2016 privind aprobarea instrucțiunilor de aplicare a scutirii de TVA pentru operațiunile prevăzute la articolul 294 alineatul (1) literele a)-i), articolul 294 alineatul (2) și articolul 296 din L. n. 227 del 2015 [decreto del Ministro delle finanze pubbliche n. 103/2016, relativo all'approvazione delle istruzioni per l'applicazione dell'esenzione dall'IVA per le operazioni previste all'articolo 294, paragrafo 1, lettere da a) a i), all'articolo 294, paragrafo 2, e all'articolo 296 della L. n. 227 del 2015], del 22 gennaio 2016:
"(1) Sono esenti dall'imposta, conformemente all'articolo 294, paragrafo 1, lettera d), del codice tributario, le prestazioni di servizi, inclusi il trasporto e i servizi accessori ai trasporti, che sono direttamente connesse all'importazione di beni, se il loro valore è incluso nella base imponibile dei beni importati conformemente all'articolo 289 del codice tributario.
(2) L'esenzione dall'imposta prevista all'articolo 294, paragrafo 1, lettera d), del codice tributario per i servizi di trasporto di beni direttamente connessi all'importazione di beni è giustificata dal prestatore se si considera che il luogo della prestazione dei servizi sia in Romania, conformemente alle disposizioni dell'articolo 278 del codice tributario, e se detto prestatore è il soggetto tenuto a pagare l'imposta, conformemente all'articolo 307, paragrafo 1, del codice tributario, nel caso in cui non si applichi un'esenzione dall'imposta.
I documenti che consentono di giustificare l'esenzione dall'imposta sono i seguenti:
a) la fattura o, se del caso, per le persone che svolgono effettivamente la prestazione del servizio di trasporto, il documento specifico di trasporto, se esso contiene almeno le informazioni di cui all'articolo 319, paragrafo 20, del codice tributario;
b) il contratto stipulato con il beneficiario;
c) i documenti di trasporto specifici in funzione del tipo di trasporto, o, eventualmente, copie di tali documenti;
d) i documenti da cui risulti che i beni trasportati sono stati importati nell'Unione europea e che il valore dei servizi è incluso nella base imponibile dei beni importati.
(...)".
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
19 La C., una società stabilita in R., fornisce servizi di trasporto su strada di merci.
20 La società in parola è stata oggetto, nel periodo compreso fra il 18 novembre 2019 e il 7 febbraio 2020, di un controllo fiscale a seguito del quale l'autorità fiscale ha emesso, il 10 febbraio 2020, un avviso di accertamento che poneva a carico di tale società un supplemento di IVA, pari a 1 529 lei rumeni (RON) (circa EUR 311), corrispondente ad una fattura emessa il 23 marzo 2016 relativa a servizi di trasporto su strada da essa forniti ad un'altra società. Il trasporto riguardava un percorso effettuato fra il porto di Rotterdam (Paesi Bassi), luogo in cui i beni erano entrati nell'Unione, e Cluj-Napoca (Romania) (in prosieguo: i "servizi di trasporto controversi"). Con il medesimo avviso di accertamento l'autorità fiscale ha disposto il recupero di un importo pari a RON 79 478 (circa EUR 16 170), a titolo di imposta sui redditi delle persone non residenti, per importi versati dalla C. alla F.H. A/S, una società danese non residente, come corrispettivo dei servizi fornitile da quest'ultima fra il 2012 e il 2018.
21 Per quanto riguarda, in primo luogo, il supplemento di IVA, l'autorità fiscale ha constatato che la C. non aveva presentato i documenti attestanti che i servizi di trasporto controversi fossero direttamente connessi all'importazione dei beni interessati e che il valore dei servizi fosse incluso nella base imponibile dei beni importati. Detta autorità ha quindi ritenuto che l'esenzione dall'IVA di cui avevano beneficiato tali servizi non fosse giustificata.
22 Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'imposta sui redditi delle persone non residenti, l'autorità fiscale ha ritenuto che gli importi versati dalla C. alla F.H., in esecuzione di un contratto concluso il 3 novembre 2005 avente ad oggetto il recupero presso Stati membri dell'Unione dell'IVA relativa al carburante acquistato dalla C., costituissero "commissioni", ai sensi del diritto rumeno. Detta autorità ha reputato che la ricorrente fosse debitrice, a causa di tali importi versati ad una persona non residente, di un'imposta sul reddito ritenuta alla fonte e che l'aliquota dell'imposta in parola fosse pari al 4% delle commissioni pagate, conformemente alle previsioni della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione.
23 La C. ha proposto dinanzi al Tribunalul Prahova (Tribunale superiore di Prahova, Romania), il giudice del rinvio, un ricorso volto all'annullamento dell'avviso di accertamento del 10 febbraio 2020.
24 Da un lato, per quanto riguarda il supplemento di IVA, la C. afferma che a torto l'autorità fiscale non le ha concesso l'esenzione dall'IVA per i servizi di trasporto controversi. Essa fa presente che le spese di trasporto fino al luogo di destinazione sono state incluse obbligatoriamente dalle autorità doganali nel valore in dogana delle merci al momento del loro ingresso nel territorio dell'Unione e nella base imponibile ai fini dell'IVA dei beni importati, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, poiché la lettera di vettura "Cargo Movement Requirement" (in prosieguo: la "lettera di vettura CMR") e la dichiarazione sommaria di transito, cui era stato assegnato un "numero di riferimento principale" ("Master Reference Number", in prosieguo: il "MRN"), menzionavano il destinatario, a Cluj-Napoca, delle merci in parola.
25 La C. sostiene, di conseguenza, che i servizi di trasporto controversi da essa forniti nella fattispecie soddisfano le condizioni per l'esenzione prevista all'articolo 144 della direttiva IVA per le prestazioni di servizi connesse con l'importazione di beni.
26 D'altro lato, la C. afferma, per quanto concerne l'imposta sui redditi delle persone non residenti, ritenuta alla fonte, che il compenso pagato alla F.H. non costituisce una commissione ai sensi del diritto rumeno ma il corrispettivo di prestazioni di servizi che poteva essere assoggettato ad imposizione unicamente in Danimarca, in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 1, della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione. La C. precisa, a tale riguardo, che la F.H. ha presentato certificati fiscali attestanti che aveva versato l'imposta di legge in Danimarca relativamente agli importi da essa percepiti.
27 La C. osserva altresì che servizi siffatti di recupero dell'IVA pagata all'estero generano un obbligo, per il residente rumeno, di pagare l'imposta sul reddito ritenuta alla fonte unicamente qualora il contratto di prestazioni di servizi sia concluso con un non residente e non qualora tale contratto sia concluso con un residente. Quindi, secondo la C., la normativa rumena, che assoggetta un'operazione transfrontaliera ad un trattamento meno favorevole rispetto a quello applicabile ad un'operazione con il medesimo oggetto realizzata con un contraente residente, crea una disparità di trattamento che costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, ai sensi dell'articolo 56 TFUE.
28 In tale contesto, il Tribunalul Prahova (Tribunale superiore di Prahova) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"1) Se, ai fini della concessione di un'esenzione dall'IVA per operazioni e servizi di trasporto relativi all'importazione di beni, ai sensi della [direttiva IVA], l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, debba essere interpretato nel senso che la registrazione di un'operazione d'importazione (ad esempio, la redazione della dichiarazione sommaria d'ingresso da parte dell'autorità doganale mediante l'assegnazione di un [MRN]) comporti sempre anche l'inclusione nella base del calcolo del valore in dogana della tariffa di trasporto fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d'importazione. Se l'esistenza di un MRN, rispetto al quale non si riscontra nessun tipo di indizio fondato di frode, avvalori implicitamente la prova del fatto che nella base imponibile in dogana sono state incluse tutte le spese previste dall'articolo 86, paragrafo 1, lettere a) e b) [della direttiva in parola].
2) Se l'articolo 144 e l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo (2), della [direttiva IVA] ostino a una prassi fiscale dello Stato membro di negare l'esenzione dall'IVA per i servizi di trasporto relativi all'importazione [nell'Unione] per il motivo della mancata presentazione della prova strettamente formale dell'inclusione delle tariffe di trasporto nel valore in dogana, anche se, da un lato, sono stati presentati altri documenti di accompagnamento rilevanti dell'importazione - la dichiarazione sommaria e la lettera di vettura CMR con menzione della consegna al destinatario [-] e, dall'altro, non c'è nessun tipo di indizio che consenta di mettere in dubbio l'autenticità o l'affidabilità della dichiarazione sommaria e della lettera di vettura CMR.
3) Se, con riferimento alle previsioni dell'articolo 57 TFUE, il recupero dell'IVA e delle accise presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri costituisca una prestazione di servizi intracomunitaria o l'attività di un agente commissionario generale che interviene come mediatore in un'operazione commerciale.
4) Se l'articolo 56 TFUE debba essere interpretato nel senso che sussiste una restrizione alla libera circolazione dei servizi quando il destinatario di un servizio fornito da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro è tenuto, in base alla normativa dello Stato membro in cui è stabilito detto destinatario del servizio, a trattenere l'imposta sul compenso dovuto per la prestazione di servizi in discussione, considerato che non sussiste tale obbligo di ritenuta quando negozia il medesimo servizio con un prestatore di servizi stabilito nello stesso Stato membro del destinatario dei servizi.
5) Se il trattamento fiscale dello Stato di residenza del soggetto che paga il reddito costituisca un elemento che rende meno attraente e ostacola la libera prestazione dei servizi in quanto, per evitare l'applicazione dell'imposta con ritenuta alla fonte nella misura del 4%, il residente deve limitarsi a collaborazioni in materia di recupero dell'IVA e delle accise con enti parimenti residenti e non con altri stabiliti in altri Stati membri.
6) Se il fatto che per il reddito percepito dal non residente sia applicata un'imposta del 4% (o, a seconda del caso, del 16%) all'importo lordo, mentre l'imposta sulle società applicata al prestatore di servizi residente nello stesso Stato membro (nella misura in cui realizza utili) è pari al 16% dell'importo netto, possa essere considerata parimenti una violazione dell'articolo 56 TFUE, perché costituisce un altro elemento che rende meno attraente e ostacola la libera prestazione dei servizi di cui trattasi da parte di non residenti".
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
29 In via preliminare, occorre ricordare che, come si desume dalle spiegazioni del giudice del rinvio menzionate al punto 20 della presente sentenza, il trasporto dei beni importati in discussione nel procedimento principale riguardava un percorso effettuato fra i Paesi Bassi e la Romania.
30 In tale contesto, si deve ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chieda alla Corte, in sostanza, se l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, nonché l'articolo 144 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che, al fine di beneficiare dell'esenzione dall'IVA prevista per i servizi di trasporto connessi all'importazione di beni, quando il trasporto di una merce importata nell'Unione viene effettuato da un soggetto passivo fra lo Stato membro nel cui territorio è situato il luogo di introduzione di tale bene nell'Unione e un luogo di destinazione situato in un altro Stato membro, la registrazione dell'operazione d'importazione comporta, per tale stesso fatto e sistematicamente, l'inclusione delle spese di detto trasporto nella base imponibile dell'IVA della merce importata.
31 Va ricordato che, ai sensi dell'articolo 144 della direttiva IVA, gli Stati membri sono tenuti ad esentare le prestazioni di servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è compreso nella base imponibile, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva. Pertanto, sono esplicitamente previste due condizioni affinché una siffatta prestazione di servizi di trasporto esentata dall'IVA. Da un lato, tale prestazione deve essere connessa all'importazione del bene interessato e, dall'altro, il valore di detta prestazione deve essere compreso nella base imponibile dell'IVA del bene importato (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2017, F.E.E., C-273/16, EU:C:2017:733, punti 39 e 40).
32 Quanto alla base imponibile per le importazioni di beni, risulta dall'articolo 85 della direttiva IVA che essa è costituita dal valore definito come valore in dogana di tali beni dalle disposizioni dell'Unione in vigore. L'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola precisa che suddetta base imponibile deve, ove non vi siano già comprese, prendere in considerazione le spese accessorie, fra le quali rientrano le spese di trasporto fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d'importazione, nonché le spese di trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nell'Unione, a condizione che quest'ultimo sia noto nel momento in cui si verifica il fatto generatore dell'imposta.
33 Tenuto conto della lettura combinata degli articoli 85 e 86 della direttiva IVA da cui risulta che le spese di trasporto in parola non sono necessariamente comprese nel valore in dogana dei beni importati, e a meno di non voler privare l'articolo 86 del suo effetto utile, non si può ritenere che la registrazione di un'operazione d'importazione comporti, per tale stesso fatto e sistematicamente, l'inclusione nella base imponibile dell'IVA dei beni importati nell'Unione, delle spese del trasporto effettuato da un soggetto passivo fra lo Stato membro fra lo Stato membro nel cui territorio è situato il luogo di introduzione nell'Unione e il loro luogo di destinazione situato in un altro Stato membro. Qualora non fossero già incluse nel valore in dogana, aspetto che occorre verificare previamente, le spese di cui trattasi devono allora essere integrate nella base imponibile dell'IVA dei beni importati, conformemente a quanto disposto dall'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.
34 Di conseguenza, la registrazione di un'operazione d'importazione non comporta per tale stesso fatto e sistematicamente l'inclusione, nella base di calcolo del valore in dogana, della tariffa di trasporto di cui al punto 30 della presente sentenza. Analogamente, l'esistenza di un MRN, rispetto al quale non si riscontra nessun indizio fondato di frode, non dimostra, nemmeno implicitamente, che il complesso delle spese di cui all'articolo 86, paragrafo 1, lettere a) e b) siano state incluse nella base imponibile dei beni importati.
35 Per contro, con riguardo a documenti, quali la lettera di vettura CMR e il documento di accompagnamento del transito in discussione nel procedimento principale - il secondo redatto sulla base della dichiarazione di transito verificata dall'autorità doganale, ma altresì la fattura e il contratto di trasporto - questi costituiscono elementi che incombe, in via di principio, alle autorità fiscali prendere in considerazione per valutare la sussistenza di un diritto a esenzione dall'IVA per servizi di trasporto connessi all'importazione di beni, a meno che le autorità in parola abbiano precise ragioni per dubitare della loro autenticità o della loro affidabilità (v., per analogia, sentenza dell'8 novembre 2018, C.S., C-495/17, EU:C:2018:887, punto 67).
36 In considerazione dei motivi suesposti, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, nonché l'articolo 144 della direttiva IVA devono essere interpretati nl senso che, al fine di beneficiare dell'esenzione dall'IVA prevista per i servizi di trasporto connessi all'importazione di beni, quando il trasporto di una merce importata nell'Unione viene effettuato da un soggetto passivo fra lo Stato membro nel cui territorio è situato il luogo di introduzione di tale bene nell'Unione e un luogo di destinazione situato in un altro Stato membro, la registrazione dell'operazione d'importazione non comporta, per tale stesso fatto e sistematicamente, l'inclusione delle spese di detto trasporto nella base imponibile dell'IVA della merce importata.
Sulla seconda questione
37 Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, nonché l'articolo 144 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che ostano alla prassi fiscale di uno Stato membro consistente nel rifiutare automaticamente l'esenzione dall'IVA prevista per i servizi di trasporto connessi all'importazione di beni, per il motivo che il soggetto tenuto al pagamento dell'imposta non ha presentato i documenti specifici prescritti dalla normativa nazionale, pur se produce altri documenti, della cui autenticità o affidabilità nulla consente di nutrire dubbi, atti a dimostrare che le condizioni cui dette disposizioni subordinano il diritto all'esenzione dall'IVA sono soddisfatte.
38 Dalla giurisprudenza della Corte emerge che, in mancanza di disposizioni nella direttiva IVA per quanto riguarda le prove che i soggetti passivi sono tenuti a fornire per beneficiare dell'esenzione dall'IVA, spetta agli Stati membri, conformemente all'articolo 131 di tale direttiva applicabile all'articolo 144 della medesima in quanto disposizione che fa parte del capo 5 del titolo IX della summenzionata direttiva, fissare le condizioni alle quali le operazioni all'importazione sono da essi esentate, per assicurare una corretta e semplice applicazione di dette esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Tuttavia, nell'esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell'ordinamento giuridico dell'Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità (v., per analogia, sentenza del 9 ottobre 2014, T., C-492/13, EU:C:2014:2267, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
39 Per quanto attiene al principio di proporzionalità, una misura nazionale eccede quanto necessario per assicurare l'esatta riscossione dell'imposta nel caso in cui subordini essenzialmente il diritto all'esenzione dall'IVA al rispetto di obblighi formali, senza che siano presi in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza che occorra porsi la questione se questi ultimi siano stati soddisfatti. Infatti, le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive (sentenza del 9 febbraio 2017, E.T., C-21/16, EU:C:2017:106, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).
40 Qualora detti requisiti sostanziali siano soddisfatti, il principio di neutralità fiscale esige che l'esenzione dall'IVA sia concessa anche se determinati requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 2017, E.T., C-21/16, EU:C:2017:106, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).
41 Vi sono due sole fattispecie nelle quali l'inosservanza di un requisito formale può comportare la perdita del diritto all'esenzione dall'IVA (sentenza del 9 febbraio 2017, E.T., C-21/16, EU:C:2017:106, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
42 Da un lato, il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell'esenzione dall'IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell'IVA (sentenza del 9 febbraio 2017, E.T., C-21/16, EU:C:2017:106, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).
43 D'altro lato, la violazione di un requisito formale può portare al diniego dell'esenzione dall'IVA se tale violazione ha come effetto d'impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (sentenza del 9 febbraio 2017, E.T., C-21/16, EU:C:2017:106, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
44 A siffatto riguardo, e come ricordato al punto 31 della presente sentenza, le prestazioni di servizi di trasporto sono esenti, in applicazione dell'articolo 144 della direttiva IVA, in combinato disposto con l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva, quando, da un lato, sono connesse con importazioni di beni, e, dall'altro, il valore del trasporto in parola è compreso base imponibile dell'IVA dei beni importati. Per beneficiare dell'esenzione, spetta quindi al prestatore trasmettere alle autorità fiscali competenti la prova che l'operazione di trasporto in discussione soddisfa dette due condizioni sostanziali dell'esenzione dall'IVA.
45 Per contro, alla luce della giurisprudenza riportata ai punti da 38 a 40 della presente sentenza, il beneficio di tale esenzione non può essere soggetto alla condizione imprescindibile che il prestatore presenti, al fine di dimostrare che le condizioni di cui al punto precedente sono soddisfatte, documenti specifici prescritti dalla normativa nazionale, ad esclusione di ogni altro elemento di prova che consenta di avvalorare la convinzione dell'autorità fiscale competente (v., per analogia, sentenza dell'8 novembre 2018, C.S., C-495/17, EU:C:2018:887, punto 49).
46 Infatti, imporre una siffatta modalità di prova, che ne escluda qualsiasi altra, equivarrebbe a subordinare il diritto all'esenzione al rispetto di obblighi formali, ai sensi della giurisprudenza rammentata ai punti 39 e 40 della presente sentenza, senza esaminare la questione se i requisiti sostanziali posti dal diritto dell'Unione siano stati o meno effettivamente soddisfatti.
47 Di conseguenza, le autorità fiscali competenti devono esaminare, al fine di verificare se, per quanto concerne una prestazione di servizi di trasporto, le condizioni sostanziali a cui è subordinata l'esenzione prevista all'articolo 144 della direttiva IVA, in combinato disposto con l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), della medesima, siano soddisfatte, il complesso degli elementi di cui sono in grado di disporre. Per contro, le autorità summenzionate non possono dedurre che ciò non sia avvenuto dalla sola circostanza che il soggetto tenuto al pagamento dell'imposta non sia in grado di fornire uno o più fra i documenti specifici prescritti dalla normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale (v., per analogia, sentenza dell'8 novembre 2018, C.S., C-495/17, EU:C:2018:887, punto 52).
48 In siffatto contesto, le autorità fiscali possono esigere dal soggetto passivo stesso le prove che esse ritengano necessarie per valutare se quest'ultimo soddisfi le condizioni dell'esenzione in parola (v., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2021, K.P., C-154/20, EU:C:2021:989, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
49 Nel caso di specie, il fascicolo a disposizione della Corte non contiene alcuna indicazione quanto al fatto che la C. avrebbe intenzionalmente partecipato ad una frode fiscale o che, in mancanza del soddisfacimento da parte di detto soggetto passivo del requisito formale costituito dalla presentazione di taluni documenti specifici prescritti dalla normativa nazionale, alle autorità competenti sarebbe impedito determinare se le condizioni sostanziali dell'esenzione siano soddisfatte.
50 In siffatto contesto, spetta alle autorità fiscali e ai giudici nazionali competenti verificare, sulla base del complesso dei documenti presentati, inclusi documenti che erano in possesso dell'importatore e presentati dal prestatore, se ricorressero le condizioni sostanziali del beneficio dell'esenzione dei servizi di trasporto.
51 È unicamente nell'ipotesi in cui, tenuto conto delle circostanze di fatto e malgrado gli elementi fornito da quest'ultimo, i dati necessari per verificare che il valore dei servizi fosse stato incluso nella base imponibile dell'IVA dei beni importati siano mancanti, che il beneficio dell'esenzione dell'IVA deve essere rifiutato al soggetto passivo.
52 Di conseguenza, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, nonché l'articolo 144 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che ostano alla prassi fiscale di uno Stato membro consistente nel rifiutare automaticamente l'esenzione dall'IVA per i servizi di trasporto connessi all'importazione di beni per il motivo che il soggetto tenuto al pagamento dell'imposta non ha presentato i documenti specifici prescritti dalla normativa nazionale, pur se produce altri documenti, della cui autenticità o affidabilità nulla consente di nutrire dubbi, atti a dimostrare che le condizioni cui dette disposizioni subordinano il diritto all'esenzione dall'IVA sono soddisfatte.
Sulle questioni dalla terza alla quinta
53 Con le questioni dalla terza alla quinta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 56 e 57 TFUE debbano essere interpretati nel senso che, da un lato, costituisce una prestazione di servizi una prestazione consistente nel recuperare l'IVA e i diritti di accisa per conto di un'impresa presso amministrazioni finanziarie di diversi Stati membri e che, dall'altro, suddette disposizioni ostano alla normativa di uno Stato membro che impone al destinatario, stabilito in tale Stato membro, di un servizio fornito da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro di procedere alla ritenuta alla fonte dell'imposta sui redditi percepiti per la summenzionata prestazione di servizi, considerato che un siffatto obbligo non sussiste quando il servizio in parola è fornito da un prestatore stabilito nello stesso Stato membro del suddetto destinatario della prestazione.
54 In primo luogo, occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 57 TFUE, sono considerate "servizi" le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone [v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, RL (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C-199/19, EU:C:2020:548, punto 31].
55 Ne consegue che il Trattato FUE fornisce una definizione ampia della nozione di "servizio", così da ricomprendervi qualsiasi prestazione che non ricada nelle altre libertà fondamentali, affinché non vi siano attività economiche che esulino dall'ambito di applicazione delle libertà fondamentali [v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, RL (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C-199/19, EU:C:2020:548, punto 32 e giurisprudenza ivi citata].
56 Nel caso di specie, in assenza di qualsiasi elemento che colleghi le circostanze di cui al procedimento principale ad una delle tre libertà di circolazione, appare che, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, la conclusione di un contratto a titolo oneroso in cui la prestazione principale consiste nel recupero dell'IVA e delle accise presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri, come quello concluso tra la C.P. e la F.H., implica, la prestazione di un "servizio", ai sensi dell'articolo 57 TFUE.
57 Tale qualificazione non può essere messa in discussione dalla circostanza che, nel caso di specie, gli importi versati dalla C. alla F.H. a titolo del suddetto contratto sono stati qualificati dalle autorità fiscali rumene come "commissioni" in applicazione del diritto rumeno e della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione.
58 Infatti, dal momento che gli importi versati dalla C. costituiscono il corrispettivo economico della prestazione di servizi effettuata dalla F.H., i medesimi devono essere considerati come la retribuzione di una tale prestazione di servizi ai sensi della giurisprudenza citata al punto 54 della presente sentenza, e ciò indipendentemente dalla loro qualificazione in forza del diritto rumeno o della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione.
59 Tale conclusione è peraltro conforme, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, alla giurisprudenza della Corte secondo cui, in mancanza di misure di unificazione o di armonizzazione dirette a eliminare la doppia imposizione a livello dell'Unione, gli Stati membri, nell'ambito della loro competenza a determinare i criteri d'imposizione sui redditi e sul patrimonio al fine di eliminare, se del caso mediante convenzioni, le doppie imposizioni, restano liberi di qualificare i corrispettivi economici versati per la prestazione di servizi come meglio credono, sempre nel rispetto, tuttavia, delle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2018, S. e L., C-602/17, EU:C:2018:856, punti 22 e 24 e giurisprudenza ivi citata).
60 In secondo luogo, occorre stabilire se la normativa di uno Stato membro, che impone al destinatario di una prestazione di servizi di trattenere alla fonte l'imposta sui redditi percepiti da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro per servizi effettuati in diversi Stati membri, considerato che un siffatto obbligo non sussiste con riguardo alle retribuzioni versate ad un prestatore di servizi stabilito nello stesso Stato membro del destinatario in parola e che fornisce servizi equivalenti, costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell'articolo 56 TFUE.
61 A tale riguardo va ricordato che, in virtù di una giurisprudenza costante, gli Stati membri devono esercitare la propria competenza in materia di fiscalità diretta nel rispetto del diritto dell'Unione e, in particolare, delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE (sentenze del 25 luglio TTL, C-553/16, EU:C:2018:604, punto 44, e del 27 aprile 2023, L Fund, C-537/20, EU:C:2023:339, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
62 L'articolo 56 TFUE osta all'applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l'effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile rispetto alla prestazione di servizi puramente interna. Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l'articolo 56 TFUE esige l'eliminazione di ogni restrizione alla libera prestazione dei servizi imposta per il motivo che il prestatore sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui sia fornita la prestazione (sentenza del 25 luglio 2018, TTL, C-553/16, EU:C:2018:604, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).
63 Rappresentano restrizioni della libera prestazione dei servizi le misure nazionali che vietano, ostacolano o rendono meno allettante l'esercizio di tale libertà (sentenza del 25 luglio 2018, TTL, C-553/16, EU:C:2018:604, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).
64 Nel caso di specie, risulta, in sostanza, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio che, quando una prestazione di servizi è fornita ad un residente rumeno da un prestatore non residente, la normativa rumena impone al destinatario di detta prestazione di procedere, a titolo dell'imposta sui redditi dei soggetti non residenti, ad una ritenuta alla fonte pari al 16% sui redditi lordi versati a tale operatore. Quando l'operatore in parola è un residente danese, l'aliquota della ritenuta di cui trattasi è tuttavia ridotta al 4% in forza delle previsioni della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione. Per contro, in caso di prestazione dei medesimi servizi da parte di un prestatore residente, non si applica alcuna trattenuta.
65 Pertanto, nel procedimento principale la C. ha dovuto procedere ad una ritenuta alla fonte sulle retribuzioni versate ad un prestatore di servizi non residente, mentre non sarebbe stata gravata da un obbligo siffatto se avesse scelto di avvalersi di un prestatore di servizi residente.
66 Certo, come fatto valere in sostanza dal governo rumeno nelle sue osservazioni scritte in riferimento alla sentenza del 22 dicembre 2008, T.C. (C-282/07, EU:C:2008:762), la Corte ha già ammesso l'applicazione ai beneficiari di redditi da capitale di tecniche impositive diverse a seconda che tali beneficiari siano o meno residenti, in quanto tale differenza di trattamento riguarda situazioni che non sono oggettivamente paragonabili. Per di più, poiché la suddetta differenza di trattamento non procura necessariamente un vantaggio ai beneficiari residenti, la Corte ha dichiarato che essa non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento (sentenza del 18 ottobre 2012, X, C-498/10, EU:C:2012:635, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
67 Cionondimeno, la Corte ha dichiarato che il prestatore e il destinatario dei servizi sono due soggetti di diritto diversi, ciascuno portatore di interessi propri, ognuno dei quali deve potersi avvalere della libera prestazione dei servizi, qualora i suoi diritti subiscano un pregiudizio (sentenza del 18 ottobre 2012, X, C-498/10, EU:C:2012:635, punto 27).
68 Ne risulta che, come ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, l'obbligo di procedere ad una ritenuta alla fonte come quella descritta al punto 64 della presente sentenza, in quanto comporta al contempo un onere amministrativo supplementare ma del pari rischi in materia di responsabilità, è tale da rendere i servizi transfrontalieri meno attraenti per destinatari di servizi residenti rispetto ai servizi forniti da prestatori di servizi anch'essi residenti. Di conseguenza, un siffatto obbligo è tale da dissuadere i suddetti destinatari dal rivolgersi a prestatori di servizi non residenti (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, X, C-498/10, EU:C:2012:635, punti 28 e 32), e deve essere qualificata come una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto 63 della presente sentenza.
69 Siffatta restrizione alla libera prestazione dei servizi può essere ammessa solo se persegue uno scopo legittimo compatibile con il Trattato FUE ed è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, sempreché, in un caso del genere, sia idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito e non ecceda quanto è necessario per raggiungerlo (sentenza del 27 ottobre 2022, Instituto do Cinema e do Audiovisual, C-411/21, EU:C:2022:836, punto 24 e giurisprudenza citata).
70 Nel caso di specie, il governo rumeno sostiene, in sostanza, che la necessità di garantire l'efficacia della riscossione dell'imposta costituisce un motivo imperativo di interesse generale tale da giustificare un'eventuale restrizione. Quindi, la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale, che impone l'obbligo a residenti rumeni di trattenere alla fonte l'imposta sui redditi dovuta da non residenti, perseguirebbe un obiettivo di interesse generale consistente nell'assicurare la percezione dell'imposta in parola, dal momento che detti residenti sono assoggettai al controllo delle autorità fiscali rumene e che, in assenza di una normativa siffatta, la riscossione di suddetta imposta presso non residenti potrebbe essere assicurata soltanto con l'assistenza delle autorità competenti degli altri Stati membri in cui sono stabiliti tali non residenti.
71 Al riguardo, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza della Corte, la necessità di garantire l'efficacia della riscossione dell'imposta costituisce un motivo imperativo di interesse generale che può giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2006, K.S.K., C-290/04, EU:C:2006:630, punto 36, e del 13 luglio 2016, B. e K.F.I., C-18/15, EU:C:2016:549, punto 39).
72 Pertanto, la Corte ha dichiarato che la procedura della ritenuta alla fonte e il sistema della responsabilità che opera come garanzia di essa rappresentano infatti un mezzo legittimo ed appropriato per garantire la tassazione dei redditi di un soggetto stabilito al di fuori dello Stato dell'imposizione e per evitare che i redditi in questione sfuggano alla tassazione sia nello Stato di residenza che in quello in cui i servizi sono forniti (sentenze del 3 ottobre 2006, K.S.K., C-290/04, EU:C:2006:630, punto 36, e del 18 ottobre 2012, X, C 498/10, EU:C:2012:635, punto 39).
73 In effetti, il trattamento fiscale dei redditi di un prestatore di servizi stabilito al di fuori dello Stato dell'imposizione attraverso una procedura di ritenuta alla fonte e il sistema della responsabilità che ad essa serve da garanzia può segnatamente rivelarsi legittimo ed appropriato nel caso in cui detto prestatore fornisce soltanto servizi occasionali in tale Stato e ove vi resta solo poco tempo (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, X, C-498/10, EU:C:2012:635, punto 42).
74 Infine, la Corte ha del pari giudicato che la riscossione diretta di un'imposta presso un prestatore di servizi non residente non rappresenterebbe necessariamente una misura meno vincolante della ritenuta alla fonte. Essa ha dichiarato che si poteva considerare la ritenuta alla fonte giustificata dalla necessità di garantire l'efficace riscossione dell'imposta (v., in particolare, sentenza del 18 ottobre 2012, X, C-498/10, EU:C:2012:635, punti 52 e 53).
75 Ne consegue altresì che l'imposizione, al destinatario della prestazione di servizi, di un onere amministrativo e di una responsabilità derivante dall'obbligo di procedere alla ritenuta alla fonte sulle retribuzioni versate al prestatore di servizi non residente appare idonea e necessaria per garantire la riscossione efficace dell'imposta.
76 Per quanto riguarda le discussioni, in occasione dell'udienza, sull'eventuale esistenza di un rischio di doppia imposizione, occorre aggiungere, analogamente all'avvocato generale al paragrafo 53 delle sue conclusioni, che dalla giurisprudenza risulta che, poiché il diritto dell'Unione, allo stato attuale, non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri per quanto riguarda l'eliminazione della doppia imposizione all'interno dell'Unione europea, tale doppia imposizione non è necessariamente esclusa in qualunque circostanza (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, S.G., C-403/19, EU:C:2021:136, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
77 Spetta al giudice del rinvio esaminare, alla luce di tali elementi, se una normativa come quella in discussione nel procedimento principale sia in grado di rispondere a un motivo imperativo di interesse generale che può giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi, se essa sia appropriata per realizzare un obiettivo siffatto e se si riveli proporzionata riguardo a detto obiettivo.
78 Di conseguenza, occorre rispondere alla terza, quarta e quinta questione dichiarando che gli articoli 56 e 57 TFUE devono essere interpretati nel senso che, da un lato, costituisce una prestazione di servizi, ai sensi degli articoli suddetti, una prestazione consistente nel recuperare l'IVA e i diritti di accisa presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri e, dall'altro, che l'applicazione di una ritenuta alla fonte sui redditi percepiti per una prestazione di servizi realizzata da un prestatore non residente, mentre una prestazione equivalente realizzata da un prestatore di servizi residente non vi sarebbe soggetta, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Tale restrizione può essere giustificata dalla necessità di garantire l'efficace riscossione dell'imposta, nella misura in cui sia idonea a conseguire detto obiettivo e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo.
Sulla sesta questione
79 Secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita all'articolo 267 TFUE, spetta a quest'ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia che gli è sottoposta. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 15 luglio 2021, Ministrstvo za obrambo, C-742/19, EU:C:2021:597, punto 31).
80 Si deve quindi ritenere che, con la sesta questione, il giudice chieda, in sostanza, se l'articolo 56 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in forza della quale, di regola, i prestatori di servizi non residenti sono tassati alla fonte sui redditi percepiti per i corrispettivi per i servizi prestati, senza ottenere la possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse a tali attività, mentre una siffatta possibilità è concessa ai prestatori di servizi residenti.
81 Al riguardo, occorre ricordare che, conformemente all'articolo 56 TFUE, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destinatario della prestazione. Come rammentato al punto 63 della presente sentenza, rappresentano restrizioni siffatte della libera prestazione dei servizi le misure nazionali che vietano, ostacolano o rendono meno allettante l'esercizio di tale libertà.
82 Inoltre, da una giurisprudenza ben consolidata della Corte risulta che uno Stato membro che riconosce ai residenti la facoltà di dedurre spese professionali dal calcolo di un reddito imponibile non può, in linea di principio, escludere la presa in considerazione di tali stesse spese per i non residenti (sentenze del 12 giugno 2003, G., C-234/01, EU:C:2003:340, punto 29, e del 13 luglio 2016, B. e K.F.I., C-18/15, EU:C:2016:549, punto 44).
83 Nel caso di specie, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che, secondo il diritto rumeno, la ritenuta alla fonte che si applica ai redditi imponibili provenienti dalla Romania e percepiti da non residenti è calcolata applicando l'aliquota del 16% sui redditi lordi. In forza della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione, detta aliquota del 16% è nondimeno ridotta al 4% quando il prestatore è stabilito in Danimarca. Per contro, l'imposta sulle società a carico dei prestatori di servizi residenti corrisponde al 16% dell'importo netto dei loro redditi, essendo tali prestatori autorizzati a dedurre le loro spese professionali dall'importo imponibile.
84 Appare quindi che la ritenuta alla fonte del 16%, ridotta eventualmente al 4%, applicata sui redditi lordi dei prestatori di servizi non residenti, è tale da svantaggiare questi ultimi, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 63 della presente sentenza, rispetto ai prestatori residenti. Difatti, contrariamente a questi, i prestatori di servizi non residenti non sono autorizzati a dedurre le spese professionali connesse alla prestazione imponibile dell'importo delle stesse.
85 Orbene, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 63 della presente sentenza, una normativa nazionale, in forza della quale i prestatori di servizi residenti di uno Stato membro possono dedurre dall'importo imponibile dei redditi lordi percepiti come corrispettivo di una prestazione le spese professionali connesse a quest'ultima, mentre i prestatori di servizi non residenti non beneficiano di una possibilità siffatta, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, ai sensi dell'articolo 56 TFUE.
86 Tale conclusione non è messa in discussione dal fatto che un prestatore di servizi danese possa, dal momento che la ritenuta alla fonte sui redditi lordi è soltanto del 4% e malgrado l'impossibilità di dedurre le spese professionali, pagare un'imposta sul reddito meno cospicua di quella pagata da un prestatore di servizi residente il quale, pur avendo la possibilità di dedurre le spese professionali, è assoggettato ad un'imposizione pari al 16% sui redditi netti. La Corte, infatti, ha reiteratamente dichiarato che un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere considerato compatibile con il diritto dell'Unione per l'esistenza di altri vantaggi, anche supponendo che tali vantaggi esistano (sentenza del 13 luglio 2016, B. e K.F.I., C-18/15, EU:C:2016:549, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
87 È compito del giudice del rinvio verificare, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 69 della presente sentenza, se una siffatta restrizione alla libera prestazione dei servizi persegua un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato FUE e sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale.
88 Al riguardo, il governo rumeno nelle sue osservazioni afferma, in sostanza, che è a causa del fatto che i prestatori di servizi residenti sono assoggettati a regole di procedura fiscale vincolanti, le quali non gravano sui prestatori di servizi non residenti, che sarebbe giustificato consentire ai prestatori di servizi residenti dedurre le spese professionali, connesse a una prestazione di servizi, dai loro redditi imponibili, mentre i prestatori di servizi non residenti non beneficiano di una possibilità del genere.
89 Ciò facendo, il governo rumeno non spiega tuttavia in che modo considerazioni del genere sarebbero tali da costituire un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato FUE e rispondente a motivi imperativi di interesse generale, idonei a giustificare una restrizione come quella di cui trattasi nel caso di specie.
90 Orbene, a tal riguardo, occorre ricordare che spetta allo Stato membro che adduce un motivo che giustifichi una restrizione ad una delle libertà fondamentali garantite da tale Trattato dimostrare in concreto l'esistenza di un motivo di interesse generale (sentenza del 16 dicembre 2021, Prefettura di Massa Carrara, C-274/20, EU:C:2021:1022, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
91 Di conseguenza, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l'articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in forza della quale, di regola, i prestatori di servizi non residenti sono tassati alla fonte sui redditi percepiti per i corrispettivi per i servizi prestati, senza ottenere la possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse a tali attività, mentre una siffatta possibilità è concessa ai prestatori di servizi residenti, a meno che la restrizione alla libera prestazione dei servizi che comporta detta normativa non risponda ad un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato FUE e non sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale.
Sulle spese
92 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) L'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, e l'articolo 144 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, al fine di beneficiare dell'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) prevista per i servizi di trasporto connessi all'importazione di beni, quando il trasporto di una merce importata nell'Unione europea viene effettuato da un soggetto passivo fra lo Stato membro nel cui territorio è situato il luogo di introduzione di tale bene nell'Unione e un luogo di destinazione situato in un altro Stato membro, la registrazione dell'operazione d'importazione non comporta, per tale stesso fatto e sistematicamente, l'inclusione delle spese di detto trasporto nella base imponibile dell'IVA della merce importata.
2) L'articolo 86, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, nonché l'articolo 144 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che ostano alla prassi fiscale di uno Stato membro consistente nel rifiutare automaticamente l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) per i servizi di trasporto connessi all'importazione di beni per il motivo che il soggetto tenuto al pagamento dell'imposta non ha presentato i documenti specifici prescritti dalla normativa nazionale, pur se produce altri documenti, della cui autenticità o affidabilità nulla consente di nutrire dubbi, atti a dimostrare che le condizioni cui dette disposizioni subordinano il diritto all'esenzione dall'IVA sono soddisfatte.
3) Gli articoli 56 e 57 TFUE devono essere interpretati nel senso che, da un lato, costituisce una prestazione di servizi, ai sensi degli articoli suddetti, una prestazione consistente nel recuperare l'imposta sul valore aggiunto (IVA) e i diritti di accisa presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri e, dall'altro, che l'applicazione di una ritenuta alla fonte sui redditi percepiti per una prestazione di servizi realizzata da un prestatore non residente, mentre una prestazione equivalente realizzata da un prestatore di servizi residente non vi sarebbe soggetta, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Tale restrizione può essere giustificata dalla necessità di garantire l'efficace riscossione dell'imposta, nella misura in cui sia idonea a conseguire detto obiettivo e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo.
4) L'articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in forza della quale, di regola, i prestatori di servizi non residenti sono tassati alla fonte sui redditi percepiti per i corrispettivi per i servizi prestati, senza ottenere la possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse a tali attività, mentre una siffatta possibilità è concessa ai prestatori di servizi residenti, a meno che la restrizione alla libera prestazione dei servizi che comporta detta normativa non risponda ad un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato FUE e non sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale.
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